Il primo grosso
animale che colpì la mia fantasia all’arrivo a
Tripoli in quel lontano 1930 fu il dromedario.
Avevo sette anni e la mia conoscenza degli
animali era piuttosto limitata. Dal porto di
Tripoli, dove io e la mia famiglia eravamo
sbarcati, dovevamo raggiungere l’Azienda
Agricola Marchigiana sita alla Mellaha e
distante circa 12 chilometri dalla città, a
bordo di un carro agricolo trainato da un
cavallo, del tutto simile ai carri dei pionieri
americani ai tempi della conquista del
West.
Mio padre,
costretto ad espatriare per mancanza di lavoro a
seguito della grave crisi mondiale del 1929,
aveva firmato con l’Azienda tripolina un
contratto che lo impegnava alla conduzione e
manutenzione della motopompa dell’impianto di
irrigazione. Guai se il motore si fosse fermato!
L’acqua veniva
aspirata da un pozzo profondo e immessa nelle
tubazioni, nella vasca e nei canali per
innaffiare i terreni aridi e sabbiosi onde
renderli fertili e produttivi. Questo progetto
sembrava un miraggio ma posso assicurare che
dopo qualche anno il sogno era diventato, anche
se a costo di duro lavoro, una bella realtà. Fu
necessario un lungo periodo di intensa attività
e la collaborazione di tutto il personale per
realizzare il programma predisposto
dall’Azienda. I risultati furono talmente
evidenti da meritare il plauso e il
riconoscimento del Governatore della Libia
Maresciallo Badoglio, in occasione della visita
alle migliori aziende agricole dei dintorni di
Tripoli.
Ma torniamo al
nostro carro che procedeva lentamente sulla
strada per la Mellaha, tanto lentamente che ebbi
tutto il tempo per osservare alcuni dromedari
che, con il loro procedere dinoccolato,
ondeggiante, felpato, quasi felino, andavano
nella nostra stessa destinazione e ci fecero “da
scorta”sino al termine del nostro
trasferimento.
Lascio
immaginare la mia curiosità nell’osservare dal
vero un animale così strano che nella mia mente
di bambino evocava strane figure, viste soltanto
nelle illustrazioni di qualche giornale o
manifesto murale.
Il viaggio, dopo
un lungo percorso, si concluse nel grande
cortile dell’Azienda dove fummo accolti dal Sig.
Freddi e dalla moglie che aveva in braccio il
piccolo Alessandro. Essi ci accompagnarono nella
grande abitazione a noi assegnata e composta da
una vasta cucina sulla quale si aprivano le
porte delle camere da letto. I signori Freddi,
dopo averci offerto bevande per alleviare la
nostra gran sete, ci lasciarono liberi di
sistemare le nostre masserizie nell’abitazione e
per riposarci dopo così lungo ed emozionante
viaggio.
Trascorso il
tempo necessario per la sistemazione
dell’abitazione e per l’ambientazione, sotto la
guida del capo azienda e la collaborazione di
tutto il personale composto da italiani e
libici, avemmo la soddisfazione di osservare che
il lavoro nei campi iniziava a dare ottimi
risultati.
Gli operai
libici, assunti a giornata, provenivano dai
dintorni ed abitavano in modestissime case
circondate da orti e da piccole piantagioni di
palme e ulivi che non garantivano loro il
necessario per vivere. Venivano pertanto a
lavorare in Azienda portando il loro bagaglio di
esperienza nella lavorazione di quei terreni
particolari.
Importante la
preparazione del terreno da irrigare. Bisognava
livellarlo in modo che l’acqua proveniente dai
canali di cemento potesse scorrere
successivamente nei canali di terra battuta e
infine irrigare le zone destinate agli ortaggi e
alle pianticelle da frutto.
Anche gli
animali venivano impiegati nei lavori. Ciascuno
a quello che tradizionalmente gli era più
congeniale: cavallo e mulo per tirare i carri,
buoi per l’aratro, somari per trasporto di
persone e cose. Il dromedario era utilizzato per
il trasporto di materiali pesanti ai campi da
coltivare spesso con l’aggravante di dover
attraversare sentieri poco agevoli.
Ma la cosiddetta
nave del deserto era in grado di fare
tutti gli altri lavori su citati. Inoltre
faceva cento chilometri con un litro … di
acqua e forniva anche dell’ottimo latte ai
carovanieri. Il suo parente stretto, il
mehari, veniva invece utilizzato soltanto
per lunghe cavalcate ma appartiene alla
nobiltà dei camelidi. Lui è … l’aereo
del deserto.
Il dromedario
dell’Azienda Marchigiana era ben addestrato e si
lasciava guidare docilmente dall’operaio libico
addetto. Con un secco comando e leggere
bacchettate sugli stinchi, Ramadan lo faceva
inginocchiare per riempire, con quanto ci fosse
da trasportare, le capaci ceste fissate
saldamente alla sella e lo faceva rialzare con
altro comando per guidarlo poi verso il punto in
cui il materiale doveva essere scaricato. Non
ero d’accordo per le bacchettate ma Ramadan mi
diceva che vi ricorreva soltanto quando, ai
comandi, il dromedario non ubbidiva emettendo
anche dei ringhi poco raccomandabili.
Ero attratto da
questo strano animale che fin da principio aveva
colpito la mia fantasia. Seguivo spesso le
operazioni di carico e scarico e cercavo di
avvicinarmi, specie quando era inginocchiato,
per cercare di toccarlo. Ramadan mi incoraggiava
e finalmente un giorno mi avvicinai al
dromedario e osai accarezzargli la gobba, poi la
spalla ma evitando di avvicinarmi alla testa per
paura di quella grande bocca armata di grossi
denti. L’animale sembrava notasse questi miei
tentativi di avvicinamento e mi osservava
bonario, con quei suoi occhioni grandi e
pazienti tanto da ispirarmi fiducia. Mi resi
sempre più ardito ed osai toccargli la parte
posteriore della testa.
Ramadan mi stava
vicino per darmi sicurezza rimanendo vigile per
ogni mia eventuale mossa sbagliata e mi
incoraggiava ben sapendo che i grossi mammiferi
domestici difficilmente sono ostili ai bambini.
Alla fine, con mia grande gioia, il dromedario
ripiegò lentamente la testa verso di me in segno
di gradimento delle mie attenzioni. Pensai di
essergli diventato amico.
Da quel giorno,
nelle ore libere, assolti i doveri scolastici,
seguivo spesso i lavori di Ramadan e del suo
dromedario che ormai gradiva la mia presenza e
obbediva pure ai miei comandi. Avevo imparato ad
impartirgli gli ordini gridati in arabo.
Allora, per la soddisfazione di entrambi, gli
offrivo in premio un fascio di erba
medica fresca o qualche dattero secco che
masticava con tutto l’osso grazie ai suoi
formidabili denti! È proprio vero che tra
ragazzino ed animale può nascere una forte
simpatia che non è esagerato definire
“amicizia”. Infatti, benché sia passato tanto
tempo, ricordo con grande nostalgia questi
animali che, pur non essendo certamente belli
nel senso classico della parola, hanno quel
fascino che difficilmente si dimentica.
LA CAROVANA
Il deserto è
infinito
senza strade e
fontane,
eppure lo
attraversano
intere carovane.
Al suono di una
nenia
il dromedario
fiero
avanza fra le
dune
come fosse un
veliero!
Ecco la carovana
in fila
serpeggiante
che supera gli
ostacoli
trovati ad ogni
istante.
Ma il momento
più bello:
la sosta intorno
al fuoco
il tè con
noccioline
bevuto a poco a
poco …
Infine si
addormenta
il cammelliere
stanco
sognando la sua
Oasi,
la mèta del
viaggio …
Nonno
Dino