|
Muti alla stazione |
Sottofondo musicale:
Danny Boy |
Eravamo tutti
muti alla stazione quando
partisti.
Ma di tutti
io avevo la pena più grande.
C’eravamo
salutati in gran fretta,
come nulla fosse,
con un
crudele sorriso, per
ingannarci.
Ora, quanta
tristezza, quanto dolore
tradiva
l’orgasmo diffuso
per l’addio
imminente.
Avevamo
dodici anni!
Eppure, non
ho mai odiato niente e
nessuno
come quel
treno in cui mi guardasti
con occhi
immensi, occhi di sgomento!
Abbassai lo
sguardo ed ascoltai muto,
inerte, il
cuore che franava.
Forse
m’illudevo. Eravamo in
troppi
alla stazione
a salutarti.
Poi d’un
tratto il treno si scosse.
Sollevai lo
sguardo e vidi,
vidi il tuo
volto nascosto tra le mani.
Gridai: Ivonne!
E vidi i tuoi
occhi velati di pianto,
sentii nei
tuoi occhi l’angoscia,
il baratro
nel mio cuore.
Ma allora
anche tu, Ivonne!
Il treno si
mosse lentamente,
inesorabilmente.
Abbassai lo
sguardo, mi sentii morire.
Per affrettar
l’agonia, per celare il
tumulto
ed il grido
dell’anima mia,
invocai,
implorai l’urlo
del mostro di
ferro che fugge
e va via
senza pietà,
Poi venne,
lungo, straziante……
Osai guardare
e vidi,
vidi lontano
le tue mani protese,
disperatamente protese verso
di me.
Forse
m’illudevo.
Eravamo in
troppi alla stazione a
salutarti.
Ma quelle
mani mi cercavano,
si
aggrappavano, si
avvinghiavano alle mie,
nell’attimo
estremo dell’addio.
Rincorsi il
treno a lungo,
senza più
riserbo, senza più voce,
sino allo
spasimo.
Lo rincorro
ancora nel Tempo che fugge.
Ivonne, io
non so dove ti abbiano
portato
tutti i treni
della vita!
Avevamo
dodici anni!
Eppure lo so
che dal sacro scrigno
della mia
memoria non se mai partita,
neppure quel
mattino, mai, Ivonne!
(Boston 1967)