Nel 1969 un giovanissimo colonnello abbatte la
monarchia libica, dà vita a un nuovo sistema politico-sociale e
comincia a puntare verso un grande e ambizioso obiettivo
MUAMMAR GHEDDAFI
IL PROFETA DELL'AFRICA UNITA
di CARLO BATÀ |
Primavera 1942: le forze corazzate dell'Afrikakorps tedesca e le
unità mobili italiane stavano sferrando una massiccia offensiva
contro l'VIII armata britannica. Era il capolavoro tattico di Erwin
Rommel, che a giugno al suo arrivo ad el-Alamein, a breve distanza
dal Nilo, venne poi promosso feldmaresciallo.
Con scarsi mezzi e uomini in numero inferiore al nemico riuscì a
tamponare le falle dell'esercito italiano in piena ritirata
nell'arido deserto della Cirenaica, dove le potenze europee stavano
contendendosi il possedimento coloniale riservato all'Italia, lo
"scatolone di sabbia", come era stato definito da Francesco Saverio
Nitti in un discorso al Parlamento nel 1911.
La posizione strategica della Libia e dei suoi mille e ottocento
chilometri di costa, a breve distanza dall'Europa meridionale, la
rendeva l'oggetto del desiderio dei due fronti contrapposti.
Spettatori di una guerra a loro estranea, i berberi di Libia, che
nel corso dei secoli avevano visto la loro terra invasa da fenici,
greci, romani, vandali, bizantini, arabi, normanni, spagnoli,
Cavalieri dell'Ordine di Malta e turchi, prima dell'avventura
italiana.
Il nome LIBIA era stato riesumato dal governo fascista nel 1934,
quando venne presa la decisione di unificare le tre province di
Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, realizzando un unico corpo statale
di quasi due milioni di chilometri quadrati. Libia, infatti, era il
termine con cui i Greci chiamavano tutte le terre conosciute ad
occidente dell'Egitto, al di là della civiltà sorta sulle fertili
rive del Nilo.
Mentre decine di migliaia di soldati si rincorrevano nel deserto,
arretrando ed avanzando come pedine, in una tenda di pelli di capra
a venti chilometri a sud di Sirte, nasceva Muammar Gheddafi, figlio
di due poveri beduini nomadi analfabeti. Il giorno esatto della
nascita non è stato mai accertato, in quanto non esisteva l'obbligo
di registrare la nascita dei neonati. Fin dalla più tenera età
all'unico figlio maschio della famiglia era assegnato il compito di
far pascolare le capre e i cammelli, di raccogliere l'orzo ed il
grano ed era concesso l'onore di imparare a leggere il Corano, il
libro sacro dell'Islam, nelle lezioni tenute all'ombra di un ulivo
da un fghih, un maestro che passava da un accampamento di beduini
all'altro, vivendo delle offerte ricevute.
All'età di sei anni, mentre stava giocando nei campi con alcuni
coetanei, una mina lasciata dagli italiani, come ricorderà spesso
negli anni seguenti Gheddafi, esplose all'improvviso, causando la
morte di due suoi cugini e lasciando indelebile sul suo avambraccio
destro una lunga cicatrice.
Tra il 1956 ed il 1961 (mentre il continente africano stava lottando
duramente per l'indipendenza tanto agognata), Gheddafi frequentò le
scuole islamiche a Sirte e a Sebha, il capoluogo del Fezzan, la
regione più desertica e meno popolata del paese. La famiglia non
poteva permettersi spese e così Gheddafi dormiva nella moschea,
tornando a dare una mano ai propri genitori, come raccontato dalla
madre con orgoglio, il giovedì e il venerdì, i due giorni sacri,
percorrendo a piedi i trenta chilometri di deserto che separavano la
costa dalla tenda errante in cui era nato. Nonostante alcuni
rimproveri e sospensioni (una mattina in classe invitò l'insegnante
madrelingua inglese ad andarsene dal paese), terminò la carriera
scolastica e si iscrisse all'Accademia militare di Bengasi,
concludendo il corso brillantemente nel 1968, dopo un breve periodo
di specializzazione a Beaconsfield, in Gran Bretagna.
La personalità che, negli anni dell'adolescenza, più influì sulla
maturazione del pensiero di Gheddafi fu senza dubbio l'egiziano
Gamal Abdel Nasser, l'uomo che aveva guidato il colpo di Stato che
nel 1952 rovesciò re Faruk. Quattro anni prima aveva combattuto
nella guerra di Palestina e nel 1956 reagì in modo lusinghiero
all'attacco militare sferrato contro l'Egitto dall'esercito di
Israele, appoggiato da quello britannico e francese, pur non potendo
evitare una cocente sconfitta.
Nasser cercò di modificare le istituzioni e le strutture sociali
dell'Egitto e promosse una politica estera tesa all'uscita dagli
ultimi retaggi coloniali e alla cooperazione attiva tra i paesi
arabi, dalle coste dell'Oceano Atlantico del Marocco sino al Golfo
Arabico. Nel 1956, per reperire i fondi necessari alla costruzione
della diga di Assuan sul Nilo, procedette alla nazionalizzazione
della Compagnia Internazionale del Canale di Suez, passaggio
obbligato delle rotte commerciali tra Europa ed Asia, che provocò la
dura reazione di Francia e Gran Bretagna.
(
vedi qui la storia di questi fatti )
Dal 1958 al 1961 Nasser fu Presidente della Repubblica Araba Unita,
nata dall'unione di Egitto e Siria. La stella di Nasser si spense
solitaria in seguito alla delusione per la disfatta egiziana nel
conflitto con Israele nel 1967 (vedi
qui la guerra dei "Sei giorni" ) che offuscò il suo carisma,
fino allora indiscusso. Proprio il riformismo sociale, il
panarabismo e l'attiva opposizione ai paesi coloniali saranno le
linee guida della politica di Gheddafi dopo la presa del potere nel
1969.
Infatti, il 1 settembre 1969, mentre il sovrano Idris I si trovava a
Bursa, in Turchia, in un complesso termale con la moglie Fatima ed
un seguito di trentacinque persone, in Libia venne effettuato un
colpo di Stato militare, incruento non soltanto a Bengasi, centro
della sollevazione, ma anche negli altri punti nodali del paese: la
capitale Tripoli, Tobruk, il piccolo porto fatale a Rommel nella
Seconda Guerra Mondiale, Derna, Beida e Sebha, dove tra i banchi di
scuola era nata la rivoluzione.
Alcuni giovani ufficiali di tendenze progressiste sancirono la fine
della monarchia: il potere venne assunto dal Comando della
Rivoluzione, guidato da un Consiglio composto di dodici uomini, con
a capo il Colonnello MUAMMAR GHEDDAFI. A poco più di ventisette
anni, era il più giovane Capo di Stato del mondo.
La Costituzione provvisoria definiva la Libia "una Repubblica araba
libera e democratica". Il nuovo governo venne subito riconosciuto da
Egitto, Sudan, Iraq e Siria, ma non tardarono le note ufficiali
anche di Unione Sovietica, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia ed
Italia: il Paese doveva abbandonare il regime corrotto e cercare di
modernizzarsi, lasciandosi alle spalle le lotte tribali, che ancora
si scatenavano nelle zone meno controllate dal potere centrale.
La Libia aveva riacquistato l'indipendenza il 24 dicembre 1951,
quando una deliberazione delle neonate Nazioni Unite, diede vita al
regno di Idris I al-Sanusi, che in gioventù aveva combattuto contro
l'Italia coloniale. La monarchia assunse posizioni vicine alla Gran
Bretagna, con cui stipulò un'alleanza ventennale, e agli Stati
Uniti, con cui nel 1954 venne stabilito il mantenimento della base
militare di Wheelus Field.
Esattamente quattrocento anni prima era iniziata la dominazione
turca, sotto i Giannizzeri, durata sino al 1911, quando l'Italia
giolittiana subentrò al malato Impero Ottomano, prossimo alla
dissoluzione. L'atteggiamento del nuovo corso nei confronti del
precedente regime fu fin da subito ambivalente: da un lato un'aspra
condanna della gestione dello Stato, della corruzione e degli
sperperi; dall'altro il ricordo sentito per i combattenti caduti in
nome dell'indipendenza a partire dai primi anni del secolo e il
rispetto ossequioso per gli ideali religiosi tradizionali. La Libia
aveva cessato di essere considerata uno "scatolone di sabbia" nel
giugno 1959: a Zelten, in pieno deserto, era stato rinvenuto un
enorme giacimento di petrolio, completando gli sforzi degli
ingegneri italiani, che nel 1914 avevano toccato alcune gocce di
petrolio a Sidi Mesri, presso Tripoli.
Lo scoppio della Prima Guerra mondiale aveva però interrotto le
ricerche.
Grazie ai petrodollari (la Libia era il maggior produttore del
continente africano ed i suoi commerci non dovevano dipendere dal
canale di Suez, che l'Egitto riaprì solo nel 1975), il nuovo governo
rivoluzionario procedette alle prime riforme: i salari minimi
vennero raddoppiati e gli emolumenti dei ministri dimezzati, per
dimostrare come la ristrutturazione radicale della società libica
dovesse comprendere anche le alte sfere. Venne promossa la
partecipazione dei lavoratori nelle imprese, vennero creati ospedali
ed ambulatori rurali, per eliminare alcune epidemie facilmente
curabili. Certamente il disegno di Gheddafi fu facilitato
dall'esiguità della popolazione, che superava di poco i due milioni
di abitanti. L'alcool fu bandito, i locali notturni ed i casinò
vennero chiusi: scomparvero i caratteri latini dalle insegne e nelle
scuole fu vietato l'insegnamento delle lingue straniere. Venne
restaurata la Sharia, la legge islamica che nasce direttamente dal
Corano. Le parole d'ordine furono censura di tutto quello che fosse
estraneo alla morale islamica ed all'austerità. Lo stesso Gheddafi
rifiutò qualsiasi concessione al lusso e continuò ad abitare in una
caserma di Tripoli.
In ottobre furono stracciati i trattati capestro che erano stati
stipulati con le potenze occidentali: fu annullato un accordo con
Londra per l'installazione di un sistema di difesa aereo e furono
evacuate tutte le basi militari britanniche, alcune delle quali
erano servite come punto di appoggio durante l'attacco congiunto di
Gran Bretagna, Francia ed Israele contro l'Egitto il 29 ottobre
1956.
In dicembre il governo di Tripoli raggiunse un accordo con quello di
Washington per l'abbandono della base di Wheelus Field, utilizzata
da Israele contro l'Egitto durante la guerra dei sei giorni
nel giugno 1967, quando l'esercito israeliano guidato dal generale
Moshe Dayan avanzò in profondità nel Sinai e nel Golan. A soli sette
chilometri dalla capitale, infatti, in un'enorme area di oltre
cinquemila ettari erano ospitati ben dodicimila persone, tra soldati
statunitensi e i loro familiari.
Nell'estate dell'anno seguente, con l'esproprio dei beni degli
italiani residenti in Libia e l'espulsione di ventimila cittadini
italiani, furono eliminate le ultime vestigia del colonialismo
italiano. Dalla confisca si salvarono le società dipendenti dall'ENI
e dalla FIAT, con cui il governo libico avrà sempre un rapporto
privilegiato (nel 1976 per quattrocento quindici milioni di dollari,
la Libia acquisterà il 10% delle azioni della casa automobilistica
di Torino).
L'Italia divenne il primo partner commerciale della Libia: negli
anni Settanta si diceva che un automobile su tre viaggiasse sulle
strade italiane con petrolio libico. L'obiettivo primario era quindi
quello di ripristinare la sovranità di uno Stato formalmente
indipendente, ma che nella realtà dipendeva politicamente ed
economicamente dall'esterno. Gli altissimi proventi dell'oro nero,
la produzione libica superava infatti quella di Iraq e Kuwait,
sarebbero stati destinati, si diceva, alla crescita del paese, con
infrastrutture e vie di comunicazione: le banche furono trasformate
in aziende miste, in cui lo Stato deteneva almeno il cinquanta per
cento delle azioni; le compagnie petrolifere (tra cui la britannica
BP Exploration Co. Lybia e la statunitense Bunker Hunt) vennero
nazionalizzate dietro indennizzo.
Fin dai primi discorsi emerse l'ascendenza e la matrice nasseriana
del pensiero di Gheddafi: la promozione dell'unione di tutti gli
Stati arabi del Maghreb (che in arabo significa ponente) e del
Mashrek (levante) e l'accesa esaltazione del panarabismo e del
nazionalismo arabo, come linea di condotta di tutti i paesi
musulmani della regione. "L'umanità", si legge nel Libro
Verde, un piccolo volume, compendio delle idee di Gheddafi,
"continuerà ad essere arretrata finché rimarrà incapace di
esprimersi in un'unica lingua".
In un incontro con alcuni studenti, ricordò i tempi in cui astronomi
arabi scoprirono, tanti secoli fa, le stelle che portano ancora il
loro nome; esaltò le scoperte scientifiche e matematiche degli
scienziati arabi, che inventarono, ad esempio, l'algebra. Il tutto
velato dall'immensa nostalgia di quando il Mar Mediterraneo era un
mare arabo e la civiltà islamica, con il pensiero di Avicenna ed
Averroè, era al suo culmine. Riecheggiava nelle sue parole
l'intuizione di Braudel, che definì l'Islam un'unica strada che
dall'Oceano Atlantico arriva sino al Pacifico, passando per la parte
meridionale dell'antica massa continentale europea; un'unica strada
resa percorribile ed uniforme dal Corano.
Storicamente i paesi musulmani si estendono dalle aride coste
senegalesi sino all'India, ma nuclei consistenti di diaspora si
hanno in Cina e nelle ex repubbliche sovietiche dell'Asia. Essi
disegnano sulla cartina geografica una sorta di falce allungata, che
ricorda l'hilal, la luna nel suo primo quarto, divenuta nel tempo il
simbolo dell'Islam. Furono avviate fervide trattative con l'Egitto
di Anwar el-Sadat, con la Siria di Hafez al-Assad e con la Tunisia
di Habib Bourghiba. Sadat e Gheddafi si impegnarono a dar vita ad
uno Stato unitario a decorrere dal 1 settembre 1973, in modo da
eliminare i 1.115 chilometri di frontiera artificiale, tracciata nel
deserto dai governi europei nel periodo coloniale.
Quasi quotidianamente Gheddafi lanciava strali contro Israele,
accusato di essere un corpo estraneo in un contesto di paesi arabi,
e i paesi che lo sostenevano: venne approvato un cospicuo sostegno
finanziario all'Organizzazione per la Liberazione della Palestina
(OLP) guidata da
Yasser Arafat e furono vendute alcune batterie di missili Sam-9,
che il governo del Libano dispose lungo la frontiera con Israele.
Uno dei punti di svolta del governo rivoluzionario libico è avvenuto
sicuramente con il discorso che Gheddafi tenne il 15 aprile 1973 a
Zuàra, piccola cittadina costiera della Tripolitania orientale non
distante dal confine con la Tunisia. Nel giorno del mawlud, ossia
della nascita di Maometto, venne annunciata ad una piazza brulicante
di persone una rivoluzione culturale in nome del Corano, i versetti
dettati dall'arcangelo Gabriele e trasmessi da Maometto (Qur'an in
arabo significa lettura ad alta voce) ai suoi discepoli dopo
l'Egira. I seimila versetti divisi in 114 surat, ossia capitoli,
avrebbero dovuto da lì in avanti orientare la vita quotidiana e
rappresentare l'unica fonte di saggezza per tutti i musulmani. A
differenza del Cristianesimo, infatti, che divide religione e
politica, l'Islam le considera inscindibili: il Corano, libro di
comportamenti, non di precetti religiosi, è anche Codice civile e
penale.
E non solo: Gheddafi più volte rivolse ai Paesi non islamici
l'invito ad apprendere gli insegnamenti dei versetti sacri: "Il
Corano", disse in un'intervista, "non è monopolio degli
arabi; esortiamo l'intera umanità a studiarlo". A metà maggio
Gheddafi espose quella che passerà alla storia come la "terza
teoria internazionale", alternativa al comunismo totalitario e
al capitalismo sfruttatore e neutrale tra le alleanze militari della
Nato e del Patto di Varsavia. "La scienza",
disse, "nonostante le sue meravigliose
realizzazioni, non ha dato tutte le risposte al significato della
vita. Il Corano dà queste risposte.[…] Che tutti i popoli venerino
Dio, invece che creature mortali come Lenin e Stalin in Russia,
oppure vacche e idoli come in India, oppure macchine e ricchezze,
come in molte parti d'Oriente e d'Occidente".
Mettendo in dubbio l'effettiva democraticità del sistema
parlamentare e della democrazia rappresentativa, Gheddafi propose
l'unica soluzione all'annoso problema del rapporto tra governanti e
governanti: la democrazia diretta, ispirata alla democrazia ateniese
del quarto e terzo secolo prima di Cristo. I Congressi Popolari
sparsi capillarmente sul territorio, sarebbero stati preposti a
prendere le decisioni davvero importanti per l'intera nazione.
Inoltre si esortava un rapido processo che conducesse alla piena
proprietà dell'abitazione, dei mezzi di trasporto e della terra che
ogni libico deve possedere per godere di libertà effettiva.
"Il punto di arrivo", si legge nel
Libro Verde, "è costituito dall'avvento
della nuova società socialista, quando spariranno lucro e denaro,
mediante la trasformazione della società in una società di piena
produzione e mediante il raggiungimento della soddisfazione delle
necessità materiali dei membri di questa società".
Per quanto riguarda il socialismo islamico, Gheddafi chiarì subito
che sarebbe stata rifiutata la lotta di classe, si sarebbe tenuta
nel massimo rispetto la proprietà privata, così come ingiunge il
Corano, ma lo Stato avrebbe goduto di privilegi per poter
contribuire attivamente allo sviluppo del paese.
Il 1973 si concluse in modo contraddittorio: da un lato, dopo la
scomparsa nel giro di pochi anni dei più autorevoli esponenti del
terzo mondo, Jawaharlal Nehru, Ahmed Sukarno, Kwame Nkrumah e
Nasser, al quarto vertice dei paesi non allineati di Algeri emerse
la personalità di Gheddafi, apprezzato per la sua spregiudicatezza,
per il tentativo di dare spazio alla fede musulmana e per la decisa
volontà anticolonialista.
Egli, come ricordato, era nato e cresciuto mentre gli eserciti di
Germania e Gran Bretagna devastavano il territorio libico; alcuni
suoi parenti erano stati uccisi nella lotta contro la colonizzazione
italiana; infine, la maturazione del suo pensiero si ebbe durante i
primi anni Sessanta, quando la maggior parte dei paesi dell'Africa
raggiunse l'indipendenza, dopo tanti anni di dipendenza coloniale.
Dall'altro, l'unione con l'Egitto non si concluse, in quanto
all'ultimo momento Sadat respinse il progetto. Inoltre il 6 ottobre
il Presidente egiziano ed il Presidente siriano Assad, nel giorno
dedicato dagli ebrei all'espiazione (jom Kippur), ossia la più
solenne celebrazione dell'anno liturgico ebraico, decisero,
all'insaputa degli altri leader dei paesi arabi, di sferrare un
deciso attacco contro Israele.
(vedi
qui "LA GUERRA DEL KIPPUR" )
Gheddafi criticò l'azione isolata, che favorì l'ennesima vittoria
militare dell'esercito israeliano (il quale, dopo un inizio
difficoltoso giunse a minacciare Il Cairo), e affermò che la
tecnologia bellica libica avrebbe potuto procurare al sistema
difensivo di Israele gravi perdite. I rapporti tra Libia ed Egitto
peggiorarono anno dopo anno. Nel 1977 si ebbero pesanti scontri alla
frontiera e quando a Camp David, il 17 settembre 1978, fotografi di
tutto il mondo immortalarono la stretta di mano tra Sadat ed il
primo ministro israeliano Begin, si arrivò quasi alla rottura delle
relazioni diplomatiche con l'Egitto.
Gheddafi non perdonò mai l'affronto a suo parere fatto da Sadat
all'intero mondo arabo. Intanto però l'oasi di Aouzou, lungo la
frontiera meridionale libica, generava una disputa ventennale con il
Ciad, che si risolse solamente nel 1994 con la restituzione
dell'oasi al governo di N'Djamena. Gheddafi si convinse che il
progetto di unità araba poteva realizzarsi soltanto facendo un passo
alla volta: nel giro di pochi anni egli cercò, invano, di favorire
l'unione con la Tunisia, con la Siria e con il Marocco di re Hassan.
L'immensa ricchezza della Libia (il reddito pro capite libico era
tra i primi dieci al mondo) poteva ben amalgamarsi con popolazioni
ben più numerose e con territori ricchi di altre materie prime,
diversi dall'arido deserto libico.
Nel 1977, Gheddafi decise di saldare ulteriormente i legami tra
politica e religione con l'istituzione della Jamahiriya (che in
arabo significa Stato alle masse) Libica Araba Socialista.
La Rivoluzione islamica, che si propose il ridimensionamento del
potere degli ulema,
i dottori di diritto e teologia, attorno ai quali ruotavano le forze
dell'Islam radicale, prevedeva la nazionalizzazione dei beni
religiosi, mentre si stabilì che solo il Corano costituiva l'unica
fonte della fede musulmana: la
Sunna
(tradizione) e gli
Hadith (detti del Profeta) non avrebbero più avuto alcun
valore normativo. "La sola legge della
Jamahiriya è
il santo Corano", affermò senza remore Gheddafi. La data
tradizionale dell'inizio dell'era islamica venne considerata non più
l'Egira dalla Mecca a Medina nel 622, bensì la morte di Maometto nel
632. Uno dei cinque pilastri della fede, il pellegrinaggio alla
Mecca ed al santuario dove è custodita la pietra nera deposta da
Abramo, venne reso non obbligatorio: rimasero la professione di
fede, le cinque preghiere giornaliere, l'elemosina ed il digiuno
durante il mese del
Ramadan, ossia il nono mese lunare.
La reazione degli ulema non si fece attendere: agitazioni nelle
moschee e aperta contestazione al regime, che reagì duramente. Lo
sceicco al-Bishti, che disponeva di un saldo seguito in
Tripolitania, perse la vita in prigione dopo essere stato
ripetutamente torturato; molti luoghi di culto, considerati
pericolosi, vennero chiusi o distrutti; le organizzazioni islamiche
non fedeli alla linea governativa furono perseguitate, come ricorda
il Rapporto di Amnesty International del 1998, che riferisce di
numerosi imputati condannati all'ergastolo e detenuti in luoghi
segreti. Due furono in questi anni i tentativi eclatanti di uccidere
Gheddafi, che rinunciò formalmente a tutte le cariche pubbliche
ufficiali, conservando, oltre ad un immenso potere, il solo
appellativo di guida della rivoluzione.
Nell'ottobre 1979 durante una parata militare, un pilota
dell'aviazione libica si diresse con il proprio velivolo sulle
tribune su cui si trovava Gheddafi: fu abbattuto all'ultimo istante.
La primavera seguente una guardia del corpo lo ferì alla spalla con
un colpo di pistola.
Gli anni Ottanta si aprono in Italia con un mistero: il 18 luglio
1980 un Mig-23 libico venne ritrovato nei pressi di Castel Silano,
in provincia di Catanzaro. L'autopsia praticata dal dottor
Rondanelli e dal dottor Zulo sul corpo del pilota, dichiarò che la
morte risaliva a circa venti giorni prima.
Il 27 giugno un DC-9 dell'Itavia diretto da Bologna a Palermo era
esploso in volo nel cielo di Ustica, provocando la morte di
ottantuno persone. Sul perché due velivoli fossero precipitati a
così breve distanza, non venne data spiegazione e le indagini furono
fin da subito oggetto di depistaggi e di silenzi omertosi.
Questa è la versione di Gheddafi: il suo aereo personale stava
sorvolando i cieli di Ustica "diretto in Italia per riparazioni". I
servizi segreti statunitensi, che avevano progettato di ucciderlo,
pensavano che egli fosse a bordo e cercarono di abbatterlo. Invece
di colpire il giusto bersaglio, "hanno abbattuto l'aereo
italiano e un altro aereo libico". Due missili raggiunsero il
Mig-23, che fu poi ritrovato sulla Sila, e la carlinga dell'aereo
civile italiano, facendolo inabissare con i suoi segreti nel Mar
Tirreno.
I due decenni seguenti registrarono moltissimi episodi di forte
attrito tra la Libia e la comunità internazionale, soprattutto il
governo di Washington. Nel 1981 Jimmy Carter lasciava la carica di
Presidente degli Stati Uniti al repubblicano Ronald Reagan. La
politica estera della nuova Amministrazione fu fin da subito più
aggressiva, cercando di colmare in qualche modo il vuoto e lo shock
lasciato all'interno del paese dalla sconfitta in Vietnam. Negli
ultimi mesi, inoltre, la vicenda dell'ambasciata statunitense a
Teheran, dove studenti islamici avevano duramente contestato la
presenza occidentale in Iran, occupando l'ambasciata americana e
prendendo in ostaggio cinquantatré membri del suo personale, aveva
screditato ancor più l'immagine del più potente paese mondiale, che
aveva dovuto sopportare l'onta del fallimento del goffo tentativo di
liberare i cittadini statunitensi.
I rapporti tra Reagan e Gheddafi, nonostante la Libia continuasse ad
esportare oltre il quaranta per cento del proprio petrolio verso gli
Stati Uniti, furono fin da subito tempestosi: il 19 agosto 1981,
pochi giorni dopo che a Roma il governo Spadolini aveva reso
esecutiva la decisione del Parlamento di approvare l'installazione
di centododici missili Cruise nella base militare della Nato a
Comiso, in Sicilia, nel cielo della Sirte due F-14 Tomcat, decollati
dalla portaerei statunitense Nimitz, abbatterono due caccia libici
Sukhoi-22 di fabbricazione sovietica. La maggior parte degli
armamenti e della tecnologia militare libica era infatti comprata
(in contanti come fu spesso ripetuto) dagli arsenali militari
sovietici, soprattutto dopo il viaggio di Gheddafi a Mosca nel 1976,
quando era stato trionfalmente accolto da Breznev, Kossighin e
Podgorni.
Gheddafi reagì accusando Reagan di essere uno sceriffo assetato di
distruzione; la stampa statunitense individuò il nemico da
combattere, "l'uomo più pericoloso al mondo", titolò
Newsweek.
I rapporti con l'Italia, già tesi per la vicenda dei ventitré
pescatori italiani di Mazara del Vallo (detenuti in carcere a
Tripoli con l'accusa di essere sconfinati in acque territoriali
libiche) ed irrigiditi dal tentativo di destabilizzare la Tunisia e
dalla caccia agli oppositori al regime libico, con delitti commessi
anche sul suolo italiano, peggiorarono anche per la pressioni fatte
da Washington, che cercò di isolare economicamente e politicamente
la Libia. Gheddafi cercava di usare l'equipaggio del peschereccio
italiano come pedina di scambio per ottenere dai servizi segreti
italiani i recapiti dei dissidenti libici rifugiati in Italia e
poter procedere a fare giustizia, sommaria a parere delle autorità
italiane, legittima, a parere di quelle libiche.
Seguirono cinque anni di relativa calma, finché il 15 aprile 1986,
dopo ripetute esercitazioni della Sesta Flotta nel Golfo della Sirte
oltre il trentaduesimo parallelo (considerato dal governo di Tripoli
il limite delle proprie acque territoriali), cacciabombardieri
dell'aviazione degli Stati Uniti attaccarono due postazioni militari
libiche, Tripoli, Bengasi e la residenza privata di Gheddafi a Bab
al'Aziziyyah, causando la morte di decine di civili, tra cui la
figlia adottiva della guida della rivoluzione. Pochi giorni prima
una bomba esplosa in locale tedesco frequentato da militari
statunitensi, aveva provocato morti e feriti. E i servizi segreti
libici furono subito i principali indiziati. Il conflitto armato
sanciva così l'epilogo delle accuse rivolte al governo di Tripoli di
fomentare e finanziare il terrorismo internazionale.
La rappresaglia libica non si fece attendere: "Missili su
Lampedusa" titolò Il Messaggero il giorno seguente: due Scud-B,
diretti alla base di ascolto statunitense Loran-C, caddero a poca
distanza dalle coste italiane. I difficili rapporti tra i due Paesi
furono ricomposti con paziente diplomazia, essendo vitali per le due
economie i numerosi accordi commerciali già stipulati.
Il 21 dicembre 1988 nel cielo sopra la cittadina scozzese di
Lockerbie un Boeing 747 della Pan Am esplodeva in volo, causando la
morte di duecento settanta persone. Il 19 settembre dell'anno
seguente stessa sorte toccava nei cieli del Ciad ad un DC-10 dell'UTA.
Principali indiziati furono subito i servizi segreti libici,
impegnati nella loro guerra sotterranea con gli Stati Uniti e decisi
a mandare un forte e sanguinario monito alla Francia, impegnata ad
appoggiare la sua ex colonia nella disputa di frontiera con la
Libia. Il 21 gennaio 1992 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite approvò la Risoluzione 731, che ingiungeva alla Libia di
consegnare due cittadini libici, sospettati delle due stragi, alle
autorità britanniche o statunitensi. Il netto e categorico rifiuto
libico portò al blocco delle comunicazioni aeree e all'embargo sulle
forniture di aerei ed armi, sanciti dalla successiva Risoluzione
748.
Seguirono sette anni di forte isolamento internazionale, durante i
quali gli Stati Uniti accusarono la Libia di produrre iprite e gas
nervino nell'impianto industriale e farmaceutico di Rabta. Soltanto
nella primavera del 1999, dopo la consegna alla giustizia scozzese
dei due indiziati della strage di Lockerbie grazie alla fondamentale
mediazione di Nelson Mandela, la Libia venne riammessa a far parte
della comunità internazionale.
Nelle numerose interviste concesse ai giornalisti di tutto il mondo
negli ultimi trent'anni, le risposte date dal Colonnello non sono
state sempre convincenti, ma a volte in tono provocatorio, altre
volte tracciando scenari decisamente improbabili, Gheddafi ha
cercato di illustrare il proprio progetto politico e la propria
visione del mondo. E, vestito sempre con una camicia ad onde verdi e
marroni ed una casacca nera sulle spalle, a piedi nudi come i
beduini da cui discende, sempre e soltanto dalla sua dimora, una
tenda diventata una casa viaggiante, dove l'odore dell'incenso si
mescola con quello del sandalo. Scortata da alcuni Caravan, più di
cento Toyota e due pulmini, che portano i generatori per
l'illuminazione, essa viene piantata dovunque, nel deserto o nei
giardini dei palazzi che ospitano gli incontri internazionali con
gli altri leader arabi.
Proprio il dialogo con gli altri paesi della regione è stato sempre
caratterizzato da avvicinamenti ed incomprensioni: il vecchio
progetto del ghaneano Nkrumah, uno dei padri fondatori dell'Africa,
di unire in un saldo legame i paesi del continente è ammirato, ma
scatena in molti animi instabilità ed incertezza. Gheddafi fu uno
dei primi a sostenere la causa di Nelson Mandela in Sud Africa e
quella di Yasser Arafat in Palestina: "Il
deserto del Sahara", ricordò ad Abuja nel 1991, in
occasione della nascita della Comunità Economica Africana,
"da sempre barriera di immensità per
linguaggi e culture diverse, oggi è diventato un ponte naturale tra
il Nord Africa ed i paesi al di là […]. La malattia dell'Africa è
soprattutto la solitudine e l'isolamento".
In un'altra occasione propose la nascita di una moneta unica
africana in parità con yen ed euro. Finalmente nell'estate del 1999
ben trentasei leader africani hanno firmato la prima parte di un
trattato con cui si intese sostituire l'ormai obsoleta
Organizzazione dell'Unità Africana, in vigore senza troppi successi
dal 1962, con un organismo più dinamico ed in grado di affrontare in
modo autonomo i gravi problemi che ancor oggi minano lo sviluppo nel
continente.
Per quanto concerne la politica interna, replicando alle numerose
accuse di soffocare con la forza il dissenso interno, Gheddafi ha
risposto candidamente che "l'Africa non
necessita di democrazia, ma di pompe d'acqua. La popolazione ha
bisogno di cibo e medicine".
Questa è la replica alle numerose critiche del più controverso
leader africano, impegnato a far sopravvivere l'eccezione libica
anche nel terzo millennio. Sembrano essere state perdonate le
numerose provocazioni e Gheddafi, abbandonando in parte progetti
aleatori, che spesso sono stati condannati al fallimento, ha
dimostrato sempre una notevole capacità di tenere sempre la rotta in
acque troppo spesso tempestose ed avvelenate da polemiche e misteri.
CARLO BATÀ
Bibliografia
* Gheddafi messaggero del deserto, di Mirella Bianco - Mursia,
Milano, 1977.
* Muammar Gheddafi e la rivoluzione libica, di John K. Cooley -
Editoriale Corno, Milano, 1983. Gheddafi. * Una sfida dal deserto,
di Angelo Del Boca. Laterza, Roma-Bari, 1998. Muammar Gheddafi, di
Benjamin Kyle. Targa Italiana s.r.l., Milano, 1990. Gheddafi, di
Mino Vignolo. Rizzoli Editore, Milano, 1982.
Questa
pagina
(concessa solo a Cronologia)
è stata offerta da Franco Gianola
direttore di
http://www.storiain.net
NOTA: Gli
ultimi sviluppi della politica libica di Gheddafi tendono a un
riavvicinamento agli USA, dissociandosi così dal terrorismo islamico
degli ultimi tempi.
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