"QUEL CA ME RICORDO"
di
Sabbatino Libratti
IL
GIORNALE DI VICENZA Sabato 15 Luglio 2006, p. 37
LIBRI.
Oggi la presentazione
Libratti, Cogollo nelle memorie lunghe una vita.
di
Giovanni M. Filosofo
Le memorie
di una vita, lunga, tribolata, intensa, laboriosa, passionale,
raccolte in un libro, prima dell'ultima sera. È questo il sogno
realizzato da Sabbatino Libratti, ottantottto primavere già alle
spalle, che, aderendo, non senza reticenze, ad una pressante
richiesta dell’amico Luigino Frigo, ha alla fine tolto dal suo
archivio personale, per essere analizzate e, in parte, usate in
modo da divenire patrimonio della comunità, cartelle traboccanti
di documenti, album fotografici, testi e minute per discorsi, per
avvenimenti vissuti in prima fila, articoli per riviste, appunti
su gruppi e associazioni della sua Cogollo del Cengio, diplomi e
attestati di benemerenza, assieme agli innumerevoli video di una
cineteca sugli eventi che hanno interessato nel '900 i paesi delle
convalli Astico-Posina.
Una mole
di materiale, inedito, da cui è nato “Quel ca me ricordo”,
il volume, scritto dallo stesso Libratti col sottotitolo
“Memorie di un emigrante cogollese”, curato da Luigino Frigo
con la collaborazione di Carla Zordan, stampato da Edizioni La
Torre.
Nell’introduzione, l’autore delinea i caratteri della sua
pubblicazione: «Non è un libro di fatti storici - avverte - anche
se riporto eventi verificabili storicamente, né tanto meno è un
romanzo. “Quel ca me ricordo” narra le mie esperienze di vita,
radicate nell’animo: ricordi, sempre vissuti con intensa
commozione, in una lunga esistenza fatta di angosce, di sacrifici
indicibili, di paure, delusioni, speranze, e tante gioie… Ho
percorso un lungo cammino, credendo nella pace, nel rispetto e nel
perdono, nel senso del dovere verso la Patria, nel buon vivere
sociale…».
Parole che
rimandano alle vicende in cui si è trovato coinvolto il
memorialista: nato profugo a Montecchio Maggiore il 19 novembre
1917; emigrato, con la famiglia, a Tripoli, in Libia nel 1925; già
lavoratore a 15 anni; combattente della II guerra mondiale in
Libia ed in Egitto; prigioniero di guerra prima a Geneifa, poi in
Sud Africa, con lavori compiuti nella fattorie del Wineland.
Finalmente, nel ’46, il ritorno in Italia, a Cogollo, dove si
sposa.
Poi, le
mille iniziative di cui è protagonista: come sindaco, consigliere
comunale, giudice conciliatore, come storico locale, come capo
della XVI zona dell’ANCR, come incontrastato “cerimoniere” in
tutte la manifestazioni patriottiche dell’Alto Vicentino, con la
nascita di sentimenti fraterni per i rappresentanti della Croce
Nera austriaca…
Sono
queste vicende di vita a formare il tessuto narrativo di un libro
in cui, sempre, il ricordo personale e biografico si trova ad
essere coniugato in uno scenario più ampio, suddiviso in
altrettanti capitoli: la dolorosa emigrazione cogollese; i
ventimila coloni di Tripoli; ciò che intanto accadeva a Cogollo;
in guerra, nella tragedia; la prigionia e la libertà; personaggi
conosciuti; vita pubblica e privata; cronaca cogollese fino ai
nostri giorni; l’amata Ancr.
Poi,
l’ultimo capitolo, quello di Cogollo (e dintorni) “in celluloide”,
con l’illustrazione di filmati, girati da cineoperatore, in
proprio, che testimoniano i grandi e piccoli eventi del variegato
e pulsante mondo valligiano. In tal modo, come scritto nella
prefazione da Frigo, il libro, scritto con assoluta lucidità da
Sabbatino Libratti, diventa un'opera singolare, casereccia,
vibrante di memorie di una persona che ama profondamente le
proprie origini e ad esse fa ritorno, nello stesso modo con cui,
un giorno, ha abbandonato in Libia gli affetti più cari per
rendersi utile e disponibile nel proprio paese e nella propria
valle.
«Un libro,
di memorie, un inno alla pace, un elogio al perdono», meritevole
di essere letto, che sarà presentato oggi alle 16 nella sala del
cinema parrocchiale.
Giovanni M. Filosofo
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