ANNI
ZERO:
LA
LIBIA
PRIMA
DELL'OCCUPAZIONE
ITALIANA
CAPITOLO II - Paragrafo 3
Piazza
del
Pane
-
La
prima
espansione
-
I
limiti
della
città
alla
fine
del
decennio
-
Conseguenze
della
Grande
Guerra
-
Lavori
pubblicì
Ottobre
1911,
il
tricolore
sventola
sul
Castello:
la
cittadina
esce
dalle
sue
mura
troppo
anguste,
e
incomincia
a
respirare.
Quella
che
tutti
noi
conoscevamo
come
Piazza
Italia,
era
solo
una
grande
spianata
sabbiosa,
e
da
essa
partiranno
i
piani
del
nuovo
sviluppo.
Era
chiamata
Piazza
del
Pane
per
via
delle
miriadi
di
tonde
soffici
pagnottelle
esposte
su
centinaia
di
bancarelle
ai
clienti
indigeni
ed
a
nugoli
di
mosche.
Dietro
le
bancarelle,
una
lunga
fila
di
piccoli
negozi
di
frutta,
verdura,
carne,
ecc.,
con
il
loro
basso
ed
ombroso
portichetto
fanno
da
sfondo
alla
piazza
sul
lato
ovest,
proprio
sotto
le
mura
e
fino
all'incontro
con
la
stretta
Via
della
Questura,
così
chiamata
perchè
la
Polizia
Italiana
aveva
posto
la
sua
sede
in
una
grande
casa
araba
che
su
di
essa
aveva
l'ingresso.
Al
centro
della
piazza,
una
bella
fontana
turca
a
pianta
quadrata,
con
stemmi
e
fregi
in
rilievo,
e
con
ampie
vasche
sui
suoi
quattro
lati;
intorno
ad
essa
è
un
continuo
affluire
di
donne
,e
di
bambini
con
recipienti
vari-per
«fare
il
pieno»,
dato
che
l'acqua
corrente
nelle
case
era
di
là
da
venire:
le
famiglie
benestanti
traevano
invece
il
loro
fabbisogno
dalle
cisterne
di
acqua
piovana
o
dai
pozzi,
comuni
in
quasi
tutte
le
abitazioni
di
un
certo
livello.
Agli
imbocchi
delle
strade
che
si
affacciano
sulla
piazza
file
di
sgangherate
carrozzelle,
carrette
a
mano
o
a
cavallo,
unico
mezzo
per
il
trasporto
di
merci
e
masserizie.
Dalla
piazza
in
quei
tempi
non
si
vedeva
il
mare
poichè
un
terrapieno
con
un
piccolo
cimitero
arabo
la
separava
da
quella
che
sarà
poi
Piazza
Castello.
Da
Piazza
del
Pane
Tripoli
incomincia
subito
ad
espandersi
a
macchia
d'olio,
seguendo
le
piste
tracciate
nei
secoli
dalle
carovane.
La
pianta
della
città
viene
così
a
raffigurarsi
nella
forma
-
che
conserverà
definitivamente
-
di
una
mano
destra
tutta
aperta.
Il
palmo
della
mano
è
dunque
Piazza
del
Pane;
le
dita
rappresentano
Sciara
Azizia
(il
mignolo),
e
le
quattro
vie
che
dalla
piazza
si
irradiano:
Sciara
Riccardo
(per
via
di
un
grande
fondaco
costruito
da
Riccardo
Cassar),
Sciara
Mizran
(dal
nome
di
una
grande
famiglia
tripolina
che
vi,
aveva
costruito
una
moschea),
Sciara
el
Uadi
(a
causa
dell'Uadi
Megenin
che
ogni
tanto
la
trasformava
in
torrente,
riversandosi
poi
in
mare
proprio
sotto
il
Castello),
ed
infine
-
separata
come
un
pollice
ad
angolo
retto
dalle
altre
dita
-
Sciara
el
Gharbi
(perchè
orientata
appunto
in
direzione
ovest).
Questa
toponomastica
rimarrà
pressochè
invariata
per
tutto
il
periodo
di
cui
qui
si
parla
ma,
per
intenderei,
i
nomi
rispettivi
di
queste
strade
saranno
in
seguito:
Corso
Vittorio
Emanuele,
Via
Lombardia
(poi
Costanzo
Ciano,
poi
24
Dicembre),
Via
Lazio,
Via
Piemonte
e
Corso
Sicilia.
Alla
fine
degli
«Anni
Dieci»
la
cittadina
aveva
raggiunto
i
seguenti
limiti,
entro
un
raggio
da
400
a
500
metri
da
Piazza
del
Pane:
ad
Est,
sul
mare,
l'angolo
dove
sorgerà
l'Hotel
Uaddan;
più
in
dentro
le
prime
casette
del
quartiere
della
Dahra.
Sciara
Azizia
(il
Corso
Vittorio)
era
sbarrato,
all'altezza
di
quella
che
sarà
poi
Piazza
Cattedrale,
dai
binari
della
ferrovia:
un
trenino
che
portava
lo
sparto
al
ponti
le
omonimo
di
dove,
a
mezzo
di
grosse
maone,
veniva
imbarcato
sui
piroscafi
in
rada.
Al
posto
di
questo
vecchio
manufatto
in
legno
verrà
poi
costruito
il
magnifico
Pontile
IV
Novembre,
o
«della
Gazzella»
dal
nome
della
sua
adorabile
fontanina.
Dunque,
al
di
là
della
futura
Piazza
Cattedrale
non
si
andava,
o
vi
si
andava
solo
per
piste
sabbiose,
fiancheggiate
da
piccoli
orti
o
frutteti.
Dall'altezza
di
Piazza
Cattedrale
partiva
una
straducola
a
semicerchio
che
congiungeva
Sciara
Azizia
con
le
Vie
Riccardo
e
Mizran:
era
la
Sciara
el
Machìna,
così
chiamata
a
causa
della
macchina
per
la
pressatura
dello
sparto
piazzata
nel
fondaco
dei
Nahum,
in
quei
paraggi.
Verso
Sud
il limite
di
Tripoli
era
costituito
dai
cimiteri
arabi
di
Sidi
Mender.
Il
quartiere
Belher,
a
destra
di
Via
Piemonte,
arrivava
più
o
meno
all'altezza
della
futura
Chiesa
della
Madonna
della
Guardia
sul
Corso
Sicilia,
mentre
a
destra
di
questo
Corsovi
era
solo
un
piccolo
quartiere
arabo
a
ridosso
delle
antiche
mura.
Questi
erano
il
limiti
di
Tripoli
verso
il
1920.
Il
ritmo
di
crescita
era
ancora
piuttosto
lento
perché
fra
il
1915
e
il
'18
c'era
stata
la
grande
guerra
e
l'Italia
era
stata
seriamente
impegnata
sui
campi
di
batta"
glia.
L'occupazione
della
Libia
ne
aveva
duramente
risentito
poiché
una
gran
parte
del
territorio
aveva
dovuto
essere
abbandonata
e
solo
Tripoli,
Bengazi
ed
alcuni
piccoli
centri
sulla
costa
avevano
potuto
resistere
agli
insorti.
Malgrado
le
enormi
difficoltà
di
questo
periodo,
grandi
lavori
pubblici
erano
stati
eseguiti:'
le
piste
che
partivano
da
Piazza
del
Pane
erano
state
trasformate
in
strade
carrozzabili
che
raggiungevano
i
principali
centri
della
costa
e
dell'
entroterra,
una
ferrovia
era
stata
costruita
per
congiungere
Tripoli
con
Zuara,
il
Garian
e le
sa
line
della
Mellaha.
Il
porto
aveva
ora
delle
ampie
banchine:
un
poderoso
molo
di
oltre
un
chilometro
di
lunghezza
ne
proteggeva
le
acque
dai
venti
di
occidente
e
del
nord.
Nella
nuova
città
venivano
su
gli
edifici
pubblici:
il
Municipio,
le
Poste,
la
Residenza
Governatoriale,
il
Tribunale,
edifici
che
dopo
una
ventina
d'anni
verranno
tutti
smantellati
per
nuove,
più
importanti
costruzioni.
Nuove
scuole
venivano
costruite:
la
Pietro
Verri,
nella
Città
Vecchia,
le
Scuole
Roma
e Regina
Elena
in
Sciara
Mizran;
un
grande
Ospedale
sorgeva
sul
prolungamento
di
questa
strada,
poi
ampliato
e
rinnovato
negli
anni
'30.
Risale
pure
a
quell'epoca
la
recinzione
della
città
con
l'ampio
cerchio
delle
mura
(un
perimetro
di
18
km.),
per
difenderla
dalle
tribù
arabe
in
rivolta.
Come
sarà
piacevole,
quando
saremo
più
grandi,
quella
passeggiata
in
bicicletta!
...
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