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Mio padre
Gabriele |
La mia pena
non ha forme,
non ha
espressioni:
e così, non
mi libera,
non mi
risparmia.
Si è
pietrificata dentro
come il
granito
delle lapidi
assenti
al mio
intenso sguardo.
E cammino
senza vergogna,
senza pia
reverenza,
come
sacrilego viandante
per sentieri
irti
di
lucidissimi marmi,
irriverenti
fiori
e vanitose
croci.
Però, quando
una donna
tutta di nero
accarezza con
mani sante
la tua pietra
e ti cerca,
ti chiama;
quando con
bisbiglio
di parole
sconnesse
t’accende il
lume
con accorata
grazia
come per
farti luce
come per
darti vita;
quando la
mamma
tutta di nero
ricompone con
mani pie
i fiori
caduti
e le labbra
secche
s’adagiano
sulla tua
immagine in
un bacio
senza fine,
io sò, o
padre, io sò
perché la mia
pena
non ha forme,
perché non ho
pianto
quando il tuo
cuore
scoppiò
quell’alba.
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