MOAMMAR EL GHEDDAFI
di Antonio Carella
ANTONIO CARELLA
regista cinematografico,
televisivo e
giornalista, da anni
lavora per la
televisione. Ha
collaborato a
trasmissioni quali
MIXER, FILM VERO, GLI
ANNI IN TASCA, SPECIALE
MIXER, CORREVA L’ANNO.
Ha curato, tra l’altro,
inchieste e reportage
sulla mafia, il lavoro
nero, il sangue infetto,
le mine antiuomo, il
disagio mentale, le
stragi di stato. Ha
realizzato documentari e
film che hanno
partecipato a festival
e ricevuto
riconoscimenti.
“Io sono un
beduino
sperduto, che
non possiede
neppure un
certificato di
nascita…
I ricordi
della mia
fanciullezza mi
rivengono alla
mente per
immagini, come
flash di luce…
La gente
dell’accampamento,
i miei genitori,
le sorelle, i
cuginetti, gli
zii...Sono
vissuto fra i
nomadi e i
beduini, sotto
una tenda…e così
ho potuto
conoscere le
difficoltà
quotidiane di
una società
arcaica…Ho
toccato con mano
la realtà dei
bisogni… le
leggi naturali
che regolano la
società beduina…
In un tale
ambiente, queste
leggi si
manifestano
chiaramente: non
c’è alcun
potere del
governo, come
sarebbe
possibile, del
resto? Senza
polizia, senza
prigioni, si
ha una condotta
morale e un
comportamento
sociale
irreprensibili…
”
1969
PRIMO SETTEMBRE:
IL MOVIMENTO DEI
GIOVANI
UFFICIALI LIBERI
DEPONE IL RE
IDRIS E PRENDE
IL POTERE IN
LIBIA. A
GUIDARLI E’ UNO
SCONOSCIUTO
CAPITANO
DELL’ESERCITO:
MUAMMAR
GHEDDAFI. HA 27
ANNI
Alle 6,30 del primo settembre 1969, da radio Bengasi lo sconosciuto ventisettenne capitano dell’esercito Muammar al-Gheddafi, proclama ai due milioni attoniti abitanti della Libia:
“Nel nome di Dio il compassionevole, il misericordioso, o grande popolo libico! …Un sol colpo del vostro eroico esercito ha abbattuto gli idoli e mandato in frantumi le immagini venerate… D’ora in avanti la Libia sara’ considerata una libera Repubblica sovrana, portera’ il nome di Repubblica Araba Libica…”
Il Comitato
Centrale degli
Ufficiali liberi
composto da 12
membri che ha
preso il potere,
ha fatto
scattare
l’”Operazione
Gerusalemme”
nella notte fra
il 31 agosto e 1
settembre, alle
4 del mattino,
dopo le rituali
preghiere ad
Allah, con
un’azione
coordinata di
meno di 1000
uomini.
Alle sette del
mattino e’ tutto
finito.
L’ottantenne re
Idris che
governa la Libia
dal 1952, giorno
della
proclamazione
dell’indipendenza,
e’ stato
deposto.
Il re apprende
la notizia sulla
terrazza
dell’albergo
dove si trova
vacanza con la
regina Fatima
sulle sponde del
mare di Marmara
in Turchia.
Con un ultimo
moto d’orgoglio
si mette in
contatto con il
governo inglese,
sollecitandone
un intervento
militare, in
applicazione del
patto d’alleanza
stipulato nel
1953. Tale patto
pero’
contemplava solo
il caso di
un’aggressione
esterna.
A re Idris non
resta che
abdicare. Ne da’
l’annuncio a
radio Atene.
Il
cinquatatreenne,
principe
ereditario,
Hassan er- Rida’
dopo aver
rinunciato al
trono, annuncia
il suo sostegno
al nuovo regime.
Il bilancio
della
Rivoluzione e’
di un morto e
15 feriti.
E’ stata
un’azione da
manuale, ideata,
programmata e
organizzata nei
minimi dettagli
da un capitano
dell’esercito di
27 anni.
Ma Chi e’ Muammar Gheddafi?
La data esatta e la localita’ dove nasce Gheddafi non sono certe. Probabilmente nasce nel 1942 in un punto del deserto posto ad una ventina di kilometri dal villaggio di Sirte. Sicuramente nasce in una tenda, disadorna, nella solitudine del deserto.
Il padre e’
Mohamed Abdel
Salam Abominiar,
ha quasi 60
anni, quando lui
nasce.
La madre Aisha,
ha avuto 10
figli: sei sono
morti di malaria
in tenerissima
eta’. Gheddafi
e’
l’ultimogenito.
Ha tre sorelle
piu’ grandi:
Salema, Ateqa e
Alzadina.
La sua famiglia ha patito la dominazione italiana e fascista: un nonno e un prozio gli sono stati uccisi. Suo padre riporta parecchie ferite subite durante la lotta contro le truppe degli invasori italiani.
“I miei genitori piangevano quando ricordavano gli anni dell’occupazione italiana…Io non ho vissuto quell’epoca, pero’ ho visto le conseguenze della guerra… Io stesso sono rimasto colpito da una mina italiana…In quell’esplosione sono morti due miei cugini. Quel giorno mi sono salvato per caso…”
Il padre manda a
studiare il
giovane
Gheddafi, prima
nella cittadina
di Sirte e, poi,
a Sebha nella
regione del
Fezzan dove
frequenterà la
scuola media.
Già in quegli
anni si infiamma
nell’ascoltare
per radio la
voce di Nasser
che incita gli
arabi a lottare
contro la
coalizione
anglo-franco-israeliana
che combatte
l’Egitto,
colpevole di
avere
nazionalizzato
il canale di
Suez.
NASSER e’ il suo
mito e un punto
di riferimento
ideale e
politico.
Negli anni del
liceo, fra il
1957 e 1959,
Gheddafi
organizza con i
suoi compagni
manifestazioni
di protesta
panarabe, contro
la dominazione
coloniale,
contro
l’assassinio del
leader congolese
Lumumba.
A diciassette
anni e’ ormai
un leader
riconosciuto da
tutti i suoi
compagni. La sua
figura, già
allora, ha
quell’aura
speciale che in
arabo viene
definita
baraka, e
che in occidente
è chiamata
carisma. Non
beve, non fuma,
non gioca.
Organizza le prime cellule politiche di opposizione al re Idris. Per questo viene espulso dalla scuola.
Negli anni 60 si
trasferisce al
liceo di
Misurata, in
Tripolitania,
dove non e’
riconosciuto il
decreto di
espulsione della
regione di
Fezzan. A
Misurata
continua la sua
attivita’
politica creando
nuove cellule
del Movimento di
opposizione alla
monarchia. Si
appasiona alla
letture
politiche di
Sun Yat Sen, Mao
Zedong. Prova
simpatia per
Fidel Castro. Ha
un’avversione
totale per lo
Stato d’Israele.
E’ negli anni
trascorsi a
Misurata che
Gheddafi matura
la decisione di
preparare un
colpo di stato.
Si iscrive
all’Accademia
Militare di
Bengasi, con
l’intenzione di
formare un
gruppo di
ufficiali
unionisti di
opposizione al
regime di Idris.
Il suo modello
di rivoluzione
si ispira a
quello degli
Ufficiali Liberi
che ha portato
al potere
Nasser, in
Egitto.
Conclusa
l’accademia
Gheddafi viene
inviato in Gran
Bretagna a
Beaconfield ad
un corso di
addestramento di
4 mesi presso il
Genio
Collegamenti
britannico. In
pratica un corso
da
radiotelegrafista.
E’un’esperienza
per lui negativa
:
“Come si puo’ riflettere in un paese dove si hanno sempre delle nubi in testa?”
Dopo la sconfitta e l’umiliazione subite dal suo idolo Nasser nel corso della “guerra dei sei giorni”, il ventisettenne capitano Gheddafi capisce che occorre agire presto e bene. Il regno del vecchio e malato re Idris e’ in disfacimento e la corsa alla successione e’ diventata una gara di velocita’. Oltre al naturale pretendente, il nipote del re, principe Hassan er- Rida’ ci sono vari gruppi pronti al colpo di stato, tra cui quello che fa capo al comandante delle forze armate libiche Abdulaziz esh-Shelhi.
Gli ultimi mesi prima del colpo di stato sono i piu’ difficili. Dopo una serie di rinvii per motivi di opportunita’, Gheddafi decide che l’“OPERAZIONE GERUSALEMME”, questo il nome in codice del colpo di stato, deve scattare tra la notte del 31 agosto e 1 settembre.
Tutto avviene in
poche ore: e’ un
successo che ha
un’immediata
risonanza
internazionale.
La storia della
Libia, da questo
momento, volta
pagina.
Fin dalle prime settimane di potere, Gheddafi alimenta il suo mito rifiutando di abitare la reggia del monarca deposto. Va a vivere sotto una tenda fatta installare nella caserma fortezza di Bab al’ Aziziyyah a Tripoli.
“La tenda e’ un simbolo della vita semplice. Io personalmente sono vissuto in tenda fin dall’inizio della mia vita e ancora oggi non sono riuscito ad abituarmi a vivere in luoghi lussuosi.” Confessera’ ad un giornalista italiano nel corso di una intervista.
E’ in questa
tenda che riceve
i corrispondenti
e gli inviati
accorsi da ogni
parte del mondo.
Gheddafi rivela
fin dai primi
contatti con i
mass-media una
straordinaria
capacita’ di
usarli e
strumentalizzarli
a suo favore.
“Di me non diro’ niente se non che sono poverissimo e di questo sono molto fiero” dira’ ad un giornalista francese curioso della sua vita privata.
In effetti il
gruppo di 12
militari, tutti
al di sotto dei
trent’anni, che
ha guidato la
rivoluzione non
appartiene ne’
all’entourage
aristocratico
del sovrano, ne’
alla ricca
borghesia degli
affari cresciuta
sulle fortune
del petrolio.
Sono quasi tutti
figli di beduini
poveri e nomadi,
di contadini. E’
un altro dei
motivi della
compattezza del
gruppo di
cospiratori,
perlomeno nella
prima fase della
Rivoluzione.
A Washington il
presidente Nixon
ed il
consigliere
presidenziale
Henry Kissinger
accolgono con
evidente
preoccupazione
la notizia del
colpo di stato.
La posizione
strategica della
Libia nel cuore
del bacino
mediterraneo,
con la presenza
di seimila
militari
statunitensi e
4000 famigliari
della base aerea
di Wheelus
Field, e
l’importanza
delle sue
ricchezze
petrolifere,
creano
apprensione alla
Casa Bianca.
Gli Stati Uniti
stanno vivendo
un momento
difficile per
l’estendersi
della guerra in
Indocina e per
la guerra di
logoramento
israelo-egiziana
sul Canale di
Suez. Non
possono che
valutare che con
preoccupazione
l’avvento del
nuovo regime,
anche se il
dichiarato
panarabismo e la
fedelta’
all’Islam sono
considerati una
garanzia
sufficiente in
funzione
antisovietica.
La Libia e’ un
paese immenso,
grande sei volte
l’Italia, ma
desertico al
95%. La sua
unica ricchezza
e’ il petrolio,
il cui
sfruttamento
inizia alla fine
degli anni 50.
Dagli anni 60’
in poi, per
effetto della
chiusura del
canale di Suez,
le Compagnie
Petrolifere
Internazionali,
le famosi sette
sorelle, “sciamavano
come api verso
l’alveare libico”
dira’ un
commentatore e
giornalista
inglese .
Il re Idris fin
dal 1953, ne
aveva
autorizzato la
ricerca e il
successivo
sfruttamento.
Intorno alla sua
corte fiorisce
una rete di
avidi
procacciatori
d’affari che si
arricchiscono
senza troppi
scrupoli
sfruttando le
opportunita’
offerte dall’oro
nero.
Fin dai primi
giorni si
precisa la
fisionomia del
nuovo regime
libico:
nazionalista e
riformista
all’interno,
anti-imperialista
e panarabo in
politica estera.
Liberta’,
Unione,
Giustizia
sociale sono i
principi su cui
Gheddafi intende
fondare il suo
governo.
Nei primi giorni
di novembre
vengono
libicizzati con
l’acquisizione
del 51% delle
azioni il Banco
di Roma, il
Banco di Napoli,
la Barclay Bank,
l’Arab Bank.
Il Consiglio del
Comando della
Rivoluzione
impone un
aumento dei
salari degli
operai libici
impiegati nel
settore del
petrolio. Il
nuovo regime
proclama la
lotta contro
ogni forma di
nepotismo, di
corruzione, di
speculazione.
Vengono
dimezzati gli
emolumenti dei
ministri, il
trasferimento
all’estero dei
fondi degli
stranieri sono
limitati al 60
per cento.
L’alcol e
l’importazione
dei liquori, che
garantiva un
giro d’affari di
diversi
miliardi,
vengono vietati.
Sono chiusi i
locali notturni
e i casino’.
Nelle scuole e’
proibito
l’insegnamento
dell’inglese e
imposto l’uso
esclusivo
dell’alfabeto
arabo.
Nel dicembre del
1969 Gheddafi
sposa Fathiah,
la figlia di un
alto ufficiale
del disciolto
esercito
monarchico. Il
matrimonio non
dura a lungo. Da
Fathiah
nascera’
Mohamed, il
primo dei suoi
cinque figli.
Gheddafi
sposera’ in
seconde nozze
Safyah, un’ex
infermiera.
Nel frattempo
continua la sua
battaglia per
liberare la
Libia da ogni
dipendenza
straniera. Il
simbolo piu’
significativo di
tale presenza
sono le basi
militari
americane e
inglesi.
Il 23 dicembre
del 1969
americani e
libici trovano
un accordo:
entro il giugno
del 1970 la base
di Wheelus Field
sara’ evacuata..
Il Paese
festeggia la sua
“entrata
nell’era della
indipendenza”
con
manifestazioni
popolari cui
partecipano
quasi tutti i
capi di stato
del mondo arabo.
Un ulteriore
passaggio per
liberare la
Libia dai
residui del
colonialismo e’
la cacciata
degli italiani.
Il rapporto di
Gheddafi con
l’Italia sara’
sempre di amore
e odio. Nella
sua memoria
sono radicati i
ricordi delle
sofferenze
patite dalla sua
famiglia durante
la dominazione
italiana. Non si
puo’ prescindere
da questo
semplice dato,
per valutare
l’atteggiamento
di Gheddafi
verso il nostro
paese.
“La Libia deve essere ripulita dai residui del colonialismo italiano. Voglio che se ne vadano al piu’ presto”, dira’ nel giugno del 1970.
Ed entro il
luglio dello
stesso anno
migliaia di
italiani sono
costretti ad
abbandonare il
paese. La
comunita’
italiana che
alla fine della
guerra superava
le 45 mila
unita’ si riduce
a meno di 500
presenze. Sono
gli italiani
ritenuti “buoni”
dalla
Rivoluzione.
Agli italiani
vengono
confiscati tutti
i beni, edifici,
negozi, terreni,
mezzi di
trasporto,
macchinari,
animali. La
cattedrale di
Tripoli viene
trasformata in
una moschea
intitolata a
Nasser, il cui
ritratto e’
posto
sull’altare.
Ma non e’ tutto.
Gheddafi chiede
al governo
italiano un
ulteriore
indennizzo per i
danni di guerra
subiti dal suo
paese ritenendo
irrisori quelli
versati nel 1956
a re Idris.
Sara’ l’inizio
di un lungo
contenzioso che
si protrarra’
per molti anni
con i
responsabili
della Farnesina.
E ogni anno, in
ottobre, alla
ricorrenza dello
sbarco italiano
in Libia, il
leader libico
riproporra’ con
toni piu’ o meno
minacciosi il
tema dei
risarcimenti,
che vorrebbe
accompagnati da
una precisa
ammissione di
colpa da parte
dell’Italia dei
danni provocati
dal
colonialismo.
Dopo le basi
militari
straniere e la
questione
italiana l’altro
decisivo fronte
aperto da
Gheddafi e dal
suo braccio
destro Jallud
e’ quello del
petrolio.
“Nessun potere al mondo puo’ negarci il diritto di nazionalizzare i nostri campi petroliferi o di cessare di pompare il nostro petrolio, del quale possiamo fare cio’ che vogliamo…” dichiara Gheddafi.
Quando il
Consiglio del
Comando della
Rivoluzione,
appena preso il
potere avvia la
battaglia per il
controllo delle
risorse
petrolifere del
paese, la Libia
era la maggiore
produttrice di
petrolio del
continente
africano.
Dopo aver
imposto un
sostanziale
aumento delle
royalties alle
grandi
multinazionali,
Texaco, Standard
Oil, Shell, BP,
Mobil,
l’obiettivo di
Gheddafi e’ la
nazionalizzazione
di quelle
compagnie che si
dimostrano
refrattarie alle
imposizioni
delle nuove
tariffe imposte
dal governo
rivoluzionario.
Nel 1970, durante una riunione di suoi commilitoni il capitano Gheddafi viene alla unanimita’ promosso colonnello.
Dal 1970 al 1973 Gheddafi, appoggiato dal fedele ministro Jallud, inizia una metodica politica di riappropriazione delle risorse di petrolio del paese.
Ad operazione
conclusa nel
1973, Gheddafi e
Jallud hanno
centrato il loro
obiettivo: in
Libia operano
ormai soltanto
le piccole e
medie compagnie
che hanno
accettato il
diktat
libico. Delle
famigerate sette
sorelle in Libia
non c’e’ piu’
traccia.
La NOC la nuova
compagnia
petrolifera
libica controlla
il 70% della
produzione del
greggio e svolge
funzioni di
produzione
raffinazione e
distribuzione di
tutto il
petrolio
estratto nel
paese.
1973
SCOPPIA LA
GUERRA
ARABO-ISRAELIANA
DEL KIPPUR.
GHEDDAFI
NAZIONALIZZA
IL 51%
DEL
PATRIMONIO
DELLE
MULTINAZIONALI
PETROLIO .
ESCONO I PRIMI
CAPITOLI DEL
LIBRO VERDE.
La guerra del
petrolio e’
vinta.
Tutto
l’Occidente, nel
1973, e’ in
ginocchio a
causa della
prima grave
crisi
petrolifera di
cui cade vittima
per le nuove
misure adottate
dall’OPEC che
riunisce i 13
paesi maggiori
produttori di
petrolio, di cui
la Libia fa
parte.
Il prezzo del
greggio e’
quadruplicato.
Il leader libico
puo’ ora
dedicarsi ad uno
dei suoi
progetti piu’
esaltanti:
l’unificazione
dei paesi arabi
in un’unica
grande Patria
che vada
dall’atlantico
al Golfo
Persico.
Gheddafi
concepiva la
Libia come una
specie di regno
sardo-piemontese
animatore
dell’unificazione
araba. Nei primi
15 anni del suo
regno cerchera’
per sette volte
di realizzare
l’unificazione
del mondo arabo.
“Dinanzi
all’Europa che
sta per unirsi,
agli Stati Uniti
e al blocco
sovietico
l’unita’ araba e
la creazione di
un insieme
arabo-africano
sono una
necessita’.
Africani e arabi
non hanno altra
scelta che
quella di
mettere in
comune le loro
risorse e di
unirsi se essi
vogliono restare
se stessi per
raccogliere la
sfida del mondo
moderno…”
dichiara in
un’intervista a
“Le Monde” nel
1973.
E’ a Nasser che Gheddafi rivolge da subito la sua attenzione come interlocutore privilegiato per tale progetto. Nasser e’ il personaggio politico arabo che ha ispirato la sua rivoluzione. Da sempre e’ il suo punto di riferimento per la realizzazione dell’unita’ araba. Non bisogna dimenticare i tentativi fatti dal rais per realizzare la Repubblica Araba Unita (RAU) con la Siria, che dura appena tre anni dal 1958 al 1961 e fallira’ a causa del colpo di stato di Hassad in Siria.
Nel dicembre 1969, a soli due mesi dalla presa del potere, quando i due leader si incontrano, Nasser e’ gia’ al tramonto della sua parabola politica. Malato e deluso delle conseguenze disastrose della guerra “dei sei giorni” del 1967 con gli israeliani, firma senza troppa convinzione un progetto di federazione tra Egitto, Libia e Sudan.
Poco meno di un anno dopo, il rais egiziano muore, ma Gheddafi non rinuncia al suo sogno ambizioso.
L’interlocutore
questa volta e’
Anwar al-Sadat,
che succede a
Nasser. Con lui
riprende a
tessere la tela
dell’Unione
Araba. Riesce a
strappargli la
promessa della
proclamazione
dell’Unione
delle
Repubbliche
Arabe, che non
verra’ mai
realizzata e
impiega tutte le
sue energie per
convincerlo a
fare dell’Egitto
e della Libia
una sola
nazione.
Sadat per un po’
asseconda le
ambizioni di
Gheddafi, ma la
sua politica lo
sta portando a
sperimentare
altre strade.
In verita’, il
leader egiziano
non ha mai
stimato gran che
Gheddafi: nel
1971 aveva
concesso la
nazionalita’
egiziana all’ex
re di Libia
Idris e nel 1976
nel periodo
piu’critico dei
rapporti
libico-egiziani
giungera’ a
definirlo il
“pazzo di
Tripoli”.
Quando il 6
ottobre del 1973
Gheddafi
apprende dalla
televisione che
Sadat e il
siriano Assad
hanno scatenato
la quarta guerra
del Kippur
contro Israele
senza neppure
consultarlo, si
sente tradito e
profondamente
colpito nel suo
orgoglio di
arabo.
Tra l’altro,
sembra che gran
parte
dell’arsenale
utilizzato da
egiziani e
siriani sia
stato fornito
dalla Libia.
La guerra
durera’ 16
giorni. Dopo una
situazione
favorevole agli
eserciti
sirio-egiziani,
che sfruttano
l’elemento
sorpresa,
l’esercito
israeliano,
forte degli
immediati aiuti
militari degli
Stati Uniti,
passa alla
controffensiva e
costringe gli
arabi ad un
armistizio.
Gheddafi con
sarcasmo
definira’ il
conflitto una
“guerra da
operetta”.
Respinto ad
Ovest nel suo
progetto di
unita’ araba, il
leader libico
pensa di
prendersi una
rivincita ad
Est.
Nel gennaio 1974
insieme al
presidente Habib
Bourghiba
sottoscrive a
Djerba un
accordo che
unisce la Libia
e la Tunisia in
una sola
nazione, la
Repubblica Araba
Islamica.
Passano tre
giorni dalla
solenne
proclamazione
della Repubblica
islamica, e
Bourghiba manda
a monte gli
impegni presi,
pare consigliato
dal presidente
algerino
Boumedienne, che
teme la presenza
di un aggressivo
Gheddafi ai
confini
dell’Algeria.
Bourghiba corre
in Svizzera a
sottoporsi agli
annuali
controlli medici
e Gheddafi lo
insegue
precipitosamente
fino a Ginevra,
senza ottenere
alcun risultato.
Ancora una volta l’idea di realizzare una grande nazione araba sulle sponde del mediterraneo gli viene negata. Nonostante l’ennesima delusione il leader libico non rinuncera’ mai definitivamente a questo suo sogno.
Il periodo compreso tra il 1973 e il 1976 e’ di frenetica attivita’ per il giovane leader libico. Trova anche il tempo di elaborare la “TERZA TEORIA UNIVERSALE”, che, nei suoi intenti, deve contrapporsi alle dominanti ideologie del capitalismo e del socialismo. Questo suo sforzo teorico portera’ alla pubblicazione del famoso “LIBRO VERDE” prodotto in 53 lingue e stampato in milioni di esemplari.
“Lo sciovinismo e l’egoismo sono caratteristiche dei governi atei, la TERZA VIA universale respinge entrambi questi vizi e predica la fratellanza umana”
Al di la’ delle facili critiche il LIBRO VERDE e’ una delle poche risposte del mondo arabo islamico alle teorie politiche dell’occidente. Fra i vari temi affrontati un posto di rilievo occupa l’attacco al sistema parlamentare ed ai partiti:
“Il Parlamento e’ una rappresentanza ingannatrice del popolo ed i sistemi parlamentari costituiscono una falsa soluzione del problema della democrazia… Il partito e’ la dittatura contemporanea…poiche’ rappresenta il potere di una parte sul tutto… L’esistenza di piu’ partiti inasprisce la lotta per il potere, che si risolve nella distruzione di ogni conquista del popolo…”
In alternativa Gheddafi identifica nella “democrazia diretta ” il suo metodo ideale di governo, che egli vede articolata in un sistema di “Congressi e Comitati popolari” che confluiscono nel “Congresso Generale del Popolo”.
“ Il Libro Verde presenta la soluzione definitiva del problema dello strumento di governo” proclama ambiziosamente Gheddafi.
“Non inventate l’elettricità, l’ hanno già fatto - commentera’ sarcasticamente un famoso commentatore politico egiziano - vi si chiede di saperla utilizzare non di scoprirla”.
E’ nel celebre discorso che pronuncia in Tripolitania, a Zuara al Garbia, il 15 aprile 1973, giorno della nascita di Maometto, che Gheddafi precisa e da’ avvio alla sua “Rivoluzione Culturale”. Quella data per lui rappresenta il vero inizio della Rivoluzione Libica.
Ispirandosi a Mao Zedong, Gheddafi promuove ed incita il suo popolo ad un radicale cambiamento delle strutture e delle istituzioni dello Stato. E’ con questo discorso che rimette ogni potere nelle mani dei Comitati Popolari, il cui compito sara’ quello di ristabilire l’ordine rivoluzionario.
Come immediata
conseguenza di
tutto ciò, sono
messi al bando i
nemici della
rivoluzione da
lui identificati
nei comunisti,
nei fratelli
mussulmani, nei
nostalgici della
monarchia. Un
migliaio di
oppositori sono
incarcerati.
Una mano
altrettanto
pesante
Gheddafi ha con
gli ulema,
i depositari
della legge
islamica.
Riducendoli al
silenzio,
rivendica una
propria
rilettura del
Corano che si
concili con il
proprio pensiero
politico.
Non meno feroce
e’ la sua
critica della
cultura
occidentale. Fra
gli altri,
finiscono al
rogo i libri di
Sartre,
Baudelaire,
Graham Greene,
Henry James, D.H
Laurence.
Mentre promuove
questi radicali
cambiamenti, c’è
chi, però, nelle
sue stesse fila,
trama contro di
lui.
Si contano a
decine i
tentativi di
complotti e
attentati contro
la sua persona
ed il suo regime
organizzati
dall’interno e
dall’esterno
della Libia nei
30 anni e più di
potere di
Gheddafi.
Nel 1975
un’opposizione
interna al
Consiglio del
Comando della
rivoluzione,
guidata da tre
dei famosi 12
ufficiali che
hanno guidato la
rivoluzione del
1969, organizza
un colpo di
stato. I
cospiratori
raccolgono il
malcontento di
molti che non
sono
assolutamente
d'accordo con i
movimenti di
destabilizzazione
promossi dal
loro leader in
alcuni paesi
arabi moderati.
Fallito il
putsch due
dei responsabili
saranno
arrestati, il
terzo Omar al
Meheishi,
ministro della
Pianificazione,
troverà rifugio
dapprima in
Tunisia e poi in
Egitto dove,
protetto da
Sadat organizza
una fazione di
oppositori al
regime libico.
Questo e’ un
ulteriore motivo
di peggioramento
dei rapporti
tra Egitto e
Libia che dopo
il fallimento
dell’Unione
giungono ad una
vera e propria
guerra di
frontiera nel
luglio 1977.
Truppe egiziane
varcano il
confine ed aerei
egiziani
bombardano la
base militare di
Al Adem.
L’obiettivo
dichiarato di
Sadat e’ di far
crollare il
regime del
Colonnello
Gheddafi. La
guerra durerà
solo 4 giorni
con un centinaio
di morti.
Ma lo scontro
tra Gheddafi e
Sadat continua
sul piano
politico.
Quando il 17
settembre 1978
il presidente
Sadat firma
l’accordo di
pace con Israele
a Camp David,
Gheddafi
accusera’ il
capo di stato
egiziano di “alto
tradimento”
della causa
palestinese e
dara’ vita al
“Fronte del
rifiuto” da
parte degli
Stati Arabi in
funzione
anti-israeliana.
E’ la fine
dell’abbandono
della sua
politica di non
allineamento e
l’inizio di un
progressivo
avvicinamento
all’area di
influenza
dell’Unione
Sovietica.
Sicuramente
Gheddafi non
avrà provato
rammarico il 6
ottobre 1981
quando Sadat
viene
assassinato dal
tenente di
artiglieria
Khaled
al-Islambouli,
appartenente al
gruppo
integralista dei
Fratelli
Mussulmani.
Uno degli obiettivi del leader libico, la costruzione di uno stato, socialista ed islamico, ha nel 30 dicembre 1976, una data storica. In un importante discorso televisivo, Gheddafi dà l’annuncio della nascita della Jamahiriyya araba libica popolare e socialista. E’ la proclamazione che il potere in Libia e’ in mano alle masse popolari.
Il Colonnello
rinuncia, da
questo momento,
ad ogni carica
ufficiale,
politica e
istituzionale.
Diventerà più
semplicemente la
“Guida della
Rivoluzione”.
In effetti, nulla, ancor oggi, viene deciso in Libia senza la sua personale approvazione.
Tutto si può dire di Gheddafi, tranne che non sia un personaggio politico imprevedibile e alla ricerca di strategie che molte volte colgono di sorpresa anche gli osservatori più attenti: il primo dicembre 1976, tra lo stupore di tutti, sia nel mondo politico, sia di quello industriale, acquista il 10% delle azioni FIAT, versando alla casa automobilistica torinese 415 milioni di dollari. Paga i relativi titoli 4 volte il loro valore di borsa.
Altri progetti miliardari vengono stipulati in questi anni tra Libia e industrie italiane. I più importanti sono con la SNAM PROGETTI per la costruzione di raffinerie e di un impianto di produzione di ammoniaca secondo la sperimentata formula delle “chiavi in mano”.
Uno degli artefici dei rinnovati interessi commerciali tra Italia e Libia e’ sicuramente Giulio Andreotti, in qualita’ di Presidente del Consiglio prima e Ministro degli Esteri, poi.
Se l’unificazione della nazione araba è uno degli obiettivi perseguiti da sempre da Gheddafi, ce ne sono almeno altri due che hanno dettato tempi e scelte della sua politica internazionale: liberare l’Africa dagli ultimi retaggi del colonialismo europeo e restituire una patria ai palestinesi cancellando lo Stato di Israele.
Per seguire
questi obiettivi
Gheddafi si
sobbarca durante
gli anni 70 e 80
una serie di
impegni
economici e
militari con una
ventina di
movimenti di
liberazione:
dall’OLP di
Arafat al fronte
eritreo di
liberazione, dai
guerriglieri del
Polisario ai
terroristi
dell’IRA, dal
Movimento
democratico
dell’Angola ai
Kanak della
Nuova Caledonia.
In tutti questi
anni non c’e’
movimento di
liberazione al
mondo che non
abbia avuto un
sostegno
economico o
militare dalla
Libia.
Sempre in questi
anni, Gheddafi
scatena più di
una guerra in
Africa. La più
lunga e
disastrosa,
durerà oltre 20
anni, dal 1973
al 1994: è
quella contro il
Ciad.
Approfittando
della guerra
civile che
dilania quel
paese dal 1965,
Gheddafi
garantisce
l’appoggio
militare al capo
di stato
ciadiano Goukuni
Oueddei contro
il suo rivale
Hissein Habre’.
In realta’
l’intento di
Gheddafi e’
occupare la
striscia di
territorio di
Aouzou che
considera da
sempre un’oasi
libica e che può
diventare una
specie di ponte
libico verso il
Centro Africa.
Senza
tralasciare che
questo
territorio e’
estremamente
ricco di uranio.
Gheddafi stipula
un accordo con
Oueddei per
realizzare
un’unita’
completa tra i
due paesi nella
prospettiva di
creare una
futura
Repubblica Araba
Sahariana.
Questa decisione
scatena le
reazioni della
Francia di
Mitterand che
teme e
disapprova le
mire
espansionistiche
africane di
Gheddafi.
Mitterand fara’
affluire 3500
soldati francesi
a difesa di
Hissein Habre’,
che nel
frattempo ha
deposto Oueddei,
che trova
rifugio a
Tripoli.
Dopo alterne
vicende, durate
vent’anni, che
porteranno ad
una pesante
disfatta
dell’esercito
libico con
migliaia di
morti e
centinaia di
moderni mezzi
militari
perduti, il 3
febbraio 1994
Gheddafi
accettera’,
infine, le
decisioni della
Corte
Costituzionale
dell’Aia e
rinuncera’
definitivamente
alle sue pretese
territoriali sul
Ciad.
Questa guerra ha
ingoiato
migliaia di
miliardi delle
casse dello
stato libico ed
e’ motivo, ancor
oggi, di gravi
malumori del suo
popolo.
Insieme alla fama, non sempre limpida e disinteressata, di sostenitore dei popoli oppressi, Gheddafi vede crescere negli Stati Uniti e in Europa, anche quella di Principe del Terrorismo internazionale.
I primi documenti in cui si parla delle supposte attivita’ terroristiche di Tripoli risalgono ad ambienti americani e inglesi e datano il 1974.
Alcuni membri del Consiglio del Comando della Rivoluzione sono ritenuti i mandanti degli attacchi agli aeroporti internazionali di Atene dell’agosto 1973 con quattro morti e 55 feriti e di Fiumicino del dicembre dello stesso anno dove perdono la vita 32 persone e 18 rimangono ferite. Entrambi gli attentati sono rivendicati dai palestinesi, ma americani e inglesi ritengono che dietro di essi ci sia Gheddafi.
Gheddafi e’ entrato, ormai, nel mirino della CIA. In un rapporto del 1981 la CIA individua nel governo libico uno dei principali responsabili dei circa 760 atti terroristici avvenuti nel solo 1980:
“La Libia e’ oggi uno dei massimi fattori di disgregazione della politica e della legalita’ internazionali” afferma il consigliere del Segretario di Stato americano Henry Kissinger.
Nel 1985 il Dipartimento di Stato americano pubblica un Libro Bianco sull’opera di destabilizzazione internazionale attuata dalla Libia:
“Tripoli gestisce numerosi campi di addestramento per terroristi - si dice, tra le altre cose nel documento- ha piani per assassinare leader arabi moderati, colpevoli ai suoi occhi di non voler proseguire la lotta militare contro Israele, protegge il gruppo terrorista di Abu Nidal…ha dato asilo al famigerato terrorista Carlos, responsabile di numerose azioni, tra cui la cattura dei ministri dell’OPEC tenuti in ostaggio a Vienna nel 1975…La ferma volonta’ di Gheddafi e’ di colpire gli interessi degli Stati Uniti e di diffondere la sua filosofia rivoluzionaria…
In altri
rapporti
pubblici e
segreti Gheddafi
e’ accusato di
sovvenzionare
l’ETA basca, la
banda Bader
Meinhof in
Germania, i
terroristi di
Ordine Nuovo,
Prima Linea e le
Brigate Rosse in
Italia, di avere
rapporti quanto
meno ambigui con
alcuni ex-agenti
della CIA che
gli procurano
armi e gli
addestrano i
terroristi
arabi.
Senza contare la
caccia agli
oppositori che
il suo regime
scatena in
Europa:
dall’aprile al
giugno 1980 sono
uccisi 4
commercianti
libici a Roma,
un giornalista
ed un avvocato a
Londra ed altri
sono uccisi a
Bari, Atene,
Beirut.
Come si difende Gheddafi da questi durissime accuse?
“Innanzitutto il governo americano non e’ legittimato a parlare di terrorismo - dichiara ad un giornalista del Time nel 1981 - dal momento che lo pratica piu’ di chiunque altro…Dovrebbe correggere il proprio comportamento prima di sindacare quello degli altri…Piu’ volte abbiamo sottolineato che siamo contrari al terrorismo vero e proprio…Non c’e’ alcun rapporto tra i movimenti di liberazione e le bande dei terroristi…”
Ed in un’intervista concessa ad Hamid Barrada nel 1983 si difende ancora una volta attaccando:
“…I sionisti che
dominano i
mass-media
seminano
deliberatamente
confusione,
gettano
discredito sulla
lotta legittima
dei popoli e in
modo particolare
su quello
palestinese…E’
il sionismo che
ha deciso nel
1948 che gli
ebrei dovevano
essere nemici
degli Arabi
obbligando gli
arabi a
combattere gli
ebrei…”
Vere o false che
siano le accuse
che gli vengono
rivolte, e’
indubbio che la
Libia nel giro
di pochi anni
diviene il paese
piu’ armato
dell’Africa. I
proventi del
petrolio
permettono,
infatti, a
Gheddafi di
allestire uno
degli eserciti
piu’ moderni
dell’intero
continente
africano.
All’inizio degli
anni 80 con un
esercito di soli
30 mila uomini,
possiede 3000
carri armati,
2000 velivoli
blindati, 1500
cannoni, 300
caccia,
centinaia di
velivoli di
addestramento,
trasporto e
ricognizione, 30
unita’ della
marina ed un
numero
imprecisato di
missili di ogni
tipo.
Fra i suoi
fornitori di
armi figurano in
prima fila
l’Italia,
seguita dalla
Francia, Gran
Bretagna, Unione
Sovietica,
Cecoslovacchia.
E’ in questo clima di continue tensioni, guerre, accuse di terrorismo che il 27 giugno 1980 precipita nel mare di Ustica un DC9 dell’Itavia, colpito da un missile francese o americano, nel corso di una operazione “coperta” che avrebbe avuto come obiettivo l’eliminazione del colonnello Gheddafi. Il fallito attentato provochera’ 81 morti . Oltre alle inevitabili polemiche ed alle infinite indagini e processi che si trascineranno nel nostro paese per anni, l’episodio e’ il segno che ormai il clima dei rapporti fra Stati Uniti e Gheddafi va verso un progressivo deterioramento.
La mediazione
libica richiesta
dal presidente
Carter nel corso
della crisi
iraniana del 79,
con la presa in
ostaggio di
sessanta
funzionari
americani
dell’ambasciata
a Teheran, non
ha migliorato i
rapporti tra i
due paesi.
La situazione
peggiorera’
ulteriormente
con l’elezione a
presidente degli
Stati Uniti del
repubblicano
Ronald Reagan,
che avviene nel
novembre 1980.
Appena arrivato
alla Casa
Bianca, Ronald
Reagan decide
di espellere
dagli Stati
Uniti l’intero
corpo
diplomatico
libico.
Il Segretario di
Stato generale
Alexander Haig
dichiara nel
maggio 1981:
“I redditi del petrolio della Libia sono quasi eslusivamente consacrati all’acquisto di armamenti, all’addestramento dei terroristi internazionali e ad interventi diretti negli Stati del nord-est dell’Africa, il piu’ recente dei quali in Ciad” ed invita tutto l’Occidente ad un’azione coordinata contro il leader libico.
In realta’ il
Dipartimento di
Stato e la CIA
stanno
progettando il
modo per
rovesciare il
regime di
Gheddafi per
rafforzare la
propria presenza
nel Mediterraneo
e dare una
risposta forte
agli Stati Arabi
del “Fronte del
Rifiuto”, nella
prospettiva
dell’apertura di
una via di
comunicazione
nel Golfo
Persico. Si sta
ridisegnando la
strategia della
presenza
statunitense
nell’area Medio
Orientale.
La tensione fra
i due paesi
giunge al suo
apice quando nel
corso delle
esercitazioni
aereo-navali
della Sesta
Flotta
americana, che
si svolgono nel
golfo di Sirte
il 19 agosto
1981, due caccia
bombardieri
americani
abbattono due
caccia Sukoi
libici in
missione di
esplorazione.
La reazione di
Gheddafi arriva
alcuni giorni
dopo. Accusa
Reagan di
essere un “attore
fallito” ed
un “politico
incompetente”
e minaccia;
“La Sicilia e la Grecia ascoltino e cosi’ tutta l’Europa occidentale. E ci credano quando diciamo che sono in serio pericolo, poiche’ in esso sono coinvolti dall’America…”
Il piano americano per eliminare Gheddafi e’ ormai messo in atto. Si tratta di attendere il momento opportuno. Reagan vuole isolare Gheddafi ed il suo regime demolendone la credibilita’ e demomnizzandolo come un “un cancro che deve essere estirpato”.
Nel luglio del 1985 un commando palestinese sequestra il transtlantico “Achille Lauro” con 454 persone a bordo. Nelle fasi concitate del sequestro viene ucciso e gettato in mare un invalido americano, di origine ebrea. Il capo del comando e’ Abu Abbas. A causa sua scoppiera’ la crisi di Sigonella fra Stati Uniti e Italia.
Quello stesso
anno, durante le
feste di Natale,
altri terroristi
palestinesi
guidati da Abu
Nidal lanciano
bombe a mano
contro i banconi
della “El Al” e
della “Twa”
all’aeroporto di
Fiumicino: ci
sono 16 morti e
77 feriti. E
nella sala
transiti
dell’aeroporto
di Vienna un
altro commando
palestinese
provoca due
morti.
Paventando
eventuali
ritorsioni
contro il suo
paese, Gheddafi
ammonisce gli
Stati Uniti:
“Se Abu
Nidal, Arafat e
Gheddafi sono
dei terroristi
allora lo sono
stati anche
Washington,
Lincoln,
Garibaldi,
Cavour, Mazzini”
Nella primavera dell’86, nel corso di manovre militari americane nel Golfo di Sirte dei missili sono lanciati contro aerei americani. Immediata la reazione statunitense: vengono colpite basi missilistiche e postazioni radar libiche.
Qualche giorno
dopo, il 2
aprile scoppia
una bomba su un
Boeing della Twa
in volo tra Roma
e Atene: ci sono
4 morti.
Passano tre
giorni e, a
Berlino Ovest,
in una discoteca
frequentata da
soldati
americani
scoppia un
ordigno: muore
un sergente
americano ed una
donna turca. I
feriti sono 230.
A
questo punto il
presidente
americano
Reagan, rompe
ogni indugio e
mette in atto
quello che da
tempo aveva
programmato.
In aprile
scatta una
operazione
diretta contro
la Libia. Il suo
nome in codice
e’: “Operazione
Colorado Canyon”
Partendo dalle
basi aeree
inglesi di
Mildehall e
Fairfard della
Royal Air Force,
44
cacciabombardieri
alle 2 di notte
del 15 aprile
sono affiancati
da altri 26
caccia alzatesi
in volo dalle
portaerei
americane Coral
Sea e America.
Gli obiettivi da
colpire sono 5:
gli aeroporti
militari di
Tripoli e
Bengasi, una
base
missilistica in
Cirenaica e la
caserma di Bab
al’ Aziziyyah,
dove vive
Gheddafi con la
sua famiglia.
1986
GLI AMERICANI
BOMBARDANO
TRIPOLI E
BENGASI:
L’OBIETTIVO E’
L’UCCISIONE DI
GHEDDAFI CHE
SI SALVA
MIRACOLASAMENTE
Le bombe da 272
e 952 kili a
guida laser
danneggiano
gravemente gli
uffici della
caserma dove
vive Gheddafi,
ma colpiscono
anche obiettivi
civili: le
ambasciate di
Francia,
Austria,
Finlandia.
Il raid causa
una cinquantina
di morti, tra
cui la figlia
adottiva di
Gheddafi. Sono
feriti, Safyah,
moglie di
Gheddafi e due
dei suoi figli,
Seif al-Islam e
Saadi.
Nessuno dei 535 caccia libici si alza in volo. Due missili Scud lanciati contro la base militare di Lampedusa finiscono in mare fallendo il bersaglio.
Gheddafi per un giorno intero non compare in pubblico, tanto da rendere credibile l’ipotesi di una sua uccisione o di un golpe per rovesciarlo. Solo il giorno dopo parlera’ in televisione:
“Non potevo immaginare che in questo secolo ci fossero dei barbari che progettavano di attaccare la mia famiglia nel sonno…La casa e’ crollata… e’ diventata un ammasso di macerie. Mi sono precipitato a salvare i bambini, era difficile farsi strada tra le bombe e le fiamme…mia moglie era immobilizzata per un’ernia del disco…” dichiarera’ a dei giornalisti occidentali ad alcuni giorni di distanza.
Dal canto suo, Ronald Reagan non puo’ fare a meno di dimostrare tutta la sua soddisfazione per il parziale successo dell’operazione il cui obiettivo principale, l’uccisione di Gheddafi, e’ tuttavia fallito.
“Oggi abbiamo fatto cio’ che dovevamo fare. Se necessario, lo rifaremo in futuro. Gheddafi contava che l’America sarebbe rimasta passiva dinanzi l’ondata di Terrorismo da lui orchestrata. Ebbene si e’ sbagliato…”
In Italia,
intanto, e’
scattata la
massima
all’erta.
Il presidente
del Consiglio
Bettino Craxi,
ha parole di
condanna per
l’operato degli
Stati Uniti. Nel
frattempo a
Tripoli viene
arrestato il
vescovo
cattolico
Giovanni
Martinelli,
insieme ad
alcuni dirigenti
dell’Impresit.
Come ritorsione contro l’Italia, gli Stati Uniti bloccano la fornitura della FIAT per 178 trattori per il corpo dei marines. A questo punto i dirigenti FIAT ritengono che sia giunto il momento di ricomperare la quota azionaria detenuta dalla Libyan Arab Foreign Investment Company: e’ quello che accade il 23 settembre 1986.
Ma e’ proprio vero che il Colonnello Gheddafi sia lo stratega occulto del terrorismo internazionale, come afferma Ronal Reagan?
Gia’ Bob Wodward il famoso giornalista che fece esplodere il caso Watergate, che costrinse Nixon alle dimissioni, aveva sollevato dubbi sulla matrice libica di molti attentati che gli Stati uniti hanno accreditato a Gheddafi. Compreso quello della discoteca di Berlino che sembrerebbe avere responsabilita’ siriane.
Ad un mese dal
bombardamento di
Tripoli nuove
prove emergono
sugli ultimi
episodi di
terrorismo nel
mondo.
L’unico
terrorista
sopravvissuto
all’attentato di
Fiumicino del
1985 dichiara
agli inquirenti
italiani che
l’ideatore del
piano e’ Abu
Nidal e che i
mandanti e
finanziatori
sono siriani.
Damasco e non
Tripoli sembra
essere, quindi,
l’epicentro del
terrorismo
internazionale,
ma cio’
nonostante
Reagan e gli
Stati Uniti
continuano ad
alimentare una
campagna
diffamatoria nei
confronti di
Gheddafi, non
abbandonando
l’idea di una
sua eliminazione
fisica. Il
Colonnello
rafforzera’
ancora di piu’
le misure di
sicurezza
intorno alla sua
persona.
Non e’ casuale
che, dopo i
bombardamenti
della sua
abitazione di
Tripoli Gheddafi
scompare dalla
scena per alcuni
mesi.
Come gli e’
sempre accaduto
nei momenti piu’
difficili della
sua vita, trova
rifugio e
occasione di
riflessione nel
deserto.
Una cosa e’
certa: la Libia
del dopo 1986
non sara’ piu’
quella di prima.
E lo stesso si
puo’ dire di
Gheddafi.
Se e’ vero che
l’immagine
pubblica e
internazionale
del leader
libico, dopo
questa azione
terroristica
degli Stati
Uniti, e’
riabilitata, se
e’ vero che
riceve la
solidarieta’ di
tutto il mondo
arabo, la Libia
e Gheddafi
scoprono di
essere, in
qualche modo
isolati, nel
contesto
internazionale.
Con i redditi
del petrolio
arrivati ai
minimi storici
ed un’eccessiva
esuberanza di
mano d’opera
straniera, con
una popolazione
che non e’
sicuramente
disposta
rinunciare al
benessere creato
dal petrolio, la
Libia di
Gheddafi sta
vivendo un
passaggio
difficile della
sua giovane
storia.
Si impone una svolta. E la svolta non puo’ che essere la scelta di una politica piu’ moderata a livello internazionale e piu’ attenta ai bisogni veri della sua gente.
Innanzitutto Abu
Nidal che
trovava rifugio
e protezione in
Libia viene
invitato a
lasciare il
territorio.
Viene ridotto
drasticamente il
sostegno ai
movimenti
rivoluzionari.
Sono rimossi 500
dirigenti dei
Comitati
Popolari,
accusati di
lassismo e
corruzione. E
intanto il
leader libico
svolge un’opera
di mediazione
fra i vari
movimenti di
liberazione
palestinese che
riunisce per un
accordo a Sabha,
con esclusione
di Abu Nidal.
Pone, poi, le
basi per l’Union
du Maghreb Arabe
(UMA), una
specie di
mercato comune
maghrebino.
Ripristina i
rapporti con gli
stati arabi
confinanti:
Tunisia, Egitto,
Algeria.
E mentre
trasferisce
momentaneamente
la sua residenza
nell’oasi di Al
Giofra, in pieno
deserto a 350 km
dal mare, libera
400 detenuti
politici dalle
prigioni di
Tripoli e
Bengasi.
E’ l’inizio di
quella che da
molti
osservatori e’
stata definita
la “Primavera di
Tripoli” che
culminera’ il 15
giugno 1988 con
la Promulgazione
della Carta
Verde dei
Diritti, che
segna il
passaggio della
Libia da uno
Stato di Regime
ad uno Stato di
Diritto.
Fra i principi
affermati dalla
carta:
-l’uguaglianza
giuridica
fra uomini e
donne,
-la
possibilita’
per i libici
di
trasferirsi
in ogni
parte del
mondo senza
bisogno di
permessi,
-la
commutazione
della pena
di morte in
ergastolo.
Gheddafi liquida i Comitati Rivoluzionari, covi di assassini e inizia a concedere ai contadini il permesso di vendere liberamente i propri prodotti.
A livello internazionale, pur perdurando l’ostracismo nei suoi confronti da parte degli Stati Uniti, rilancia la sua immagine di legislatore illuminato e si rincilia con tutti gli Stati con cui era entrato in conflitto negli ultimi anni, primi fra tutti gli Stati africani, il Kenya, la Liberia, il Senegal, lo Zaire, il Gabon.
Riavvia un
dialogo
costruttivo con
l’Italia.
Pur ritornando
ogni anno, in
ottobre, sul
discorso delle
rivendicazioni
di risarcimento
per i danni di
guerra, sono
ripristinati i
rapporti
commerciali,
che, in verita’
non erano stati
mai del tutto
interrotti. Nel
1988 operano in
Libia 57 ditte
italiane, con
3000 addetti e
un giro d’affari
di 700 miliardi.
In questo clima di ritrovata fiducia e collaborazione il presidente del Consiglio italiano, Bettino Craxi, nel 1988, seppure a titolo personale, esprime la condanna del colonialismo italiano, tanto attesa da Tripoli, nel corso di un incontro con il ministro degli esteri libico, maggiore Jallud:
“Penso che
bisogna proprio
rivederlo il
giudizio storico
su questo signor
Giovanni
Giolitti…E’
inutile
auspicare un
miglioramento
dei rapporti con
la Libia,
quando i libici
sentono ancora
forte un
problema che gli
italiani si
ostinano ad
ignorare…”
Riconquista faticosamente la distensione, a livello internazionale, il 21 dicembre 1988 nel cielo di Lockerbie in Scozia esplode, per un attentato, un Jumbo della Pan Am: le vittime sono 270.
Ronald Reagan ancora una volta individua in Gheddafi il responsabile dell’accaduto.
Qualche giorno dopo, il 4 gennaio 1989 a meta’ strada tra le coste libiche e l’isola di Creta due Mig libici sono abbattuti da due caccia americani.
Immediata la risposta di Gheddafi che invoca l’intervento della flotta sovietica nel Mediterraneo e chiede la convocazione urgente del consiglio di sicurezza dell’ONU.
In Italia il
Consiglio dei
Ministri
convocati
d’urgenza
condanna
l’operato del
Presidente degli
Stati Uniti
Ronal Reagan.
Andreotti e’
particolarmente
severo con
Washington:
“Gli Stati Uniti stanno scivolando verso un isolamento che mai avevano conosciuto negli ultimi anni Bisogna convincerli che e’ un errore…”
Neanche
l’elezione del
nuovo presidente
degli Stati
Uniti il 20
gennaio del
1989, George
Bush, portera’
ad un mutamento
dei rapporti fra
i due paesi.
Gia’ nel
febbraio, il neo
eletto
presidente
attraverso un
documento del
dipartimento di
Stato da’ il
segno che i
rapporti tra
Stati Uniti e
Libia sono
tutt’altro che
mutati.
“La Libia si
serve del
terrorismo come
di uno strumento
di politica
estera e i
bersagli di Abu
Nidal coincidono
spesso con gli
obiettivi
antioccidentali
della Libia”
Il 1989 e’ il
ventennale della
Rivoluzione.
Quale occasione
migliore per il
colonnello
Gheddafi per
esaltare i
successi del suo
regime e la
potenza del suo
esercito?
E’ anche
un’occasione
per riscatenare
l’offensiva
delle
rivendicazioni
libiche
sull’Italia. Pur
avendo parole di
elogio per il
Presidente del
Consiglio
Andreotti che
considera:
“un amico
della Libia e
una delle poche
persone immuni
da spirito di
crociata”
Gheddafi chiede
che sia concesso
a 170 libici di
visitare i
luoghi dove sono
le tombe di
detenuti libici,
morti in Italia
durante la
dominazione
coloniale.
Il 24 ottobre
atterra a
Fiumicino la
delegazione
libica munita di
regolari visti a
cui e’ stata
concessa
l’autorizzazione
di visitare i
cimiteri di
Favignana,
Ustica, Gaeta.
Ma,
contemporaneamente,
si apprende che
una nave
traghetto, la
“Garnata”,
salpata dalle
coste libiche
con 846 libici a
bordo sta
raggiungendo il
porto di Napoli
per inscenare
una
manifestazione
di protesta e
condanna del
governo italiano
che non ha
ancora
riconosciuto i
danni di guerra
rivendicati da
anni. E mentre
centinaia di
persone
assediano
l’ambasciata
italiana di
Tripoli, i
libici, a
Napoli,
inscenano una
manifestazione
contro il
governo
italiano.
Ancora una volta
tocchera’ al
presidente del
Consiglio
Andreotti di
stemperare le
polemiche e
invitare il
governo libico
alla
moderazione:
“La Libia
sta facendo da
tempo una
politica estera
saggia: la fine
delle ostilita’
nel Ciad, la
collaborazione
con la Tunisia,
il Marocco,
l’incontro di
Gheddafi con
Mubarak, il
ritiro dei
soldati inviati
in Libano. Ma
viceversa si
accentuano i
toni di
propaganda
contro l’Italia,
eccitando vecchi
risentimenti e
confondendo
problemi e tempi
storici.
L’Italia non ha
mai raccolto
provocazioni
come si addice
ad una
democrazia seria
e responsabile”
Poche settimane prima, frattanto, il 29 settembre era esploso in volo un DC-10 dell’UTA in volo da Brazzaville a Parigi. I morti questa volta sono 170. Ancora una volta, alcune piste riconducono a Gheddafi.
L’attenzione dello scenario internazionale sul leader libico, viene pero’ rubata da un evento imprevisto che esplode nell’agosto del 1990.
Le truppe
irakene di
Saddam Hussein
invadono il
Kuwait, accusato
di rubare
petrolio e
territorio
irakeno. Saddam
Hussein proclama
l’annessione
all’Irak del
Kuwait.
Immediata la
risposta delle
potenze
occidentali.
Mentre l’Iraq
chiude le
proprie
frontiere
impedendo agli
stranieri di
lasciare il
paese, una
risoluzione
dell’ONU approva
l’uso della
forza se Saddam
Hussein non
ritirera’
immediatamente
le sue truppe
dal Kuwait.
Tutto
l’Occidente si
coalizza contro
l’Iraq di Saddam
Hussein.
Nel giro di
pochi mesi una
coalizione di 27
azioni guidata
dagli Stati
Uniti rovescia
tutta la propria
potenza militare
contro l’Iraq.
E’ l’operazione
“Desert
Storm”.
In poche
settimane l’Iraq
viene reso
inoffensivo con
una spettacolare
azione militare,
di cui la
vittima
principale e’ il
popolo irakeno.
Allo scoppio della guerra, Gheddafi, sorprendendo tutti, condanna l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, ma non puo’ fare a meno di lanciare le sue critiche agli Stati Uniti:
“Non c’e’ dubbio che Saddam Hussein ha commesso un atto illegale, ma anche l’America e i suoi alleati commettono un’illegalita’ intervendo militarmente nel nel Golfo Persico”
E si appella alla risoluzione del consiglio di sicurezza dell’ONU che ha stabilito il boicottaggio economico e diplomatico nei confronti di Baghdad, ma non misure di tipo militare.
Mentre continua la “politica del sorriso” del leader libico, il 20 settembre 1991, il giudice istruttore Jean Louis Bruguiere, in Francia, dichiara che i mandanti dell’attentato terroristico contro il DC-10 dell’UTA esploso in volo il 19 settembre 1989 nel cielo del deserto del Tenere’ sono funzionari dei servizi segreti libici.
Un mese dopo, a fine ottobre, vengono spiccati quattro mandati di cattura internazionale contro altrettanti libici, uno dei quali e’ lo stesso cognato di Gheddafi, Abdullah Senussi.
Passa un altro
mese e, il 14
novembre 1991,
Stati Uniti e
Gran Bretagna
annunciano che
dopo lunghe
indagini hanno
accertato che i
responsabili
della strage del
Jumbo della Pan
Am esploso a
Lockerbie il 21
dicembre 1988,
sono degli
agenti segreti
libici.
“Stiamo
valutando le
risposte
adeguate da
adottare contro
il governo
libico -
dice a
Washington il
presidente degli
Stati Uniti
George Bush -
Non escludiamo
alcuna opzione”
Dal canto suo il
ministro degli
esteri inglese
Douglas Hurd
dichiara:
“Noi ci
aspettiamo che
la Libia
risponda
pienamente alla
nostra richiesta
di estradizione
nell’interesse
della giustizia,
perche’ i due
sono
responsabili di
un diabolico
atto di
crudelta’ che
non puo’ essere
dimenticato”
Questa volta gli Stati Uniti non agiscono da soli contro la Libia, come nel 1986. Chiedono la collaborazione degli alleati.
Le richieste delle sanzioni degli Stati Uniti contro Gheddafi sono precise e pesantissime:
embargo
petrolifero
blocco
aereo
navale
chiusura
delle
ambasciate
libiche
e, in
ultima
istanza,
azione
militare
per
catturare
i due
libici
incriminati
Rispetto agli altri paesi occidentali, la posizione dell’Italia, anche per merito di Giulio Andreotti, tende a differenziarsi: in primo luogo, perche’ il nostro paese dipende per un terzo dalla Libia per il suo approvvigionamento energetico, in secondo luogo, perche’ l’Italia e’ contraria ad una risoluzione militare della questione. Su questa posizione il nostro paese si allinea con la Lega Araba e l’Egitto di Mubarak.
Comparendo a Telemontecarlo il 28 novembre Gheddafi dichiarera’:
“Gli Stati uniti
trattano il mio
paese come se
fosse una
bottiglia di
Pepsi Cola.
L’agitano,
l’agitano per
farla scoppiare”
Poi annuncia che
non consegnerà’
mai ad una
potenza
straniera i due
cittadini libici
accusati di
strage.
George Bush ed
il Primo
Ministro inglese
John Major non
mutano
atteggiamento
nei confronti
del leader
libico, anche
quando su
segnalazione dei
servizi segreti
israeliani
arrivano
informazioni
precise secondo
cui la pista da
seguire per
l’attentato di
Lockerbie
sarebbe quella
siriana.
1992
L’ONU IMPONE
L’EMBARGO AEREO
ALLA LIBIA COME
CONSEGUENZA
DEGLI ATTENTATI
DI LOCKERBIE
Il 21 gennaio
1992 con 15 voti
a favore e
nessuno
contrario il
Consiglio di
Sicurezza
dell’ONU approva
la risoluzione
731 che
ribadisce e
approva le
richieste
avanzate contro
la Libia, da
Stati Uniti,
Inghilterra e
Francia.
Mai la Libia era stata messa al bando in tal modo a livello internazionale.
Gheddafi, dal
canto suo
respinge
duramente le
richieste di
estradizione dei
due libici e
accusa l’ONU di
essere succube e
sottomessa agli
Stati Uniti e
all’Inghilterra.
Il 3 marzo
investe della
controversia la
Corte
Internazionale
di Giustizia
dell’Aia.
Mentre Stati Uniti, Francia e Inghilterra invitano i propri cittadini residenti in Libia ad abbondare il paese in previsione dell’imminente embargo, il fronte delle nazioni antilibiche, anche per effetto dell’attivita’ e delle rimostranze di Gheddafi, nel mese di marzo appare meno compatto.
Nella seduta del
31 marzo del
Consiglio di
Sicurezza
dell’ONU, la
risoluzione 748
che e’
definitiva dal
punto di vista
delle sanzioni,
passa di stretta
misura con
l’astensione di
Cina, India,
Marocco,
Zimbawe, Capo
Verde.
Il Consiglio di
Sicurezza
risulta spaccato
in due: da una
parte i paesi
piu’ ricchi del
mondo,
dall’altra i
rappresentanti
di quelli
poveri.
Alle ore 6,01
del 15 aprile
1992, scattano
le sanzioni: da
questo momento,
la Libia, e’
isolata dal
resto del mondo.
E’ un duro colpo
per Gheddafi,
che proprio
negli ultimi
anni aveva fatto
di tutto per
migliorare la
sua immagine in
Occidente.
Per la Libia inizia, da questo momento, un periodo molto difficile.
Celebrando nella Piazza Verde la fine del ramadan Gheddafi si appella alla solidarieta’ del mondo islamico:
“Mussulmani di tutto il mondo, i crociati dell’Occidente cristiano, finita la battaglia contro il comunismo, combattono ora quella contro l’Islam. Facciamo rullare i nostri tamburi, serriamo i ranghi e affiliamo le spade, pronti allo scontro”
Intanto nel
paese sono
diminuite
drasticamente le
importazioni e
si e’ riattivato
il mercato nero,
mentre i salari
sono fermi da
cinque anni.
Sul giornale “Al
Jamahiriya”,
l’organo dei
Comitati
Rivoluzionari
iniziano dei
violentissimi
attacchi contro
il Leader della
Rivoluzione:
“Tu ci hai fatto un grave torto - si legge in un editoriale del 9 giugno 1992 - e noi ogni volta ti abbiamo creduto…devi leggere correttamente la realta’ e comprendere che gli arabi non esistono…il nostro interesse, anche a costo di allearci con gli ebrei e’ prioritario. Vai dove vuoi, noi non ti seguiremo…”
Vera, o
sapientemente
orchestrata da
Gheddafi stesso,
questa campagna
di stampa a suo
sfavore e’
sicuramente la
piu’ violenta da
quando e’ salito
al potere.
Un dato e’
sicuro: le
sanzioni
dell’ONU hanno
scatenato
all’interno del
regime libico
un’aspra lotta
di potere fra
diverse fazioni,
che fino a
questo momento
Gheddafi era
riuscito a
controllare.
Da una parte i
“puri e duri”
della
rivoluzione
capeggiati da
Jallud,
dall’altra i
filo occidentali
e i filo
egiziani
capitanati da
due cugini di
Gheddafi i
fratelli Ahmed e
Sayed
Kaddhafedem.
Il leader libico nel tentativo di ammorbidire il conflitto con gli Stati Uniti, sollecita il suo ministro degli esteri in un incontro con il Segretario generale dell’ONU Boutros Ghali, a dare la sua disponibilita’ a discutere il luogo del processo ai due attentatori libici senza alcuna pregiudiziale.
La sua disponibilita’ al dialogo lo fa entrare in aperto conflitto con il numero due del regime, il fedele Abessalam Jallud.
L’elezione del democratico Bill Clinton a presidente degli Stati Uniti non modifica l’atteggiamento degli americani contro il Colonnello Gheddafi. Su loro sollecitazione il Consiglio di Sicurezza dell’ONU inasprisce ulteriormente le misure contro la Libia: viene ordinato il congelamento dei beni libici all’estero ed e’ proibita la vendita a Tripoli di apparecchiature per la raffinazione ed il trasporto del petrolio. L’intento piu’ o meno dichiarato degli Stati Uniti e’ quello di bloccare la capacita’ libica di produrre e trasportare petrolio.
Questa volta Gheddafi non usa toni aggressivi contro gli Stati Uniti ed in un incontro privato con Giulio Andreotti, il 4 dicembre 1993, non piu’ Presidente del Consiglio, ma semplice direttore della rivista cattolica “30 GIORNI” dichiara:
“Temo che avvenga una guerra religiosa a livello mondiale, alla quale non potremo opporci…E con rammarico devo dire che in occidente c’e’ chi sta battendo i tamburi di questa guerra… Non e’ solo la questione di Lockerbie…Il massacro dell’86 non ha forse lasciato vittime e cittadini colpiti? E’ questo che crea odio. Sembra che le loro vittime siano umane, mentre le nostre sono delle bestie…”
Le sanzioni e i
danni causati
dall’isolamento
internazionale,
se rafforzano
presso il mondo
arabo l’immagine
di Gheddafi come
emblema del
mondo islamico
vittima della
violenza
dell’Occidente,
all’interno del
paese provocano
disagi e
malumori sempre
piu’ diffusi.
In Libia non si
muore di fame
anche perche’
sono aperte le
frontiere
terrestri e
marittime, ma lo
Stato deve
costantemente
intervenire per
sovvenzionare le
famiglie libiche
nell’acquisto di
beni di prima
mecessita’,
pane, zucchero,
vino, olio. Auto
e vestiari
raggiungono
prezzi
proibitivi.
Nell’ottobre 1993 il malcontento si manifesta in un ennesimo complotto contro il regime di Gheddafi. L’insurrezione militare coinvolge diverse guarnigioni militari a Misurata, Garian, Zuara. A difendere il regime devono intervenire l’aviazione e la Guardia Rivoluzionaria. Il bilancio dopo 4 giorni di aspri combattimenti e’ di 200 morti. Qualche osservatore, anche in questo caso, parla di legami e finanziamenti della CIA a favore degli insorti.
Ma c’e’ un altro
nemico piu’
subdolo e
temibile che nel
frattempo si sta
insinuando in
Libia. Sono i
fondamentalisti
islamici, che
hanno messo
salde radici nel
paese e riescono
a coagulare il
malcontento
popolare.
All’inizio i
rapporti del
leader libico
con i
rappresentanti
del
fondamentalismo
islamico sono
alquanto
contraddittori.
Non va
dimenticato che
ha offerto asilo
a Benazzouz
Zebda, uno dei
fondatori del
Front Islamique
du Salut e che
considera suoi
amici personali
alcuni
importanti
esponenti del
FIS, che
insanguina
l’Algeria. Ne’
vanno trascurati
le simpatie di
Gheddafi per
tutti quei
movimenti
integralisti
islamici che
dagli anni 70 in
poi hanno agito
nel Medio
Oriente. Non e’
un caso che da
alcuni di questi
gruppi,
all’inizio degli
anni 90, gli
venga proposta
la carica di
califfo, con la
possibilità’ di
riunire sotto la
sua guida tutti
gli integralisti
del mondo
islamico.
Dopo un’attenta riflessione, consapevole del pericolo che puo’ rappresentare anche per il suo regime il fondamentalismo islamico, Gheddafi giunge ad una chiara e definitiva condanna :
“Sono decisamente contrario ad ogni forma di califfato. Non si possono unire nazioni con storia e cultura tanto diverse, in nome del califfato…Gli episodi di estremismo ai quali assistiamo oggi sono atti di pura follia. Ci sono gruppi terroristici che dovrebbero essere rinchiusi in manicomio anziche’ in galera…”
In un discorso
pronunciato
all’Universita’
di Tripoli nel
1993 arriva a
definire tutti i
fondamentalisti
nemici del
regime, ponendo
in evidenza le
divergenze
ideologiche nel
campo economico
e sociale tra i
principi
applicati in
Libia dal 1969 e
quelli invocati
dai
fondamentalisti.
Nei mesi
successivi
promuove
un’aspra
campagna di
stampa contro
gli “eretici” “sostenuti
finanziariamente
e moralmente
dall’Occidente
e, in
particolare, dai
servizi segreti
sionisti e
americani“
Numerosi seguaci
del
fondamentalismo
sono arrestati.
Nel 1995 i
fondamentalisti
libici creano
un’ala militare,
l’Associazione
Islamica
Combattente in
Libia , che si
impegna a
condurre una
guerra santa
per abbattere il
potere
pervertito di
Gheddafi e
ristabilire la
Sunna del
Profeta.
Scontri
avvengono a
Derna nel giugno
del 1995. Altri
nella regione di
Bengasi con una
trentina di
morti. A luglio
l’escalation
fondamentalista
provoca 350
morti tra gli
integralisti e
250 tra soldati
e poliziotti.
Nel febbraio
1996 Gheddafi
sfugge ad un
attentato mentre
e’ in visita a
Sirte.
Nonostante il clima sempre piu’ pesante che si respira in Libia e nonostante l’isolamento internazionale in cui e’ costretta a vivere, la fantasia e l’attivismo di Gheddafi escogita un altro evento di grande risonanza e prestigio per il suo paese.
Il primo settembre 1996, nel festeggiare il 27esimo anniversario della presa del potere, vengono aperte le paratie del secondo tratto del “Grande fiume artificiale”, un grandioso acquedotto che pompando acqua sotto la sabbia del Sahara libico, in falde immense che si sono formate in migliaia di anni, portera’ ettolitri di acqua purissima, non piu’ salmastra, in ogni angolo remoto della Libia.
“E’ l’ottava meraviglia del mondo” proclamera’ Gheddafi.
In effetti al di la’ dai toni enfatici, il progetto che costera’ all’erario oltre 30 miliardi di dollari fino alla sua completa attuazione, che dovrebbe avvenire nel 2007, il “Grande Fiume Artificiale” e un’opera faraonica che risolvera’ per i prossimi 40-50 anni l’endemico bisogno di acqua della Libia.
Ma il leader
libico non
finisce di
sorprendere. Nel
novembre di
quello stesso
anno l’editore
Favre di Losanna
pubblica un
libro di
racconti e
quattro saggi
dal titolo “Escapade
en enfer et
autres nouvelles”
mentre al Cairo
compare un libro
di favole
intitolato “Il
villaggio, la
terra e il
suicidio di
un’astronauta”.
L’autore dei
racconti e’
Muammar
Gheddafi.
Le copie del
libro vanno a
ruba. Le
critiche
specialistiche
anche in Italia
sono favorevoli:
la sua prosa
e’ visionaria,
poetica,
moraleggiante
eppur ribelle.
All’inizio del
1997 il fronte
antilibico
dell’Occidente
appare
sicuramente meno
compatto.
Da anni, ormai,
la Libia e’ in
pace con tutti i
suoi vicini, ha
definitivamente
risolto il
conflitto
ventennale
contro il Ciad,
e Gheddafi si
mostra piu’
conciliante
rispetto ad un
eventuale
processo contro
i dirottatori
libici, a patto
che avvenga
dinanzi alla
Corte dell’Aia.
Anche gli
investimenti
italiani in
Libia hanno un
ulteriore
incremento. I
rapporti con il
governo Prodi e
il ministro
degli Esteri
Dini sono
cordiali e viene
riavviata dal
nostro paese una
politica di
cooperazione
euro-mediterranea
con la
partecipazione
della Libia.
Rimane ancora in
sospeso, per
Gheddafi, la
condanna netta e
precisa da parte
dell’Italia del
colonialismo
giolittiano e
fascista.
Oltre all’Italia
ed alla Francia
che si
dimostrano
sempre piu’
riluttanti ad
un’applicazione
rigida delle
sanzioni contro
la Libia anche
il Vaticano le
considera
inique.
Il 10 marzo 1997
il portavoce del
Papa Joaquin
Navarro da’ lo
storico annuncio
dell’apertura
delle relazioni
diplomatiche fra
Libia e
Vaticano.
La conferma che
la Libia e’
diventata il
165esimo Stato
riconosciuto
dalla Santa Sede
e’ data da
Gheddafi nel
corso di
un’intervista
concessa al TG3.
Nonostante cio’ l’11 luglio 1997 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite decide di prolungare l’embargo aereo contro la Libia.
Bollato come un
criminale dagli
Stati Uniti,
Gheddafi
comincia ad
essere
corteggiato in
Africa, Medio
Oriente, Europa.
Il 22 ottobre
1997 la visita
ufficiale in
Libia di un
leader
carismatico come
Nelson Mandela
da’ ulteriore
prestigio a
Gheddafi.
“Gheddafi
e’ mio amico
- dichiara
Mandela appena
sbarcato a
Tripoli -
Egli ci ha
aiutati quando
eravamo soli e
quando quelli
che avrebbero
voluto impedirci
di essere oggi
qui, aiutavano i
nostri nemici…“
E a proposito
delle sanzioni
contro la Libia,
aggiunge:
“Non puo’
esserci uno
Stato che si
arroga il ruolo
di gendarme del
mondo. Se altri
paesi permettono
a questo Stato
di dettare loro
un
comportamento,
il Sud Africa
non lo
accettera’ mai!”
2000
GHEDDAFI ATTUA
LA SVOLTA
AFRICANA: DAL
PANARABISMO A
LEADER DELL’
UNIONE
AFRICANA.
Il 5 aprile 1999
con la
mediazione di
Nelson Mandela,
Gheddafi
consegna alla
giustizia
scozzese i due
libici accusati
della strage di
Lockerbie.
E’ una decisione
sofferta ma
sicuramente
garantisce un
definitivo
sdoganamento
internazionale
della Libia e
soprattutto la
fine delle
sanzioni.
Il 2 dicembre
dello stesso
anno segna una
svolta nei
rapporti fra la
Libia e il
nostro paese.
Per la prima
volta dal 1992,
un capo
occidentale
visita la Libia.
A Tripoli arriva
in visita
ufficiale il
nostro
presidente del
Consiglio
D’Alema. E’ un
modo per dare un
segnale alla
comunita’
internazionale
che e’ ora di
far uscire la
Libia
dall’isolamento
a cui gli Stati
Uniti l’hanno
condannata. E’
un viaggio che
ha un’importanza
decisiva.
D’Alema, inoltre, si impegna a contribuire alla bonifica dei campi minati che ancora oggi provocano vittime in alcune zone della Libia e assicura il governo libico che verra’ fatto ogni sforzo per far luce sul destino di migliaia di deportati libici in Italia nel periodo compreso fra il 1911 e il 1930.
E’ l’inizio di una nuova fase dei rapporti economico-commerciale fra l’Italia e la Libia.
Alla fine degli anni 90 in un mondo arabo sempre piu’ corroso dalla presenza del fondamentalismo islamico, Gheddafi si e’ reso definitivamente conto che l’unita’ araba, come la intende lui, e’ impraticabile. Abolire le frontiere dell’Africa e fare del continente un unico blocco politico ed economico in grado di competere con Stati Uniti ed Europa questo e’ il nuovo ambizioso sogno del leader libico.
Il 12 luglio del
2000 a Lome’,
capitale del
Togo, di fronte
a 44 capi di
stato, l’Unione
Africana diventa
una realta’. E’
il trionfo di
Gheddafi sul
piano
internazionale.
La realizzazione
di uno dei suoi
sogni piu’
ambiti. Forse
l’unico che e’
riuscito a
realizzare
pienamente nella
sua piu’ che
trentennale
carriera
politica.
Non solo.
Dopo dieci anni
di isolamento
internazionale e
di stagnazione,
oggi la Libia e’
un grande
cantiere di
opere pubbliche
verso cui
corrono tutti
gli stati
occidentali,
soprattutto
quelli europei.
Non e’ soltanto
il petrolio ad
attirarli, sono
i 3000 km di
ferrovie da
realizzare, e’
la transahariana
che deve
collegare la
Libia al Ciad,
sono gli
aeroporti e gli
impianti di
telecomunicazioni
da rimodernare.
Il prodotto
nazionale lordo,
uno dei piu’
alti d’Africa e’
passato dai 6500
dollari pro
capite del 1994
ai 7900 del
1999.
E poi soprattutto c’e’ da far crescere, alimentare, progredire, anche fra mille divergenze e difficolta’, il grande progetto dell’Unione Africana.
“Mi sono addormentato accanto a quattro milioni di libici e mi sono svegliato accanto a quattrocento milioni di africani”
Ancora una volta
la fantasia di
Moammar
Gheddafi, la sua
ambizione di
leader e di
navigato attore
della politica
internazionale,
s’e’ rimessa in
navigazione.
Quali saranno le
sue prossime
mete? Le sue
mosse
imprevedibili?
Quale ruolo
giocherà la
Libia nel futuro
dei sempre più
difficili
rapporti fra
Occidente e
Islam?
Intanto, fra lo stupore di molti osservatori, subito dopo l’11 settembre 2001, si e’ schierato senza alcuna incertezza a fianco degli Stati Uniti definendo i talebani un “movimento di ipocriti atei e depravati che seminano morte, con il folle disegno di distruggere l’islam…Siamo contro questa gente e li combattiamo, come ci combattano…”.
E
rispetto ai
dirigenti
iraniani e ad
politici dei
paesi arabi che
hanno condannato
l’intervento
americano in
Afghanistan,
Moammar Gheddafi
ha riconosciuto
agli Stati Uniti
“il legittimo
diritto
all’autodifesa
in seguito
all’orribile
attacco dell’11
settembre”.
Da nemico
dichiarato
dell’Occidente,
Gheddafi si sta
trasformando in
baluardo della
nostra civilta’
contro le
minacce del
fondamentalismo
islamico?
Sara’ questa la sua ultima camaleontica rappresentazione nel grande scenario della politica internazionale?
Dopo trentatre anni ininterrotti di potere la domanda che ci poniamo e’ quella che ci siamo posti all’inizio: chi e’ veramente Moammar Gheddafi?
“Gheddafi
e’ un beduino,
un beduino dalle
sette vite, di
cui conosciamo
apparentemente
tutto, ma di cui
non sappiamo
praticamente
nulla, perche’
nel cuore
dell’uomo e nel
cuore di un
beduino leggere
e’ praticamente
impossibile”
(Igor Man)
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
Mino Vignolo:
GHEDDAFI, islam,
petrolio,
utopia -
Rizzoli, 1982
John K. Cooley:
MUAMMAR GHEDDAFI
E LA RIVOLUZIONE
LIBICA - Edit.
Corno, 1983
Angelo Del Boca
: GLI ITALIANI
IN LIBIA -
Laterza, 1991
Angelo Del Boca
: GHEDDAFI, UNA
SFIDA DAL
DESERTO- Editori
Laterza, 2001
Alessandro
Baruffo :
MUAMMAR GHEDDAFI
e la nuova Libia
- Datanews, 2001
Moammar el
Gheddafi : IL
LIBRO VERDE
Carlo Palermo:
IL QUARTO
LIVELLO -
Editori Riuniti,
2001
Luigi Bonanate:
TERRORISMO
INTERNAZIONALE -
Giunti, 2001
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Mappe e foto del Wheelus |