L’ esordio
…dal diario
personale di Maurizio, scritto nel periodo in cui faceva parte dei Milords…
…è
stato in occasione della festa di Natale del Liceo Scientifico, era il
23.12.1967, in quella occasione suonammo coadiuvati da un altro complesso, la
nostra esibizione fu molto gradita ed applaudita e presto verremo ancora
chiamati per suonare…
E’ proprio
vero quello che scrisse allora Maurizio. Esibirsi per la prima volta davanti a
un pubblico di giovani, fu di buon auspicio. In seguito ricevemmo numerose
proposte per suonare a feste private, matrimoni, cresime e compleanni. Di fatto
negli anni successivi, tra il 1968 e il 1969, raggiungemmo l’apice del successo
ed arrivarono anche i primi riconoscimenti economici. Ricordo che all’epoca mio
padre, che aveva una buona attività commerciale, per le mie piccole spese mi
concedeva una paghetta settimanale di mezza sterlina, ed era molto. Le nostre
normali prestazioni musicali venivano ricompensate con ottanta/centoventi
sterline a serata, quindi a ciascuno di noi toccavano venti/venticinque
sterline: una vera fortuna per noi ragazzi, soprattutto se si tiene conto del
fatto che ci esibivamo quasi tutte le settimane… Organizzavamo anche dei
pomeriggi danzanti in un garage, l’underground, un altro modo di presentare
musica piuttosto in voga alla fine degli anni ’60. Per i biglietti d’ingresso ci
inventammo un timbro artigianale: da una gomma per cancellare tagliammo un primo
strato lasciando in rilievo solo una M e con questa timbravamo i biglietti
all’entrata.
Poi
riuscimmo ad ottenere un contrattato settimanale con lo
Shooting & Fishing Club.
Diverse compagnie di giovani ci seguivano nei locali dove suonavamo e il nostro
gruppo d’amici era sempre in prima fila con oltre quaranta tra ragazze e
ragazzi, capitanati dalla effervescente
Paola Tessuto
e da suo cugino.
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The Milords durante un’esibizione allo Shooting & Fishing Club |
Angelo
Vasta,
carissimo amico d’infanzia, grande ammiratore del nostro gruppo e socio dell’Underwater,
propose ed ottenne dal proprietario un contratto per farci suonare al Club ogni
sabato sera.
Ricordo le
feste a casa di Angelo, alle quali
partecipavo sempre accompagnato dalla mia chitarra…Ogni volta lui mi chiedeva di
suonare un flamenco, e mentre suonavo si avvicinava agli amici sussurrando loro:
“Senti com’è bravo!”…
Ciao
Angelo, sei stato un grande amico!
…
L’ Underwater Club
L’Underwater club, fu
il nostro vero trampolino di lancio.
Il primo contratto,
ottenuto dall’amico Angelo, consisteva in una serata di prova al Club, durante
la quale si sarebbero esibiti anche i
The Colors of Darkness,
una formazione americana composta da figli dei soci o figli di amici. Il sabato
pomeriggio di quel memorabile giorno, si festeggiava il Carnevale.
Portammo i nostri
strumenti e la nostra amplificazione al Club, e sulla pedana riservata ai
musicisti trovammo già sistemata l’attrezzatura dell’altro complesso:
amplificatori ultima generazione provenienti direttamente dagli Stati Uniti,
alti come una persona e collegati a pedaliere per i comandi a distanza, una
batteria tutta in madreperla bianca con doppi tom e doppi timpani…Cose simili le
avevamo viste solo sui giornali! Il costo del tutto si poteva aggirare intorno a
quello di tre automobili di media cilindrata… Un sogno per noi!
Antonio in quel
periodo aveva una batteria rimediata da vari pezzi provenienti da altre
batterie, per cui ogni pezzo aveva un colore diverso: rosso, bianco, giallo...
Mentre eravamo intenti a sistemare strumenti e amplificazione, arriva il Sig.
Papadopulos,
titolare del Club e ci guarda con aria molto preoccupata…Forse pensava: “Chi
sono questi con un’attrezzatura così sgangherata?”
Antonio
interpreta lo sguardo e prontamente gli dice:
- Vede, Sig.
Papadopulos, essendo Carnevale abbiamo pensato di portare una batteria di colori
diversi…per rendere più allegra la serata!
I nostri
amplificatori, grandi come una grossa valigia, quasi scomparivano al confronto
dei giganti già in pedana, ma non ci perdemmo d’animo e sistemammo tutto negli
spazi liberi.
Ritornammo
al Club la sera, per la nostra esibizione, prevista nelle due mezzore
d’intervallo dell’altro gruppo.
Arrivarono
anche gli americani, tutti molto giovani, e per prima cosa accesero un
proiettore per filmati super 8 millimetri, oggi un pezzo da museo, ma assoluta
novità per l’epoca…Alle spalle di chi suonava, su un telo bianco, apparvero
immagini di films di guerra che avevano per protagonisti soldati americani.
Iniziarono a
suonare una musica molto caotica e pesante che non avevo mai sentito prima,
forse brani di loro composizione. I testi parlavano di guerre e di lotte per la
pace. Altre canzoni avevano per argomento l’insofferenza giovanile, la morte e
il dolore, raccontavano di giovani stressati, afflitti dal male di vivere…Forse
il loro nome, tradotto letteralmente “i colori delle tenebre”, derivava proprio
da questa loro pessimistica visione della vita.
Mentre i
giovani americani suonano, le persone in sala rimangono tutte sedute al proprio
tavolo, chiacchierando sottovoce e sorseggiando delle bibite. Sulla pista da
ballo nessuno e nulla cambia durante tutta la prima ora della loro esibizione.
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The
Milords durante un’esibizione all’Underwater
Club |
Finalmente
tocca a noi!…I
The Colors of Darkness
lasciano la pedana e ci invitano a prendere il loro posto. Strumenti a tracolla,
Antonio con le sue bacchette in mano, saliamo sul palco e colleghiamo i nostri
strumenti agli amplificatori. Durante l’esibizione degli americani, ero stato
preso da forti dubbi, forse il pubblico presente in sala gradiva quel tipo di
musica, quindi il nostro repertorio era tutto fuori tema…Come sempre avevamo
preparato una scaletta introduttiva di genere melodico per invogliare la gente a
ballare. Mentre collego la chitarra all’amplificatore penso: “E’ tutto
sbagliato!”. Guardo gli altri, che come me si stavano preparando a cominciare a
suonare, e sussurro loro: “Dobbiamo cambiare la scaletta iniziale dei brani…”
Suonare in pubblico senza una scaletta predisposta non l’avevamo mai fatto; in
prova si era già stabilito con quali pezzi iniziare e la successione degli altri
brani per non falsare i tempi e gli automatismi successivi.
Strumenti
pronti, tutti e quattro meravigliati e ansiosi, mi fissano per sapere cosa fare.
Una sensazione di panico mi pervade, non so con cosa iniziare, le idee in testa
girano a mille…Escludere il melodico è cosa certa, il tempo è poco, bisogna
decidere in fretta. Rischiamo di far apparire la nostra indecisione come
insicurezza…Sono io che devo scegliere, ma il parere di Maurizio, l’unico con
uno strumento non meccanico, la voce, è essenziale. Mi avvicino a lui e gli
sussurro:
“Vorrei la pelle
nera”. Con un cenno acconsente, passa parola agli altri “la pelle nera”…“la
pelle nera”…tutti annuiscono con il capo, sono pronti, Antonio incrociando le
bacchette batte quattro per lo stacco iniziale; Maurizio toglie il microfono
dall’asta lo porta vicino alle labbra:
-
hei, hei, hei, dimmi Wilson Pickett !
- hei, hei,
hei, dimmi tu James Brown - rispondiamo io e Roberto
- Questa
voce dove la trovate…?
E Maurizio
quella sera, la trovò quella voce piena, cristallina, potente…
In sala
iniziò un brusio, si sentì qualche risatina…Tutti sembravano svegliarsi da un
forzato torpore. Poi qualcuno, timidamente, si avvicinò alla pista da ballo,
ancora immacolata, e incominciò a ballare. Pochi minuti dopo la pista era
piena. L’inaspettato
successo diede una gran carica a Maurizio, che in quel brano riuscì a tirar
fuori il meglio di se stesso.
Chiudemmo il
pezzo con rulli di batteria e assoli di chitarra e ci ritrovammo sommersi da un
mare di applausi e grida e fischi, che per gli americani erano segno di
approvazione e di entusiasmo. Non riuscivamo a credere a quello che stava
succedendo. Per un po’ restammo immobili a goderci gli applausi e ringraziare il
pubblico, ma il tempo a nostra disposizione era poco… Non lascio nemmeno sopire
gli applausi, per non rubare minuti alla nostra mezzora, e dico ai ragazzi del
gruppo: “When the Saints go marching in”, ma la mia voce è coperta dal frastuono
ancora echeggiante in sala, tanto che loro avvertono solo il labiale…
Gli applausi
continuano mentre Antonio ribatte quattro, questa volta colpendo con la
bacchetta il cerchio di ferro del rullante…Accordo iniziale delle due chitarre e
Maurizio, ancora stordito dalla reazione del pubblico comincia a cantare, io e
Roberto lo seguiamo in un’altra tonalità. Quasi tutto il pubblico è in pista a
ballare, ma la pista è insufficiente a contenere tutti gli ospiti per cui
qualcuno balla tra i tavoli, mentre i pochi ancora seduti scandiscono il ritmo
con le mani. Chiudiamo anche questo brano, ancora applausi, qualcuno sale in
pedana e vuole stringerci la mano per congratularsi, un gruppo di giovanissime
assale letteralmente Maurizio, lo vogliono toccare e abbracciare.
Io continuo
ad osservare le lancette dell’orologio che girano inesorabili, mi avvicino ad un
microfono:
- Grazie,
thank you!
- Grazie a
tutti!
I minuti
scorrono veloci e noi dobbiamo continuare a suonare…
Gli applausi
si placano e riprendiamo con alcuni brani melodici, che dopo i due effervescenti
brani iniziali, vengono molto graditi.
Fine del primo tempo.
Stacchiamo gli
strumenti dagli amplificatori e li riponiamo per cedere il posto agli americani.
Tornano i
The Colors of
Darkness e
torna anche il silenzio in sala…
I presenti
riprendono posto attorno ai tavoli e ricominciano a conversare sommessamente
bevendo i loro drinks.
Noi usciamo
dalla sala ancora euforici e sorridenti e iniziamo darci gran pacche sulle
spalle congratulandoci l’uno con l’altro:
- Bravo
Roberto!… - Bravo Maurizio!… - Antonio, sei stato grande!…
- Hai visto
quello come batteva le mani?!… - E quello che è salito sulla sedia e fischiava
come un matto!??… - Bravo Ugo!… - Grande Raffa!...
- Li abbiamo
stesi! - Cerchiamo Angelo, chiediamogli cosa ne pensa.
Rientriamo
in sala. Angelo stava uscendo dall’ufficio del Sig. Papadopulos, lo prendiamo
sottobraccio e lo portiamo fuori assalendolo con le domande:
– Allora?!
Come ti sembra che sia andata?… - Siamo stati bravi?… - Ti siamo piaciuti?... –
Dai, dicci qualcosa!!…
Angelo porta
le mani avanti con il palmo rivolto verso di noi e dice con un gran sorriso:
- Calma
ragazzi! Calma! Il Sig. Papadopulos mi ha chiamato nel suo ufficio, visto che
sono stato io a presentarvi al Club, per dirmi che vi vorrebbe a suonare qui
tutti i sabato sera, al posto degli americani… molti soci gli hanno fatto questa
richiesta, ma ha un dubbio…sareste capaci di suonare per una intera serata?
Roberto,
quando sente mettere in dubbio le sue capacità musicali o quelle del gruppo,
s’innervosisce e diventa irascibile…con fare minaccioso e il dito indice proteso
in avanti esclama:
- Dì al
“greco” che noi possiamo suonare per quattro ore di fila senza ripetere un solo
pezzo!!!
Seguimmo
Angelo che ci accompagnò tutti dal “greco”, persona squisita ed affabile, e che
dopo averci fatto accomodare ed essersi congratulato per la splendida
esibizione, ci propose un contratto per suonare al Club tutti i sabato sera ed
eventualmente anche in altre occasioni, qualora si fosse presentata una
situazione adatta al nostro genere musicale.
Intanto gli
americani avevano terminato di suonare. Sempre la stessa storia…noi ci
avviciniamo alla pedana per prendere il loro posto, e coprire la seconda mezzora
di pausa con la nostra musica, quando inaspettatamente uno di loro si avvicina
ad Antonio, che conosceva molto bene la lingua inglese, e gli dice:
- Terminate
voi la serata, siete molto più bravi…noi andremo, con grande piacere, a ballare
al suono della vostra musica…
Questo
riconoscimento fatto da chi sembrava il nostro avversario del momento, ci riempì
d’orgoglio e di soddisfazione.