ANNI
ZERO:
LA
LIBIA
PRIMA
DELL'OCCUPAZIONE
ITALIANA
CAPITOLO II - Paragrafo 5
Un
ricordo
patriottico
-
La
città
vecchia
– I forni
arabi
-
La
Hara
-
I mercati:
Suk
ed-Dlam,
Suk
es-Siaga,
Suk
el
Museir,
Suk
en-Naggiara
-
Cortei
nuziali
nella
notte.
Nella
precedente
puntata
parlavo
del
mio
«posto
di
osservazione»
sul
balcone
di
casa
mia:
ad
esso
è
legato
un
ricordo
caro
ed
importante.
Era
il
1918
ed
avevo
allora
7
anni.
Mentre
ero
affacciato
come
al
solito
per
vedere
il
via
vai,
vedo
venire
di
corsa
mio
fratello
Aldo
(19
anni),
sventolando
il
giornale
locale
-
credo
si
chiamasse
«La
Nuova
Italia»
-
e
gridando
a
squarciagola:
«Abbiamo
occupato
Trento
e
Trieste!!!
».
Era
la
Vittoria
...
Abbiamo
perso
un
po'
di
vista
la
«città
vecchia».
Vi
erano
rimasti
alcuni
buoni
negozi
all'
Arba
Arsat
ed
in
Suk
el
Turk:
quello
dei
Fratelli
Miceli,
ad
esempio,
dei
fratelli
Barki,
degli
Alazraki,
dei
Guetta,
un
paio
di
ben
forniti
bazars
indiani,
con
i
ricchi
kimono
appesi
all'ingresso,
ed
il
forte
odore
di
profumi
esotici.
E
non
si
può
non
ricordare
il
vecchio
Giordanella,
con
la
sua
botteguccia
di
pasticcere:
faceva
delle
«Bocca
di
Dama»
(paste
quadrate
di
pura
mandorla,
ricoperta
di
uno
strato
di
zucchero
glassato)
e
dei
gelati
di
crema
che
di
così
buoni
non
ne
ho
più
mangiati
in
vita
mia
...
Le
banche
(Italia,
Roma,
Sicilia
e
Napoli)
erano
pure
rimaste
nel
vecchio
quartiere,
come
pure
gli
uffici
commerciali
più
importanti.
In
Suk
el
Turk
era
sorto
il
delizioso
Teatro
Politeama,
che
in
seguito
dovrà
ospitare
stagioni
indimenticabili
di
varieté
e
di
operette!
E
giacchè
siamo
in
tema
di
città
vecchia
è
d'obbligo
far
menzione
di
alcune
sue
caratteristiche.
Sciara
el
Quash,
con
i
suoi
veramente
tipici
forni
arabi,
come
si
fa
a
dimenticarla?
Ricordate
com'erano
fatti
quei
forni?
Un
portoncino
di
circa
due
metri
per
due,
oltre
il
quale
è
una
buca:
dentro
di
essa
il
fornaio
si
vede
solo
dalla
cintola
in
su;
la
buca
è
lunga
quanto
il
portoncino
e
larga
circa
mezzo
metro
e
subito
al
di
là,
al
livello
stradale,
è
la
fornace
alimentata
a
legna.
Moltitudini
di
donne
e
bimbi
portano
in
continutà
tavolette
di
legno
con
alimenti
da
cuocere:
pani,
ciambelle,
sefre
(tortini
di
semola
con
mandorle
e
miele)
e
tanti
altri
dolci
locali,
pietanze,
ecc.
Il
fornaio,
con
molta
flemma
tiene
a
bada
la
folla
e a
turno
ogni
cosa
viene
messa
a
cottura
a
mezzo
di
una
pala
di
legno,
per
essere
restituita
dopo
un'ora
o
due
ai
clienti,
dietro
pagamento
di
pochi
soldi.
Vicino
a
Sciara
el
Quash
è
la
Hara;
mentre
la
prima
è
abitata
da
arabi,
greci,
maltesi
ed
ebrei,
la
seconda
è
il
quartiere
esclusivamente
ebraico.
Affollatissimo,
chiassosissimo,
coloratissimo
per
le
facciate
delle
sue
case,
e
per
le
camicette
ed
i
barracani
delle
sue
donne
le
quali,
a
quei
tempi,
indossavano
un
costume
molto
ricco,
che
includeva
anche
fazzoletti
colorati
per
racchiudere
le
lunghe
capigliature.
I
quartieri
arabi
invece
erano
molto
meno
vivaci:
negozi
più
radi,
meno
donne
in
giro,
un
mondo
diverso,
un
modo
diverso
di
concepire
la
vita
...
C'erano
nella
città
vecchia
vari
mercati:
abbiamo
già
visto
Suk
el
Turk
e torne
remo
in
seguito
a
parlarne.
C'era
il
mercato
dei
tessitori
con
i
grandi
telai
a
mano
che
riempivano
tutta
la
bottega,
e
le
trame
dei
barracani
in
seta
o
in
cotone
ai
quali
lavoravano
uomini
e ragazzi;
c'era
Suk
el
Dlam
(traduzione
letterale
il
mercato
del...
buio)
completamente
coperto,
con
un
susseguirsi
di
negozietti
di
tappeti,
barracani
e
coperte,
proprietari
e
clienti
seduti
per
terra
su
tappeti
e
cuscini
per
le
in•
terminabili
trattative.
C'era
Suk
es-Siaga,
il
mercato
degli
argentieri,
completamente
ebraico:
vari
vicoletti,
alcuni
dei
quali
coperti,
con
centinaia
di
artigiani
al
lavoro:
un
ticchettìo
continuo
ed
assordante
di
centinaia
di
ceselli
percossi
da
martelli
per
modellare
ed incidere
collane,
pesanti
orecchini,
spilloni,
cinture,
larghi
bracciali
in
argento,
talvolta
anche
in
oro:
perchè
bisogna
spiegare
che
gli
arabi
non
avevano
ancora
dimestichezza
con
le
banche,
e
quando
i
raccolti
o
i
commerci
erano
buoni,
investivano
i loro
risparmi
in
monili
per
le
loro
donne,
per
rivenderli
poi
sullo
stesso
mercato
negli
anni
di
scarsità:
li
vendevano
per
mezzo
di
banditori
che
tenevano
gli
oggetti
bene
in
vista
e
percorrevano
il
mercato
in
su
ed
in
giù,
scandendo
ad
alta
voce
il
miglior
prezzo
fino
allora
ottenuto:
un
mercato
molto
allegro
ed
interessante.
C'erano
ancora
Suk
el
Muscir
e
Suk
en-Naggiara:
il
primo
poteva
vantare
la
bella
costruzione
della
Moschea
dei
Caramanli
col
suo
bianco
portichetto,
all'ombra
del
quale
sostavano
tanti
accattoni
ma
anche
venditori
di
rossi
fez
e
bianche
taghie
(il
piccolo
tondo
copricapo
che
gli arabi
portavano
invece
o
sotto
il
fez),
e
venditori
ambulanti
di
collanine
di
fiori
d'arancio:
che
grazia
e
che
profumo
...
Il
Suk
era
diviso
fra
arabi
ed
ebrei,
e
costituiva
il
mercato
principale
per
generi
di
abbigliamento,
chincaglieria,
articoli
in
pelle,
sandali
e zoccoli
per
le
popolazioni
locali:
essendo
collegato
con
Piazza
del
Pane,
punto
di
arrivo
e
di
partenza
per
tutti
gli
abitanti
dell'interno,
questo
suk
era
sempre
stracarico
di
merci,
tutte
esposte
all'aperto,
e
pieno
di
movimento
e
di
folklore.
Suk
en-Naggiara
invece
aveva
tutto
un
altro
tono.
Prendeva
le
mosse
da
Piazza
dell'Orologio,
con
la
sua
caratteristica
torre
quadrata,
e
raggiungeva
quelli
che
erano
chiamati
«i
bastioni»,
e
cioè
la
stretta
passeggiata
sul
mare
dal
castello
al
porto.
Naggiara
vuol
dire
falegname,
ed infatti
vi
erano
decine
di
artigiani
del
legno,
tutti
intenti
a
fabbricare
mobiletti
e
cassoni,
che
a
quei
tempi
servivano
agli
abitanti
libici
invece
di
armadi.
Alcuni
cassoni
venivano
tinteggiati
e
ricoperti
di
borchie
e
disegni
di
fiori
e
di
pesci,
ritagliati
su
fogli
di
rame,
fino
a
farne
dei
capi
pregiati,
che
serviranno
come
cassapanche
nelle
case
agiate,
o
per
racchiudere
i
corredi
da
sposa.
A
proposito
di
spose:
ricordate
i
lunghi
cortei
notturni
di
carrozzelle,
bardate
a
festa,
stracolme
di
gente,
cortei
nuziali
percossi
da
canti
e
tamburi:
tàm,
tàm-tàm,
tàm,
tàm-tàm,
tàam;
si
sentivano
arrivare
da
lontano,
e
poi
perdersi
lontano
nella
notte:
spesso
ci
svegliavano
all'improvviso
e
ci
voleva
un
bel
po'
prima
che
si
potesse
riprender
sonno!
Allora
magari
ci
si
impazientiva,
ma
ora
il
ricordo
è
dolce
e
gradevole
...
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