Lettera
aperta al dr. Antonio Catricalà,
Presidente dell’Antitrust
“Libero mercato” uguale a “legge
della giungla”
Carmelo R. Viola
Egregio Signore, davvero mi
sorprende – e mi addolora – che
persone indubbiamente intelligenti
ed oneste come Lei, in tutta buona
fede non vedano la realtà che ci
circonda e siano preposte ad un
servizio di controllo di ordine
sociologico per una società giusta
che non esiste, e in istato, mi
perdoni, di involontaria totale
ignoranza del concetto, scientifico
di fisiologicità di una società che,
in quanto tale, è un organismo
vivente sui generis.
Ella confonde – non certo
volutamente - tale organismo
vivente con la giungla, dominata
dalla dinamica della predazione ma
anche di istintivi rapporti di
autocontenimento che consentono la
conservazione delle varie specie
ovvero della diversità biologica
mentre il capitalismo sta
“suicidando” progressivamente la
nostra unica specie!
Ella, inconsciamente,
traduce la predazione con
competitività e l’affida
all’imprenditorialità, alias alle
imprese o industrie, come dire agli
uomini di affari, i quali,
appunto perché tali, sono
interessati solo ai propri profitti
– naturalmente parassitari, in
quanto ricavati da lavoro altrui –
attribuendosi come merito (sociale!)
la necessità di “comprare lavoro”
(che dicono “dare lavoro”!) e
nascondendosi dietro il paravento
del bene del Paese.
L’uomo di affari investe –
cioè impiega dieci per ricavare
dodici e più – e per meglio
investire, ricorre a quella panacea,
che Lei chiama competitività o
concorrenza, la quale ha bisogno di
convincere i consumatori – vittime
finali dell’affarismo – a consumare
quanto più possibile: unica
condizione perché i profitti
parassitari lievitino a getto
continuo e consentano
all’encomiabile predatore di
comprarsi villini, yacht, aereo
personale, azioni in borsa ed ogni
bendiddio e trasformare il mondo in
una specie di cortile di casa!
E’ la meritocrazia, signor
Catricalà?! Finché la “trottola”
(o impresa) gira a velocità costante
(possibilmente maggiore) tutto va
bene secondo i parametri ufficiali
del “padronato” (povertà,
disoccupazione, disagio civile e
delinquenza da sistema, essendo
dettagli trascurabili: quando la
“trottola” perde d’inerzia e
s’inclina, anche di poco, è la
crisi! Ma la vera crisi è il
capitalismo comunque condito e
corretto!
E’ davvero strano come si
possa pensare che dalla casualità
degli affari dei maggiori predatori
possa derivare un’armonia di
rapporti ovvero quella fisiologia
propria dell’organismo vivente,
di cui dicevo più sopra, più
precisamente la distribuzione equa e
secondo bisogno di beni e servizi a
tutti i cittadini, nessuno escluso,
voglio dire una società umana e
giusta! Questo sì che sarebbe un
miracolo e che è quindi la vera
totale utopia!
Seguono alcune domande e di
constatazioni ovvie per concludere
con l’invito – che anticipo –
nient’affatto odioso, di cambiare
mestiere, così solo facendo del Suo
meglio per i Suoi simili, che non
hanno bisogno di qualche rara pena
pecuniaria per uscire dalla giungla
antropomorfa in cui vivono.
1 - E’semplicemente assurdo
parlare di concorrenza laddove non
esiste – perché non può esistere -
la superdecantata “legge della
domanda e dell’offerta”, la
domanda essendo spesso
predeterminata da quella pratica –
sleale e criminale – che è la
pubblicità consumistica: sleale
perché è un’arma impari per
contendenti impari: più forte è
il soggetto, più potente è l’arma
pubblicitaria, più predeterminata è
la domanda. Mi pare che si tratti di
semplici constatazioni di logica
aritmetica elementari e
nient’affatto opinabili E’ criminale
perché la sola ripetitività
dell’immagine e del messaggio –
come ci dice la psicologia –
finisce per raggiungere il livello
subliminale producendo la
“persuasione occulta”, che è un vero
atto di violenza psicomentale
(come la catechesi infantile),
quindi un vero reato, che il
nostro codice penale non persegue
perché fatto per uso e consumo di un
sistema criminoso e non secondo
scienza e coscienza.
2 - E’ impossibile la
competitività fra impari come
tutte le discipline sportive ci
insegnano. La società del libero
mercato – così caro a Lei! – produce
impari per nascita e quindi soggetti
inabilitati ad esercitare lealmente
la competitività affaristica. Ne
consegue che i più forti
“fagocitano “ i meno forti, come
la cronaca quotidiana ci conferma.
Non mi dirà che il figlio di un
“berlusconi” sia pari ad un nato
di un povero cristo di disoccupato e
che questi sia in grado di competere
ragionevolmente con il primo essendo
sconfitto in partenza!
3 - E’ proprio la
concorrenza, mirata a tenere in
piedi l’impresa o l’industria,
attraverso il consumo – anzi il
consumismo – che ha prodotto le
più varie “patologie
consumistiche” come l’acquisto
per l’acquisto, la ricerca del nuovo
per il nuovo, il lusso per il lusso,
la smania per i capi firmati, la
voglia di nascondere il proprio
essere dietro l’apparire eppoi la
farmacofagia (non Le dice niente
la crescente pubblicità dei
farmaci?), l’automania, il
tifo sportivo, tanto per accennare
ad alcuni sintomi della
“consumodipendenza” su cui gli
affaristi – detti eufemisticamente
imprenditori e perfino “datori di
lavoro” (sic), talora fatti perfino
“cavalieri del lavoro”!!!-
puntano la loro sfida per il solo
piacere di stare bene, possibilmente
sempre meglio incuranti di chi nasce
vinto, di chi perde e cade, di chi
arranca, di chi non ha niente, di
chi si suicida per fame, ma contenti
di potere tacitare la propria
coscienza (semmai ne abbiano una)
con la pratica (abominevole, oggi)
della carità, strumento per non
risolvere le differenze ma per
legittimarle!
4 - Quello del “libero
mercato, egregio signor
Incompetente, è il peggiore dei
possibili mondi perché non poggia su
nessun caposaldo di giustizia
cominciando anzitutto dalla
“uguaglianza alla nascita”:
primo assoluto dei diritti naturali
“scoperti” nel 1789!
5 - Evidentemente, Lei, da
quel bravo Ignaro che è, e che
tuttavia, esprime giudizi categorici
e rassicuranti su materie che
evidentemente non conosce, non sa
che laddove la condizione diciamo
economica (nel senso di potere di
sussistenza) oscilla dallo zero
assoluto a valori senza limite,
il primo fattore criminale e
criminogeno è la macchina dello
Stato, il secondo è quello
dell’affarismo legale, il terzo
quello della criminalità di
risposta ovvero per bisogno
o per emulazione (il
desiderio legittimo
all’uguaglianza): donde la
corruzione e le varie mafie,
dimensioni strutturali della società
capitalista – oggi liberista, cioè
integralmente capitalista. Lei non
sa che l’affarismo
imprenditoriale, legale e
paralegale, è il corrispettivo
antropico della predazione animale
della giungla senza le pulsioni
di autocontenimento, impossibile
nell’uomo-animale (antropozoo),
che usa la ragione non per “amare il
prossimo” (secondo il comandamento
cristiano) ma per gestire il proprio
istinto predatorio non ancora
rimosso verso vette senza limite
(vedi i vari “berlusconi”,
così ferocemente, quanto a ragione,
arrabbiati contro l’economia
pianificata del socialismo). Lei non
sa che la corsa alla predazione
come ricerca della risposta al
proprio diritto di esistere, si
riflette in tutte i rapporti
interpersonali e soprattutto
nell’istinto sessuale, specie
negli sbandati e nei vinti, i quali
praticano sempre più lo stupro (predazione
sessuale) ma anche nei
benestanti debosciati, che praticano
il cosiddetto turismo sessuale (con
vittime povere indifese creature di
pochi anni!). Non sa che la
caccia ai profitti è la genesi
psicologica di un numero
incalcolabile di imbrogli, di
mistificazioni a tutti i livelli
ovvero in tutti i giochi del sistema
affaristico, da quello del semplice
commercio al sofisticatissimo
mercato monetario (bancario od
usuraio).
6 Non sa che le case di
pena – dette carceri – che non
rieducano, sono il corollario di
questa società-giungla, basata sul
libero mercato – cioè sulla
libera predazione, purché
esercitata nel rispetto di certe
regole – che Lei difende a spada
tratta – e che altri difendono con
altre regole perché se un crimine
è comunque legittimato tutti i mezzi
sono riconosciuti leciti per
conseguirlo. In tali case di
pena ci sono molti capri
espiatori a copertura dei molti
criminali che stanno fuori!
7 Non sa che il debito
pubblico è una storiella
tragico-comica di uno Stato privo di
sovranità monetaria per
legittimare le differenze abissali
di quest’accozzaglia di antropozoi,
gli uni contro l’altro armati come
vuole la concorrenza a Lei così
cara!
Stando così le cose, cerchi
almeno di comprendere che se l’unica
utopia è la perfezione, unica
possibilità di uscita da questa
società antropozoica è quella di uno
Stato-padre che consideri tutti i
cittadini sin dalla nascita –
nessuno escluso – come figli da
accudire senza distinzione di sorta.
Non si tratta né di interventismo
(così ridicolo e disonesto!) né di
assistenzialismo elemosiniere, ma
dell’applicazione della vera scienza
economica ad una collettività di
soggetti umani, autocoscienti e
responsabili (sia pure in
prospettiva evolutiva e rieducativa)
e quindi consapevoli in fieri che
solo dove c’è uguaglianza –
economica, s’intende – là c’è
possibilità di giustizia, là solo
l’eventuale crimine è un residuo che
va riportato ad una patologia da
curare in opportuni centri di
psichiatria criminale.
Si dimetta, signor
Catricalà. Con l’augurio di ogni
bene da parte dell’80enne Carmelo R.
Viola
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Antonio Catricalà |
(Lettera aperta ad Antonio Catricalà –
21.02.09 – 2530) |