LA STANZA DI ROBERTO NUNES VAIS

Roberto Nunes Vais

reminescenze tripoline
di
roberto Nunes Vais

ANNI ZERO:

LA LIBIA PRIMA DELL'OCCUPAZIONE ITALIANA

CAPITOLO II - Paragrafo 7

Le spiagge: i Dirigibili,  Baraccopoli,  Belvedere,  Caramanli  -   Il giardinetto pubblico -   Giuochi di bimbi -   Le prime pratiche sportive -   Busadiya -   L'Aisawiya.

 

Altri  svaghi.  Quello  preferito, in estate, era  naturalmente il mare, quello splendido mare che tutti rimpiangiamo. Pochissimi privilegiati si spingevano fino alla spiaggia dei «Dirigibili» - pressappoco  dove sarà poi costruito  il Lido. Doveva il nome ad un immenso hangar  per dirigibili della base militare: poche capanne,  uno splendido  e sconfinato  arenile dorato, riparato da una lunga scogliera.

Un piccolo paradiso,  ma a quei tempi le automobili  si contavano  sulle punte delle dita; le strade erano ancora  malagevoli,  per arrivare  fin lagg in carrozzella ci voleva una buona  mezz'ora  e col polverone  (le strade non erano ancora  asfaltate)  ed il calore estivo diventava  un vero tormento.   La maggior  parte  dei bagnanti  si dividevano perciò fra le altre due località: quelli abitanti  nella città vecchia, tutti a «Baraccopoli», sotto il futuro  Lungomare della Vittoria.  Era tutto scoglio, il mare fondo, con molta corrente e spesso forti  ondate: bisognava  saper ben nuotare,  ed infatti  vi si allenavano  forti  nuotatori  e futuri  giocatori  di water polo.

Gli abitanti  della città nuova  si riversavano  invece al Belvedere, la spiaggetta sotto il Molo dello Sparto,  o Pontile  IV Novembre,  di cui abbiamo  g parlato.  Due o tre stabilimenti  con baracchette  in legno e terrazze sul mare con tavolini e bar: alla buona  ma niente male. A quei tempi si potevano  ancora  fare i bagni nel porto  perchè il grande  molo di levante (o dei Caramanli)  non era stato  ancora  costruito  e le acque circolavano  libere.

Per la verità,  la costruzione  di questo  molo era stata,  e sarà, tentata a varie riprese ma senza successo, a causa  delle fortissime  correnti e mareggiate che ogni volta demolivano le opere appena  iniziate;  solo negli anni  '30 un ennesimo  tentativo,  molto  deciso,  avrà ragione  delle forze   naturali.  E da allora  in poi la balneazione nel porto  sarà proibita. porto  sarà proibita.

La costruzione  di questo molo porrà  fine anche all'uso  di una piacevole spiag getta  alla quale  si scendeva per ripidi dirupi,  posta  un po'  ad Est delle Tombe  dei Caramanli,   spiaggia che, a causa della sua distanza  dal centro, era frequentata   per lo p dagli abitanti  della Dahra,  del rione di San Francesco  e di Zauiet  Dahmani.

Nelle altre stagioni  noi bimbi andavamo  a passeggiare  e giuocare in un giardi netto  molto  curato,  sempre al Belvedere che provvede     l'area,   negli Anni Trenta, per la costruzione  della  Casa  Littoria.   Si giuocava  a ladri  e carabinieri,   a mosca cieca,  saltando  al  "carré",    ai quattro  cantoni,  a nascondino,   allo scannello  ed al cerchio.  C'era  anche  il giuoco della corda,  che era praticato  per lo p dalle bam bine,  ma spesso una  di queste,  dallo spiccato accento francese,  m'invitava  a giuocare con loro:  "Ghobeghto  (Roberto), vuoi giocaghe  alla coghda?";  io, g da al lora buon cavaliere, non potevo rifiutare  tanto invito e giuocavo con loro. A scuola i miei compagni  mi rifacevano  spesso il verso: Ghobeghto,    vuoi giocaghe ecc. ecc .... Mi faceva una gghhabbia!

I giovani  intanto  si iniziavano  alle  prime pratiche sportive. Dove fu poi costruito  il Palazzo Vigna era spiaggia, ed al limite di essa era stata montata una gra ziosa costruzione prefabbricata tipo - chissà  perchè -  chalet svizzero. Era  la «Canottieri» un circolo  che radunava la migliore gioven  e svolgeva una  intensa attività  multiforme:  canottaggio  naturalmente, pattinaggio  e tennis,  balli e manife stazioni  varie.

Nel piazzale dello sparto,  fra  quello che sarà  poi il Grand  Hotel  ed il Circolo Militare,  una grande spianata  sabbiosa  fungerà per tutti quegli anni - in mancanza assoluta  di uno stadio  -   da palestra,  da pista per le corse e da campo di calcio.

Vi giocavano partite infuocate  lo squadrone della Canottieri, la Fulgor F.C., ed altre squadre e squadrette improvvisate. Le porte  erano  marcate da due paletti  verticali,  i limiti di campo  da linee disegnate sulla sabbia; quando i giocatori  s'incontravano  in una mischia si alzava un polverone tale che non si vedeva più niente. Ma ci si divertiva lo stesso ed il tifo era furioso g a quei tempi ...

Anche qualche tentativo  di atletica  leggera avrà inizio in quei campi improvvisati; lo snello e giovanissimo Massaia aveva sempre la meglio nei 100 metri: del resto si provava  ben poco oltre questa  specialità .....

C'è qualcosa  ora da ricordare  sui costumi e sulle curiosità  locali, familiari però solo   ai  tripolini   di  p   vecchia  data!   Una   vera   curiosità   era  costituita   dal «Busadiya»:  un vecchietto  smilzo ma ancora  assai rapido di movimenti,  ricoperto dalla testa ai piedi delle cose più   inverosimili:  pezzi di latta  o di specchietti,  ossa di tutte  le misure,  stracci,  campanelli,  collane multicolori,  una specie di elmo in testa. Si annunziava da lontano  col battito  del suo vecchio tamburo.   Si fingeva un guerriero ed i suoi «nemici» erano  le monetine  da uno,  due o quattro  soldi che gli spettatori  - subito  numerosi  in cerchio  -  gli buttavano   per la ...  battaglia. Appena scorgeva  una  moneta  nella polvere  si inalberava, avanzava  con circospezione,  afferrava  il bastoncino ricurvo del tamburo  come a farne un'arma   e, dopo una lunga pantomima;   si scagliava sulla vittima,  fingeva di immobilizzarla,  di farla a pezzi, e finalmente  di mangiarsela  con gran gusto,  fra gli applausi  di grandi e piccini: caro vecchio Busadiya,  quanto eri semplice e genuino  nella tua incruenta  guerra .

Altro  interessante   ricordo,   ma  di  ben  altro  carattere  ed  importanza  era  la «Aysawuìya».  In ogni occasione  delle grandi  solennità  musulmane, partendo  dalle moschee della città vecchia, venivano attraversando   Piazza del Pane,  Sciara Azizia e le altre  strade  principali,   grandi  folle compatte  di fedeli.  In testa  procedevano   i maggiorenti  religiosi,  il capo  avvolto  in bianchi  turbanti   ed il corpo  ricoperto  da lunghe vesti scure. Li seguivano qualche decina di religiosi «impegnati»,  con piccoli tamburi  a forma di coppa in una mano ed un bastoncino  nell'altra  mano, muovendo a piccoli passi lenti e cadenzati  -' un  colpo di tamburo,   un brusco inchino del corpo e piede sinistro avanti;  altro colpo di tamburo,  inchino e piede destro avanti,  e cosi di seguito per tutto  il percorso,  un dondolio  della testa   continuo  e pauroso!

A questi religiosi «spinti»  seguivano  portatori  di grandi  striscioni verdi (il colore del Profeta)  a forma  di tenda,  tenuti da una lunga pertica al centro e da cordicelle ai lati, ornati  da grandi  scritte con versetti del Corano,  questi striscioni ondeggiando alto e basso a far ombra e dar spinta ai grandi fedeli, come immense ali protettrici. Non mancavano talvolta  anche alcuni marabutti che, al colmo del loro trasporto, si infilavano  spilloni d'argento nelle guance,  apparentemente   senza dolore e senza fuoriuscita  di sangue. Seguivano poi folle di centinaia,o,migliaia di altri fedeli, cantando  inni religiosi.

Cortei di questo genere si susseguivano durante  la giornata,  ed era sempre uno spettacolo  suggestivo vedere dimostrazioni  così imponenti  e cosi trasfuse dalla fede, anche se, per i non  musulmani,  così difficilmente  comprensibili.

A un certo punto  il Governo della Libia decise di non consentire più questi cortei, a causa delle difficoltà  create al traffico,   o per altri forse meno espliciti motivi. Venne così a cessare una delle manifestazioni  più caratteristiche  del costume locale.

 



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