UNA
STORIA DI FAMIGLIA
TRA LA SICILIA, LA GRECIA, MALTA
E LA CIRENAICA |
Gandil,
Gandil a Bengasi
*
Era
una placida sera bengasina,
punti
splendenti
occhieggiarono
nel fondo della Sciara Sneidel1
avvolta
nella penombra vespertina.
Si
avvicinarono;
sentii
scandire allegramente:
Gandil,
gandil, gandil, gandil!
Vidi
fiaccole, lanternine;
apparvero
ragazzini musulmani,
passarono
festosi e a sciami.
Venivano
dalle zenghe2
e
dai soûq3
dalla medina4.
Diffusero
con entusiasmo la luce
che
simboleggia Dio
in
molte religioni.
Aspersero
nell’aria serena
il
profumo delle zagare
che
i popoli annoverano
fra
i simboli dell’amore.
Le
gioie che danno all’animo
i
valori della vita
mi
resero propria
la
trasparenza del loro messaggio.
La
fiaccolata della fede islamica
andò
oltre sidi Draui,
verso
sidi Hussein, Sabry e Ben Kascir; di quartiere in quartiere
ricordò
che
era tempo di letizia e di preghiera.
Il
natale di Maometto ricorreva.
*
“... è nata dal contatto quotidiano, maturato in Libia, da me
cristiana, con il mondo arabo-islamico, nel quale si notano punti di
convergenza. A Bengasi esisteva questa ricorrenza fino al
1960, ho visto io tanti ragazzini che andavano alla moschea con la
lanternina accesa ...”. 1.
sciara:
via. 2.
zenga:
strada stretta 3.
soûq:
mercato . 4.
medina:
nelle città islamiche, la parte vecchia che include il bazar e la
moschea.
°°°°°°°°°°°°
Natale
1989
Ricordo
i ranuncoli sbocciati
all’improvviso
nell’aiuola
della
mia casa luminosa;
erano
variopinti e come di seta plissé!
Stupita,
dinanzi a tanto, domandai:
“Mamma,
chi li ha piantati?”.
E
Lei: “Gesù Bambino!”.
In
Libia, a Natale,
la
mamma preparava le crèpes
alla
ricotta zuccherata,
ai
bimbi di famiglia numerosa
e
ai suoi figli in agape festosa.
Oh,
cucina confortevole di Sciara Sneidel,
fra
trombe di angeli e buganvillee.
Ricordo
il presepe “De La Salle”
per
noi fanciulli, magico orientale;
ricordo
un canto nella Cattedrale;
aleggiò
argentino, nel raccoglimento silente:
“Che
magnifica notte di stelle
hai
prescelto o Bambino!”
Oh
Natale di Cirenaica, ricco di Avvento, cortese;
bianca
Cattedrale di Bengasi,
fra
cieli rosa e mari di turchese!
Oh
Natale di casa mia, così inondato di armonia,
sarai
sempre nel mio cuore,
m’insegnasti
che dove vi è amore
verso
il prossimo e il Creato,
vi
è la grazia di Gesù nato!
°°°°°°°°°°°°
Terre
intorno a Bengasi
L’erg
e il serir
mimetizzavano
asini,
cammelli,
cagnolini,
tende,
beduini, donne, bambini.
A
gennaio ci sorrideva già la primavera;
era
bello andare a passeggio
dopo
le piogge!
La
terra rossa intorno a Bengasi
si
ammantava di margherite gialle.
Sin
da piccina
mio
padre, gran camminatore,
mi
fece amare le sebke dei Sabri
luccicanti
al sole
e
le saline della Berka, alture di cristalli
nell’azzurro,
affascinanti.
La
mia anima non conosceva depressioni,
i
miei mistici ideali aleggiavano sereni
fra
spazi, orizzonti, silenzi infiniti.
°°°°°°°°°°°°
Le
conchigliette
Un
giorno mi recai con Giorgia,
fuori
tempo dei bagni, alla spiaggia.
Il
fantasmagorico tramonto bengasino
iridava
indefinite bellezze,
dolcemente
adagiate sulle onde,
la
brezza le cullava serenamente, dalla riva all’orizzonte.
Sembravano
boccioli di genziana,
coprivano
come un prato,
il
mare appena increspato della Giuliana.
Sembravano
costumi di bajadere,
o
manti di sovrani Aztechi,
intessuti
con piume di uccelli rari,
sembravano
dispiegamenti di seriche bandiere.
Era
un palcoscenico di lusso fatto dal Creatore,
su
cui danzavano, a miriadi,
leggere,
azzurre cose;
ne
raccolsi, osservai, erano conchigliette vuote.
Da
dove erano venute?
Era
uno scenario fatto da un gran Pittore:
sfolgorii,
scintillii di acque leggiadre,
brillava,
sorrideva il Creato, al vespero cirenaico
e
a noi fanciulle in fiore.
°°°°°°°°°°°°
Crochi
bianchi
Addio
crochi bianchi profumati nella sera,
affioranti
dalla sabbia della Giuliana a primavera,
foste
per me bambina, la scoperta dell’armonia.
Mi
chiesi: poiché il libeccio squassa le rive,
come
avviene il miracolo della vita dei crochi
negli
arenili inondati dal mare?
Scavai
con le mani, mi affannai, cercai i bulbi,
nemmeno
l’ombra,
erano
chissà in quale profondità.
Compresi
che per tale giardinaggio,
non
disponevo dell’adatto aggeggio.
Crochi
bianchi, delicati,
alle
tempeste adusi
al
petrolio siete sopravvissuti?
Crochi
bianchi, la Giuliana è lontana dal mio sguardo,
ritornate
ancora in primavera per allietare il mondo
come
ritorna in me l’armonia al vostro ricordo?
°°°°°°°°°°°°
Salve
Bengasi!
Salve
Bengasi, terra di datteri, di ulivi,
di
melograni e di banani,
di
tonni saporiti,
terra
di nostalgia e di lavori alacri,
oh
Lete, fiume dell’oblio,
noi
del 1941 come siamo dimenticati!
O
te felice fra giardini fatati1
fra
sebke, mari e tramonti incantati!
La
laboriosità dia gioia e benessere ai tuoi abitanti,
conoscano
la tua gentilezza gli ospiti stranieri,
lunga
vita a te e progresso nei millenni
1) giardini fatati: il fiume Lete è sotterraneo, il suo territorio è
carsico, le sue cavità sono coltivate;
chi vi giunge dalla pianura desertica all’improvviso vede corbeilles
verdeggianti di uliveti,
palmeti, frutteti.
°°°°°°°°°°°°
Pellegrinaggio
alla Madonna delle lacrime
18
maggio 1994
Bianca
Siracusa dai palazzi arabescati
che
si specchiano sul mare di turchesi,
e
su sabbie rosa come quelle di Bengasi;
Siracusa,
sei un incanto come Venezia,
quel
giorno eri ancora più adornata
di
aiuole colme di fiori, per la venuta del Papa.
Dopo
trentasei ore di Canale di Sicilia e di nave ballerina,
quando
ero bambina,
Papà
mi rinvigoriva con i ricci della tua scogliera,
e
con il Malvasia della tua terra.
Siracusa,
tu fai parte della mia antica felicità,
quando
sbarcavo il mio cuore era in festa,
andavo
dalle nonne Isabella e Francesca,
quando
m’imbarcavo era impaziente,
di
ritornare a casa, fra l’altra mia gente,
e
già sentivo profumi di sebke e di artemisie.
Siracusa,
t’identifico con il teatro greco,
i
papiri, Archimede, l’Anapo, le barche variopinte,
tra
l’isola di Ortigia e il ponte,
la
leggenda di Aretusa e la sua fonte.
Il
tuo mare unisce l’Europa, l’Africa e l’Asia,
incontri
di commerci, di culture, discordie nella Storia.
Dal
29 agosto 1953 si ascoltano a Siracusa
i
linguaggi di tutta la Terra,
per
il miracolo delle lacrime della Madonna,
in
un’atmosfera di preghiera.
°°°°°°°°°°°°
Nostalgia
Mi
rivedo in fila con le compagne
verso
il palmeto e il monumento a Mario Bianchi.
Rivedo
la maestra Cunsolo,
che
ci consigliava sul come ripararci dal ghibli.
Quando
il vento mi porta identici fischi
rivedo
il trenino di Barce,
la
sua piana, i suoi campi di grano
per
un attimo mi trasloco laggiù, lontano,
rivedo
il Gebel cirenaico, i suoi boschi;
le
sue tortorelle con la nidiata
non
fuggivano alla nostra venuta;
rivedo
la dolce Bengasi, l’idroscalo,
il
pontile di barche, le bionde sabbie infuocate.
Com’era
buona la merendina consumata all’aria marina.
Rivedo
le gru migranti a stormi interminabili,
apparivano
all’inizio dei loro lunghi viaggi
in
autunno e in primavera,
ci
annunciavano il tempo della scuola
e
quello delle vacanze.
I
loro stridii echeggiavano nell’aria,
erano
come allegre ciarle fra loro,
si
dilatavano e giungevano a noi
come
lieti saluti di ritorno
o
emozionanti addii di partenza.
Ad
ogni partenza ad ogni arrivo
passavano
dal nostro cielo,
a
ondate successive
lo
coprivano.
Dove
andavano? Da dove venivano?
°°°°°°°°°°°°
Ad
un uccellino
Adesso
sei nel paradiso degli uccellini,
non
sarai mai solo, non ti mancherà l’affetto,
l’acqua,
il miglio, la mela, l’ovetto.
Quando
ti ho visto per l’ultima volta
sembravi
un fiore,
con
le morbide alucce tutte raccolte, color di sole,
tu
che cantavi e saltellavi felice,
ora
eri irrimediabilmente immoto.
Ci
hai dato gorgheggi, melodie, gioia di vivere,
cosa
potevo fare per te?
Ti
ho scelto una splendida dimora tra le viole,
ho
pianto per te; nulla si può, contro l’ineluttabile!
°°°°°°°°°°°°
Il
mio bambino
Il
mio bambino non frigna mai,
è
inquieto soltanto, quando ha bisogno di essere cambiato,
poi
ritorna rasserenato.
Egli
è sensibile ad ogni lieve fruscio che percepisce;
quando
lo tengo in braccio m’intenerisce.
Quando
vede il papà,
gli
occhi gli brillano di felicità.
Sorride
con le fossette,
entusiasma
con la sua grazia,
coinvolge
con la sua gioia.
Con
la vocina, imita il cavallino,
oppure
stride come un rondinino.
Sui
capelli, Dio gli ha soffuso il polline dei fiori;
bianco
e roseo è il colorito,
le
sue labbra sono boccioli,
vedo
il mio bambino
bello
come un cherubino.
Quando
gli giochiamo, nasconde il visetto vezzosamente;
con
le braccine alzate, sul cuscino poggiate,
si
addormenta dolcemente.
Ancora
non parla, è un po’ raffreddato e sembra dire: ma-ma,
per
essere aiutato.
L’esser
mamma, per me è una stupenda esperienza,
ha
quattro mesi, il mio bambino,
e
già riempie la casa con la sua presenza!
Per
assicurargli la crescita normale,
fisica,
morale e spirituale,
e
per assolvere il mio dovere di madre,
chiedo
al Signore giorni di salute.
°°°°°°°°°°°°
Inno
alla Fede
a
mio nipotino
Ti
abbiamo amato prima della nascita
ti
abbiamo spettato con trepidazione e speranza,
conoscenti
e parenti si sono congratulati per la tua venuta;
molto
prima del lieto evento il completino del battesimo
splendeva
per te.
La
nonna Maria, dai figli ai nipoti lo aveva tramandato,
ma,
c’era caldo e non l’hai indossato.
Nonna
Franca, per riparare il tuo corpicino,
prima
del tuo arrivo ha preparato scarpette, camicine, coprifasce,
lenzuolini
ricamati di lino,
ti
ha regalato la cameretta con cassettiera e bagnetto,
carillon
e pigiamino.
Nel
battesimo, da nonni, zii e amici altri regali hai ricevuto.
La
medaglietta d’oro con l’effigie di Gesù,
la
dolce trevisana Tina Nolfo ti ha mandato
la
madrina Ada e la nonna Franca
le
Madonnine ti han donato
e
la loro protezione per te tutti abbiamo implorato.
Sei
bello, bianco, colorito e proporzionato,
ora
che ci allieti dopo l’attesa,
ti
auguro che lo Spirito Santo ti colmi di tutti i valori della vita:
salute,
intelligenza, fortuna, felicità, equilibrio, religiosità,
solide
radici per fronteggiare il vento;
Sarai
scienziato? Letterato? Musicista? Benefattore dell’Umanità?
Infine
ti auguro che la tua mamma ti dia latte
con
pensieri positivi, affinché tu possa conservare la dolcezza del
cuore
e
delle sembianze di oggi
fino
all’età dei centenari, scandita da giorni sereni e proficui.
Non voltarti indietro ad ogni passo solo chi guarda lontano troverà la
via.
Hammarskjöld
Francesca
Privitera