Ho 67 anni. Sono tanti, sono
troppi. Ma sono pochi per poter
dire con compiacimento la
classica frase: “Io c’ero”.
Non ho infatti assistito allo
sbarco delle auto al porto, né
vissuto l’ansia della vigilia,
né avuto il piacere di vedere
sfrecciare i bolidi sul
circuito, né sperato nella buona
sorte con il biglietto della
lotteria in mano.
Purtroppo devo anche dire che in
tutti gli anni trascorsi in
Libia, non ho mai sentito
parlare né del Gran Premio né
della Lotteria allo stesso
abbinata. Ed è molto strano
perché la corsa aveva raggiunto,
alla fine degli anni trenta, una
grande popolarità, era diventata
un appuntamento importante per
il mondo dei motori ed era stata
innalzata al rango di corsa
internazionale. Interrotta dalla
seconda guerra mondiale, non
capisco il perché non sia stata
ripristinata non dico
nell’immediato dopoguerra ma
almeno negli anni cinquanta. Ne
avrebbe guadagnato il turismo,
il mondo economico che gira
intorno a tali avvenimenti, il
prestigio del Paese.
Invece proprio negli anni
cinquanta si ritornò a parlare
del circuito ma soltanto in
occasione della demolizione
delle parti più belle, dal punto
di vista architettonico. Gli
americani, che avevano alla
Mellaha un’importante base
aerea, decisero di abbattere le
tribune perché, con i nuovi
aerei a reazione, erano
diventate un serio pericolo. Il
circuito invece non fu distrutto
e continuò ad ospitare gare di
regolarità e di velocità.
Privo quindi di notizie, per
poter ricordare a chi “c’era”
qualche episodio del Gran Premio
e per poter invece raccontare
agli altri la storia, mi sono
dovuto documentare. Così
Giancarlo Consolandi mi ha
fornito il bellissimo libro di
Alberto Redaelli “Gran Premio di
Tripoli” (Luigi Reverdito
Editore), Gianni De Nardo ha
rovistato nei suoi ricordi di
impiegato alla base americana
della Mellaha e Romano Bechi,
involontariamente da me
rattristato per il ricordo della
morte del suo campione favorito
Gastone Brilli Peri, mi ha
fornito alcuni particolari.
La prima corsa si disputò nel
1925. Gli ideatori: Comm. Dott.
Egidio Sforzini, Presidente;
Cav. Rag. Arrigo Modena,
Vice-Presidente; Cav. Riccardo
Trozzi, Segretario; e Cav. Dott.
Paolo Vassura, Cav. Uff. Antonio
Varaschini, Cav. Paolo Viganò,
Cav. Scialom Nahum, Consiglieri.
La chiamarono “Circuito
automobilistico della
Tripolitania”.
Nel 1927 il “Circuito” diventò
“Gran Premio di Tripoli” per
acquisire di anno in anno sempre
maggior prestigio e notorietà
soprattutto con la costruzione,
nel 1934, dell’autodromo della
Mellaha, allora all’avanguardia.
Ma già dall’anno prima, il Gran
Premio era stato elevato al
rango di competizione
internazionale.
|
Circuito della
Mellaha |
La corsa inaugurale si disputò
in primavera. Qualche mese dopo
gli stessi ideatori ed
organizzatori fondarono
l’Automobile Club di Tripoli.
Il via fu dato il 17 aprile
1925, a Tripoli, dove erano
state montate le tribune per il
pubblico. Il percorso, in terra
battuta, di km. 71,100 da
ripetersi tre volte, toccava
Gasr Ben Ghashir, Suani ben Adem
ed altre località. Si disputò in
due prove: oltre 2000 c.c. e
fino a 2000 c.c. Alla prima,
parteciparono cinque macchine:
tre Fiat, una Lancia ed una
Cottin Desgouttes francese. Tre
concorrenti furono costretti al
ritiro: Mùstafa Mizran, Gaia e
Babini. Vinse il tenente Trivero
alla media di 72,300 chilometri
orari. Il giorno successivo si
disputò la gara fino a 2000 c.c.
Alla partenza: nove concorrenti.
Renato Balestrero su O.M.,
toscano ventisettenne, prese il
comando dal primo giro
distaccando sempre di più le
altre macchine tanto da
concludere alla media oraria di
ben 94,496 chilometri, un vero
record per l’epoca e per le
condizioni della pista. Con la
media ottenuta fu dichiarato
vincitore del Primo Circuito
Automobilistico della
Tripolitania diventando
contemporaneamente il primo
vincitore di una gara
automobilistica in terra
d’Africa.
Nel 1926, cambia il percorso.
Solo chilometri 26,200 ma da
ripetere 16 volte con partenza
ed arrivo a Sghedéida passando
per Fornaj, Sidi Masri, Bab
Tagiura e Suk El Giuma. Undici
le macchine alla partenza divise
in due classi: 1500 c.c. e 2000
c.c. Organizzatore: l’Automobile
Club ed una madrina d’eccezione:
la Signora Erminia De Bono,
moglie del Governatore. Vinse
Eysermann, il “tunisino”, su
Bugatti 2000 “Grand Prix” con la
bella media di 111,533
chilometri orari.
Il successo dei primi due anni,
promosse il “Circuito” a “Gran
Premio di Tripoli” ed inserì la
corsa nel calendario
automobilistico nazionale come
prima prova ufficiale. Il gran
salto di qualità, attirò i
grossi nomi dell’automobilismo
italiano. Favorite, alla
partenza, sempre le “francesi”
Bugatti questa volta affidate ad
Emilio Materassi e Renato
Balestrero. Terzo incomodo il
bresciano Aymo Maggi su Alfa
Romeo. Outsider Alfieri Maserati
su Maserati 1500. Tre classi:
1100 c.c. 1500 c.c. 2000 c.c. e
tredici le auto partecipanti.
Nella classe 1100 c.c. con una
Derby, fece una buona corsa
Luigi Arcangeli, già asso del
motociclismo. Ma nessuno allora
poteva competere con le potenti
Bugatti che con i toscani Emilio
Materassi e Renato Balestrero si
aggiudicarono le prime due
posizioni alla media di 132,080
chilometri l’ora. Il vincitore
stabilì anche il nuovo record
del giro a 142,737 chilometri
orari.
La corsa come su detto, era
diventata importante. Al quarto
Gran Premio, nel 1928,
parteciparono i migliori piloti
e le migliori macchine ma
cominciarono le prime polemiche.
Un articolo del regolamento
prevedeva macchine biposto con
due persone a bordo o monoposto
ma zavorrate con 120 chili
incluso il peso del pilota. Le
case automobilistiche in base a
regolamento non potevano
partecipare ufficialmente ma
davano le macchine alle
scuderie. La scuderia
Materassi con due Talbot 1500
affidate a Materassi e Arcangeli
avrebbe avuto grandi possibilità
di vittoria ma i bolidi
erano monoposto ed Emilio
Materassi si rifiutò di
zavorrarli adducendo che non
c’era il tempo necessario per
distribuire adeguatamente il
peso sull’intero telaio.
Inevitabile l’esclusione anche
se le polemiche non mancarono.
Le tre Bugatti della scuderia
Nuvolari non ebbero avversari se
non il caldo opprimente ed il
cattivo stato del fondo
stradale. Primo Tazio Nuvolari,
secondo Cleto Nenzioni e terzo
Achille Varzi.
Il 24 marzo 1929, il Gran Premio
raggiunge la quinta edizione.
Stesso percorso, stesso numero
di giri ma nobilitato dalla
presenza del fior fiore
dell’automobilismo italiano.
Assente illustre Emilio
Materassi, purtroppo deceduto
durante l’ultimo Gran Premio
d’Italia. Favoriti Achille Varzi
su Alfa Romeo 2000, Tazio
Nuvolari su Bugatti 2000,
Baconin Borzacchini su Maserati
1700, Luigi Arcangeli su Talbot
1502 e Gastone Brilli Peri su
Talbot 1500.
Il motore della Talbot 1502
tradì Luigi Arcangeli costretto
al ritiro dopo aver percorso
soltanto un centinaio di metri.
Anche Varzi che stava facendo
una buona corsa si dovette
ritirare per un guasto al
motore. Via libera agli altri
tre favoriti che per otto giri
si alternarono al comando fra la
delizia degli appassionati. E
tutti e tre si fermarono ai box
a metà corsa per il
rifornimento. Gastone Brilli
Peri ripartì per primo ma il
motore si spense dopo pochi
metri. Guai alle candele per la
Bugatti di Nuvolari che riuscì a
ripartire ma altri problemi
meccanici lo tagliarono fuori
dalla vittoria finale. Tutto
liscio per Baconin Borzacchini a
cui i guai di Brilli Peri gli
avevano fatto guadagnare ben due
minuti. Questo fu il tempo per
far ripartire la macchina di
quel diavolo di toscano,
come lo ricorda il suo
ammiratore Romano Bechi. Brilli
Peri non si perse d’animo e
deliziando gli spettatori si
buttò all’inseguimento della
Maserati 1700, dando
dimostrazione di una guida
audace e spericolata. Al
tredicesimo giro,
l’entusiasmante sorpasso tra gli
applausi della folla. Senza
nulla togliere alla bravura di
Brilli Peri che si aggiudicò la
corsa alla media di 133,965
chilometri orari ed ottenne il
nuovo record del giro con
143,736 di media, è giusto
ricordare che Borzacchini
dichiarò che, negli ultimi giri,
la sua Maserati aveva avuto
problemi per cattiva
carburazione.
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Gastone Brilli
Peri |
Tazio Nuvolari |
Nino Farina |
Achille Varzi |
Il 23 marzo 1930, si disputò il
sesto Gran Premio di Tripoli
alla presenza del governatore,
maresciallo Pietro Badoglio, e
di tutte le più alte autorità.
Pubblico delle grandi occasioni
ma grande tristezza. Il giorno
prima, durante le prove, in un
incidente, era morto Gastone
Brilli Peri favorito della
vigilia. Fu un incidente molto
strano e sul quale, forse
volutamente, non fu fatta mai
piena luce. Un grande politico
italiano ha spesso citato un
detto probabilmente di
ispirazione cinese: “Pensar
male è un grave peccato, ma
quasi sempre ci si azzecca!”
Il celebre pilota era appena
transitato da Bab Tagiura ed a
forte andatura si dirigeva verso
Suk El Giuma. La strada era
diritta, abbastanza larga, e
protetta dalle “tabie” i
caratteristici muretti in terra
battuta che delimitano i confini
dei vari campi delle oasi.
Gastone Brilli Peri, che
conosceva bene la pista sulla
quale aveva dominato l’anno
prima, attraversò la piazzetta
del villaggio e nell’affrontare
una comoda curva sulla sinistra,
incredibilmente sbandò e fu
proiettato fuori dalla sua
Talbot. Il pilota rimase ucciso
sul colpo insieme al suo
meccanico di fiducia Alfredo
Vivoli. Il già citato Romano
Bechi la cui famiglia era molto
amica di quella di Vivoli
ricorda quanto si scrisse e si
disse sull’episodio. “Conoscendo
l’irruenza e la volontà di
vittoria di Brilli Peri, un
incidente nel percorso, era un
evento possibile”. Così le
cronache di allora
giustificarono l’accaduto, ma
non sembra che sia stato
chiarito ed in maniera
convincente se si trattò di
errore umano o difetto
meccanico. Gastone era molto
orgoglioso e di forti sentimenti
patriottici e sembrò strano che
avesse accettato di correre con
ampia possibilità di successo
con una macchina straniera e per
lo più francese! L’amico
Bechi quindi ricorda il momento
storico particolare ed i forti
attriti politici allora
esistenti tra Italia e Francia.
Non poteva certo vincere una
macchina dell’odiata Francia.
Forse fu fatalità o forse gli
eventuali “sabotatori”, se ce ne
furono, tentarono di nuocere
alla macchina non prevedendo il
coinvolgimento di vite umane.
Ma siccome the show must go
on la gara fu disputata lo
stesso e con le nuove regole:
due batterie di selezione ed una
di finale. Due altri incidenti
gravi ma senza conseguenze: Toti
perse una delle ruote posteriori
ed uscì di strada; Gola riuscì
in tempo a fermarsi: la
cinghietta si era rotta ed il
cofano si era alzato di scatto
togliendogli completamente la
visuale! Vinse Baconin
Borzacchini su Maserati ad oltre
146 chilometri l’ora con nuovo
record sul giro: 150,189
chilometri orari.
Per la settima edizione
bisognerà aspettare il 1933. La
grave crisi economica innescata
dal crollo della Borsa di Wall
Street del 1929, aveva
attraversato l’Atlantico
coinvolgendo tutta l’Europa. Nel
1931 il Gran Premio di Tripoli
era diventato “internazionale”
ma per mancanza di fondi non fu
disputato. Stessa sorte nel
1932. Ma, si dice, il bisogno
aguzza l’ingegno ed il sagace
Presidente dell’Automobile Club
il comm. Egidio Sforzini,
ispirandosi alla Lotteria ippica
irlandese, ebbe la brillante
idea di organizzare una lotteria
abbinata al Gran Premio.
Dedotti premi e spese avrebbe
dovuto finanziare i costi
dell’evento sportivo. Ottenuta
la legittimazione da un Decreto
Reale, fece stampare i biglietti
e fu il primo a meravigliarsi
del successo, reso concreto da
ben 15 milioni d’incasso.
L’euforia suggerì allora la
costruzione di un vero e proprio
autodromo ma non si fece in
tempo perché il 7 maggio 1933 il
settimo gran premio in veste
internazionale prese il via.
Nuovo il percorso: 13 chilometri
e 100 metri, lo stesso del nuovo
autodromo in costruzione e prima
edizione della lotteria che non
ebbe un esordio limpido. I 33
biglietti abbinati ai piloti,
furono estratti una settimana
prima della corsa ed i 33
fortunati ebbero incontri più o
meno segreti con i piloti con
inevitabili tentativi di
corruzione. Quella volta non ci
fu bisogno di peccare
pensando male … con quel che
segue perché la “combine” fu
tanto evidente da lasciare una
macchia sulla prima lotteria e
tale da costringere il Governo
ad intervenire. Quando il
maresciallo Badoglio dette il
“via” i concorrenti erano
soltanto 29 tra i quali Tazio
Nuvolari e Baconin Borzacchini
alfieri della scuderia Enzo
Ferrari su Alfa Romeo 2600 P3 e
l’inglese Henry Birkin su
Maserati 2800. Gara
appassionante e finale col
brivido. Achille Varzi non si
fermò ai box per il rifornimento
perché equipaggiato con
serbatoio supplementare. Ma a
due giri dalla fine non riuscì
ad aprire il rubinetto del
secondo serbatoio, dando via
libera a Nuvolari. Quando ormai
Tazio Nuvolari sembrava il
vincitore, Varzi, risolti i suoi
problemi, si lanciava a tutto
gas concludendo il suo
inseguimento proprio negli
ultimissimi metri riuscendo a
battere il campione mantovano.
L’anno successivo, l’ottavo Gran
Premio, si disputò sul nuovo
circuito della Mellaha: un vero
gioiello, un complesso sportivo
tra i più moderni al mondo,
allora all’avanguardia. Otto
metri di larghezza nei
rettilinei, dieci metri nelle
curve sopraelevate, venti metri
nel rettilineo davanti alla
tribuna. Questa era lunga 400
metri, aveva 14 gradinate con
un’audace tettoia che si
protendeva verso la pista per 15
metri senza sostegni finali. La
tribuna d’onore era decorata con
marmi e pietre d’Azizia.
Completavano il complesso
diverse sale bar, ristoranti,
pronto soccorso e servizi vari.
Di fronte alla tribuna, separata
dalla pista da un cortile di 25
metri, vi erano i box, le
strutture per i cronometristi e
per le segnalazioni, impianti
telefonici e radio, una tribuna
stampa dotata di telescriventi.
Infine una torre alta 40 metri
con un grande schermo elettrico
in grado di informare il
pubblico sulle posizioni dei
concorrenti, dei giri compiuti,
dei tempi di distacco ecc.
|
Circuito della
Mellaha |
Alla presenza del nuovo
governatore Italo Balbo,
affrontarono i 40 giri per
complessivi 524 chilometri,
ventisei concorrenti tra i quali
cinque francesi, quattro
inglesi, un algerino e due
americani piloti di altrettante
Miller (macchine tipo
Indianapolis). Corretta
l’estrazione dei biglietti della
lotteria. Pauroso incidente per
Taruffi che soltanto per un
miracolo non ebbe brutte
conseguenze. Grande bagarre nel
finale tra il giovane Moll e
l’esperto Varzi che riuscì a
vincere per una sola ruota alla
media di 186,149 chilometri
orari. Ma fu di Louis Chiron il
giro più veloce: oltre i 200
orari!
Il nono Gran Premio, nel 1935,
fu caratterizzato dalla
precarietà dei pneumatici. Le
macchine erano diventate molto
potenti e riuscivano a
raggiungere velocità molto
elevate ma le gomme non
riuscivano a seguirle nei
progressi. Tazio Nuvolari
dovette cambiare i pneumatici
tredici volte! Altra stranezza:
due macchine definite da Enzo
Ferrari “una immoralità
tecnica”: erano due Alfa Romeo
con due motori uno davanti ed
uno dietro con il pilota al
centro. Furono affidate: una a
Nuvolari da 6320 c.c. ed una da
5810 c.c. a Louis Chiron. Lo
scopo: contrastare la potenza
delle macchine tedesche: tre
Mercedes e due Auto Union. Vinse
il tedesco Rudolph Caracciola su
Mercedes 4000 a 197,933 di media
e con nuovo record sul giro a
220,167 chilometri orari.
Secondo Varzi che si rifece,
vincendo, sempre su Auto Union,
l’anno successivo, cioè nel
1936. Quell’anno, non ebbe
successo il tentativo di Enzo
Ferrari e delle sue nuove Alfa
dodici cilindri di 4600 c.c. di
poter gareggiare alla pari con
le macchine tedesche. Tra
l’altro, nelle prove, Nuvolari,
suo uomo di punta, ribaltatosi a
200 all’ora, si era incrinato
una costola e azzoppato.
Restavano per tutti, i problemi
alle gomme.
Il 10 maggio del 1937 sulla
stessa distanza e con lo stesso
numero di giri si disputò
l’undicesimo Gran Premio di
Tripoli. Anche quell’anno,
contro lo strapotere delle
macchine tedesche, nulla
poterono le Alfa Romeo di Enzo
Ferrari né le Maserati. In
Germania il regime aveva visto
nelle gare internazionali un
notevole mezzo di propaganda
quindi elargiva importanti
finanziamenti alle Case
automobilistiche. In quanto ai
piloti, agli italiani mancava il
grande Varzi che aveva
abbandonato le corse vittima
della droga. Per fortuna vinse
anche la gara contro di
essa e dopo qualche tempo,
ritornò alle corse. La gara
prese un avvio eccezionalmente
veloce tanto che al terzo giro
Hans Stuck su Auto Union 6000
aveva ottenuto il record sul
giro (229,234 chilometri orari)
che non fu mai più superato. Ma
la gara parlava solo
tedesco. L’industria della gomma
non era al passo con la potenza
e tecnologia delle macchine che
si dovevano fermare spesso per
il cambio gomme. Davanti al
traguardo a Von Brauchitsch
saltò il battistrada di una
gomma posteriore fortunatamente
senza conseguenze. Vinse Hermann
Lang alla media di 216,315 l’ora
stabilendo il nuovo record su
Mercedes W 125: un bolide
di 5660 c.c. e 8
cilindri.
Nel 1938 il dodicesimo Gran
Premio si disputò con le nuove
regole: cilindrata massima 3000
c.c. con il compressore o 4500
c.c. senza compressore e peso
minimo 850 chili. Scompare la
scuderia di Enzo Ferrari e
l’Alfa Romeo rientra
ufficialmente nelle gare.
Assente l’Auto Union perché non
riuscì ad approntare una
macchina in tempo. La Mercedes
aveva debuttato in Francia con
la nuova macchina ma senza
successo. La gara pertanto
sembrava più aperta che nelle
ultime edizioni. Presente alla
gara anche un rinnovato Achille
Varzi. Assente anche la Bugatti
per guai al motore durante le
prove. Vent’otto le macchine:
tre Mercedes, quattro Alfa
Romeo, due Maserati, due
Delahaye, diciassette Maserati
da 1500 c.c. ; tra i piloti:
Taruffi e Villoresi. Per il
pubblico l’eroe del giorno fu
Trossi su Maserati 3000 ma
improvvisi problemi al cambio
fecero perdere terreno al bravo
pilota italiano che si ritirava
dopo qualche giro. Ma al
disappunto doveva purtroppo
seguire anche il dolore. Eugenio
Siena su Alfa Romeo 312 in fase
di sorpasso, uscì di pista e
venne schiacciato dalla sua
macchina. Poi una collisione tra
l’Alfa 312 di Nino Farina e la
Maserati 1500 di Hartmann fece
uscire di pista tutt’e due ad
altissima velocità. Purtroppo
per l’ungherese non ci fu nulla
da fare. La vittoria arrise a
Hermann Lang su Mercedes W 154.
Il dominio tedesco doveva finire
e la F.I.A. (Federazione
Italiana Automobili) impose
nuove regole (leggi “furbate”
). Numero di giri portato a
30 e iscrizione solo per
macchine di 1500 c.c. I tedeschi
non avevano macchine di simile
cilindrata ma punti sul vivo si
rimboccarono le maniche e
sfornarono la Mercedes W 165
appunto di 1500 c.c. Il pubblico
tripolino iniziò a sperare
poiché nonostante l’ottima
impressione delle nuove Mercedes
nelle prove, il giro più veloce
fu quello dell’aerodinamica
Maserati di Luigi Villoresi.
Molto bene andarono, in prova,
anche le Alfa Romeo 158. Il 7
maggio 1939 ci pensò il Ghibli a
rovinare la festa. Vento caldo
con 35 gradi all’ombra e 50
sull’asfalto. Effetti negativi
sui piloti e disastrosi sui
motori. I tedeschi forse si
aspettavano un eventuale aumento
della temperatura e sostituirono
subito l’acqua dei radiatori con
una miscela a base di glicolo.
Trenta le macchine alla partenza
di cui due sole Mercedes. Il
caldo distrusse motori e piloti:
alcuni svennero altri ebbero
allucinazioni. Vinse ancora una
volta Hermann Lang su Mercedes
vanificando le furbate
della F.I.A.
Il 5 Maggio 1940 venne corso il
quattordicesimo Gran premio di
Tripoli e fu l’ultimo.
Parteciparono soltanto macchine
e piloti italiani poiché
Germania, Francia ed Inghilterra
erano già impegnate in guerra.
Italo Balbo che era stato lo
starter assiduo ed appassionato
degli ultimi anni, morirà il 28
giugno 1940 precipitando col suo
aereo a Tobruk colpito da “fuoco
amico”.
Quel pomeriggio la temperatura
era mite e nonostante i “venti
di guerra” le tribune e tutto il
percorso erano affollati come
sempre. Fra i partecipanti, il
ventunenne Alberto Ascari,
figlio d’arte, su Maserati. Nino
Farina su Alfa Romeo sbandò alla
“curva di Tagiura” riuscì a
rimettersi in pista, perse tempo
prezioso ma con una grande
rimonta riuscì a vincere
aggiudicandosi l’ultimo Gran
premio di Tripoli.
Esemplare di un
biglietto del
Lotteria abbinato
alla disputa del
Gran Premio
Automobilistico del
1943 - L'ultimo Gran
Premio disputato
prima dello scoppio
della Guerra. |
Poco più di un mese dopo anche
l’Italia entrò in guerra e tutto
finì. Veramente non tutto poiché
sembrerebbe che la lotteria
continuò fino al 1943. Il
condizionale è d’obbligo. In una
rivista per collezionisti sono
stati di recente riprodotti, tra
gli altri, alcuni biglietti
della “Lotteria di Tripoli” (il
particolare che i numeri siano
0000 lascia pensare ad una
ricostruzione più che ad una
fotocopia). Uno è del 1941, è
intestato “Lotteria
Automobilistica di Tripoli” e si
vede sfrecciare un’auto da corsa
ma è notorio che nel 1941 non fu
disputato alcun Gran Premio
Automobilistico. Il biglietto
del 1942 diventa “Grande
lotteria Nazionale di Tripoli”.
Particolare interessante quello
del 1943. La rivista informa che
tali biglietti sono
ricercatissimi ed hanno un
valore tra i 1.100 ed i 1.200
euro. La lotteria infatti non fu
estratta per gli eventi bellici
ed i biglietti furono rimborsati
o sostituiti con quelli della
lotteria di Merano. Da qui la
rarità e di conseguenza l’alta
valutazione. Ma qualcuno li
dimenticò in qualche tasca o non
ritenne utile far la fila per
dodici lire. Sul biglietto, mi
sembra sia riprodotto il
complesso dell’hotel Uaddan. E
che ne fu del circuito?
****
Nel 1950, mi scrive Gianni De
Nardo lavoravo alla Mellaha
alle dipendenze della
Crow-Steers-Shepherd cioè
con la Società americana
incaricata dei lavori di
ampliamento dell’area
aeroportuale. Tribune e relative
strutture mi erano molto
familiari poiché le vedevo, anzi
le ammiravo quasi tutti i
giorni. Devo dire che anche
tutto lo staff della Compagnia,
ingegneri in primis,
apprezzavano quello che loro
chiamavano “Stadium” soprattutto
l’ampia tettoia sospesa nel
vuoto che sembrava una visiera.
Le strutture che ricordavano
entusiastici eventi sportivi
erano utilizzati allora per
scopi molto diversi. Gli spazi
sotto le gradinate erano stati
trasformati in alloggi e sempre
sotto le gradinate ma nella
parte superiore, gli ampi saloni
erano utilizzati per la mensa e
relative cucine. Le gradinate
coperte dalla famosa tettoia,
venivano usate come deposito per
derrate alimentari ovviamente
non deperibili. Ma i lavori di
ampliamento necessari per i
nuovi aerei a reazione,
portarono le piste a ridosso
delle Tribune con possibili
pericoli per gli aerei in
decollo o in atterraggio. Fu
decisa quindi la demolizione.
Probabilmente gli americani
sapevano di distruggere un’opera
grandiosa tanto che invitarono
chiunque avesse interesse a fare
fotografie-ricordo prima di
procedere.
Ricordo ancora quelle gru che
sollevavano sfere di acciaio di
un diametro di 60-80 cm. per
farle poi ricadere con forza
sulla famosa tettoia. Ai
complimenti precedenti per i
pregi architettonici seguirono
quelli per la robustezza.
Gruisti e fiamma ossidrica per
tagliare il ferro dell’armatura
lavorarono sodo per parecchio
tempo.
|
Gianni De Nardo |
****
Ed oggi? Per la sua posizione al
centro del Mediterraneo, per il
clima, per le bellezze naturali,
per il patrimonio archeologico,
la Libia potrebbe
tranquillamente costruire un
circuito ed entrare nel giro
internazionale dei Gran Premi.
L’evento sportivo potrebbe
incrementare notevolmente
l’attuale già alto numero di
turisti senza dimenticare il
grande prestigio per il Paese.
Non c’è bisogno di lotteria
peraltro vietata dalla religione
(gammara) , basterebbe il
petrolio.
Roberto Longo.
Pubblicato sul notiziario
“l’Oasi”nel Numero 1/2006 -
Gennaio - Aprile 2006