Il
boom petrolifero in Libia
Capitolo
8° |
(sottofondo
musicale : Caravan petrol
di Renato Carosone) |
Deserto
libico anno 1959 - un pozzo di petrolio in attività |
<<< Il petrolio, dal greco πέτρα–roccia e έλαιο–olio, è un
combustibile fossile non rinnovabile, la cui formazione avviene
negli strati superiori della crosta terrestre. Si presenta come un
liquido oleoso infiammabile di colore verdastro ed è altrimenti
chiamato “oro nero”. Tale denominazione si deve al suo elevato
valore a livello mondiale, poiché si tratta di una
materia prima facilmente trasportabile ed in grado di fornire
energia per alimentare veicoli (automobili, camion, treni, navi ed
aeroplani) e per l’industria chimica.
I più importanti giacimenti di petrolio si trovano a milioni di
metri di profondità, quindi per l’estrazione dell’oro nero, ossia
per portarlo in superficie, si installano dei pozzi petroliferi in
grado di perforare la roccia ed arrivare al giacimento.
Il petrolio estratto dai pozzi viene anche detto greggio e
viene trasportato attraverso lunghe condutture, chiamate oleodotti,
e mediante navi cisterna, dette petroliere, fino alla raffineria
dove sarà lavorato.
La storia del petrolio è molto interessante, poiché ha origini molto
antiche. I Greci lo utilizzavano già come combustibile ma anche per
produrre medicinali e per usi bellici. La vera e propria industria
petrolifera nacque però negli Stati Uniti nel 1859, per merito di
Edwin Drake, a Titusville, Pennsylvania, che costruì il primo pozzo
petrolifero redditizio del mondo.
Negli anni successivi vennero realizzati più di 340 pozzi e nel 1870
nacque la Standard Oil di J. D. Rockefeller, ossia quella che poi
diventò la prima grande compagnia petrolifera a livello mondiale: la
ESSO. L’uso del greggio crebbe lentamente negli anni, fino al 1970
quando prepotentemente scalzò il combustibile dell’epoca più
utilizzato nel mondo, ossia il carbone, sul cui uso si era fondata
la rivoluzione industriale.
I paesi industrializzati, avevano basato la loro crescita
economica esclusivamente sull’uso di questa materia prima,
dimenticando la sua natura non rinnovabile. Gli studiosi furono così
costretti a ricercare fonti energetiche alternative, come quella
solare, geotermica, eolica, idrica e nucleare, anche a causa del
negativo impatto che il petrolio causa sull’ambiente.
L’inquinamento da petrolio è molto temuto dagli ecologisti poiché il
greggio, come tutti i combustibili di origine fossile, durante la
combustione produce sostanze pericolose sia per la salute dell’uomo
sia per l’ecosistema. A tutt’oggi però l’oro nero rimane la risorsa
energetica più diffusa al mondo, coprendo circa il 90% del
fabbisogno di combustibile mondiale. L’importanza di tale risorsa è
talmente elevata da essere stata un fattore rilevante nello
scatenare conflitti militari, comprese le due Guerre mondiali, la
guerra Iran-Iraq degli anni ‘80 e la Guerra del Golfo
La ricerca del petrolio libico era cominciata ufficialmente negli anni Trenta,
dopo che l'occupazione italiana aveva domato gli ultimi rigurgiti
della ribellione libica (vedi il martire Omar El Muktar, arrestato e
condannato a morte dall'esercito italiano che lo considerava un
ribelle). Il famoso geologo italiano,
Ardito Desio, in quel periodo aveva
detto ad Italo Balbo, allora governatore della Libia, che sotto le
sabbie di quel deserto vi
erano probabilmente importanti giacimenti petroliferi e che sarebbe
stato utile condurre ricerche. Balbo lo aveva autorizzato a
continuato a continuare le sue ricerche e Desio si era messo subito al
lavoro. Qualche mese Desio dopo mostrava al governatore una
bottiglia piena di un denso liquido giallo-nero. Le ricerche
petrolifere di Desio erano state interrotte poco tempo dopo e molti sostennero
più tardi che l'Italia aveva perduto una grande occasione. Quando
raccontava la sua storia al Circolo della stampa di Milano nella
prima metà degli anni Novanta (è morto nel 2001 all'età di 104
anni), Desio diceva che la bottiglia
era rimasta ancora inutilizzata su uno scaffale del suo studio, come
cimelio alla cattiva organizzazione italiana.
In un libro su Enrico Mattei, uno storico, Giovanni Buccianti,
sostiene che il petrolio era stata la vera causa della fermezza con
cui la Gran Bretagna, dopo la fine della Seconda guerra mondiale,
aveva voluto conservare, sia pure indirettamente, il controllo della
Libia. Ma il motivo dell'interruzione delle ricerche di Desio era
stato probabilmente,
insieme allo scoppio del conflitto, la difficoltà dello
sfruttamento.
Nel
settembre del 1939, quando la Wehrmacht aveva invaso la Polonia, il
petrolio era niente più che una materia prima, una delle tante. Pare
che perfino l’Agip sapesse che in Libia (e a Cortemaggiore) il
petrolio c’era, ma l’investimento necessario per estrarlo,
attrezzare terminal portuali e pipelines, raffinarlo e distribuirlo,
era ritenuto antieconomico perché la domanda era poca. Fino alla
fine degli anni 40 la domanda di energia era coperta dalle centrali
idroelettriche. Il riscaldamento pubblico e privato funzionava a
carbone. Ancora nei primi anni ’50 gli emigranti italiani andavano a
morire a Marcinelle, in Belgio, nelle miniere di carbone. Negli
stessi anni la Comunità Europea nasceva come CECA, Comunità Europea
del Carbone e dell’Acciaio. Il traffico su gomma era meno di un
trecentesimo dell’attuale. Chi è nato negli anni sessanta o settanta
fa fatica a immaginare case senza frigorifero e caloriferi, e
soprattutto non riesce a credere che fosse così fino a poco tempo fa
e che tutto sia cambiato nel giro di dieci-quindici anni.
La
ricostruzione postbellica, l’apertura dei mercati, un diverso
sistema finanziario internazionale e l’incremento delle vendite a
rate aveva messo in moto il boom economico europeo e dei paesi limitrofi.
La domanda di energia era esplosa. Già nel 56, quando Nasser aveva
nazionalizzato il canale di Suez e gli anglo-francesi avevano
tentato subito dopo di riprenderselo con le armi, gli USA li avevano
obbligati a fare marcia
indietro. In quattro anni la domanda di petrolio era aumentata al
punto che garantire l’approvvigionamento era più importante che
tutelare i profitti delle Sette Sorelle
(Exxon, Shell, BP, Gulf, Texaco,
Chevron, Mobil). Meglio essere amici di Nasser piuttosto che rischiare l’ostilità del mondo arabo. A quei
tempi i costi di estrazione del petrolio nell’area del Golfo Persico
si aggiravano fra i dieci e i venti centesimi al
barile, il prezzo di vendita
all’ingrosso era intorno ai tre dollari (di cui metà era
costituito dalle royalties). Erano gli anni in cui il petrolio
soppiantava il carbone come principale fonte energetica ed il mercato
era
dominato dalle "Sette Sorelle", come in parte succede
tuttora. Nulla è cambiato. Forse sono cambiati i nomi ma il modus
operandi era rimasto uguale
In un'epoca in cui i pozzi delle
grandi compagnie petrolifere scendevano generalmente a meno di mille
metri, i giacimenti di petrolio libico erano due mila metri sotto le
sabbie del deserto: troppi per le attrezzature utilizzate in quegli
anni. La situazione era cambiata bruscamente nel giugno del 1959 quando la
società americana Esso aveva confermato la presenza di importanti giacimenti
a Zelten in Cirenaica, vicino a Marsa Brega. La produzione era
cominciata
nei mesi seguenti sulla base di contratti che assicuravano al
governo libico il 50% dei profitti ed era cresciuta rapidamente: 900.000
tonnellate nel 1961; 40,9 milioni nel 1964; 58,5 nel 1965 e 72,3 nel
1966. La Libia era allora un regno, amministrato benevolmente dal
vecchio re Idris, capo della Senussia, la confraternita religiosa
che aveva tenacemente combattuto contro gli italiani all'epoca della
conquista. Idris era alleato della Gran Bretagna, ma amico degli
italiani e protettore della comunità italiana rimasta in
Tripolitania e in Cirenaica dopo il conflitto.L'Eni di Mattei non
aveva avuto difficoltà a farsi spazio tra le società
straniere che erano scese sulla Libia come calabroni e aveva
cominciato
un'attività che era andata progressivamente crescendo sino ad
assicurare il 20% del fabbisogno italiano di idrocarburi.
Nel 1960 nasceva
l'OPEC, l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio, che alle
soglie degli anni '70 rappresentava i due terzi della produzione
mondiale di petrolio. In Italia come in Libia erano gli anni del
"boom economico", ed era anche questo che di conseguenza determinava anche la crescita
ed il consumo del fabbisogno
energetico.
Come detto
prima, il giugno 1959,
è sempre stata considerata la data ufficiale
del ritrovamento
del petrolio libico nella zona desertica, quasi da tutti. Proprio
in quel periodo si era avuta la
conferma che società americana Esso aveva trovato degli importanti
giacimenti a Zelten in Cirenaica, vicino a Marsa Brega.
Con
l’arrivo delle maggiori compagnie petrolifere americane, inglesi,
francesi e di varie società multinazionali e con l'inizio delle
trivellazioni, pure in Libia si cominciavano a vedere i primi
segnali di nuove iniziative legate al mondo del lavoro, dei servizi
e della tecnologia che saranno alla base del boom economico degli
anni ’60. Di conseguenza anche i rimpatri delle famiglie italiane
cominciavano a diminuire. Dopo tanti anni di ristrettezze
economiche per tutti gli italiani, circa trentamila, rimasti in
Libia si presentava finalmente una buona occasione per migliorare il
loro tenore di vita e dare nuove prospettive al futuro dei
propri figli. Naturalmente a beneficiare maggiormente di queste
nuove occasioni erano quelli che avevano più talento,
che erano più brillanti, che avevano iniziativa, nuove idee e
voglia di lavorare. Molti di questi, sperimentandosi proprio sul
terreno dell’iniziativa, delle capacità organizzative, della
fantasia, del rischio e della voglia di migliorarsi, provavano a
mettere in pratica i loro due sogni: quello di essere padroni del
proprio destino e, detto senza ipocrisia, quello di fare soldi.
Nel rione del Lido Vecchio una buona parte dei nostri padri e dei
nostri nonni erano diventati artigiani non perchè mancasse loro
l'ingegno, ma perchè erano nati in un'epoca sbagliata. Pochi di loro avevano
avuto la
possibilità economica di poter studiare. Molti di loro, terminata
la scuola elementare, quindi ancora bambini, avevano lasciato
definitivamente le aule scolastiche ed, ancora con i con i calzoni
corti ed una crosta di pane in mano, andavano a bottega per imparare
un mestiere da quelli che un tempo venivano chiamati maestri.
Imparare bene un mestiere era necessario perchè garantiva per il
loro futuro un lavoro sicuro e dignitoso. Inoltre permetteva
loro di guadagnare quei pochi soldi sufficienti a non pesare troppo sul
già gramo bilancio familiare. Altri ancora, appartenenti a famiglie
ancora più povere, erano stati obbligati addirittura ad interrompere i loro
studi elementari senza terminare neppure la quinta elementare.
Molti di loro erano appena capaci di leggere e di apporre a stento la
loro firma. Questi ragazzi, crescendo e diventando a loro volta padri di famiglia, si erano costruiti una cultura
approssimativa di base, studiando da autodidatta. Analizzando bene i
loro sentimenti, il loro maggiore desiderio era quello di
fare in modo che i loro figli potessero raggiungere quei
traguardi che a loro erano stati negati da circostanze sfortunate.
Sapevano che per raggiungere questi traguardi bisognava studiare, diplomarsi,
possibilmente laurearsi, comunque fornirsi di un bagaglio di conoscenze culturali
sufficienti ad affrontare la vita da una posizione meno faticosa di
quella che le avverse circostanze non aveva riservato a la loro.
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