di
Laura Campobello
racconto pubblicato
sul libro
Sabbie
del concorso AIRL |
“…E
vissero felici e contenti per
una lunga vita. Adesso dormi,
tesoro.”
Mia
nonna chiuse il libro di favole
e mi stampò un bacio sulla
fronte.
“Ma
non ho ancora sonno, nonna!”
“Umm… E cosa
dovrei fare per fartene venire
un po’?”, mi domandò,
conoscendo già la mia risposta.
“Raccontami
di Tellil!”, urlai eccitata,
sorridendo sotto le coperte. Lei
scoppiò in una fragorosa risata,
gettando la testa indietro. Le
guardavo il naso, rapita: aveva
le narici quadrate!
“Ma
non ti stanchi mai di sentire la
tua vecchia nonna raccontare
sempre la stessa storia?”
“Noo!”,
gridai, battendo i piedi sul
materasso e sollevando le
lenzuola. Era facile ridere,
allora…
“E
va bene, va bene… Quando lasciai
l’ Italia ero poco più di una
bambina. Mi parlarono di enormi
distese di sabbia e mi
spaventarono tanto. Ero abituata
alla nebbia; alla vasta pianura
della Val Padana, dove lo
sguardo abbraccia l’ intero
panorama; ai vicini di casa; ai
balli del sabato sera e non
volevo dire addio a nessuna di
queste cose. Ero terrorizzata
all’ idea di affrontare un mondo
accecante racchiuso fra montagne
di sabbia. Temevo di soffocare,
ma, ovviamente, partimmo lo
stesso. Giunti in Africa, ci
condussero ad una casa
cantoniera: dovevamo occuparci
della manutenzione di una
strada. Dentro la casa era
fresco: era arredata e sul
tavolo c’ erano persino i
fiammiferi! Scoprii che avremmo
avuto dei vicini e la mia paura
si trasformò in fretta, fretta
di conoscerli. Feci amicizia con
Diva. Aveva più o meno la mia
età e imparammo insieme ad amare
il deserto. La sabbia cambiava
colore durante le ore del
giorno: a volte era rosata,
altre riluceva dei bagliori
dell’ oro ed altre ancora era
quasi grigia. Vivevamo all’
interno di un piccolo universo
su cui si infrangevano le onde
di sabbia. A volte ci sdraiavamo
sulle cime delle dune e ci
lasciavamo rotolare giù, fianco
a fianco, ridendo come matte, e
poi ammiravamo i disegni che
restavano scolpiti dai nostri
corpi.
“Quello sembra un cavallo!”
“E quello una
rondine!”. Ridevamo di
niente: era bellissimo. E poi,
arrivava la notte, col suo
silenzio magico che entrava
nell’ anima, che respirava al
tuo ritmo ed a quello del vento
tiepido che spostava le dune.
Passavamo le giornate a liberare
la strada dalla sabbia che, di
notte, giocava a rincorrersi con
quel vento. Di giorno, ci
sdraiavamo a braccia aperte sul
nastro scuro che si srotolava
per chilometri fra le dune…
tanto non passava mai nemmeno
una macchina!”.
Mia nonna
ridacchiò, con gli occhi pieni
di granelli di sabbia dorata.
“Io e Diva, una volta,
decidemmo di andare al mare. C’
era parecchio da camminare, ma
eravamo così piene di energie!
Arrivate in cima all’ ultima
duna lo vedemmo: fu un’ emozione
da togliere il respiro. Sotto di
noi si spalancava il riflesso
del cielo. L’ acqua era così
limpida da sembrare invisibile;
le onde si rincorrevano
chiassose come fanciulli e il
rumore era assordante. Passammo
ore a schizzarci. Alla fine ci
dolevano le spalle; e anche le
mascelle, per il tanto ridere.
Spossate, ci addormentammo sulla
sabbia, bianca come farina, che
si appiccicò in un attimo ai
nostri corpi bagnati e salati.
Improvvisamente, urla
incomprensibili lacerarono il
nostro sonno. Ci svegliammo di
soprassalto, atterrite. Un
gruppo di arabi si stava
avvicinando a noi, dimenandosi
come ossessi. Non era il nostro
primo contatto con loro. Avevamo
già avuto modo di gustare il
loro tè e passare qualche ora in
piacevole compagnia, ma ciò non
ci impedì di provare paura. Ci
stringemmo ansimanti, schiena a
schiena, spaventate da quello
strano assalto. Una donna, col
viso scoperto e due enormi occhi
scuri e lucidi, mi afferrò
delicatamente per un polso e,
sorridendo, mi trascinò lontano
dalla spiaggia. Gridai a Diva di
assecondarli. I loro sorrisi ci
rassicurarono in un istante. Ci
condussero ad un intimo
agglomerato di tende stinte dal
sole e sporche di polvere, di
bambini schiamazzanti e di
cammelli pigri. La donna che mi
aveva trascinata fin lì indicò
la spiaggia con un sorriso
canzonatorio. Io e Diva ci
voltammo. Erano circa le sei del
pomeriggio, me lo ricordo, e la
sabbia, che fino a pochi istanti
prima era bianchissima, sembrava
uno svolazzante lembo di stoffa
rossa. Centinaia di granchi
rossi avevano occupato la
spiaggia e le loro chele
schioccavano nell’ aria. Gli
uomini ridevano divertiti,
dandosi poderose manate sulle
cosce e lisciandosi i baffi
scuri. Le nostre facce erano
terrorizzate, ma finimmo per
unirci alle loro risate
sgangherate. Hai mai notato
quanto sia simile la risata in
tutto il mondo? Non c’ è bisogno
di conoscere le lingue per
capirla! Ci sedemmo a bere il
loro tè più leggero. Portai la
tazza alle labbra: dentro ci
galleggiavano delle noccioline
tostate. Gustosissimo! Come
posso descriverti i sapori delle
spezie, i colori della sabbia,
il canto del mare, il colore
della buganvillea o l’ odore
puro della salsedine mista al
profumo dei datteri? Ho tutto
impresso nell’ anima come da un
marchio a fuoco! Quando io e
Diva rientrammo a casa quella
sera, le stelle brillavano a
grappoli nel cielo alto e scuro
e mi vennero le lacrime agli
occhi per quanto ero piena di
emozioni e poi… Oh! Ti sei
addormentata, tesoro… Dormi,
angelo mio, dormi… E che Dio
voglia regalarti tanta gioia,
quanti sono i granelli di sabbia
del deserto…”.
“Grazie,
nonna…”
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Dedicato a mia nonna
Vinicia 1920 – 2001
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Laura Campobello è nata a
Firenze il 5 Aprile 1971 ed è
Profuga della Libia