TRIPOLI
LA
CITTA’ VECCHIA
Tratto
da alcune epistole da Anna (mia zia) a
Adriana
Vella (mia madre)
Alcune mie foto da giovane
Salve, sono
Mariella Giannò. Che gioia aver trovato, tra le antiche cose di
famiglia, questa
epistola, scritta da mia zia Anna,la primogenita,ed inviata a
mia
madre Adriana, la terzogenita. Il periodo in cui mia zia Anna scrisse
questi ricordi
si aggira tra l'anno 2000 ed il 2002. In quel periodo aveva circa 90
anni, portati bene. E' morta
dieci anni dopo, nel 2012, qualche mese prima di compiere 100 anni.
Era stata sempre
lucida, sempre in gamba. Un portento!!
Qui sotto
mia zia Anna e mia madre, Adriana, in età giovanile.
|
|
Mia zia
Anna |
Mia madre
Adriana |
Cominciamo dalla loro mamma, Nonna Elvira La Rosa,
una brava insegnante ed una brave mamma.
Nonna Elvira (ultima a destra)
ed il corpo insegnante
Nonna
Elvira era una bellissima donna, eccola in due momenti sereni della sua
vita, dapprima travestita da araba e poi mentre pettina la sua folta
chioma.
Con vestiti tradizionali del posto e mentre pettina la sua folta chioma
Nonna
Elvira con le prime due figlie Anna e Iris, in attesa della terza, cioè
la mia mamma Adriana. Le tre sorelline Anna a destra, Iris a sinistra
(mamma di Vito Saponaro) e mia mamma ancora piccolina.
A destra mio cugino Vito Saponaro, a Tripoli.
La
famiglia al completo: 8 figli di cui sei femmine e due maschi. Da
sinistra in piedi Natalino, Adriana, Nonna Elvira con in braccio
Giuliana, nonno Nino e Maria. Seduti da sinistra Iris, Angioletta,
Filippo e Anna.
°°°°°°°°°°°°°°°°
Cara
Adriana,
sono
felice di rivivere con te ricordi
della nostra infanzia trascorsi a Tripoli. Ricordi? A partire
dall’occupazione
italiana la città si estendeva sino all’altezza del Castello. La
Tripoli
odierna si divide
in due zone: la Città
Nuova, nata dopo il 1920, e la Città Vecchia, dove abbiamo trascorsi
gli anni
più belli della nostra vita.
Il Castello
Rosso di Tripoli (Libia)
La
nostra prima casa era
situata in un vicolo stretto chiamato
Zenghet el Bagar, ma prendeva aria e luce da uno spazioso cortile
interno.
La nostra
casa era situata in un vicolo stretto...
Nella
casa adiacente alla nostra abitava una famiglia ebrea che diventò
presto
amica della nostra. Noi bambini giocavamo sulle terrazze delle case e
saltando
da una terrazza all’altra ci soffermavamo su un terrazzino
particolarmente
attraente, prospiciente il quartiere arabo. Da qui ammiravamo le
cupolette
della Moschea di Giuma Mohammed Pascia (oggi chiamata
Moschea di Gurgi),
il minareto ed ascoltavamo
le dolci melodie provenienti dalle scuole coraniche.
Tripoli -
interno della Moschea di Gurgi
Quando
ricordo lo stupore per la
bellezza dei panorami che scoprivamo da quelle terrazze mi sento
pervasa da un
incantesimo indefinibile.
Da
Zenghet el Bagar si accedeva a Suk el
Turk (il Mercato Turco),
le cui botteghe si affacciavano su una strada coperta con volte a
botte:
la luce filtra da fori praticati lungo l’asse della volta stessa.
Da Zenghet el
Bagar si accedeva a Sul el Turk (il Mercato Turco)...
L’attività
commerciale era molto
intensa, dopo la Moschea ed il bagno pubblico, i numerosi bazar
costituivano il
servizio sociale più importante.
Nelle
vetrine di piccole botteghe veniva
esposta la merce più varia, lavorata sul posto agli artigiani che
appartenevano
a diverse comunità.
Gli
Armeni erano esperti nella
lavorazione del rame, gli Ebrei in quella dell’argento e dell’oro, i
Greci ed i
Maltesi dei prodotti del mare (coralli, conchiglie, spugne). Nel Suk el
Turk
non mancavano i negozi; ricorderai l’esposizione dei Fratelli Miceli
(Maltesi),
la profumeria di Ben Gema (Turco) ed il cinema teatro Alhambra, dove
venivano
presentate anche opere liriche.
Sempre
al Suk el Turk c’era un locale
dove si gustavano dolci e frittelle di sapore orientale (sfinge, burik
e maccarute);
c’era anche un ristorante “La bella Napuli”, gestito da un italiano e
vari
negozi di genere alimentare.
Sfinge e Burik
Alla
fine di questo lungo Suk c’era un
piccolo ospedale dove un grande e stimato medico-chirurgo, dottor Renzo
Testori, operava a volte gratuitamente. L’ospedale
comunicava con l’edificio delle Suore
Giuseppine, frequentato anche da bambini arabi.
Proseguendo
per uno stretto vicolo si arrivava ad
una strada abitata da molte famiglie arabe. Questa strada era piena di
fascino
perché si poteva assistere alla lavorazione di pregiati tessuti,
eseguita da
esperti artigiani arabi su grandi telai. Dalla via dei tessitori (era
così
denominata) si arrivava a Piazza Santa Maria degli Angeli,
La Chiesa di
Santa Maria degli Angeli
dove oltre
all’omonima Cattedrale cattolica, c’era una piccola Chiesa ortodossa,
il Banco
di Roma, una farmacia, un grande Caffè, noto ritrovo di tutte le
comunità
affiatate tra di loro.
Dalla
piazza si accedeva al quartiere abitato dagli
Ebrei, denominato “Hara”.
Il quartiere
della Hara nella Città Vecchia
In
quel quartiere c’erano due grandi scuole
elementari: la femminile Margherita di Savoia e la maschile Pietro
Verri. La
nostra mamma era Direttrice della scuola femminile e sia io che Iris,
te e
Maria, abbiamo frequentato le classi elementari.
...c’erano due grandi scuole
elementari: la femminile Margherita di Savoia e la maschile Pietro
Verri...
Ricorderai
che in occasione della visita alla scuola
della Regina Margherita di Savoia, la direttrice (nostra madre) ebbe
l’idea di
fare appuntare nei nostri grembiuli neri una bella margherita bianca di stoffa.
La Regina
Margherita di Savoia
Alla
Piazza Santa Maria degli Angeli si accedeva
anche dalla via del mare, chiamata “Bastioni”.
Tripoli - Monumento ai caduti vicino ai Bastioni All’inizio di questa via c’erano
diverse
botteghe, nelle quali artigiani arabi lavoravano la latta ed altri
metalli;
inoltre si commerciavano articoli casalinghi e ferramenta. Lungo
la Via Bastioni, dopo le botteghe, vicino
all’Arco di Marco Aurelio,
L'Arco di
Marco Aurelio
c’era
una
rivendita di pesce più che fornita. Sempre lungo il mare ma ad est
della Città
Vecchia, dopo il Castello, c’era un circolo sportivo nautico che
comprendeva un
bel campo da tennis.
L’elite
turca, araba, italiana, greca e maltese era
abituale di questo circolo. Gran parte della popolazione araba di
Tripoli (il
popolino) abitava in un quartiere denominato Dhara; era situato un po’
più
all’interno rispetto al lungomare Badoglio, costruito
solo dopo il 1920.
Il Lungomare
Maresciallo Badoglio
Il quartiere
della Dahra era molto caratteristico, provvisto di botteghe, moschee e
scuole
islamiche. L’Istituto delle Suore Francescane dove tu, Iris ed io
abbiamo
passato un breve periodo, sorgeva nei pressi di questo quartiere ed
ospitava
anche bambine arabe. Certi tu non potrai dimenticare che quello per te
fu un
periodo traumatico, in cui ti sentisti messa da parte, in occasione
della
nascita di nostro fratello Natalino.
Lungo
la strada che costeggiava il mare, direzione
Busetta, si trovavano numerose tombe di santoni islamici, che sono
state da noi
sempre salvaguardate e rispettate. Dal quartiere della Città Vecchia,
dove
abitavamo, andavamo qualche volta a giocare ai “giardinetti”, località
un po’
distante, oltre il Castello. Il nostro desiderio era vedere passare un
trenino
che andava nelle cittadine di Homs e Misurata. Il ferroviere
macchinista ci
salutava: il suo saluto affettuoso e la vista del trenino ci riempivano
di
gioia.
Il nostro
desiderio era di vedere passare il trenino...
Abbiamo
abitato nella casa di Zenghet el Bagar per
molti anni ed appena si è presentata l’occasione ci siamo trasferiti in
una
casa molto grande e caratteristica, sita in Via della Questura. In
questo
quartiere. In questo quartiere altre case erano state
abitate da Pascià e notabili arabi. Al pian
terreno c’era un grandissimo patio sul quale si affacciavano numerose
stanze;
il portone d’ingresso ad arco, a ferro di cavallo, dava su una sala
d’aspetto.
Subito dopo c’era un vano d’accesso al cortile, il vano d’ingresso
riservato
detto “a baionetta”.
In
un angolo del cortile c’era una scala che portava
al primo piano, dove c’erano le camere da letto che davano su un
ballatoio,
sostenuto da colonne, che correvano intorno al patio.
Le
camere da letto molto grandi erano tre, due di
esse avevano alcove e letti per le ancelle; i soffitti in legno erano
istoriati; vi era un bagno romano ed un sudario. Al piano terreno
c’erano i
servizi, cucina comunicante con una grande stanza-dispensa, diverse
sale
adibite a salotti, sala della musica e sala da pranzo.
In
una camera che rimaneva sempre chiusa
c’era la tomba in pietra grezza di un
santone. Oltre al portone anche le porte principali erano ad arco, a
ferro di
cavallo, incorniciate con stipiti rivestiti di pietra lavorata. Nostro
padre
lavorava fino a notte tarda, perciò il suo studio legale comunicava con
la
casa, ma aveva un ingresso separato.
I
nostri amici arabi, nel periodo del Ramadan,
si
accorgevano che all’alba, quando potevano consumare l’ultimo pasto, si
spegnevano le luci dello studio, e scherzosamente dicevano :”L’avvocato
Vella
fa Ramadan con noi!”
Anche
dalla terrazza di questa casa si comunicava
con la terrazza dei nostri vicini che erano in prevalenza arabi.
Nostra
madre era amica delle mamme dei nostri
compagni di gioco e spesso assisteva ad eventi lieti e tristi: alla
preparazione dei matrimoni, nascite ed altro. A volte i suoi consigli risolvevano i problemi
che hanno tutte le mamme
del mondo.
Da Sciara el
Questura, proseguendo verso ovest rispetto alla nostra casa di
abitazione, si
accedeva a Suk el Muscir
e Piazza del
Pane e dall’altra parte verso S. Maria degli Angeli.
Ingresso a
Suk el Muscir
Non
so se ti ricordi di
quel bambino arabo che è rimasto nella nostra famiglia per tanto tempo.
Nostro
padre aveva rapporti di amicizia con tanti esponenti della comunità
araba e
quando a Tripoli affluirono profughi libici e italiani (perché Misurata
era
stata riconquistata dai ribelli), un bambino arabo di sette anni fu
affidato
alla nostra famiglia dal momento che i suoi genitori risultavano
dispersi. Il
bambino fortunatamente ritornò nella sua famiglia che rimase sempre
grata a
tutti noi. Quando mi laureai mi fecero dono di un tappeto a
dimostrazione che
seguivano anche a distanza di tempo gli eventi della nostra vita.
Avevamo
tante amicizie anche nella comunità ebraica, amicizie che si sono
rafforzate
nel tempo. Le sorelle Haggiag, Raccah, Nahum, Nunes-Vais sono state
nostre
compagne di classe fino alla maturità liceale e sono molto felice
quando ho
loro notizie.
La
città, col passar degli anni, si estendeva sempre più ed i nostri
genitori
hanno costruito una villa con un grande giardino perché era necessario
dare a
noi bambini (già sei) lo spazio per giocare all’aperto. La casa di
Sciara el
Questura è stata dichiarata monumento nazionale. La villa è stata
inaugurata
nel 1925. Dagli anni venti in poi c’è stato un grande sviluppo
agricolo,
edilizio, sanitario. Sono state costruite grandi arterie stradali,
scuole,
ospedali, ambulatori. Gli ambulatori di dermatologia e oftalmologia
erano
particolarmente necessari per la cura del tracoma e delle malattie
della pelle
molto diffuse tra la popolazione.
Il
mio ricordo va al caro Dott. Alfredo
Serra, dermatologo, che nel suo laboratorio sito nella città vecchia,
nei
pressi della Piazza
S. Maria degli
Angeli, curava gratuitamente chiunque. Anche io, tu ed Iris siamo state
curate,
da piccole, dallo zio Alfredo. Un bambino aveva messo la sua taghia
sulla mia
testa ed io ho contagiato a mia volta te ed Iris di tigna, malattia che
portava
alla calvizie.
Una taghia La cura è stata dolorosa : dopo averci rasato a zero,
tutti i
peli venivano estirpati con una pinzetta. Il risultato, comunque, è
stato
ottimale. Negli anni trenta l’acqua potabile era in tutte le case e
anche il
problema del latte era stato risolto con la costruzione di una grande
centrale.
Ricordi lo scampanio delle capre con il quale, nel pomeriggio, i
rivenditori di
latte preannunciavano la loro presenza?
...Ricordi lo scampanio delle capre... Questi rivenditori erano Ebrei,
distribuivano il latte nei quartieri della città vecchia mungendolo
seduta
stante; le loro capre vivevano
nelle
terrazze delle loro case e
quando
dovevano attraversare i vicoli veniva messo loro al collo un
campanaccio.
Anche
nostro padre, in società col dottor Testori e
l’ingegner Monticelli, ha avuto il merito di trasformare una grande
estensione
di terra incolta (a Tagiura) in un’azienda fiorente dotata di pozzi,
motori
elettrici e a scoppio, vasche, impianti a pioggia, case, stalle,
trattori ed
altri mezzi meccanici.
Gran
parte dei proventi ottenuti dall’esercizio
della professione erano investiti in un’attività redditizia solo a
lungo
termine ma utile al paese.
Ho
voluto limitarmi
a condividere con te ciò che nella mia memoria
resterà sempre vivo: il
ricordo della nostra infanzia trascorsa nella città vecchia in un clima
particolare, che ha arricchito e forgiato la formazione del nostro
carattere.
Siamo cresciute accanto a compagni di gioco appartenenti a culture
diverse,
religioni diverse, stili di vita diversi ma non abbiamo mai avvertito
in loro
alcuna diversità e sono sicura che molti di essi ci ricordano.
Quando
ci siamo trasferiti nella città nuova, in Via
Generale De Bono, tu avevi nove anni, io tredici. Ci rendemmo presto
conto che
le gioiose esperienze ed emozioni provate nella città vecchia erano
irripetibili.
La tua Anna
Via Generale
De Bono a Tripoli
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
|