|
| Adriana Vella in Giannò, mia madre | Luna |
°°°°
Estate 2004
Adriana Vella in Gianno, mia madre, all'età di 88 anni, scrive a sua nipote Luna una lettera dei suoi giovanili ricordi in terra di Libia.
Mia
cara Luna,
sin
da bambina sei
stata attratta dall’armoniosa unione che legava
me e nonno Cico
e, crescendo, il desiderio di conoscere la
storia di un amore
tanto grande si è fatta in te sempre più forte e
mi hai chiesto
di raccontarti il mio incontro con
il giovane che è stato un
indimenticabile , meraviglioso compagno di
vita… vita che è
stata travagliata da tanti eventi dolorosi e
difficili, superati con
grande coraggio perché sostenuti da tanto amore
e
fiducia in un avvenire migliore.
Nonno
Cico, laureatosi
in legge all’età di 22 anni, frequentava lo
studio di mio padre,
che era un insigne avvocato, per la pratica
legale
richiesta per poter affrontare gli esami di
procuratore necessari
per l’esercizio della professione.
Rodrigo Giannò, mio padre (Nonno Cico)
Io,
all’epoca,
frequentavo il primo anno dell’istituto
magistrale e avevo poco
più di sedici anni. Nonno Cico che era
stato compagno di giochi delle mie sorelle,
Annetta e Iris (più
grandi di me di qualche anno) ed anche compagno
di studi di
zia Annetta manifestò il suo interesse per me.
Mamma
Ebbi
modo di incontrarlo
e conoscerlo in occasione di una correzione di
compiti che mia madre,
direttrice e insegnante elementare, affidò a me
e a lui. La
correzione di questi compiti è durata diversi
giorni e nonno Cico mi offriva dei buoni
cioccolatini di cui ero ghiotta e delle rose
meravigliose, il fiore
da lui preferito e coltivato in campagna dove
risiedeva con la sua
famiglia.
...Cico mi offriva
cioccolatini e rose
Mi
diceva con il suo sguardo innamorato che gli
piacevo e io mi sentivo molto confusa. Ho
avuto modo di conoscerlo meglio nelle
conversazioni avvenute quando zia Iris ci
invitava a prendere il thè e l’ammirazione
che suscitava in me si tramutò in un grande
amore, che
come sai è rimasto immutato
nel tempo.
Dopo
7 anni di fidanzamento con relative lontananze
perché Nonno Cico, oltre agli esami di
procuratore prestò
in Italia il servizio militare, il 29 luglio del
1939 ci siamo
sposati nella Cattedrale di Tripoli.
...il 29 luglio del 1939, ci siamo sposati nella Cattedrale di Tripoli... Il nostro viaggio di nozze fu
interrotto dalla
chiamata alle armi di nonno Cico da parte del
comando militare
di Tripoli.
La
Germania
aveva dichiarato guerra all’
Inghilterra!
Per
fortuna Italia non era entrata in guerra ed
abbiamo trascorso felici molti mesi in una
villa situata in un
quartiere di Tripoli, denominato "Città
Giardino" ,
e lì è nato il nostro primo figlio Bepi, il 18
maggio del 1940. ...un quartiere di Tripoli, denominato Città Giardino... Purtroppo la
nostra felicità è stata turbata dai continui
bombardamenti che
l’Inghilterra effettuava dopo la dichiarazione
di guerra da parte
dell’Italia.
La
Libia era all’epoca colonizzata dall’Italia e
l’Egitto era sotto il protettorato inglese.
Nonno, richiamato alle armi, fu trasferito in una
località lontana da Tripoli, denominata Garian,
ed io per non
rimanere sola, con un bambino tanto piccolo, di
appena due
mesi, mi trasferii in campagna, presso i miei
suoceri.
... fu trasferito i una località lontana da Tripoli, denominata Garian...
Nonno
veniva a trovarmi quando poteva avere una breve licenza,
e a distanza di
un anno, un mese e un giorno dalla nascita di
Bepi, è nato Ninì, il 19 giugno del 1941.
... Nonno veniva a trovarmi quando poteva avere una breve licenza...
Nel
frattempo, Nonno aveva ottenuto il trasferimento
da Garian a Tripoli ed io tornai nella nostra
bella
casa a Città Giardino. I bombardamenti
continuavano a martellare
la Città, le famiglia partivano per l’Italia, ma
io non
volevo allontanarmi dal Nonno, che riusciva a
darmi
serenità e fiducia.
... i bombardamenti continuavano a martellare la Città... Dopo la nascita
di Ninì tornai in campagna presso i miei suoceri che erano persone
eccezionalmente buone, affettuose e generose. Nonno chiese il
trasferimento in una località vicina e
tutte le sere, in bicicletta, veniva a trovare
la sua famigliola.
Dopo breve tempo ci rendemmo conto che non era prudente la notte restare in campagna dove l’unico rifugio durante i bombardamenti degli Inglesi era
costituito da una trincea profonda un
metro, scavata lontano dalla casa. In una località lontana dall’abitato e in pieno deserto furono
installate due grandi tende: in una dormivano i nonni e lo zio Gianni, il
fratello maggiore di nonno, nell’altra dormivamo io, nonno e i nostri due
bambini: Bepi di un anno e tre mesi e Ninì di due mesi.
Tutto è stato affrontato con coraggio perché
non volevo separarmi da nonno ma la vita
disagiata che per forza degli eventi dovevo condurre influì negativamente sull’allattamento. Ninì
piangeva perché non avevo latte
sufficiente e purtroppo non potevo integrare con il latte artificiale che le
farmacie, a causa della guerra, non detenevano.
... Ninì piangeva perchè non avevo latte a sufficiente...
Si decise così la mia partenza
per l’Italia, che avvenne nei primi giorni di agosto del 1941 in idrovolante. La prima tappa del viaggio fu Siracusa, dove
pernottammo.
...La prima tappa del viaggio fu Siracusa... Non ti descrivo il mio stato d’animo per evitare sia a me che a te tanta commozione. I bimbi erano stanchi, Ninì
aveva sofferto per i vuoti d’aria che l’idrovolante doveva affrontare, Bepi si
accorgeva che la sua mamma era triste. Finalmente, stringendoli a me, per la prima
volta sola e lontana da nonno e dai miei cari, mi imposi di essere forte e di apparire serena anche quando un furioso
bombardamento, preannunciato dal suono assordante delle sirene d’allarme, si
abbattè durante la notte sulla città. Bepi mi tendeva le braccia e non
capiva che non potevo muovermi perché ero sola e nessuno si era offerto di
aiutarmi a raggiungere il rifugio che era nello stesso albergo. Bepi sapeva
bene che al suono delle sirene veniva preso in braccio e di corsa portato
lontano.
... Bepi sapeva bene che al suono delle sirene veniva preso... Purtroppo il percorso di viaggio Siracusa-Fiumicino fu più pauroso
della notte passata sotto il bombardamento; un violento nubifragio costrinse
l’idrovolante ad ammarare in un
porticciolo e quando riprese il viaggio la paura di finire in quel mare in
burrasca con i miei piccoli bambini è stata così forte che mi ha condizionato
per tutta la vita. Finalmente quel viaggio pauroso terminò a Fiumicino; una corriera portava
i passeggeri a Roma, punto d’arrivo Piazza Esedra.
...Una corriera portava i passeggeri a Roma, punto d'arrivo Piazza Esedra... Con grande
difficoltà sono riuscita a prendere la
corriera aiutata da un giovane pilota, che Bepi vedendolo in divisa chiamò
Papà! La corriera si fermò nella bella Piazza Esedra ed io
rimasi al mio posto con Ninì in
braccio e Bepi che giustamente voleva scendere e che faticavo
a trattenere.
Il telegramma inviato da Tripoli alla mia famiglia,
che si era rifugiata da tempo a Roma in un confortevole appartamento sito a
Largo della Gancia 1, era arrivato con ritardo e il mio papà aveva
fatto di tutto per venirmi a prendere in tempo , non riuscendoci per le
difficoltà incontrate. ...La mia famiglia si era rifugiata da tempo in un confortevole appartamento sito a Largo della Gancia 1....
Finalmente a casa , non più sola ma attorniata
dall’affetto dei miei genitori e delle mie sorelle. Non più sirene, giorni e
notti passati in grande tranquillità.
Nonno Cico era disperato: le licenze erano chiuse ma
il buon Dio e la Madonnina al quale era particolarmente devoto esaudirono il
suo desiderio più grande…partire per Roma.
Fu incaricato dal comando militare di difendere
un’equipe medica che per ordini ricevuti si era ritirata a Tripoli. La sua
vittoriosa difesa gli consentì una licenza premio.
Puoi immaginare
la mia gioia e quella di Bepi e Ninì che tutte le sere consumavano con i
loro bacetti le fotografie del loro papà.
Dimenticavo di dirti che, coadiuvata da una
ragazza bella, buona e intelligente di
nome Annina, mi ero trasferita da Roma a Tagliacozzo, in Abruzzo, per
trascorrervi i mesi estivi.
...mi ero trasferita da Roma a Tagliacozzo, in Abruzzo, per trascorrervi i mesi estivi....
Nonno arrivò proprio quando si doveva scegliere la
nuova residenza invernale, nell’ottobre del 42. La scelta cadde su Roseto degli Abruzzi, cittadina
ridente sul mare, dotata di un clima mite.
...la scelta cadde su Roseto degli Abruzzi, cittadina ridente sul mare... La villa dove ben presto ci
trasferimmo era grande, a due piani e con un grande giardino. Nonno era felice,
i bambini gli manifestavano il loro amore come se il lungo distacco trascorso
da lui non fosse esistito. Noi due sapevamo che
presto quel periodo fatato sarebbe finito e che la separazione sarebbe
stata sopportata con grande difficoltà e sofferenza. Per fortuna mia madre decise il trasferimento della sua numerosa
famiglia a Roseto perché i viveri a Roma scarseggiavano e si doveva ricorrere
al mercato nero, costosissimo.
La villa dove abitavano era vicina a quella dove
abitavo io ed insieme cercavamo di farci coraggio; mio padre che era partito
per un breve periodo per Tripoli era rimasto lì, solo, senza poter rientrare in
Italia perchè non davano più permessi. Nonno, prima della partenza per Napoli, dove doveva
imbarcarsi per rientrare a Tripoli,
volle lasciare ai suoi bimbi un albero di Natale addobbato in modo splendido,
comprò tanti regali per tutti i bambini e puoi immaginare
il mio e il suo stato d’animo.
Rimase a Napoli in attesa della partenza che venne
rimandata e passammo insieme il Natale e il Capodanno del 1943. Ritornò a Napoli nuovamente per
imbarcarsi ma nuovamente la sua partenza fu rinviata.
Nel frattempo gli Inglesi avevano sferrato un
attacco fortissimo contro le truppe italiane e tedesche ad El-Alamein e in
breve occuparono la città di Tripoli. Per questo motivo nonno rimase
definitivamente in Italia.
...nel frattempo gli inglesi avevano sferrato un attacco fortissimo contro le truppe italiane e tedesche...
Fu assegnato al distretto di Teramo in Abruzzo , io
rimasi a Roseto per circa un anno. Quando gli Inglesi cominciarono a bombardare le stazioni ferroviarie ci
trasferimmo in una zona interna più sicura , a Notaresco.
...ci trasferimmo in una zona interna più sicura, a Notaresco... Anche la famiglia di
mamma si trasferì in quel delizioso paesino. Nonno veniva il fine settimana a
trovarci, fino a quando riuscì a trovare a Teramo un bell’appartamento. Non
riuscivamo più a stare lontani.
La famiglia di zia Iris, composta allora da zio Nigi
(che ripiegando dalla Tripolitania, quale capitano di cavalleria, era riuscito
a sbarcare in Italia dopo aver traversato la Tunisia) e i figli Elvira,
Gabriella e Vito, era stata ospite di mia madre nella villa di Roseto e naturalmente si unì a noi a Notaresco. La
partenza avvenne per tutti frettolosamente, per circa un mese trovammo rifugio
in una scuola. Mio fratello Natalino, che fu un valoroso ufficiale di
aviazione, insignito di tre medaglie d’argento, si unì a noi alla caduta del
Fascismo. La scuola veniva perlustrata continuamente dai reparti tedeschi alla
ricerca degli uomini ma tutti i nostri uomini si nascondevano in una località
chiamata fosso Cupo e venivano a trovarci quando potevano.
Nonno fu sorpreso a letto, era indisposto e fu
costretto a riprendere il suo posto al distretto di Teramo. Eravamo nell’anno
1943, anno in cui si verificarono gli eventi che ebbero un’influenza decisiva
sul decorso della guerra. Gli alleati, dopo la conquista della Libia, invasero
la Tunisia e l’Algeria e dopo alcuni
mesi di dure battaglie, sostenute contro le truppe italiane e tedesche,
nel maggio del 1943 sbarcarono in Sicilia accolti con sollievo dalla
popolazione duramente provata da due
lunghi anni di guerra.
... nel maggio del 1943 gli alleati, dopo la conquistta della Libia, sbarcarono in Sicilia... Nello stesso anno il Duce fu privato dei suoi poteri
e imprigionato in una località segreta. I militari, a questa notizia,
abbandonarono il loro posto e, ritenendo che la guerra fosse finita per
l’Italia, rientrarono nelle loro famiglie. Hitler riuscì a liberare Mussolini e
lo costrinse a costituire la Repubblica di Salò, richiamando al dovere delle
armi il popolo italiano. Le conseguenze furono disastrose. I tedeschi che
contrastavano duramente l’avanzata degli alleati nel territorio italiano
punivano gli Italiani che non avevano risposto all’appello di Mussolini nel
modo più atroce, dando origine alla Resistenza e alla guerra civile.
Decidemmo di lasciare Notaresco e rifugiarci presso
i parenti di zio Nigi, il marito di zia Iris, in Puglia.
Zio Natalino contattò dei militari a cui espose le
nostre traversie e, con la consapevolezza di andare incontro a forti disagi e
pericoli per le mine che infestavano le strade, ci adagiammo su un camion
affidandoci alla Protezione Celeste.
Il viaggio durò otto giorni con soste in tende
durante la notte e finalmente giungemmo ad Altamura, accolti con grande affetto
dalla famiglia Saponaro.
... e finalmente giungemmo ad Altamura ( foto Cattedrale)...
Eravamo sfiniti . Nel settembre del 1944 eravamo, come ti ho
raccontato, ad Altamura. Ben presto ci sistemammo in una casa presa in affitto.
A causa dell’inflazione i nostri risparmi non avevano alcun valore e nonno
accettò un posto di scrivano al comune fino a quando un avvocato, venuto a
conoscenza che nonno era stato un avvocato insigne, lo chiamò a collaborare nel
suo studio.
Bepi e Ninì crescevano e si divertivano a fare la
lotta con i bambini del quartiere. Annina, che aveva diviso con me tanti eventi
belli e brutti, fu costretta a lasciarmi per i preparativi delle sue nozze con un giovane benestante del
paese. Ero felice per lei ma ero incinta e mi è mancata moltissimo anche se in
mio aiuto, al momento del parto, vennero mia sorella e mia cugina.
Il 2 agosto 1945 nacque Gianni. Era un bambino
bellissimo e subito dimenticai di avere desiderato una bimba. Ninì, vedendolo,
sentenziò: “Adesso siamo tre maschi e nessuno ci può toccare!”
... Ninì sentenziò:"Adesso siamo tre maschi e nessuno ci può toccare... Quando Gianni aveva due mesi decidemmo di lasciare
Altamura e trasferirci a Roma.
Il viaggio in treno fu lunghissimo e disagiato. La
guerra era finita da poco e le comunicazioni erano quelle che erano…Nonno trovò
lavoro presso lo studio di un avvocato, io inoltrai domanda al Provveditorato
agli Studi per essere riammessa nel ruolo di insegnante. Non ti avevo detto
che, avendo vinto un concorso, avevo insegnato a Tripoli per quasi tre anni
prima di sposarmi. L’anno 1946 fu un anno sereno. Bepi frequentava la
seconda elementare e Ninì la prima. Gianni era un bimbo vivace ma talmente
bello con i suoi riccioli d’oro che sia noi genitori che i suoi fratellini lo
colmavamo di baci e carezze. Il 1947 ci ha regalato finalmente la bambina che
avevamo tanto desiderato: Mariella. Non posso descriverti la felicità che mi ha
dato la nascita di questa bambina. Era non solo bellissima ma anche molto
tranquilla. I fratellini la contemplavano, nonno era in estasi. Devi sapere
che nonno, fin da quando eravamo fidanzati, mi aveva manifestato il suo
desiderio di avere tanti figli. Credo di avere le cartoline di quando eravamo
lontani: il soggetto era sempre costituito da bambini che ora a tavola, ora
giocando, rallegravano l’ambiente. Sebbene tutti i nostri bambini siano venuti al mondo
in tempi difficili per la guerra, la gioia di averli è sempre stata grande e ci
ha dato il coraggio di affrontare ogni avversità con fiducia in un avvenire
migliore. Ho rivisto mio padre nell’estate del 1947; avevo tre
figli ed ero in attesa del quarto. Era venuto in Italia per rivedere i suoi
quattro figli, che non avevano ancora avuto il permesso di rientrare a Tripoli;
era molto invecchiato, aveva soltanto 58 anni ma la sofferenza patita per la
lontananza di tutta la sua numerosa famiglia della quale aveva qualche notizia
tramite il Vaticano aveva minato la sua salute. Il 4 febbraio del 1948, per
un’emorragia cerebrale, assistito dai suoi cari, è volato in cielo. Il mio dolore è stato fortissimo, senza
rassegnazione. Mariella aveva soltanto 50 giorni, era in allattamento e
risentiva del mio stato di sconforto. La Libia, dopo la conquista avvenuta nel 1943 da
parte degli Inglesi, era ancora sotto la loro amministrazione. Nell’estate del 1948 Bepi e Ninì partirono per
Tripoli. Bepi fu ospitato dai nonni Giannò, in campagna, a Ben Asciur ; Ninì
dalla nonna Vella e dalle numerose zie che già conosceva e che lo riempivano di
coccole.
Roma - Mia madre Adriana, con Bepi, Ninì, Gianni ed io nel mezzo. Ci spinse a prendere la decisione di mandarli a
Tripoli il desiderio di fare loro assaporare un tenore di vita molto diverso da
quello che offrivamo a Roma in un appartamento, memori della nostra infanzia,
trascorsa in un ambiente felice, tra campagna, mari e giochi all’aperto. Bepi e Ninì sono stati e sono rimasti
particolarmente amati da me e non credo che gli altri figli possano esserne
gelosi; con loro ho passato i periodi più difficili, i più pericolosi per la
mia e la loro vita. Con loro e per loro sono diventata una donna forte, ho
scoperto il valore della maternità, spogliandomi di diverse manchevolezze del
mio carattere. A Tripoli i nostri bambini più grandi si sono
trovati benissimo. Siamo stati lontani per pochi mesi. Nonno, superando qualche
incertezza, decise di tornare nella terra dove era cresciuto per riprendere
l’attività forense che tante soddisfazioni gli aveva dato; era stanco di tirare
la carretta per un collega che non stimava più per il suo comportamento.
Infatti venne a sapere che questo carissimo amico, per non perdere il suo aiuto nello studio,
gli aveva tenuta nascosta la possibilità di formarsi una libera carriera
professionale presso un altro studio Ti chiederai perché non siamo tornati a Tripoli
insieme, tanto più che Gianni aveva appena tre anni e Mariella un anno. Nonno
aveva sempre dimostrato durante i sei anni trascorsi in Italia una forza
d’animo eccezionale. Come ti ho già detto sono stati anni durissimi e quando si
è aperta la possibilità di rientrare a
Tripoli lo tormentava il dubbio di sbagliare, scegliendo la via che si
prospettava al momento più idonea alla ripresa della sua attività forense ma
meno sicura in avvenire. Già si parlava di dibattici politici della perdita
della Libia da parte dell’Italia. Lo spinsi a decidere secondo il suo istinto e per
evitare che, una volta presa la decisione, la permanenza in Italia diventasse
per lui penosa, lo indussi subito a partire per Tripoli. A Roma, con il valido aiuto di mio fratello Filippo
che frequentava l’università, ho preparato i bagagli e nei primi mesi del 1949 con i miei bimbi
più piccoli (Mariella e Gianni)sono ritornata a Tripoli. Il tragitto dall’aeroporto fu piuttosto lungo.
Ricordo la mia emozione nel rivedere l’incantevole paesaggio libico e quel
cielo che ha un colore indescrivibile; la vista degli arabi al lavoro dei campi
o avvolti nei loro barracani in groppa
ai cammelli, suscitava in me un’ammirazione che non avevo mai provato quando
risiedevo in Libia. Ero
felice di ritornare fra loro, li abbracciavo con la mente e col cuore sentendo
di avere ritrovato tutto ciò che in Italia mi era mancato.
...la vista di arabi avvolti nei loro barracani in groppa ai cammelli, tutto ciò mi era mancato... In Italia la guerra e il dopo guerra avevano reso
duri ed egoisti tutti gli uomini e staccarmi da un ambiente che sentivo
estraneo è stato provvidenziale. Ritornare nella casa paterna, riabbracciare la
mia mamma, le mie sorelle, riunire la mia famiglia è stato il realizzarsi di un
sogno che avevo sempre avuto ma che ritenevo fosse di difficile se non
impossibile attuazione. Nonno in breve tempo riprese in pieno la sua
attività forense nello studio che suo
papà aveva mantenuto aperto in previsione del suo rientro: lavorava fino a tarda
sera e quasi sempre dopo cena riprendeva a esaminare e ultimare le comparse. Io
mi sedevo accanto a lui e leggevo ogni suo scritto con vero interesse. Era nostro desiderio ritornare a vivere nella villa
dove erano nati Bepi e Ninì e quando fu possibile per mia madre, che ne era la
proprietaria, riaverla libera, ci trasferimmo con i nostri quattro bambini
nella nostra prima casa, piena di dolci ricordi.
Dopo
qualche anno, nel 1952, abbiamo avuto la gioia di avere la nostra quinta
figlia, Isabella, bimba bellissima e dolcissima.
Libia 1953 - Ben Asciur - Io con bepi, Gianni e la piccola Isabella
Cinque bambini impegnavano tanto, nonostante i
validi aiuti domestici e quando, per la divisione ereditaria, si aprì la
possibilità di avere un appartamento nella palazzina paterna, decisi di
avvicinarmi ai miei familiari. Nella palazzina divisa in cinque appartamenti
risiedevano la mia mamma, due sorelle e un fratello con le rispettive famiglie.
Il giardino era grandissimo e lì si riunivano a giocare tutti i cugini che
all’inizio erano dodici. Isabella, vestita da damina. La carriera professionale del nonno era assunta a
tali vertici che, per adempiere ai prestigiosi incarichi, nonno non aveva tempo
di riposare.
Quale presidente del Comitato della Dante Alighieri
organizzò manifestazioni culturali di alto livello con l’intervento di attori
di fama internazionale, di musicisti di grande talento quali Maurizio Pollini, Uto Ughi,
Giuseppe Anedda e tanti altri. Era anche consulente legale dell’Ambasciata d’Italia e
del Consolato generale. Gli inviti ai ricevimenti erano estesi anche a me, che
non dovevo soltanto partecipare ai ricevimenti ma anche ricambiare. La nostra
casa era stata ampliata e i nostri ricevimenti si svolgevano in un attico
prospiciente terrazza semicoperta, adorna di tralci di rose, fontanelle e
gradoni con piante in fiore. Da questa terrazza si godeva la vista del mare e
del lungomare che, con le sue eleganti palme, costituiva una forte attrattiva
della città.
Non ti ho ancora detto che un altro evento avvenuto
il 28 gennaio del 1960 ha allietato la nostra numerosa famiglia: la nascita di
tua madre, Sabrina. Sia i fratelli ormai grandi, Bepi di 20 anni, Ninì
di 19, Gianni di 15 , sia le sorelle Mariella di 12 e Isabella di 8 erano
euforici per l’arrivo di una sorellina tanto bella.
Sabrina, la mamma di Luna.
Nonno ha coccolato tutti i suoi figli: se di notte
piangevano era capace di tenerli in braccio passeggiando per ore, fino a quando
si calmavano. E’ stato sempre vicino a loro, ha saputo comprendere i loro
problemi, li ha sostenuti nelle loro iniziative con amore, amore che è stato
da tutti i figli ricambiato intensamente.
Nonno lavorava tanto e guadagnava tanto: purtroppo
il nostro patrimonio costruito in Libia durante 22 anni dei duro lavoro fu
confiscato dal governo libico rivoluzionario, capitanato dal Colonnello
Gheddafi, nel 1970.
Libia 9 Luglio 1970 - Misurata - Il discorso di Gheddafi, dai fortissimi toni antitaliani. Il nostro patrimonio era notevole, considerando che i nostri
padri sin dal 1912 avevano svolto lo loro professioni in Libia e investito i
loro guadagni in opere di grande valore. La consegna di tutti i nostri beni è avvenuta nei padiglioni della Fiera in un clima
umiliante per tutta la collettività italiana. Giovani rivoluzionari,
impreparati al loro compito, si divertivano a incuterci terrore accusandoci di
volere imbrogliare. Tanti episodi potrei raccontarti ma non ne ho
voglia; le rivoluzioni sono costellate di eventi talmente brutali che è penoso
ricordarli e menzionarli. Preferisco mantenere vivo il ricordo dei nostri amici
libici, persone di grande cultura e sensibilissime, capaci di dimostrazioni di
affetto, punibili con la morte nel clima che ormai si era creato. Non abbiamo mai pensato di avere sbagliato a
rientrare in Libia. Abbiamo passato degli anni meravigliosi, fiabeschi, anche
se tutto è stato perduto. Il nostro governo non ci ha protetto mentre eravamo
in pericolo nè indennizzato in maniera equa. E’ stato per noi più doloroso
della confisca da parte dei libici subire il comportamento dei nostri
governanti che hanno emanato leggi incomplete, inadeguate alle perdite subite e
di difficile attuazione per la richiesta di documentazione che non sempre si
era in grado di produrre.
Nonno, una volta in Italia, ha reagito a quanto
avevamo subito con una forza d’animo non comune. Ha collaborato con varie
associazioni di profughi (Auirl , Unitafrica, AIRL). Ha trattato gli argomenti
inerenti alla confisca e alle provvidenze in favore dei profughi in vari
articoli pubblicati su “Noi Oggi” e mediante interventi nei vari congressi di
Latina, Pescara e Roma. Contemporaneamente ha esercitato la professione legale
e curato un centinaio di pratiche di indennizzi presso il Ministero del Tesoro,
pratiche affidategli da ex-clienti tripolini. Io gli sono stata sempre accanto, aiutandolo dove
potevo; ancora una volta, come tanti anni prima durante la guerra del 1940, mi
sono imposta di essere forte e serena di fronte alle difficoltà finanziarie che
ci attanagliavano. Adriana Vella in Giannò
|