ANNI
ZERO:
LA
LIBIA
PRIMA
DELL'OCCUPAZIONE
ITALIANA
CAPITOLO II - Paragrafo 7
Le
spiagge:
i
Dirigibili,
Baraccopoli,
Belvedere,
Caramanli
-
Il
giardinetto
pubblico
-
Giuochi
di
bimbi
-
Le
prime
pratiche
sportive
-
Busadiya
-
L'Aisawiya.
Altri
svaghi.
Quello
preferito,
in estate,
era
naturalmente
il
mare,
quello
splendido
mare
che
tutti
rimpiangiamo.
Pochissimi
privilegiati
si
spingevano
fino
alla
spiaggia
dei
«Dirigibili»
-
pressappoco
dove
sarà
poi
costruito
il
Lido.
Doveva
il
nome
ad
un
immenso
hangar
per
dirigibili
della
base
militare:
poche
capanne,
uno
splendido
e
sconfinato
arenile
dorato,
riparato
da
una
lunga
scogliera.
Un
piccolo
paradiso,
ma
a
quei
tempi
le
automobili
si
contavano
sulle
punte
delle
dita;
le
strade
erano
ancora
malagevoli,
per
arrivare
fin
laggiù
in
carrozzella
ci
voleva
una
buona
mezz'ora
e
col
polverone
(le
strade
non
erano
ancora
asfaltate)
ed
il
calore
estivo
diventava
un
vero
tormento.
La
maggior
parte
dei
bagnanti
si
dividevano
perciò
fra
le
altre
due
località:
quelli
abitanti
nella
città
vecchia,
tutti
a
«Baraccopoli»,
sotto
il futuro
Lungomare
della
Vittoria.
Era tutto
scoglio,
il
mare
fondo,
con
molta
corrente
e
spesso
forti
ondate:
bisognava
saper
ben
nuotare,
ed
infatti
vi
si
allenavano
forti
nuotatori
e
futuri
giocatori
di
water
polo.
Gli
abitanti
della
città
nuova
si
riversavano
invece
al
Belvedere,
la
spiaggetta
sotto
il
Molo
dello
Sparto,
o
Pontile
IV
Novembre,
di
cui
abbiamo
già
parlato.
Due
o
tre
stabilimenti
con
baracchette
in
legno
e
terrazze
sul
mare
con
tavolini
e
bar:
alla
buona
ma
niente
male.
A
quei
tempi
si
potevano
ancora
fare
i
bagni
nel
porto
perchè
il
grande
molo
di
levante
(o
dei
Caramanli)
non
era
stato
ancora
costruito
e
le
acque
circolavano
libere.
Per
la
verità,
la
costruzione
di
questo
molo
era
stata,
e
sarà,
tentata
a
varie
riprese
ma
senza
successo,
a
causa
delle
fortissime
correnti
e
mareggiate
che
ogni
volta
demolivano
le
opere
appena
iniziate;
solo
negli
anni
'30
un
ennesimo
tentativo,
molto
deciso,
avrà
ragione
delle
forze
naturali.
E
da
allora
in
poi
la
balneazione
nel
porto
sarà
proibita.
porto
sarà
proibita.
La
costruzione
di
questo
molo
porrà
fine
anche
all'uso
di
una
piacevole
spiag
getta
alla
quale
si
scendeva
per
ripidi
dirupi,
posta
un
po'
ad
Est
delle
Tombe
dei
Caramanli,
spiaggia
che,
a
causa
della
sua
distanza
dal
centro,
era
frequentata
per
lo
più
dagli
abitanti
della
Dahra,
del
rione
di
San
Francesco
e
di
Zauiet
Dahmani.
Nelle
altre
stagioni
noi
bimbi
andavamo
a
passeggiare
e
giuocare
in
un
giardi
netto
molto
curato,
sempre
al
Belvedere
che
provvederà
l'area,
negli
Anni
Trenta,
per
la
costruzione
della
Casa
Littoria.
Si
giuocava
a
ladri
e
carabinieri,
a
mosca
cieca,
saltando
al
"carré",
ai
quattro
cantoni,
a
nascondino,
allo
scannello
ed
al cerchio.
C'era
anche
il
giuoco
della
corda,
che
era
praticato
per
lo
più
dalle
bam
bine,
ma
spesso
una
di
queste,
dallo
spiccato
accento
francese,
m'invitava
a
giuocare
con
loro:
"Ghobeghto
(Roberto),
vuoi
giocaghe
alla
coghda?";
io,
già
da
al
lora
buon
cavaliere,
non
potevo
rifiutare
tanto
invito
e
giuocavo
con
loro.
A
scuola
i
miei
compagni
mi
rifacevano
spesso
il
verso:
Ghobeghto,
vuoi
giocaghe
ecc.
ecc
....
Mi
faceva
una
gghhabbia!
I
giovani
intanto
si
iniziavano
alle
prime
pratiche
sportive.
Dove
fu
poi
costruito
il
Palazzo
Vigna
era
spiaggia,
ed
al
limite
di
essa
era
stata
montata
una
gra
ziosa
costruzione
prefabbricata
tipo
-
chissà
perchè
-
chalet
svizzero.
Era
la
«Canottieri»
un
circolo
che
radunava
la
migliore
gioventù
e
svolgeva
una
intensa
attività
multiforme:
canottaggio
naturalmente,
pattinaggio
e
tennis,
balli
e
manife
stazioni
varie.
Nel
piazzale
dello
sparto,
fra
quello
che
sarà
poi
il
Grand
Hotel
ed
il
Circolo
Militare,
una
grande
spianata
sabbiosa
fungerà
per
tutti
quegli
anni
-
in
mancanza
assoluta
di
uno
stadio
-
da
palestra,
da
pista
per
le
corse
e
da
campo
di
calcio.
Vi
giocavano
partite
infuocate
lo
squadrone
della
Canottieri,
la
Fulgor
F.C.,
ed altre
squadre
e
squadrette
improvvisate.
Le
porte
erano
marcate
da
due
paletti
verticali,
i
limiti
di
campo
da
linee
disegnate
sulla
sabbia;
quando
i giocatori
s'incontravano
in
una
mischia
si
alzava
un
polverone
tale
che
non
si
vedeva
più
niente.
Ma ci
si
divertiva
lo
stesso
ed
il
tifo
era
furioso
già
a
quei
tempi
...
Anche
qualche
tentativo
di
atletica
leggera
avrà
inizio
in
quei
campi
improvvisati;
lo
snello
e
giovanissimo
Massaia
aveva
sempre
la
meglio
nei
100
metri:
del
resto
si
provava
ben
poco
oltre
questa
specialità
.....
C'è
qualcosa
ora
da
ricordare
sui
costumi
e
sulle
curiosità
locali,
familiari
però
solo
ai
tripolini
di
più
vecchia
data!
Una
vera
curiosità
era
costituita
dal
«Busadiya»:
un
vecchietto
smilzo
ma
ancora
assai
rapido
di
movimenti,
ricoperto
dalla
testa
ai
piedi
delle
cose
più
inverosimili:
pezzi
di
latta
o
di
specchietti,
ossa
di
tutte
le
misure,
stracci,
campanelli,
collane
multicolori,
una
specie
di
elmo
in
testa.
Si
annunziava
da
lontano
col
battito
del
suo
vecchio
tamburo.
Si
fingeva
un
guerriero
ed
i
suoi
«nemici»
erano
le
monetine
da
uno,
due
o
quattro
soldi
che
gli
spettatori
-
subito
numerosi
in
cerchio
-
gli
buttavano
per
la
...
battaglia.
Appena
scorgeva
una
moneta
nella
polvere
si
inalberava,
avanzava
con
circospezione,
afferrava
il
bastoncino
ricurvo
del
tamburo
come
a
farne
un'arma
e,
dopo
una
lunga
pantomima;
si
scagliava
sulla
vittima,
fingeva
di
immobilizzarla,
di
farla
a
pezzi,
e
finalmente
di
mangiarsela
con
gran
gusto,
fra
gli
applausi
di
grandi
e
piccini:
caro
vecchio
Busadiya,
quanto
eri
semplice
e
genuino
nella
tua
incruenta
guerra
.
Altro
interessante
ricordo,
ma
di
ben
altro
carattere
ed
importanza
era
la
«Aysawuìya».
In
ogni
occasione
delle
grandi
solennità
musulmane,
partendo
dalle
moschee
della
città
vecchia,
venivano
attraversando
Piazza
del
Pane,
Sciara
Azizia
e le
altre
strade
principali,
grandi
folle
compatte
di
fedeli.
In
testa
procedevano
i
maggiorenti
religiosi,
il
capo
avvolto
in
bianchi
turbanti
ed
il
corpo
ricoperto
da
lunghe
vesti
scure.
Li
seguivano
qualche
decina
di
religiosi
«impegnati»,
con
piccoli
tamburi
a
forma
di
coppa
in
una
mano
ed
un
bastoncino
nell'altra
mano,
muovendo
a
piccoli
passi
lenti
e cadenzati
-'
un
colpo
di
tamburo,
un
brusco
inchino
del
corpo
e
piede
sinistro
avanti;
altro
colpo
di
tamburo,
inchino
e
piede
destro
avanti,
e
cosi
di
seguito
per
tutto
il
percorso,
un
dondolio
della
testa
continuo
e
pauroso!
A
questi
religiosi
«spinti»
seguivano
portatori
di
grandi
striscioni
verdi
(il
colore
del
Profeta)
a
forma
di
tenda,
tenuti
da
una
lunga
pertica
al
centro
e
da
cordicelle
ai
lati,
ornati
da
grandi
scritte
con
versetti
del
Corano,
questi
striscioni
ondeggiando
alto
e
basso
a
far
ombra
e dar
spinta
ai
grandi
fedeli,
come
immense
ali
protettrici.
Non
mancavano
talvolta
anche
alcuni
marabutti
che,
al
colmo
del
loro
trasporto,
si
infilavano
spilloni
d'argento
nelle
guance,
apparentemente
senza
dolore
e
senza
fuoriuscita
di
sangue.
Seguivano
poi
folle
di
centinaia,o,migliaia
di
altri
fedeli,
cantando
inni
religiosi.
Cortei
di
questo
genere
si
susseguivano
durante
la
giornata,
ed
era
sempre
uno
spettacolo
suggestivo
vedere
dimostrazioni
così
imponenti
e
cosi
trasfuse
dalla
fede,
anche
se,
per
i
non
musulmani,
così
difficilmente
comprensibili.
A
un
certo
punto
il
Governo
della
Libia
decise
di
non
consentire
più
questi
cortei,
a
causa
delle
difficoltà
create
al
traffico,
o
per
altri
forse
meno
espliciti
motivi.
Venne
così
a
cessare
una
delle
manifestazioni
più
caratteristiche
del
costume
locale.
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