DIARIO
DEI FATTI DI DICEMBRE 1944
di
Angelo Nicosia
P R
E M E S S A
Le note di cronaca che seguono, sono
state annotate
dal sottoscritto, quando, non ancora
diciottenne,
frequentavo il penultimo anno dell'Istituto Tecnico per
Geometri
"Archimede" di Modica.
Appunti annotati su un
vecchio
ingiallito quaderno, ritrovato di recente tra i miei
vecchi libri
di scuola, e riletti con viva emozione dopo la pubblicazione di
un articolo apparso
sul Giornale di Sicilia del 17.01.95 a firma di Mario Genco,
relativo ai fatti che io avevo annotato 50 anni or
sono e che avevo
completamente sepolto nella mia memoria.
Era l'inverno del 1944, uno
degli anni più tristi della guerra che
era passata da
poco sul suolo siciliano, "liberato"
il 18 Agosto del 43, lasciando il popolo
affamato e pieno di stenti, quando, ricordo ancora oggi
perfettamente, per trovare un
poco di
pane bisognava ricorrere alla borsa
nera, “all'intrallazzo"
e noi studenti eravamo costretti a mangiare per colazione, la
mattina, il
"Pancamel", una pagnotta dura e nerastra,
fatta con
crusca e carrube macinate.
L'anno in cui l'Italia del Governo
Badoglio,
firmato l'Armistizio
dell' 8 settembre , si trovava
necessariamente a dover combattere ancora, per non perdere
completamente la
faccia dopo la fuga di Pescara, ma contro gli
alleati di ieri, i
tedeschi, (collaborati dagli italiani del nord, aderenti alla Repubblica
di
Salò). Una guerra mal sopportata da molti militari che,
frastornati dagli
eventi politici, s’imboscavano per ritornare
nei loro paesi d’origine, unitamente a quelli
che attraversando la linea
di combattimento, tra Massa Carrara e Ravenna, abbandonavano il Nord.

Pietro
Badoglio
Era l'anno in cui con Circolare
ministeriale n. 28327 del 23 Settembre 44, il nostro "Governo
di
Unione Nazionale" tentava di ricostituire il proprio esercito smembrato
e
sbandato, ordinando il censimento e
"la ripresentazione
alle armi
dei militari aventi obblighi di servizio delle classi comprese
tra il 1914 e il 1924"
(sbandati e reduci compresi)
e contemporaneamente richiamando alle armi i giovani del primo
quadrimestre
della classe 1924, che si dovevano presentare "con
gavetta, cucchiaio e coperta", dal giorno 15 al 22
Dicembre 1944.
Giovani che speravano, dopo
l'armistizio, di non dover più combattere
e con loro,
tutti gli studenti universitari,
che perdevano per la prima volta dall'inizio
della guerra, il privilegio
sin allora goduto, di posticipare la
chiamata alle armi
a 26 anni compiuti.
Questi appunti, dicevo, sono
stati annotati in quel preciso periodo storico,
pieno d’incertezze,
(ALLORA) per il popolo italiano, e in particolare
per il popolo siciliano, che era
frastornato
dall'improvviso ribaltamento della politica
italiana, dalle
iniziative del M.I.S., (Movimento per l 'Indipendenza della Sicilia) e
da altre
iniziative separatiste capitanate da Andrea
Finocchiaro Aprile, e in ultimo dal
riapparire di "certi"
partiti politici che si andavano costituendo sotto l'egida
del Fronte di
Liberazione
Nazionale.
Sono appunti che
riguardano
gli eventi di quei tristi giorni di Dicembre, a Modica, quando in tutta
la
Sicilia, si dimostrava per opporsi animosamente
alla chiamata alle
armi dei giovani ventenni siciliani, combattuti tra l'idea
separatista,
quella autonomista e l'amor di Patria.
Giorno
11 Dicembre 1944
Durante
tutta la
mattina una forte indignazione si è diffusa
tra i giovani
e gli studenti della città, perché i
carabinieri su
disposizione del Governo, avevano incominciato a cercare
casa
per casa, i giovani di leva renitenti,
che avendo
ricevuto le cartoline precetto
di presentazione alle
armi, non si erano presentati spontaneamente, nascondendosi
nelle
masserie, in campagna.
Verso l'imbrunire una
piccola folla si è intanto riunita
a conciliabolo al Largo Corrado Rizzone,
discutendo animatamente
sulla decisione presa dal Governo.
E' stato deciso di
protestare in silenzio percorrendo il Corso
Umberto, incolonnati
per tre, ma a mano a mano che si camminava, le fila si sono ingrossate
e si è
cominciato a gridare:
Abbasso
il militarismo !, che cosa fa’ il
Luogotenente Generale ? e
la folla rispondeva in coro: schifo !, schifo
!, schifo !.
E così di seguito, finché giunti
vicino alla Chiesa di San Pietro si è ritornati
indietro, verso il
Largo Rizzone, sempre vociando.
Ci voleva qualcuno che prendesse in
mano la situazione per cercare di calmare i dimostranti, e così è stato.
Come primo oratore
è salito sul muretto Carmelo
Lorefice, il quale disse
che "l'ora che stavamo
attraversando era tra le più gravi mai
attraversate dal popolo
siciliano”, e poi, parlando dei militari, disse che questi
servivano solo
"come carne da cannone" a
chiunque si presentasse sia "rosso"
che "nero", e altre parole
simili che non ricordo.
Come secondo oratore, ha parlato il
cameriere del Caffè Orientale, il Sig. Pietro
Rocca, il
quale, ha rivolto anch'esso alla massa dei presenti alcune
considerazioni
assennate e giuste, facendo osservare:
- che il popolo era stanco e
affamato dalla
borsa nera;
- che i militari avevano già
commesso, con i
fatti del 12 Luglio 1943 quello che di più grave
potevano
commettere: tradire la patria
arrendendosi alle truppe
inglesi;
-
che dopo l'armistizio, molti militari sbandati
avevano fatto
centinaia e centinaia di chilometri, partendo dai
più lontani paesi
d'Europa, desiderosi soltanto di tornare dalle loro mamme,
dalle loro
spose, nei loro campi. E questo, non per ritornare di nuovo a
combattere,
magari in Giappone!;
-
che
alcuni giovani “richiamandi”, che avevano i
fratelli prigionieri
degli alleati o dei
tedeschi, si ponevano un grave dilemma:
Chi andare a liberare,
gli uni o gli altri!;
Per
ultimo ha preso
la parola Vincenzo Lorefice,
fratello del primo
oratore, il quale con semplici, chiare e forti parole spiegava:
"Il ministro degli Esteri
inglese Anthony
Eden,
alla Camera dei Comuni, ha dichiarato di
recente sul conto
degli
italiani, che questi dovevano trattarsi da traditori, prima perché
avevano
tradito gli alleati di oggi (gli inglesi e gli
americani), poi
perché‚ avevano tradito gli alleati di ieri (i tedeschi).

Anthony Eden
Continuando su
questo tono politico,
l'oratore ha toccato con vivacità i punti meno brillanti della
politica estera inglese, mettendo in risalto la
caparbietà degli
inglesi nei riguardi delle Nazioni deboli e
sottomesse e poi ha
additato ai presenti l'eroico comportamento del popolo greco, che
combatteva
ancora contro le truppe degli Alleati.
E per finire, riferendosi alle
dichiarazioni di Eden, ha detto, rafforzando il
tono
delle parole, che "gli
italiani non combatteranno mai, se trattati da traditori, a fianco
degli
Alleati, piuttosto impugneranno le armi per
liberare il suolo
della patria tanto dai tedeschi che dai cosiddetti Alleati!".
Con queste vivaci parole la
riunione sembrava terminata, ma l'animosità della folla era
sempre
elevata e prendendo l'occasionale spunto dal fatto che nelle case
mancava
l'energia elettrica, mentre l'illuminazione stradale era efficiente e i
Cinema
continuavano la loro programmazione, all'unanimità è stato deciso di
chiedere uguaglianza
per tutti.
E' stato così che la folla si è
riversata nella vicina Piazza Matteotti, davanti al Cine Moderno
esigendo la
chiusura dello stesso.
Non essendo stata esaudita la
proposta da parte dei proprietari, si voleva passare
alla violenza,
ma dalla adiacente Caserma dei Carabinieri ecco accorrere alcuni
gendarmi
con il maresciallo e il tenente dell'Arma.
Alle parole persuasive che questi
rivolgeva ai presenti, i dimostranti rispondevano con fischi
e parolacce.
Il tenete dei
carabinieri diceva:
"Non cercate di
rovinarvi; siate consapevoli del danno che
determinereste col vostro comportamento; non
insistete altrimenti
sarò costretto a far intervenire i miei gendarmi ".
Al che la folla rispondeva, chi
deplorando la Reale Arma dei Carabinieri, chi inveendo contro il
Governo
militarista, che imponeva in un momento
così delicato
per la Nazione, il censimento e conseguentemente
il richiamo
alle armi anche di giovani militari già appartenenti
all'esercito
di Badoglio.
Vedendo che la folla non era
intenzionata a desistere, il tenente, dopo avere
precisato
preliminarmente che, se c'era tra i presenti qualcuno
che aveva
personale odio verso di lui, egli era disposto
ad affrontarlo personalmente (e in
borghese), ci ha invitati per
la seconda volta ad allontanarci, ma al nostro rifiuto ha ordinato ai
suoi
gendarmi di farci sgombrare dalla piazza con le armi.
L'intimidazione
è riuscita
allo scopo, in quanto immediatamente abbiamo
sgombrato le
vicinanze del cinema, concentrandoci
sul
Corso ad una trentina di metri dalla Caserma.
La folla tumultuava
chiedendo giustizia e criticando l'intervento dei
carabinieri e così
si è deciso di continuare la dimostrazione domani.
Giorno
12 Dicembre 1944
Stamattina, come al solito ci siamo
avviati, ma senza libri, verso gli Istituti
scolastici di Corso Umberto I°.
Gruppi di studenti,
a conciliabolo, preparavano le decisioni da prendersi, ma non
si è fatto
in tempo a decidere perché i Carabinieri per intimidirci hanno mandato
nei
pressi degli edifici scolastici e precisamente davanti al
palazzo della
Questura, un plotone di gendarmi armati, venuti nottetempo da Ragusa
per dare
manforte ai carabinieri locali.
Modica - Corso Umberto I
L'iniziativa non è piaciuta a
noi studenti, per cui
riuniti
sulle banchine davanti le varie scuole, abbiamo inveito verso le forze
dell'ordine con fischi e parole sconce.
Però l'intento dei carabinieri
è riuscito, per cui ognuno di noi si
è diretto a
scuola mugugnando.
Verso le ore nove, alcuni
esponenti dei dimostranti sono stati
fermati con
l'accusa di essere dei sobillatori e dei
rivoluzionari.
Tra questi, c’è stato riferito,
c'erano: Carmelo Lorefice, Raffaele Di Maria, Vito Miceli, Raffaele
Nigro ed
altri, i quali però sono stati rilasciati verso le ore 13,30,
allorquando in
pratica la massa studentesca e gli altri giovani interessati
erano
rientrati nelle rispettive case.
La serata è passata in discussioni
animate su iniziative e propositi vari, ma
nonostante aver
discusso animatamente, non si è giunti a nessuna decisione
concreta.
Giorno
13 Dicembre 1944
Nella mattinata d’oggi non c'è
stato niente da segnalare sino alle ore 11,30
quando si sono
viste in giro facce nuove.
Dall'atteggiamento e dalla circospezione
abbiamo intuito che si trattava di agenti
della questura, o
comunque di gente estranea alla città.
Abbiamo notato anche la presenza
di alcune vecchie conoscenze ragusane tra cui il
Rag. Giuseppe
Murè, diplomatosi a Modica anni fa.
Ci siamo avvicinati a questi
individui e abbiamo appreso che si stava
preparando in tutta
la Sicilia, per giorno 15, una manifestazione
contro la
precettazione militare, in particolare a Ragusa, Scicli, Comiso e
Vittoria e
che quindi anche Modica doveva partecipare.
Dovevano essere avvertiti tutti gli
studenti interessati delle quarte e quinte classi, che
si trovavano
per vari motivi fuori paese, che per
questa sera, era
stata fissata la riunione dei dimostranti per stabilire
qualcosa in
merito.
E infatti, si è stabilito poi, che
i giovani di leva dovevano restituire al Distretto di Ragusa
le cartoline
precetto ricevute, indi, (salvo revoca del provvedimento governativo),
è stata
confermata la decisione presa, di effettuare per venerdì 15
Dicembre
1944, alle ore dieci una giornata
di sciopero generale.
Giorno
14 Dicembre 1944
Anche oggi non c’è stato niente di
importante. Soltanto una intensa propaganda per la manifestazione di
domani.
Ormai tutto il popolo era stato avvertito che domani
bisogna essere
tutti uniti e compatti, per non fare andare i propri figli
alla guerra.
Verso le diciannove abbiamo
visto arrivare una Fiat
500
proveniente da Scicli.
Abbiamo riconosciuto subito il Sig.
Murè, il quale dopo essersi assicurato dei preparativi
per la
dimostrazione di domani, ci ha
raccomandato con
calde parole di
essere calmi e di
non trascendere: “se
non si userà violenza
riusciremo nel nostro intento, altrimenti
andremo
incontro a gravi rappresaglie",
ha detto dirigendosi
verso Ragusa.
Abbiamo appreso che a Catania
ci sono stati scontri a fuoco tra studenti e forze
dell'ordine e che sono
stati bruciati alcuni uffici pubblici e
il Municipio.
Giorno
15 Dicembre 1944
Alle prime luci
dell'alba siamo stati svegliati da strani vocii e rumori provenienti dal
sottostante Corso Umberto, ma per fortuna non era niente di
allarmante.
Erano i contadini che stavano
portando il loro bestiame e i loro prodotti a Largo Rizzone.
Casualmente, la manifestazione coincideva oggi con la fiera del bestiame
che si tiene
periodicamente in città.
Uscito al solito orario per recarmi
a scuola, ho notato che
la
moltitudine e l'aspetto delle persone non era quello degli
altri giorni
di scuola. C'erano molte persone estranee agli
studenti, operai,
contadini, anziani, curiosi.
Arrivato presso gli
Istituti
scolastici, vicino al Teatro, ho appreso che i ragazzi dell'ultimo e
del
penultimo anno di tutte le classi superiori dei vari Istituti, non
dovevano
entrare a scuola, mentre i ragazzi e le ragazze delle altre
classi, per
evitare incidenti e preoccupazioni ai genitori sono stati
invitati ad
entrare regolarmente.
Prese queste precauzioni, ci siamo recati
in Piazza Matteotti, dove una folla di
studenti, operai
e contadini sostava
già davanti alla Caserma dei Carabinieri.
I pareri sul da farsi sono stati
discordi.
Qualcuno, impaziente, voleva
agire subito, altri consigliavano di aspettare
notizie da Ragusa e
da Scicli.
Si è telefonato a
Scicli, ma nessuno ha risposto perché i dimostranti,
dicevano, avevano sabotato le linee telefoniche.
Sembrava che la
folla si fosse calmata, quando
si è diffusa
la notizia che i ragusani erano insorti,
bruciando il
distretto militare, bloccando le strade di accesso alla
città. La
notizia, ci è sembrata essere confermata dal passaggio per il Corso
Umberto, di
due camionette con militari armati di fucile mitragliatore che si
dirigevano
velocemente verso Ragusa.
La cosa destò sospetto e
nello stesso tempo fece infervorare gli animi della folla.
Qualcuno nel frattempo,
recatosi al Largo Rizzone, cioè nella piazza dove era in
corso la
fiera del bestiame, cominciò ad aizzare la
folla invitandola
ad agire per evitare il richiamo alle armi dei propri figli.
Nessuna parola d'ordine era stata
data, ma il fatto che i contadini cominciavano ad allontanarsi
speditamente con
il bestiame, dette a tutti il convincimento che
stesse per accadere
qualche cosa di grave.
Non
passò molto tempo, infatti, che
si sono visti giungere
a passo di corsa molti giovani armati di
bastoni e randelli
rustici, provenienti da Largo Rizzone.
"Al
Municipio!, Al Municipio!", gridavano a
squarciagola. E come in tutti
i casi di confusione non si sapeva cosa fare.
Al Municipio, si!
Ma a farci che cosa?.
Cosa c'entrava il Municipio con la
cartolina precetto?. Ma in quel momento nessuno ci
pensò o ci
volle pensare, al vero scopo della sommossa.

Modica - Il Municipio
Forse uno solo era il motivo
di quella iniziativa: Distruggere l'ufficio leva del
Comune e fare
così intervenire l'Arma dei carabinieri, in quel
momento
odiata perché rappresentava il
Governo che aveva deciso
di richiamare alle armi i giovani, per attaccarla.
Ma i carabinieri si sono trincerati
dietro il portone chiuso e dietro le finestre della Caserma.
E così fece tutta la forza
pubblica, vigili urbani compresi. Non c'era nessuno per le strade!.
Questa
tattica però, forse
non è stata indovinata, perché la folla, non avendo
un coordinatore
che doveva guidarla ad azioni composte ed
ordinate, ha
creduto di poter fare indisturbata il proprio
comodo.
Quindi si è diretta al
Municipio, lo ha invaso, ha incendiato l'Ufficio Leva, (il
vero
obbiettivo della sommossa), poi
l'Anagrafe
e l'Ufficio Razionamento, mettendo a soqquadro altri uffici.
Nello stesso tempo, forse per
intimorire le forze dell'ordine, sono state fatte esplodere
due
bombe a mano.
Momenti tremendi.
I minuti passavano, interminabili.
Anche gli uffici del primo piano non furono
risparmiati, compreso
il telegrafo.
Appiccato il fuoco al Municipio, la
massa si è diretta verso il Palazzo di Giustizia.
Qui, prima ha distrutto i locali
del Circolo Unione (un ritrovo della nobiltà modicana), e poi il
Circolo
Ufficiali in congedo.
Non contenti
di aver rotto porte, specchi, vetrate,
biliardi, stecche e tutto quanto incontravano, si sono diretti
verso
l'Ufficio delle Tasse, dove però si sono limitati a rovistare
tra i
cassetti, spargendo le carte al vento, dopo, strada facendo.
A questo punto, ecco spuntare
sul Corso,
provenienti da Ragusa, alcuni militari
su un
camion, inconsci
presumo, della sommossa
in atto.
All'altezza del Caffè Bonaiuto, la folla di
dimostranti,
riconosciuto l'automezzo, l'hanno bloccato e inferociti hanno
cominciato a malmenare i militari, strappandogli le
stellette e
disarmandoli.
Quindi impossessatisi del
camion, si sono diretti, assieme ad un altro
automezzo verso
il palazzo
dell'Avv. Di Martino,
nei cui locali aveva sede l'UNSEA.
Anche qui gli
uffici sono stati messi a fuoco.
Un caos completo regnava lungo il
Corso.
Inebriata, la folla voleva recarsi
col camion a caricare munizioni per attaccare la caserma dei
carabinieri.
Alcuni, prudenti, sconsigliavano
di farlo, altri invece
istigavano alla violenza. E' cominciata
così un'animata
discussione alla quale pose fine
il
passaggio casuale (presumo),
di un
aereo da trasporto militare americano.
La gente si è preoccupata.
Qualcuno ha pensato anche ad
un intervento armato militare degli Alleati, altri
guardavano
nervosi verso la strada, sicuri che di li a poco
sarebbero arrivati
i militari da Ragusa, fatto
sta
che i dimostranti si sono subito
dispersi, nascondendosi
nelle case, lasciando il camion militare
in mezzo alla
strada.
Così per fortuna, ha avuto tregua
la sommossa e il movimento scomposto e vandalico della
folla
inferocita, lungo il Corso.
Intanto
al Municipio, le fiamme, avevano raggiunto
vaste proporzioni.
Alcuni cittadini
volenterosi rimasti sui luoghi,
hanno
pensato di isolare il fuoco e di salvare
il salvabile.
Hanno cercato
di avvertire i Vigili
del Fuoco di Ragusa, ma il telefono non ha funzionato.
Si
è pensato che qualcuno vi
si potesse recare
in macchina. Ma nel
frattempo le fiamme si erano propagate ad altri
uffici.
Non
c'era
più tempo da perdere.
Qualcuno ha consigliato allora
di tentare
subito di spegnere le fiamme con gli estintori.
La proposta è piaciuta e ci si
è messi all'opera.
Le
fiamme, però, ci hanno
impedito di entrare nel palazzo dal portone
dell'androne, per cui
bisognava tentare
dall'esterno.
Occorrevano
delle scale.
Si
è pensato di ricorrere
alla Società Elettrica SIES. Le scale sono state trovate, ma
erano
legate tra loro con delle catenelle chiuse da
catenaccio. Si sono cercate
inutilmente le chiavi ma non si sono
trovate, mentre intanto
le fiamme si sono propagate all'esterno, sino alla facciata
dell'antica
limitrofa Chiesa del Rosario.
Si
è forzato allora il catenaccio e
sono state innestate le scale.
A
questo punto era necessario che qualche volenteroso salisse
sulle
scale per raggiungere gli uffici del
secondo piano, dal
ballatoio che c'era sopra
il negozio di tabacchi del Sig. Frasca,
alla base
del palazzo comunale.
Chi
sale per primo?, ci siamo chiesti guardandoci tra noi, negli occhi.
Mi
sono offerto io.
Sono
salito quasi appiattito alla scala,
perché questa, per l'esiguo spazio al piede, in
basso, era troppo
ripida e veniva sostenuta da altri volenterosi; studenti,
operai,
contadini.
Dopo
molte cautele sono
giunto sul balcone, incitato e quasi sospinto dal vocio dei
presenti che
mi esortavano a far presto, e l'ho scavalcato di slancio.
Ma
un altro ostacolo mi si è posto
davanti.
La
finestra vetrata era chiusa
dall'interno e non potevo entrare.
Indeciso,
ho guardato attorno per
vedere di raggiungere sul cornicione un altro balcone:
impossibile!.
La
gente intanto continuava ad
incitarmi ad entrare, gesticolando e gridando.
Attimi
di terrore.
Entrare,
ma da dove ?. Come ?.
Tutto ciò, si è
svolto con una rapidità tale, che io non ho
avuto nemmeno il tempo di riflettere su ciò che di li a poco avrei
fatto.
Reso
quasi un automa da tutto quel
vocio, dal fumo che usciva dalle finestre, dal crepitio delle fiamme,
decisi, con una soluzione estrema,
di rompere il vetro all'altezza
della maniglia interna.
Pensata la cosa e fattala è stato
un attimo.
Con un forte pugno, ho
colpito il vetro che si è soltanto
bucato, lasciando passare
il mio braccio sinistro quasi sino al
gomito, ma mi sono
ferito piuttosto seriamente in più parti: al
pollice e al dito
indice della mano e all'avambraccio.
Non curante del sangue che scorreva
abbondante dalle ferite, ho aperto le imposte e ho cercato di entrare
nella
stanza, ma non ho potuto proseguire oltre, essendo impedito
dalle
fiamme che sono affluite immediatamente verso il
vano aperto
della finestra e dal denso fumo che faceva lacrimare i miei
occhi.
Mi sono allora protetto
la faccia con le braccia
incrociate, indietreggiando
rapidamente sul balcone,
dove
sono rimasto per qualche interminabile
minuto, nascosto dietro
il muro, a lato della
finestra, aspettando che le fiamme
diminuissero.
Il mio compito era esaurito!.
Bisognava che altri lo
continuassero con gli estintori, mentre io correvo
a farmi medicare
le varie ferite.
Ho scavalcato velocemente
l'inferriata del balcone e sono
ridisceso tra gli
applausi dei presenti.
Mentre io ritornavo a casa,
nella pensione della Sig.ra Miniccia Vindigni Bolognesi,
che è
ubicata in una casetta contigua al Municipio, per fasciarmi la ferita,
altri
giovani sono saliti sulla scala: i fratelli Modica, Sudano
eRizza, che
con gli estintori hanno cercato di isolare l'incendio.
La decisione,
concordata tra noi prima di salire, era
stata quella di
sgombrare il materiale incendiabile dagli uffici adiacenti a quelli
dove
era stato appiccato il fuoco, per isolarlo.
Invece non fu così!.
Mentre
alcuni soccorritori restavano incolumi sotto il crollo di un soffitto,
per
compiere il proprio dovere di cittadini, altri, si
sono messi a
rovistare e devastare gli altri uffici.
La camera del Sindaco è stata presa di
mira.
Sedie poltrone, macchina da
scrivere, radio quadri, armadi, libri e in una
parola tutto è
stato distrutto e lasciato cadere sulla strada dal secondo piano.
Il resto della devastazione è
stato compiuto da
vecchi, donne e
ragazzi che hanno fatto a pugni per ripartirsi gli
oggetti più o meno
ancora utilizzabili.
Le fiamme intanto si propagavano. Era in
pericolo tutto l'isolato.
Occorreva necessariamente l'aiuto dei
Vigili del Fuoco.
Alcuni cittadini si sono recati in macchina
a Ragusa e verso le ore 12,30 è arrivata un'autopompa con i
vigili.

Modica - Il Municipio
In un attimo sono stati
avvitati i tubi e montate le scale e i primi pompieri con l'elmetto in
testa
iniziarono a spegnere l'incendio dall'esterno.
Sino alle otto di sera hanno lavorato
incessantemente per spegnere le fiamme e scoprire qualche invisibile
focolaio
di incendio.
Mentre compivano la loro opera,
durante
il pomeriggio, una moltitudine di persone passeggiava come di
consuetudine, ma in silenzio, come se non fosse
successo
niente, lungo il Corso, quasi consapevole
della grande
disgrazia caduta sulla testa di tutti i modicani.
Ci si guardava in faccia e ci si
domandava:
Perché‚
questi atti di vandalismo?
Che
cosa si è ottenuto?
Quale vantaggio se ne è ricavato?
Queste ed altre sono state le frasi di
sdegno e sgomento per l'accaduto.
Intanto l'ordine era stato ristabilito
e si sono rivisti in giro i primi carabinieri.
Dopo
la completa assenza per tutta la giornata
del Sindaco e
della Giunta Comunale, questo e quelli si
sono riuniti per
discutere, nei locali del Magistrale, guardati a
vista
dai carabinieri armati.
E'
finita così questa orribile giornata.
Giorno
16 Dicembre 1944
Uscito da casa alle otto per recarmi a scuola,
ho trovato nei pressi
di questa il
Sindaco,
alcuni capo partito e il Preside del nostro
Istituto per
Geometri, il Prof. Armando Guerrieri.
Ascoltate alcune frasi da queste
persone e sentitone altre da alcuni studenti,
ho
compreso che per oggi non ci sarebbero state lezioni. Infatti
si
vociferava che dovevano trasferire gli uffici del Municipio
nei locali del
Magistrale, di cui il Sindaco, il Prof. Aprile, era anche il
Preside.
Altre voci dicevano che, per
evitare altre sommosse da parte degli
studenti, essendo
questi per la maggior parte provenienti da altri paesi, si
volevano
anticipare le vacanze di Natale dal giorno
23 al giorno 18,
in modo che gli studenti si diradassero recandosi, i
forestieri, ai
propri paesi.
Mentre si facevano queste discussioni tra
noi, due pattuglie armate di carabinieri gironzolavano per la
città per
mantenere l'ordine pubblico, (quando ormai non c'è n'era
bisogno!),
aumentando così nel popolo il malcontento verso di loro.
Non
essendoci lezioni, ho trascorso tutta
la mattina passeggiando come al solito,
lungo il
Corso Umberto, tra il Largo Rizzone e il
Caffè
Bonaiuto, con Emanuele Bernava, Ernesto Caccamo, Umberto
Cicero e
Vincenzo Cicciarella, assieme ad altri gruppetti
di studenti, discutendo
animatamente su quanto era
accaduto, sia a Modica che nelle altre città siciliane,
sempre sotto lo
sguardo delle forze dell'ordine che pattugliavano la strada.
Verso
le ore dodici mi sono recato dal
Dott. Rizza, al Sanatorio Cascino per farmi
curare le
ferite alla mano e al braccio sinistro.
Ritornato
al Corso, ho trovato un
attacchino che affiggeva dei manifesti.
Molta
gente si
fermava incuriosita
ed incuriosito volli leggere
anch'io il manifesto che diceva:
Cittadini
Le
scomposte agitazioni di piazza avvenute
ieri e
culminate nei gravi atti di devastazione di pubblici uffici,
non possono
non essere oggetto della unanime severa deplorazione.
Un'inchiesta
rigorosa dovrà aver luogo e dovranno essere assicurati
alla
giustizia i responsabili.
Nessun
motivo può giustificare che si ricorra a metodi di violenza e
qualunque
movimento il quale decampi dalle linee di una
civile ed
ordinata manifestazione, si risolve in una causa di grave
danno, della
quale debbano rendersi conto tutti coloro che sono
sinceramente premurosi
del pubblico bene, in quest'ora tanto delicata per la vita
della Nazione.
Qualsiasi
tentativo di ripetere manifestazioni del genere, dovrà essere impedito,
perché
il rispetto della legge è necessario per la vita e
lo sviluppo di ogni
società democraticamente ordinata.
Facciamo
appello a tutti, perché con senso di responsabilità e con
spirito di disciplina si
faccia opera concorde, intesa a ricondurre la calma fiduciosa nel
popolo e
perché Modica dia ancora una volta quella prova di compostezza che
corrisponde
al suo grado di civiltà.
L'AMMINISTRAZIONE
COMUNALE
L
PARTITO D'AZIONE
IL
PARTITO COMUNISTA
IL
PARTITO DEMOCRATICO CRISTIANO
IL
PARTITO DEMOCRATICO DEL LAVORO
IL
PARTITO SOCIALISTA
Modica
16 Dicembre 1944
(Stamperia
Maltese Abela)
Questo
il testo del manifesto!
Queste
le parole che i
capi partito del Fronte
Nazionale di Liberazione ci
hanno rivolto oggi, e la gente ride ironicamente.
Ride,
purtroppo, dopo i danni subiti. C’è qualcuno
che si sente ancora in vena di ridere, leggendo
quelle parole che
il Sindaco ci ha elargito a tempo inopportuno, e con ritardo!.
Dove
erano questi signori?.
Vorrei
dire!. Dove e in quale
sito erano nascosti i maggiori interessati, quali
il Sindaco
e la Giunta Comunale ?.
Perché‚ nel manifesto hanno
scritto:
"Un'inchiesta
rigorosa dovrà aver luogo e
dovranno essere assicurati i responsabili
alla giustizia".
Giusto!.
I responsabili dovranno
essere assicurati alla giustizia !.
Ma il Sindaco che era
il capo del Comune, perché‚ non si trovava nel suo
ufficio?.
Perché‚ pur essendosi
allontanato, non ritornava indietro a calmare la gente ?.
Con la sua assenza
ha dimostrato di essere il maggiore
colpevole di quanto è successo, e ora si cercano i colpevoli
diretti.
Il Palazzo
di Città, inoltre era munito di due
cancelli in ferro
che una volta chiusi impedivano l'entrata in esso.
Ora dunque se vi
era in esso, qualcuno
interessato, qualcuno come
il Sindaco o il
Segretario
Comunale, al primo movimento incomposto della folla che continuava a
gridare:
“ Al Municipio!, Al Municipio! “,
poteva in tempo far chiudere i cancelli e
poi tentare,
non dico riuscire, ma almeno tentare di calmare la
folla.
In altri termini, che cosa volevano
i dimostranti ?.
Distruggere il Municipio ?. No
sicuramente !.
Volevano
soltanto, se si può dire
"volevano", devastare l'Ufficio Leva, che
rappresentava
in quei giorni, la spina più
dolorosa per
tutta quella gente.
Questo almeno, per non fare
succedere quello che poi è avvenuto, si poteva "forse" concedere.
Ma nessuno si è
preoccupato di calmare la folla, di vigilare che
non accadessero
incidenti.
C'è chi ha la colpa di aver
incendiato
il Municipio!
Ma ci sono anche quelli che hanno
la colpa di non aver fatto niente per
impedirlo.
Chi altri accusare?.
Qualcuno domani dirà:
Gente estranea. Gente venuta
da
altri paesi per compiere atti
di
distruzione e rivolta!.
Si vocifera infatti che
alcuni siano venuti da Caltanissetta, Catania,
Ragusa per
compiere quegli atti: fatto sta’ che i veri responsabili non
si
conoscono.
Questi però, presto o tardi,
saranno affidati alla Giustizia.
Giorno
17 Dicembre 1944
La giornata e caratterizzata da un grande
movimento di carabinieri.
Circa 30, armati di fucili e fucili
mitragliatori, passeggiano continuamente da un punto
all'altro del paese.
La cosa che risulta comica è che
anche i vigili urbani hanno i fucili modello '91.
Anche loro, uniti ai
carabinieri, debbono continuamente passeggiare,
in
pattuglia, con quelle armi quasi più lunghe di
alcuni di loro.
Non l'hanno mai fatto, armati.
E' domenica. Perciò tutta la gente
di campagna si è riversata in
città,
anche per curiosare.
Come al solito il Corso Umberto si
è riempito di cittadini, a cui la
presenza massiccia
dei carabinieri, in un certo senso, dà fastidio.
Tutte le vetture e i
motocicli sono stati fermati vengono verificati i
documenti e se
tutto viene trovato in regola, vengono lasciati in pace.
Per somma disgrazia,
oggi, un camioncino Lancia, trasportava
di contrabbando una
"salma"
di frumento.
Al proprietario è
stato sequestrato il frumento, e la
macchina è servita per trasportare
il materiale e i mobili in buone condizioni, dal
Municipio alla
nuova sede provvisoria, nelle scuole a
Sant'Anna.
Per il resto della giornata
non è accaduto nulla d’importante.
Giorno
18 Dicembre 1944
Anche oggi i carabinieri e gli
agenti, hanno continuato a fare servizio di ordine
pubblico
da una punta all'altra del paese.
Stamattina ci siamo recati a scuola
dove c’è stata confermata la notizia dell'anticipazione delle vacanze.
Durante tutta la giornata non
è successo
niente d’importante.
Giorno
19 Dicembre 1944
Appena uscito da casa, mi giunge
all'orecchio la notizia che sono stati arrestati alcuni giovani
dimostranti.
Durante la notte, con mandato di
cattura, una pattuglia di carabinieri li
aveva
rastrellati nelle proprie case.
Tra questi ci sarebbero
alcuni conoscenti:
Giuseppe Rizza, più
conosciuto come "Peppino da latteria", essendo
gestore di
una latteria nel Corso Umberto, di
fronte al negozio del
Sig. Matarazzo, il Rag. Carmelo Calabrese, i fratelli
Terranova, un
giovane conosciuto con il nome di "Charlot" ed
un'altro
ex impiegato della Farmacia Lombardo di cui non ricordo il cognome.
Molti altri
ancora, a me
sconosciuti, completano la
lista dei rastrellati.
Anche oggi, ma in minor
numero, la forza pubblica ha
fatto servizio di
sorveglianza lungo il Corso.
Giorno
20 Dicembre 1944
Oggi si è saputo che sono stati
rilasciati i fratelli Terranova, mentre
altre tre
persone sarebbero state fermate: il Barone
Montalbano, Carlo Giardina, e
il Barone Biagio Manenti.
I primi due,
esponenti del Movimento Separatista "Sicilia Libera" e
gli altri tre, esponenti della classe
nobile di Modica.
Non si sa però se la notizia sia
vera. Però, sembra essere confermata dall'assenza dei tre, che
contrariamente
alle loro abitudini non si fanno vedere in giro a
passeggio lungo
il Corso.
Giorno
21 Dicembre 1944
Ritorno a casa dai miei
familiari, profughi dalla Libia e residenti nel paese di mio
padre
a Vittoria, per trascorrervi le vacanze di Natale, ma
anche qui trovo
un'atmosfera di rivolta condotta soprattutto da contadini.
Mi hanno riferito che ci sono stati
scontri a fuoco con i Carabinieri. Oggi, S.E. Salvatore Aldisio, Alto
Commissario
per La Sicilia, ha detto tra l'altro, parlando alla radio da Palermo, e
riferendosi ai tragici fatti accaduti in Sicilia e in
particolare a
Catania:
"E' ora di finirla!.
Chi ha il dovere di evitare al paese il
peggio, chi deve preparare un domani meno oscuro, meno
caotico, ha pure
il diritto di raccogliere la unanime voce
d'indignazione che
da tutte le parti si leva, per dire basta! ".
Speriamo che sia
così.
Appunti
presi
successivamente
Si è saputo, in seguito, che
i tre nobili modicani si erano
allontanati dalla
città per evitare spiacevoli
inconvenienti.
Tutti i trattenuti,
tranne alcuni quali "Charlot" e l'impiegato, sono stati
rilasciati, subito, chi prima chi dopo.
Le
manifestazioni d’intolleranza, in
ogni modo sono continuate nei vari paesi della Sicilia, in modo
particolarmente
grave nei paesi del ragusano e in provincia di Agrigento.
Giorno
4 Gennaio 1945
A Ragusa, a causa
dell'arresto di alcuni renitenti
alla chiamata alle
armi, i dimostranti hanno attaccato le forze
dell'ordine, sparando
e lanciando bombe a mano.
Un disastro, ci sono stati un
morto e un ferito.
Giorno
5 Gennaio 1945
A Monetarono
Almo
ci sono state delle
sparatorie e a
Comiso sono state interrotte le comunicazioni
telefoniche e
stradali con Ragusa, dove un'ufficiale ha ucciso con una
bomba a
mano il sacrestano della Chiesa di S. Giovanni.
Giorno
6 Gennaio 1945
Una
Compagnia di
militari, partita da
Caltanissetta per
accorrere a Ragusa è stata attaccata
con le armi dai
dimostranti a Comiso, non si conosce il numero dei morti e
dei feriti.
Giorno
7 Gennaio 1945
I dimostranti, hanno
bloccato gli accessi stradali
a Ragusa e c'è stato uno scontro a fuoco con
le forze dell'ordine
che hanno provocato, si dice, 4 morti e 15 feriti
tra i militari e
altre vittime imprecisate
tra la
folla.
Giorno
17 Gennaio 1945
Sui giornali siciliani viene
pubblicata una dichiarazione governativa relativamente ai
dolorosi
incidenti avvenuti in Sicilia, precisando che nella sola
Provincia di
Ragusa sono caduti nell'adempimento del
loro dovere 12
carabinieri, un ufficiale, un sottufficiale e 2 militari,
oltre a 15
feriti.
Tra i rivoltosi si sono registrati
3 morti e 50 feriti.
Altri morti e feriti ci sono
stati in provincia di Agrigento: un sottotenente
dei carabinieri
morto e 4 militari feriti.
Tra i rivoltosi, 5 morti e 12
feriti. Si presume però che la verità sia molto
diversa da quella
annunciata.
Giorno
4 Febbraio 1945
Il Ministero della
Guerra, per cercare di mettere fine ai tafferugli e
per sanare la
grave e dolorosa situazione creatasi in Sicilia con
la chiamata
alle armi dei giovani di leva della classe 1924,
ritenuti renitenti, ha
prolungato al 10.02.45 la data ultima di presentazione di
tutti
giovani di leva, che se non colpevoli
di atti
violenti di rivolta, non saranno più arrestati e
processati
come disertori, mentre quelli
già fermati
saranno prosciolti e rimessi in libertà per
proseguire la ferma
militare
(Appunti
letti e riscritti a
cinquanta anni di distanza dai fatti
accaduti, per
lasciarne memoria, - per
quel che possano valere -, come documento
storico di un
triste periodo vissuto in prima persona dal sottoscritto.
Palermo
Gennaio 1995
Dott.
Arch. Angelo Nicosia
angelonicosia@libero.it