CONSIDERAZIONI FINALI
Capitolo 20°
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L'opportunità di leggere
sulla pianta di Tripoli tutti quei nomi di esploratori
italiani come Camperio, Bottego, Fraccaroli , Bianchi ecc. ha
provocato la scintilla che ha fatto riaffiorare nella mia mente ricordi
sopiti, ma non ancora dimenticati. D'impulso mi è venuto lo stimolo di
rievocare, di mettere a fuoco e di scrivere subito, nero su bianco,
tutto quello che ricordavo, tutto quello che mi passava per la
mente, fatti ed episodi accaduti allora, durante la mia
infanzia, la mia pubertà e la mia adolescenza nel rione del Lido, a
Tripoli. E' stata come una catarsi ripensare, senza nostalgia, ai miei
genitori, alle piccole cose vissute accanto a
loro, ai miei dubbi e alle mie paure di allora, ai
comportamenti di alcuni personaggi del Lido, ai giochi fatti
insieme ai miei amici ed amiche di infanzia, ai
contatti con le famiglie italiane e libiche del vicinato, che hanno
contribuito in parte, forse senza saperlo, a farmi essere quello che
sono ora. Vorrei ringraziare collaborazione amiche ed amici
tripolini,
Pina Badalucco,
Vita
e
Rosaria Zocco,
Giovanna Marino,
Romy Basile,
Ninni
Arena, Corrado Salemi,
Nicola D'Anna-Veri,
Michele Chiarelli,
Antonio
, Gianni de Nardo,
mia zia Cristina Rovecchio, mia cugina Mimma Ferrante e l'altra mia
cugina Ninetta
Salmeri, che con la loro collaborazione mi hanno
aiutato a ricordare. Attraverso le nostre conversazioni
telefoniche mi hanno dato un grande aiuto
a colmare quei vuoti di memoria, abbastanza normali, a distanza di più
di cinquanta anni. Un ringraziamento particolare a Rosario Perri, che
mi ha fatto da consulente per il sottofondo musicale di ogni
capitolo, a Salvo Rapisarda che mi inviato la mappa di Tripoli degli
anni 30 e a Paolo Cason, che mi ha permesso di attingere alla
sua "miniera" di foto, attraverso il suo sito http://www.paolocason.it/.
Al momento con questi ricordi mi fermo qua, ma ce ne sono tanti altri
che a tratti si affollano nella mia mente e quasi mi chiedono di uscire
fuori, di essere esternati e convertiti in parole. Al momento
preferisco che rimangono ancora là. Riflettendo con tranquilla serenità
e forse con arrendevole fatalismo mi viene da pensare che forse tutto
ciò che è successo a noi, italiani di Tripoli, era stato scritto dal
destino, maktub
come dicono gli arabi, e che per noi occidentali "tutto questo"
non potesse durare per sempre. Credo di dover ringraziare la
mia sorte, che mi ha dato la possibilità di poter trascorrere un
periodo molto felice della mia vita in un posto che io ricordo ancora
come magnifico. Penso che "tutto quello" che è
successo in seguito, prima o poi doveva comunque verificarsi. Mio padre
diceva spesso "Prima o poi dobbiamo prepararci ad andarcene
per conto nostro, perchè quando il re morirà ci costringeranno a partire".
Da buona formica risparmiatrice, con il suo faticoso lavoro e con il
suo sudore, aveva raggranellato un discreto gruzzolo e lo aveva
investito in Italia, sperando che potesse servirgli quando
sarebbe andato in pensione. In realtà le cose non
sono andate esattamente come lui aveva previsto , ma ci era andati
molti vicino e molte cose in parte si avverarono. Non è che mio padre
avesse la palla di vetro per scorgere il futuro, ma come ogni persona
realista, riusciva a guardare alla Luna al di là del proprio dito.
Naturalmente in
quel periodo non era il solo a pronunciare queste fosche
previsioni, molti altri la pensavano come lui. Purtroppo la ricchezza
economica, giunta improvvisamente nelle nelle case di noi italiani alla
fine degli anni '50, grazie alla scoperta del petrolio libico, faceva
scemare la consapevolezza di un futuro disastro. Lui, come altri,
diceva che sarebbe successo alla morte del
re. Diceva spesso: " Quando muore il re...". Invece
il golpe libico
è successo prima che il Re Idris
morisse. La storia ci svelerà in seguito, oltre
alle cose che
si mormorano attualmente, che cosa è realmente accaduto la
notte tra il 31
agosto ed il 1 settembre del 1969, quando c'è stato il
colpo di stato del colonnello Gheddafi.
Già a partire dai
primi anni '60 era iniziata la diffusione della
propaganda nazionalista araba di Nasser in Libia. La comparsa sul
mercato libico delle radioline a transistor, sempre più economiche,
aveva favorito la diffusione capillare dei mezzi di
propaganda. Attraverso Radio Cairo, la voce di Nasser entrava in tutte
le case e i suoi discorsi arabo-nazionalisti diventavano popolari anche
in Libia. Inoltre, aumentava la scolarizzazione delle nuove
generazioni libiche e numerosi insegnanti provenienti dall'Egitto
diffondevano la propaganda nasseriana nelle scuole. Cominciava anche il
lento declino della monarchia libica. Re Idris, anziano e senza figli,
designava come suo successore il figlio del fratello, il principe Hasan
al-Rida. Il 16 marzo 1964, quando l'allora Ministro degli Esteri
libico, Hussein Maziq, a nome del Governo libico, indirizzava una nota
formale alle ambasciate inglese e americana in base alla quale si
richiedeva per la prima volta l'apertura di negoziati ufficiali per la
liquidazione delle basi militari dei due Paesi. Questa data segnava
l'inizio di una nuova faseche avrebbe portato successivamente a quelle
nuove fasi che ci avrebbero costretti ad andarcene dalla Libia. Da
allora la voce di una nostra futura espulsione
aveva cominciato a girare sommessamente tra le bocche di molti, si
ripeteva nel segreto delle case, si mormorava seduti al bar,
guardandosi attorno con la paura di farsi sentire da orecchie
indiscrete. Il modo di comportarsi della maggioranza degli
italiani di Libia era simile a quella dei viaggiatori del
Titanic. Quello che era già successo tanti anni prima col Titanic sarebbe successo anche agli italiani di
Libia. Forse non tutti conoscono la storia del Titanic, un
gigantesco transatlantico britannico, che al momento del varo era stato
chiamato da tutti "l'inaffondabile". Invece, nel suo primo viaggio
transoceanico verso l'America, dopo aver colpito un iceberg, era
lentamente affondato. Tutti i passeggeri sapevano che prima o
poi la nave dopo l'impatto con l'iceberg sarebbe dovuta affondare.
Nonostante ciò fino a che l'orchestra seguitava a
suonare e c'era musica a bordo, tutti
facevano finta di niente e continuavano a ballare. Ognuno di noi dopo
aver lasciato Tripoli, tutte le proprie cose ed i propri amici, ha
reagito al trauma della forzata partenza seguendo il proprio istinto e
la propria indole. Alcuni hanno deciso consciamente o forse
inconsciamente di rimuovere tutti i ricordi del
periodo vissuto lì. Altri, come me, si sforzano ancora di ricordare per
non dimenticare tutte quelle cose, quei fatti e quelle
persone che hanno contribuito a dare un senso alla mia e alla nostra
esistenza. Dal mio punto di vista ricordare non vuole dire vivere nella
nostalgia del passato, ma è un arricchimento del proprio pensiero. Non
dobbiamo permettere che i nostri ricordi scivolino via, come gocce
d'acqua, nel nulla e per sempre. Se non ricordiamo non
possiamo comprendere. Mi piace riportare una frase dello
scrittore spagnolo Carlos
Ruiz Zafon: " Quando sei cresciuto in un
posto non importa dove vai, è sempre dentro di te". Concludo
rivolgendo un cortese invito a chiunque abbia voglia di
ricordare anche a parole o di scrivere qualche
episodio piacevole o anche triste della propria vita vissuta
in Libia, di telefonarmi o di inviarmi un messaggio per posta
elettronica ed eventualmente pubblicarlo sul mio sito
http://www.ernandes.net/ >>>
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Da sviluppare in seguito
LA
PARTENZA
DEFINITIVA PER L’ITALIA
IL
RITROVARSI DOPO TRENTA ANNI
LE
TELEFONATE TRA VECCHI AMICI
LA
RACCOLTA DI QUESTI RICORDI LA DEDICO AI MIEI GENITORI,
FRANCESCA E GIUSEPPE,
CHE MI
HANNO FATTO NASCERE E CHE MI HANNO
VOLUTO BENE
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