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Victoria Giraud
Vita scolastica al
Wheelus Air Base
tratto dal libro AN ARMY BRAT IN LIBYA
Appena
sono arrivata a
Tripoli con la mia famiglia fui iscritta alla terza Media ed inserita
in una classe dove c’erano una quarantina di studenti. Il numero complessivo di studenti
iscritti
alle scuole superiori del Wheelus era
di
170, mentre i gradi scolastici andavano
dalla seconda media fino al quarto anno delle scuole superiori. L'intera classe del 1956 era
una di quelle in
cui c’erano studenti di diversa età e grado di cultura. C’erano quattro studenti dell’ultimo anno, dodici del
terzo, quindici della
secondo
anno e trentadue matricole del
primo anno! Noi, i più giovani, eravamo di gran lunga i più numerosi, ed io ero considerata
praticamente come una
studentessa delle scuole superiori.
La
scuola del Wheelus all'esterno
Un aula della scuola
Uno
degli alunni aveva
constatato che, siccome
stavamo tutti
in una piccola scuola, coesisteva
una
certa mescolanza fra tutti gli studenti; gli studenti più giovani venivano trattati
alla stessa stregua
di quelli più anziani. L'anno seguente, noi, studenti del primo anno
delle
Scuole Superiori, dovemmo subire le tradizionali umiliazioni riservate
alle
matricole. Ricordo
che uno di questi
rituali era il dover indossare i propri vestiti alla rovescia.
Per tutti gli
studenti era obbligatorio
frequentare
un corso di arabo, ma
soltanto pochi prendevano seriamente la cosa, ad eccezione di quelli
che
volevano compiacere l’insegnante d’arabo, che si chiamava Haj Ali (che
noi
pronunciavamo Hai
Jolly). In arabo
riesco tuttora a contare fino a dieci ed ho imparato alcune frasi, che
spero
siano corrette, come malesh (non
fa
niente), behi (bene), ana aqra (sto leggendo) e bakshish
(gratis). Mi fu anche detto che
la parola zeb aveva il significato
di
pene. Credo che quasi tutti, ragazzi e ragazze americani, sollecitati
dalla
curiosità, abbiano imparato questa parola, sia in arabo che in tutte le
altre
lingue. I ragazzi forse ne conoscevano qualcuna più di noi ragazze.
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L'alfabeto
arabo.
(Clicca
sulla foto e guarda il video)
Ho avuto modo
di osservare la differenza
del sistema scolastico tra le scuole americane e quelle europee in
genere. Noi
matricole delle nostre scuole superiori avemmo modo di andare in visita
all’Istituto
del Liceo Italiano, Dante Alighieri. A differenza del nostro vestire casual, i ragazzi italiani indossavano
giacca e cravatta, mentre le ragazze portavano dei grembiuli neri. I
ragazzi
italiani si proposero subito come nostre guide, accompagnandoci, in
piccoli
gruppi, in diverse aule.
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Tripoli -
Sciara Mizran - A sx l'edificio del Liceo Italiano
Nell’aula da
disegno, gli studenti erano impegnati a copiare motivi
ornamentali di colonne romane, un soggetto adatto, visto che le rovine
romane
di Leptis Magna e Sabratha erano molto vicine a Tripoli.
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Sabratha
Leptis Magna
Poiché la
maggior
parte di loro studiava il francese, io provai a dialogare con un
giovane
studente. Mentre il suo francese era perfetto, il mio non lo era
altrettanto.
In una classe
interamente maschile, durante l’ora di fisica, mi fu
chiesto di scrivere alla lavagna un problema di algebra. Uno studente
volontario lo risolse subito, facendomi senza dubbio un favore.
L’algebra o la
matematica in generale, non sono state mai il mio forte. Così chiamai
in mio
aiuto Karen, una mia compagna di classe, ma ambedue eravamo impacciate.
Naturalmente l’intera classe comincio a sogghignare bonariamente per
questa
nostra carenza, lieti di dimostrare la loro superiorità maschile nei
confronti
di due confuse ragazze americane
Gli
italiani erano più
bravi di noi anche nel gioco del basket. Dal mio giovane punto di
vista, avevo
sempre pensato che, essendo il basket un gioco prettamente americano,
gli americani
dovessero essere più esperti. Era tradizione che ogni anno una formazione, di
entrambi sessi, di basket delle scuole
americane giocasse contro una formazione italiana del Liceo, ma ogni
anno
venivamo puntualmente sconfitti, anche perché noi, essendo meno
numerosi di
loro, avevamo meno scelta.
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Il team di
basket delle studentesse italiane alla premiazione
(foto
fornita da Marisa Nannini)
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