LA STANZA DI ROBERTO NUNES VAIS

Roberto Nunes Vais

reminescenze tripoline
di
roberto Nunes Vais

ANNI ZERO:

LA LIBIA PRIMA DELL'OCCUPAZIONE ITALIANA

CAPITOLO II - Paragrafo 6

Le prime  industrie -  Alcune personalità  -  Gli alberghi -  Suk et-Tlat -  La spesa a domicilio  -  Il primo  cinematografo  -  I  "Venerdì  Chic" all'Alhambra. 

Torniamo  alla Tripoli  'nuova'. Sorgevano,  ad opera di veri e propri pionieri, anche se non se ne davano  l'aria,  le prime industrie.  La Società Elettrica  si era piazzata  nei  pressi  di  Sciara  Azizia  (dove  decenni  dopo s'istallerà   il Cinema  Corso all'aperto),   e ciò con somma  dannazione  di tutti  coloro  che abitavano  d'intorno   a causa  del fragore  assordante,  diurno  e specialmente  notturno,   delle sue poderose macchine.  Un  po' psu una  fabbrichetta   di ghiaccio  ci riempiva  di meraviglia, mettendo  in mostra  delle frutta  congelate nel bel mezzo di grossi blocchi ghiacciati. Le prime officine,  le prime falegnamerie,  le piccole imprese artigiane  vanno aumen tando  di giorno  in giorno  ad opera  dei nuovi venuti,  poveri  di mezzi, ma ricchi di esperienza, e di volontà.

A questi meritori   piccoli industriali   si aggiungano  i nomi dei primi professionisti di valore: medici, ingegneri, avvocati, direttori, di banca: ,i «quadri»  di quella che sarà Tripoli  degli Ànni Venti e Trenta.  Cito a caso alcuni nomi rimasti impressi fra quelli di 'maggior spicco nel tempo: quella magnifica figura, quadrata, sprizzante efficienza dell'Ing. Vassura, direttore della Società Elettrica;  i dottori  (chiedo scusa, professori) Onorato, Casoni, Curcio, Balladori, Zaccaria, Testori,  Funaioli, Dell'Aria, Mazzolani;  il dentista Sforzini, che ricordo con affetto  anche se mi fece soffrire le pene dell'inferno (g da bambino  avevo alcuni denti cariati e la trapanatura   con strumenti piuttosto    primitivi e senza anestesia era un supplizio tremendo!. .. ); gli avvocati  Antonino  VelIa, Cartechini, Morelli,  Guttierez,  Canofari, Frediani, il bonario  Notaio  Simoni, gli ingegneri Moiraghi,  Vecchi, e Lega dal cappello a larghe falde e dal gran mantello  nero; e fra i non-professionisti,   gli «automobilisti»  Varaschini,  Tascone,  Frassati  che g si preparavano  a darsi battaglia  a «clakson»  di Fiat,  Isotta  Fraschini, Diatto, e Lancia;  gli impresari  Vantini  e Bodrati,  l'affabile  rag. Arrigo Modena,  i Mucilli ed i Pirrò,   con le loro rappresentanze di  «Grandi   Marche  Italiane»,  il  Commendator Giunio Bissi  con i suoi  mulini  non proprio ... a vento, i direttori  di banca Giannò, Vantini,  i farmacisti  Picco, Nicotera e Zaccaria,  Lolato  ed i suoi  oleifici,  gli agenti  di viaggio  Grasso  e Loffredo,  e quanti,  quanti  altri che mi rammarico  di non ricordare,  ed ai quali chiedo scusa per l'omissione  involontaria ...

Tra i tripolini  di p vecchia data,  e tenaci valorizzatori  di quella terra, vorrei ricordare  il Barone  Blasco Ciancio,  padre  del nostro  simpatico  ed indaffaratissimo amico Gaetano.

Un bell'uomo,  alto e ben portante,  signorile nei modi ed affabile oltre ogni dire. Era molto  amico della mia famiglia  e dei miei cugini Nahum,  ed ogni tanto  ci invitava tutti  nella sua bella villa sita .entro il recinto  delle mura, nei pressi di Porta  Benito, immersa  fra i suoi magnifici  aranceti  e frutteti.

Ci si arrivava, verso la fine degli Anni Dieci,  in carrozzella  e vi si trascorreva. la giornata: noi bambini  a scorrazzare  e giuocare fra gli alberi, ed i grandi a conversare o in piacevoli passeggiate. Ricordo  il padrone di casa,  sempre sorridente,  con quel profondo vocione di basso, farsi in quattro  fra i grandi e piccini, per esser certo che tutti  si trovassero a loro agio.  Si tornava  in città al tramonto,  con ceste ricolme di limoni e di arance,  paghi della giornata e pieni di gratitudine per l'affettuosa   ospitalità: un'ospitalità veramente degna di quel nobiluomo all'antica, quale era  rimasto quel nostro caro Barone Ciancio.

Diamo  ancora  un'occhiata   alla città.  Come  alberghi a quei tempi Tripoli  offriva ben poco.  Al vecchio albergo  Commercio,  nel bel mezzo del Suk degli Argen tieri, se ne era aggiunto  uno nuovo;  dietro il g menzionato Caffé Copelli,  per l'intraprendenza  di un uomo che di intraprendenza  ne dimostrerà  parecchia  anche negli anni futuri:  Giuseppe Abela  Salinos, il padre  di Guglielmo e di Italo. Si chiamava «Grande  Albergo Savoia»,  e per vero dire di grande aveva soltanto  il nome,  ma per quei tempi in cui di turisti non vi era ancora  traccia,  era una costruzione  di tutto  rispetto.

Come alberghi  era tutto qui! Dove  negli anni  '20 sorgerà  il Grand Hotel era zona sabbiosa, limitata  da un lato da Sciara Aziziae dall'altro dal mare, e vi si teneva un gran mercato  all'aperto  di un po'  di tutto: bestiame, ortaggi, frutta, carne, cereali. Nel quadrato in cui sorgerà l'Hotel Excelsior, c'era invece una piccola costruzione bassa e rotonda che si faceva «sentire» anche da lontano  per il suo odore tutto particolare:  era la pescheria: tanto pesce e così fresco, perchè allora il mare era veramente ricco, e perché il pesce surgelato non si sapeva ancora  cosa fosse ...

Eppure,  con il mercato  e la pescheria a meno di cento metri da casa, mia madre non doveva proprio  scomodarsi  per andare  a fare la spesa: venivano  in casa il macelIaio, con tagli vari di carne  che offriva  alla scelta oculata  della cliente,  magari imprecando  se lei lo contraddiceva sulla asserita  altissima  qualità; venivano  arabi con ceste di verdure  e di frutta, altri con uova veramente di giornata  e con palle di burro  avvolto in grandi foglie di fico, burro  che grondava freschezza; veniva il lattaio ebreo con le sue caprette (il latte di vacca era per noi a quei tempi sconosciuto) e mungeva il latte a richiesta; venivano gli armeni con enormi vassoi di rame portanti decine di tazze di yoghurt,  denso  e traballante   come una  crème caramelle, non le acquerelle insipide che oggi spacciano per tale ... Com'era tutto  fresco, tutto  buono, tutto  assolutamente   genuino! Eppure certamente  anche  allora i nostri genitori  si lamentavano  dei tempi. Ed ora diamoci  un po' alla vita  gaia: il divertimento  è il sale della vita,  no? Grazie ancora  a quel perspicace  uomo  d'affari   che era il g menzionato Giuseppe Salinos, Piazza del Pane si era arricchita  di un cinematografo!  In stile moresco, con palchi, prosceni  e poltrone  ricoperte  in velluto  rosso, l'Alhambra era un piccolo gioiello per quei tempi! Erano  gli inizi del cinema e vi imperavano  la Francesca  Bertini, la Diomira  Jacobini  ed altre languidissime  prime donne;  l'America  ci sfornava Douglas Fairbanks  e Mary Pickford, Tom Mix e Charlot,  Max Linder e Ridolini. Il cinema era ancora «muto», ma la parte sonora dello spettacolo era offerta da un'orchestrina di pochi elementi (i maestri  Ricci, Tiné,  Salafia, p tardi la coppia Barbalonga)  che, con sinfonie,  ouvertures,  motivi  di canzoni  o di operette  si sforzavano  di «commentare» le scene patetiche o le grandi  galoppate di cow-boys o di indiani  che passavano sullo schermo. Nel lungo intervallo fra uno spettacolo e l'altro  l'orchestrina  si ritirava  fuori del cinema per riposare  e fumare  una  sigaretta;  il rientro  in fila indiana degli orchestrali  era salutato  da noi bambini  con urla di gioia perchè  era chiaro  che lo spettacolo «andava  a incominciare».  Una  volta alla settimana l'Alhambra   dava una serata speciale: erano i «Venerdì Chic», ai quali nessuna famiglia  di uri certo. tono  poteva  pensare  di rinunciare.  High life!. ..

 



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