LA STANZA DI ROBERTO NUNES VAIS

Roberto Nunes Vais

reminescenze tripoline
di
roberto Nunes Vais

ANNI ZERO:

LA LIBIA PRIMA DELL'OCCUPAZIONE ITALIANA

CAPITOLO II - Paragrafo 3

Piazza del Pane -   La prima  espansione -   I limiti della città alla fine  del decennio -  Conseguenze  della Grande Guerra -   Lavori pubblicì

Ottobre  1911, il tricolore  sventola sul Castello: la cittadina  esce dalle sue mura troppo  anguste,  e incomincia  a respirare.  Quella che tutti  noi conoscevamo  come Piazza Italia,  era solo una grande spianata  sabbiosa,  e da essa partiranno  i piani del nuovo sviluppo.  Era chiamata  Piazza del Pane per via delle miriadi di tonde soffici pagnottelle  esposte su centinaia di bancarelle  ai clienti indigeni ed a nugoli di mosche. Dietro le bancarelle, una lunga fila di piccoli negozi di frutta,  verdura,  carne, ecc., con il loro basso ed ombroso  portichetto  fanno  da sfondo  alla piazza sul lato ovest, proprio sotto  le mura  e fino all'incontro   con la stretta  Via della Questura, così chiamata  perchè la Polizia  Italiana  aveva posto  la sua sede in una grande casa araba  che su di essa aveva l'ingresso.

Al centro della piazza, una bella fontana  turca a pianta  quadrata,  con stemmi e fregi in rilievo, e con ampie vasche sui suoi quattro  lati; intorno ad essa è un continuo  affluire  di donne ,e di bambini  con recipienti  vari-per  «fare il pieno»,  dato  che l'acqua  corrente  nelle case era di da venire: le  famiglie benestanti  traevano  invece il loro  fabbisogno  dalle cisterne di acqua piovana  o dai pozzi, comuni in quasi tutte le abitazioni  di un  certo  livello. Agli imbocchi  delle strade  che si affacciano   sulla piazza file di sgangherate  carrozzelle,  carrette  a mano o a cavallo, unico mezzo per il trasporto  di merci e masserizie.

Dalla piazza in quei tempi non si vedeva il mare poichè un terrapieno  con un piccolo cimitero  arabo  la separava  da quella che sarà poi Piazza Castello.

Da Piazza  del Pane  Tripoli incomincia  subito  ad espandersi  a macchia d'olio, seguendo le piste tracciate  nei secoli dalle carovane.  La pianta della città viene così a raffigurarsi  nella forma  -  che conserverà  definitivamente -  di una  mano  destra tutta  aperta.  Il palmo  della mano  è dunque  Piazza del Pane;  le dita rappresentano Sciara Azizia (il mignolo),  e le quattro  vie che dalla piazza si irradiano:  Sciara Riccardo  (per via di un grande fondaco costruito  da Riccardo  Cassar),  Sciara Mizran (dal nome  di una  grande famiglia  tripolina  che vi, aveva costruito  una  moschea), Sciara el Uadi (a causa dell'Uadi  Megenin che ogni tanto  la trasformava  in torrente, riversandosi  poi in mare proprio  sotto  il Castello),  ed infine  -  separata come un pollice ad angolo retto dalle altre dita -  Sciara el Gharbi (perchè orientata  appunto in direzione  ovest).  Questa  toponomastica   rimarrà pressochè  invariata  per tutto  il periodo  di cui qui si parla ma,  per intenderei,  i nomi rispettivi di queste strade saranno  in seguito:  Corso Vittorio  Emanuele,  Via Lombardia  (poi Costanzo  Ciano, poi 24 Dicembre),  Via Lazio, Via Piemonte  e Corso  Sicilia.

Alla fine degli «Anni Dieci» la cittadina  aveva raggiunto  i seguenti limiti, entro un raggio da 400 a 500 metri  da Piazza  del Pane:  ad Est,  sul mare, l'angolo  dove sorgerà  l'Hotel   Uaddan;  più in dentro  le prime  casette del quartiere  della Dahra. Sciara  Azizia  (il Corso  Vittorio) era sbarrato,  all'altezza   di  quella  che  sarà  poi Piazza  Cattedrale,   dai  binari  della ferrovia:  un  trenino  che portava  lo  sparto  al ponti le omonimo  di dove, a mezzo di grosse maone,  veniva imbarcato  sui piroscafi in rada. Al posto di questo vecchio manufatto  in legno verrà poi costruito  il magnifico Pontile  IV Novembre,  o «della Gazzella»  dal nome  della sua adorabile fontanina.  Dunque,  al di della futura  Piazza  Cattedrale  non si andava, o vi si andava solo per piste sabbiose,  fiancheggiate  da piccoli orti o frutteti. Dall'altezza  di Piazza Cattedrale  partiva  una straducola  a semicerchio che congiungeva  Sciara Azizia con le Vie Riccardo  e Mizran:  era  la Sciara  el Machìna,   così chiamata  a causa  della macchina  per  la pressatura   dello sparto  piazzata  nel fondaco  dei Nahum,  in quei paraggi.

Verso Sud il limite di Tripoli era costituito dai cimiteri arabi di Sidi Mender. Il quartiere  Belher, a destra di Via Piemonte, arrivava p o meno all'altezza della futura  Chiesa della Madonna della Guardia  sul Corso Sicilia, mentre a destra di questo Corsovi era solo un piccolo quartiere arabo  a ridosso delle antiche mura. Questi erano  il limiti di Tripoli  verso il 1920.

Il ritmo  di crescita era ancora  piuttosto  lento perché  fra il 1915 e il '18 c'era stata  la grande  guerra  e l'Italia  era stata  seriamente  impegnata  sui campi di batta" glia. L'occupazione  della Libia ne aveva duramente risentito poiché una gran parte del  territorio  aveva dovuto  essere abbandonata   e solo Tripoli,  Bengazi ed alcuni piccoli centri sulla costa avevano  potuto  resistere agli insorti.

           Malgrado  le enormi  difficoltà  di questo  periodo,  grandi  lavori pubblici  erano stati eseguiti:' le piste che partivano  da Piazza  del Pane erano  state trasformate   in strade carrozzabili che raggiungevano  i principali centri della costa e dell' entroterra, una ferrovia  era stata costruita per congiungere Tripoli   con Zuara,  il Garian e le sa line della Mellaha.  Il porto  aveva ora delle ampie banchine:  un poderoso  molo di oltre un chilometro  di lunghezza ne proteggeva  le acque dai venti di occidente e del nord. Nella nuova città venivano su gli edifici pubblici: il Municipio,  le Poste,  la Residenza Governatoriale,   il Tribunale,  edifici che dopo una ventina d'anni  verranno tutti  smantellati  per nuove,  p importanti  costruzioni.  Nuove scuole venivano  costruite:  la Pietro  Verri, nella Città Vecchia, le Scuole Roma e Regina Elena in Sciara Mizran;  un grande Ospedale  sorgeva  sul prolungamento   di questa  strada,  poi ampliato  e rinnovato  negli anni  '30.  Risale pure a quell'epoca  la recinzione  della città con l'ampio  cerchio delle mura  (un perimetro  di 18 km.),  per difenderla  dalle tribù arabe in rivolta.  Come sarà piacevole, quando  saremo p grandi,  quella passeggiata in bicicletta! ...

 




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