La Scozia,vista da ... un ex-lali Viaggio in barca a vela nei fiordi della Scozia Occidentale di Domenico Ernandes
Prologo Sono nato a Tripoli in un caldo pomeriggio di agosto del 1948 e lì ho vissuto per ventidue anni. Mi ricordo ancora molto bene le giornate umide ed afose portate dal vento di Scirocco ed anche quelle calde e secche causate dal Ghibli, il vento che proviene dal Sahara e che trasporta per chilometri la finissima sabbia color giallo-ocra del deserto tanto da costringere la gente a coprirsi bocca e naso con un fazzoletto per non respirarla e masticarla. Erano quelli i tempi in cui, per conservare gli alimenti e rinfrescare le bibite, si comprava il ghiaccio a pezzi da mettere dentro le ghiacciaie mentre un ventaglio o un ventilatore erano le uniche difese contro il caldo. Per fortuna abitavo a pochi passi dal mare, in Via Manfredo Camperio, a circa 100 metri dal cancello d'ingresso del “Lido Vecchio”, la spiaggia dove ho trascorso gli anni più felici della mia infanzia e della mia giovinezza. Mi ricordo che, nelle giornate arroventate dalla calura , appena tornavo a casa da scuola, mi cambiavo , correvo in spiaggia e quindi andavo subito in acqua per trovare refrigerio. Poi, affaticato dalla nuotata, mi sdraiavo sulla battigia per riposarmi e ascoltare i meravigliosi suoni della risacca. Sotto il sole cocente, semisommerso dall'acqua, sognavo ad occhi aperti di viaggiare per mare su una barca a vela verso nord , verso luoghi più freschi, verso Paesi ricchi di fiumi , ruscelli , alberi e prati verdissimi. Io sono figlio di gente di mare da varie generazioni. Nel 1908 mio nonno materno Giuseppe Salmeri, all'età di 19 anni in qualità di gabbiere scelto, fece un'interessante circumnavigazione intorno al mondo sulla Regia nave "Calabria". Nel periodo a cavallo tra le due guerre, mio nonno, insieme a suo fratello Vincenzo, si dedico' al trasporto del vino dalla Sicilia alla Tunisia con il veliero l' “Oriente. Per un po' di tempo vissero con le proprie famiglie a Sfax, in Tunisia. Gli affari andarono bene, ma servirono grossi sacrifici per poter acquistare due velieri il “Maria” e “il I due fratelli”. Tripoli 1938 Passarono quindi alla pesca delle spugne, attività che allora rendeva molto bene. Successivamente si trasferirono in Libia, a Zuara, cittadina ad un centinaio chilometri da Tripoli presso il confine tunisino. Zuara, con le sue case bianche, basse e senza tegole, si snodava lungo il litorale libico come un serpente. La zona vicina al porto si chiamava Zuara Marina. Le due famiglie Salmeri abitavano in una bella casa con giardino non lontana dal porto. In quella casa, circondata da alte palme di datteri, in cui da piccolo i miei genitori mi portavano spesso per trascorrere le mie vacanze estive, ho lasciato tanti ricordi felici della mia infanzia. A Zuara viveva una discreta comunità di famiglie italiane di cui ancora ricordo alcuni cognomi: Rovecchio, Sammartano, Giarratano, Saponaro, Del Gatto, Gianfalla, Barbagrigia, Sanguedolce, Pica, Arabella, Lo Muscio, Cannavo', Albanese, Galazzo Sghembri, Airo', Repetto, Bartoletti, Rescigno, Punzetta, LaTorre, Contenti, Baldini, Scognamiglio, Lazzarino ed il medico condotto dottor Todisco. Il “Maria” e il “I due fratelli” erano usualmente ormeggiati nel porto di Zuara insieme ad altri velieri quali l ”Eleonora”e il ”San Francesco” di Rocco Rovecchio e l’ ”Amerigo Vespucci” di Beppe Rovecchio , rispettivamente nonno e padre del nostro amico tripolino Vincenzo Rovecchio, giornalista del Corriere di Tripoli. C'era anche il “Cristoforo Colombo” di Antonio Rovecchio, padre di mia zia Cristina Rovecchio e del popolare ciclista tripolino Renato Rovecchio. Con i loro velieri solcavano le acque lungo la costa libica per pescare le spugne, utilizzando dei palombari professionisti. Era un lavoro duro ma rendeva discretamente bene. Anche i due figli maschi di mio nonno Giuseppe, Mario e Giovanni insieme all'altro Mario, figlio di Vincenzo, aiutavano i genitori nelle operazioni della navigazione e della pesca. La sera, dopo cena, andavo spesso con mio padre e mia madre a casa dei miei zii, che io chiamavo zio Mario “grande” e zio Mario “piccolo” per poterli distinguere l'uno dall'altro, avendo stesso nome e cognome. Ci sedevamo tutti attorno ad un grande tavolo in cucina e gli adulti conversavano tra di loro. La maggior parte delle loro conversazioni avevano per soggetto il mare e tutto il mondo marinaro. Ancora bambino, stavo accovacciato sulle ginocchia di mio padre ed ascoltavo affascinato ed incantato quelle storie che mi sembravano uscite da un mondo fantastico Poi, il trasferimento a Tripoli, la rivoluzione del ‘69, la successiva partenza per l’Italia , il doversi adattare a vivere in una nuova realtà, tutti sparsi, chi da una parte chi dall’altra, lontani da amici e parenti. Io, che desideravo andare a vivere più a nord possibile, mi sono fermato a Firenze. Firenze è bella e artisticamente interessante ma è una città lontana dal mare e d’estate è più calda ed afosa di Tripoli. Per me, che quando mi affacciavo dalla terrazza di casa, vedevo il mare e ne sentivo la "voce" , vivere per trentadue anni in questa città, lontana più di cento chilometri dalla costa, non è stato facile. Cosi quando questo inverno Robin, un cugino di mia moglie Joanne ed esperto marinaio, conoscendo la mia passione per il mare mi ha chiesto di far parte dell’ equipaggio di una barca a vela per circumnavigare le isole Ebridi interne (Inner Hebrides), situate nella parte occidentale della Scozia , ho accettato volentieri l’invito. Si avverava dopo tanti anni il mio sogno: navigare con una barca a vela tra i fiordi della Scozia dove c’è tanto verde e tanto fresco. Non era comunque solo questo l'unico motivo che mi aveva spinto ad accettare l’invito. Sono sempre.stato un appassionato di barca a vela e facendo questo viaggio avrei avuto modo di sperimentare di persona come si naviga in una barca a vela nell'Oceano Atlantico, in zone che hanno condizioni meteo diverse dalle nostre e dove le forze delle correnti e i dislivelli delle maree sono diverse e più accentuate rispetto al nostro Mar Mediterraneo. Questa per me sarebbe stata la prima esperienza in barca a vela ad un latitudine così alta. Mia moglie Joanne, Nord Irlandese di nascita, conosce molto meglio di me quei posti. Prima di partire mi aveva consigliato di portarmi, oltre ai normali vestiti , agli stivali e alla cerata , che è il vestito da marinaio in tela impermeabilizzata contro vento e pioggia, anche un paio di calzamaglie da sci e alcuni maglioni di lana. Sapevo che l’equipaggio sarebbe stato formato da sei persone. Oltre a me ci sarebbero stati : Robin Lindsay, cugino di mia moglie e medico di famiglia ormai in pensione, provetto marinaio con vari anni d'esperienza in barca a vela ; Ruth Lindsay, sua moglie, fisioterapista, anche lei in pensione, e che ha sempre accompagnato suo marito nelle sue escursioni marine.; John Lindsay , ingegnere civile, fratello di mia moglie, anche lui amante del mare e dell’ambiente marinaro; Frank Smyth, amico e coetaneo di Robin, vecchio lupo di mare, armatore e skipper della barca , un tempo proprietario di un cantiere navale a Belfast; Muriel, sua moglie, anche lei provetta marinaia , completava il sestetto. L’imbarco era stato fissato per la sera di domenica 14 agosto 2005 nella marina di Belfast, chiamata Bangor Marina, dove da qualche giorno era ormeggiata la barca a vela su cui ci si doveva imbarcare. Questa barca costruita con un albero maestro, randa e fiocco , lunga circa dodici metri e larga circa quattro, è stata chiamata "Slioch " in onore di una bella montagna scozzese. Incoraggiato dal mio amico tripolino Gianni De Nardo, anche lui amante della natura e del mondo anglosassone, annoto sul mio diario gli appunti di questo viaggio. Grazie Gianni per il tuo incoraggiamento! IL DIARIO DI BORDO
EPILOGO Venerdi 26 agosto 2005 – in volo tra Belfast e Ciampino Ore 14:00 Sono sul volo della Easyjet da Belfast a Roma Ciampino. Oggi è il mio compleanno e compio cinquantasette anni. Seduto accanto al finestrino sto riguardando questi appunti scritti su un block notes. Un passeggero italiano seduto accanto a me sta leggendo la prima pagina di un quotidiano. Con discrezione do una sbirciata ai titoli del giornale. Leggo : La disoccupazione ed il debito pubblico sono in aumento. Una bomba è esplosa nel centro di Bagdad facendo 75 morti. Il tifone Katrina ha seminato morte e distruzione a New Orleans . Non c’è una notizia positiva! Che angoscia! Torno a rileggere i miei appunti di bordo e li trovo sereni. Saranno la mia isola felice dove rifugiarmi. Penso con nostalgia a quei giorni passati in barca a vela , trascorsi così velocemente, senza giornali nè TV, in compagnia di amici simpatici . Ritengo che quei giorni siano stati veramente magici. Dal finestrino dell’aereo osservo il cielo color turchese e alcune nuvole bianche, dalle forme strane, baciate dai raggi del sole. Mentre le guardo penso che il sogno ad occhi aperti , concepito nella mia gioventù tripolina, sdraiato sulla battigia della spiaggia del Lido vecchio, si è appena avverato e che questo ricordo nessuno me lo potrà portare via. L'aereo intanto, dopo una serie di virate, ha iniziato la discesa e tra qualche istante toccherà terra. Si ritorna alla vita di tutti i giorni ed è giusto così. Tra qualche ora raggiungerò la mia famiglia. E' una gioia diversa ma è una gran bella gioia. |