Biografia
Nino
Caruso nasce il 19 aprile del 1928 a Tripoli dove i suoi genitori,
originari di Comiso in Sicilia, erano emigrati in cerca di lavoro.
Trascorre
l’infanzia nella capitale libica fino all’estate del 1940 quando, in
vacanza sulle coste adriatiche, lo scoppio della seconda guerra
mondiale lo costringe a trattenersi in Italia. Durante i sette anni di
permanenza prosegue la sua formazione scolastica in un Istituto Tecnico
Commerciale di Ferrara e all’Istituto Professionale per l’Industria
nella città di Vittoria, vicino Comiso, dove l’artista si era
ricongiunto con la madre nel 1942. “Il periodo della mia adolescenza
trascorso a Comiso è stato molto importante per la mia formazione. Il
momento storico eccezionale (i disagi della guerra, lo sbarco degli
alleati, i partiti, i comizi, le lotte contadine per la terra, le
letture, le discussioni) li vivo in un confronto dialettico con i
compagni conosciuti in quegli anni”1.
All’età di sedici anni
interrompe gli studi per motivi economici ed intraprende l’attività
lavorativa, prima presso un oleificio locale, poi come tornitore
meccanico in un’industria automobilistica di Tripoli, dove ritorna nel
1947. Lì viene coinvolto attivamente nella difficile situazione
politica in lotta per l’indipendenza della Libia. Tali implicazioni
causano la sua espulsione ed il rientro in Italia. Alla fine del 1951 è
a Roma, dove il ceramista ed amico Salvatore Meli (Comiso 1929) lo
introduce nel suo laboratorio a Villa Massimo. Assunto come aiutante,
Caruso matura presto un vivo interesse per la ceramica e la volontà di
colmare autonomamente la mancanza di un’adeguata formazione tecnica. Ad
aiutarlo in questo intento è la frequentazione della fabbrica di
maioliche denominata S. I. C. (Scuola Italiana Ceramiche) a Casale
Monferrato, durante il servizio militare. Nel 1954 ottiene, da
privatista, il diploma all’Istituto d’Arte di Roma nella sezione
dedicata alla plastica ceramica.
Tra la fine del 1954 e
l’inizio del 1955 apre a Roma, in Via Ruggero Fauro n. 57, un piccolo
studio dove realizzare e vendere le proprie opere. Stimolato dalla
volontà di esaltare le molteplici potenzialità espressive della materia
ceramica, Caruso non si fa scoraggiare dai pressanti disagi economici e
prosegue la propria ricerca con passione e convinzione, attraverso lo
studio delle tecniche tradizionali affiancato da una spasmodica
sperimentazione dei materiali e dei procedimenti di lavorazione. La sua
prima personale è alla Galleria dell’Incontro nel 1956, presentata
dall’amico Renato Guttuso. La carriera espositiva prende avvio con
numerose presenze dell’artista alle principali esposizioni di ceramica
contemporanea, come il Concorso Nazionale della Ceramica di Faenza (nel
1954, 1955, 1956, 1958 solo per ricordare i primi anni) e alla Biennale
d’Arte Ceramica di Gubbio, alla cui edizione del 1960 Caruso ottiene un
importante secondo premio ex aequo. Nello stesso anno, alla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna di Roma, riceve il “Premio d’incoraggiamento”
istituito dal Ministero della Pubblica Istruzione e rivolto ai giovani
artisti. Altro riconoscimento di rilievo è costituito dalla medaglia
d’oro ottenuta a Praga nel 1962 nell’ambito della terza edizione
dell’Esposizione Internazionale della Ceramica, patrocinata dall’UNESCO.
Nella
prima parte degli anni sessanta, allo studio della ceramica l’artista
affianca l’interesse verso altri materiali, come il legno e soprattutto
il metallo: sue sculture in ferro sono presenti alla prima e seconda
edizione della Biennale del Metallo di Gubbio (1961, 1963) ma
sicuramente l’esito più alto di questa sua ricerca è costituito dalla
realizzazione del Monumento alla Resistenza di Pesaro del 1964, grazie
al quale ottiene il premio “In/arch” istituito dalla rivista
“L’architettura. Cronache e storia” di Bruno Zevi. Nello stesso anno
entra a far parte del Words Craft Council, istituzione nata per
qualificare la produzione artigianale, favorendo la collaborazione a
livello internazionale, la formazione degli artigiani stessi, e
facilitando le iniziative volte ad incrementare l’interesse pubblico
nei confronti di questa realtà. Motivazioni simili spingono Caruso a
farsi promotore del C.I.P.A. “Centro Italiano delle Produzioni d’Arte”,
che si prefigge lo scopo di promuovere “un nuovo artigianato che trovi
il suo equilibrio nella nuova società industriale e che sappia
inserirsi in modo vivo nella cultura moderna”2. Il progetto d’innalzare
il livello qualitativo dell’artigianato e far rifiorire tale settore,
coinvolge significativamente Caruso, il quale dedica buona parte del
suo impegno affinché tali programmi si realizzino; tra le tante
personalità che condividono lo stesso interesse e che aderiscono
all’iniziativa, è presente anche l’architetto Giò Ponti (Milano 1897 –
1979), nominato Presidente Onorario del “Centro Italiano delle
Produzioni d’Arte”.
Trascorsi i difficili anni degli
esordi ed incoraggiato dai numerosi riconoscimenti della critica,
Caruso esce dall’isolamento al quale lo aveva costretto il lavoro
assiduo ed economicamente affannato dei primissimi anni, avvertendo
l’esigenza di ampliare le proprie cognizioni attraverso viaggi di
istruzione nei maggiori centri di produzione ceramica a livello
internazionale e attraverso il confronto della propria ricerca con
quelli di altri artisti ceramisti. E’ in quest’ottica che va vista,
alla metà degli anni sessanta, nei locali dell’antico monastero della
confraternita del Pio Sodalizio dei Piceni, dove già da qualche tempo
l’artista aveva trasferito il suo studio, l’istituzione da parte di
Caruso del Centro Internazionale della Ceramica, rivolto a ceramisti
italiani e stranieri, ed avente come obiettivo la creazione di un
ambiente idoneo ad incentivare la ricerca tecnica e formale in materia
ceramica.
Nella seconda metà del decennio, avvicinandosi a
quel filone di ricerca artistica contemporanea che si pone in netto
contrasto con la poetica dell’Informale, attraverso una rinnovata
attenzione per la struttura della forma indagata secondo i fenomeni
visivi della percezione cinetica, l’artista decide di studiare le
possibilità espressive derivanti dall’iterazione di determinate forme
ottenute da una produzione in piccola serie. Servendosi della tecnica
dell’argilla colata in forme ottenute dal sezionamento di blocchi di
polistirolo (materiale fin allora estraneo alla lavorazione ceramica)
realizza di elementi modulari di molteplici misure e fattezze che, da
sempre attento al rapporto ceramica – architettura, propone di
utilizzare come componenti per pareti divisorie, rivestimenti murali, o
complementi d’arredo. Per assicurare alle sue nuove realizzazioni una
diffusione capillare ed un largo utilizzo, l’artista in questi anni
avvia la collaborazione, in qualità di designer, con alcune delle
maggiori industrie ceramiche per arredamento. L’interesse di Caruso nei
confronti dello spazio abitato dal fruitore, nel quale sperimentare
inedite soluzioni formali, trova un’ideale applicazione nella Chiesa
Evangelica di Savona, disegnata dagli architetti Aymonino e De Rossi, i
quali affidano a Caruso la progettazione del rivestimento interno del
nuovo edificio (Bassorilievo continuo, 1968).
Caruso matura,
gradualmente, una vasta conoscenza delle tecniche ceramiche, da quelle
antichissime, ancora in atto nelle civiltà orientali e apprese
direttamente grazie a lunghi soggiorni in Giappone, alle
sperimentazioni più recenti e innovative, riscontrate soprattutto nei
ceramisti americani, quali, ad esempio Betty Woodman, Peter Voulkos e
Bill Hunt. Nel 1970 Caruso intraprende l’insegnamento all’Istituto
d’Arte di Roma, dove gli è affidata la cattedra di progettazione
ceramica. In questo periodo l’artista inizia a svolgere assiduamente
relazioni, seminari e workshops, soprattutto negli Stati Uniti, ma
anche in Giappone ed in molte nazioni europee, attività che gli
permetteranno non soltanto di diffondere le proprie sperimentazioni, ma
di acquisire conoscenze più vaste e specifiche grazie al contatto con
altre culture legate alla ceramica. Tali esperienze alimentano in
Caruso la consapevolezza della scarsa considerazione, riservata in
Italia, alla ceramica contemporanea, la quale non soltanto vede negarsi
uno spazio sufficiente negli ambiti espositivi, ma, a paragone di una
vasta letteratura dedicata alla ceramica antica, non è oggetto di
un’adeguata trattazione storico-critico-teorica.
Sempre più
animato dalla volontà di divulgare il patrimonio di informazioni
acquisite dopo anni di personali sperimentazioni, Caruso decide di
redigere un manuale, “Ceramica Viva”, pubblicato dalla casa editrice
Hoepli di Milano nel 1979. A questo seguono “Ceramica Raku” (1982),
“Decorazione ceramica” (1984), “Dizionario illustrato dei materiali e
delle tecniche ceramiche” (2006), tutti editi da Hoepli. Nel 1982
l’artista è invitato dal DSE (Dipartimento Scuola Educazione) a curare
un programma televisivo intitolato “L’arte della ceramica”, in dieci
puntate, per la terza rete Rai.
In questi anni i motivi
ispiranti il suo lavoro attingono a civiltà del passato, etrusca in
particolare: steli, colone, portali, scudi, sarcofagi, (presentati alla
mostra “Omaggio agli Etruschi” del 1985 ad Orvieto) interpretati con
un’attenzione particolare alle tecniche antiche (bucchero, terra
sigillata) rese attuali da procedimenti innovativi (colaggio) e da
“forme, piene di spigoli, di colori armoniosamente studiati, delle
caratteristiche onde che si avvolgono con sigle sempre eleganti, sono
piene di verve e di umor giocoso”3.
Nel 1991 la ricerca di
Nino Caruso è raccontata per “Itinerari” in una mostra antologica
ambientata nella suggestiva Rocca Paolina di Perugia. Alla fine degli
anni novanta l’artista tralascia la tecnica del colaggio e ritorna a
modellare l’argilla, dando vita a forme insolite dalle tonalità
cromatiche inedite e dalle suggestive sfumature ottenute grazie ad un
sapiente controllo del fuoco di cottura: sono le “Memorie Oniriche”
(Torgiano 2002), emblematici volti umani, misteriose strutture
architettoniche frutto della fantasia, di parziali ricordi e di
esperienze oniriche dell’artista. Nelle ricerche degli ultimi anni,
Caruso torna a pensare a pannelli che si integrino all’architettura e a
sculture dal carattere enigmatico, memori di antiche civiltà
mediterranee. Caruso è autore di seminari e workshops in Università
degli Stati Uniti, Europa, Giappone. Oltre a collocarsi in musei,
collezioni pubbliche e private, le sue sculture caratterizzano l’arredo
urbano di numerose città. Parigi (Galerie Les Champs, 1968), Shigaraki
(Il vento e le stelle, 1991), Brufa (Portale Mediterraneo, 1994),
Torgiano (Fonte di Giano, 1996, Fonte delle vaselle, 2002), Coimbra
(Rotonda, 2002). Cura eventi rivolti alla ceramica contemporanea, tra
cui: Ceramic art exhibition (1994, 1996, 1998), Cottaterra (1998) e
Vaselle d’Autore, rassegna annuale che si svolge dal 1995 a Torgiano,
città che nel 2004 gli conferisce la cittadinanza onoraria.
Recentemente concluso l’incarico di direttore artistico dell’Accademia
di Belle Arti “Pietro Vannucci” di Perugia, l’artista prosegue la
propria ricerca presso gli studi di Todi e Roma.
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