LA
MIA LIBIA
L'Arco
dei Fileni
di Francesco Caronia
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Fra i luoghi che i mie genitori
citavano spesso, nei loro racconti degli anni vissuti a Bengasi, oltre
a Piazza
Cagni, c’era l’Arco dei Fileni che nella mia immaginazione era rimasto
come un
passaggio obbligato, un luogo d’incontro delle carovane di cammelli, in
pieno
deserto africano.
Si trattava invece di un
monumento, costruito dagli Italiani, sulla strada litoranea denominata
via
Balbia, costruita anch’essa dagli Italiani, sempre per volontà
dell’allora
governatore della Libia Italo Balbo
e
che collegava Bengasi a Tripoli, coprendo una distanza di circa duemila
Km. Il
monumento era stato inaugurato il 16 marzo 1937.
Il
Governatore della Libia : Italo Balbo
Mia mamma si
ricordava dell’Arco
dei Fileni perché in quel luogo, l’autocolonna partita da Bengasi il
giorno 16
dicembre 1941, quando era stata abbandonata la città per dirigersi
verso Tripoli e rimpatriare in Italia, aveva effettuato la prima sosta,
per un breve
ristoro. Con due bambini piccoli e dopo ore e ore di viaggio, si può
immaginare
quanto fosse apprezzata quella sosta.
Arco
dei Fileni
Così appariva il monumento
allora, una costruzione imponente in travertino romano,
dall’inconfondibile
stile tipico del periodo fascista, progettato dall’architetto del
regime Florestano Di Fausto e
voluto dal
governatore Italo Balbo per ricordare la memoria della tragica morte di
due
fratelli Fileni e naturalmente la realizzazione della litoranea che
collegava
anche la Tunisia con l’Egitto.
La leggendaria storia di questi
due fratelli era stata raccontata dallo scrittore latino Sallustio,
nell’opera Bellum Iugurtinum, dove
si parla di un
contenzioso fra i Cartaginesi e i Greci di Cirene, in merito al confine
incerto
dei rispettivi territori, nell’area desertica della Sirte. Per
scongiurare una
guerra, avevano deciso di comune accordo, di fissare il confine nel
punto in
cui si sarebbero incontrati due uomini Cartaginesi che partivano da
Cartagine,
in direzione est, e due uomini Cirenesi che partivano da Cirene, in
direzione
opposta. Le due coppie dovevano partire un giorno prestabilito, alla
stessa
ora.
Accadde che i due Cartaginesi,
i
fratelli Fileni, riuscirono a percorrere una distanza quasi doppia
rispetto a
quella dei due Cirenesi. Considerata la consistente differenza fra le
due
distanze percorse, si scatenò una lite in cui i Greci accusavano i
Cartaginesi
di essere partiti primi. I fratelli Fileni sostenevano invece di aver
rispettato i patti, che erano stati più veloci e per dimostrare la loro
buona
fede sarebbero stati disposti a farsi seppellire vivi sul nuovo
confine. Gli
abitanti di Cirene accettarono la sfida e fu così che i fratelli Fileni
sacrificarono la loro vita, per dare un confine certo alla loro patria .
Carta della
Libia
Il
luogo di quell’incontro segna l’attuale confine tra le
due regioni costiere della Libia e cioè fra la Tripolitania e la
Cirenaica. E
proprio in quel luogo, per onorare il sacrificio dei due fratelli
Fileni, venne
eretto il maestoso monumento.
Sulla
parte alta dell’arco era riportata la scritta “Alme Sol, possis nihil urbe Roma
visere
maius”, O almo Sole, tu non vedrai nessuna cosa al mondo
maggiore di Roma,
tratta dall’opera di Orazio, Carmen
Saeculare.
Sotto
l’iscrizione erano collocati, uno per lato, due
colossi bronzei che rappresentavano gli eroici Fratelli Fileni, sepolti
vivi,
mentre le pareti interne dell’arco erano decorate con due bassorilievi,
di
enormi dimensioni.
Dopo il ritiro degli Italiani
dalla Libia, era tornato al potere re Idris
I° il quale fece aggiungere, sotto l’iscrizione latina, la
traduzione in
lingua araba.
Quando andò al potere Gheddafi,
negli anni settanta, il monumento venne considerato un simbolo del
colonialismo
italiano ed iniziò così un lento ma sistematico smantellamento.
I due colossi
bronzei smantellati nel 1973 per ordine di Gheddafi
Ora l’Arco dei Fileni non esiste
più, è stato interamente spianato e sopravvive soltanto nella memoria
di chi lo
ha visto o ne ha sentito parlare.
Alcuni resti
abbandonati
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