VIGILIA DI NATALE
Cercavo silenzi di cometa
in questa che è la notte delle
attese,
ma alto nuovamente si è levato
lo strepitare degli scappamenti
nella corsa innumerevole di auto
alla nevrosi dell'ultimo
parcheggio
per un'ultima cosa da acquisire
a far grassa la festa del dio
Sole.
Cercavo paesi d'angeli
e ho trovato invece i bimbi
delle guerre, ancora derubati
del gioco e del sorriso,
se non anche sfregiati nella
carne.
Cercavo voci miti di pastori,
ma qui ancora la parola
s'invischia di potere e si fa
laccio
e frode e argine tra gli uomini.
Qui ancora si ostenta la
ricchezza
davanti agli occhi dei
diseredati.
Ormai nella città dell'uomo
non c'è più quasi niente che sia
umano.
Me ne andrò per i campi questa
notte,
alla cerca di pecore, di
stelle...
e più che mai, credo, di una
grotta,
di una nuova Betlemme che mi
accolga.
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LA COSA TERRIBILE
Caro Andrea, la
tua è una storia
che si legge bene
anche
dall'epilogo,
dall'ora cioè in cui
quell'ultimo atomo
di ossigeno
accorso a
prolungarti la vita
è stato eccessivo
nell'impatto
e ti ha fatto
cadere per sempre,
tanto eri fragile
ormai...
Ma quanto diverso
e vitale
ti abbiamo
conosciuto,
quanto saggio e
intenso!
Ci donavi la tua
socievolezza,
e la bontà,
e una serie inesausta
di progetti e
proposte.
Ti esponevi
gioioso ai richiami
della vita e mani
premurose
ti additavano mete
di preziosa umanità.
Poi, nel momento
che era scritto,
furtivamente la
morte si è nascosta
in qualche parte
di te.
E, mentre i Tuoi
si estenuavano
in lotte contro
l'impossibile,
tu attraversavi
dignitoso
le tappe della
devastazione.
poi quando ti sei
arreso,
è scoccata per noi
l'ora
del pianto
inconsolabile.
Così, per scelta,
là nella tua chiesa,
ti abbiamo
restituito a Cristo
perchè provvedesse
a consegnarti
ossa robuste e
muscoli potenti,
dal momento che in
quelle
si era annidata la
cosa terribile
e queste ti si
erano sciolte
adosso
inopinatamente.
Di tanta vita hai
diritto ancora
lassù nei pascoli
dl Cielo.
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INTORNO A
QUESTA BARA
Nella bara ci sei tu
e
il conto dell'overdose.
I
pensieri allo sballo, percossi
dall'eco ossessiva di ritmiche tribali,
ti seguo, passi d'automa,
su su verso la chiesa.
Mi schiaccia la vergogna
della mia presenza, oggi concreta
e
incline alla pietà.
Mi segna il marchio di lunghe latitanze
da quando nello stordimento
della tua bellezza
giocavi in mezzo alla città
gli assi di facili vittorie,
a
quando poi mettevi al saldo i tuoi averi
e
bruciavi inesorabilmente tutto,
finchè da ardere non ci fu più niente:
né carne, né sogni, né emozioni...
Ormai cane randagio,
gli assenti di oggi ancora ti braccavano
per suggerti le ossa
sotto di un cielo tossico e precario.
Io no, stavo lontano,
cristianamente inorridito,
e
mi stracciavo le vesti
mostrandoti col dito a scanso di contagio...
Agghiacciante stridore di indebite presenze,
oggi, e d'ingiustificate assenze
qui intorno a questa bara
che ti ha rapito ancora tanto giovane.
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