Una gita in barca a vela
Da Punta Ala alla Corsica e ritorno
di Domenico Ernandes
PROLOGO Punta Ala, Venerdi 19 agosto 2011 Era passata da poco la mezzanotte quando si era spenta l’eco degli applausi del folto pubblico che aveva assistito all’evento musicale creato dai quattro musicisti tripolini doc Antonio e Sergio Disco, Salvino Ragusa e Pino Teresi. Avevano cantato e suonato meravigliosi brani all’insegna della musica latino-americana e di quella dei mitici anni ’60 ed avevano creato una magica serata nel pratone del Centro Commerciale di Punta Ala. Appartati in un angolo Sergio ed io parlavamo di organizzare tra di noi, amici d’infanzia tripolini, una bella gita in barca a vela, all’insegna della pesca a traina. Un anno prima, per il disagio che mi creava il mio ginocchio sinistro, troppo usurato e logoro per la mia cronica carenza di cartilagine, era stato costretto a vendere il mio sloop, il Dongiovanni, un Bavaria lungo 35 piedi da 6 posti letto. Ma non era un vero problema, perché avremmo potuto noleggiare, a buon prezzo, una barca o due dal mio amico skipper ed armatore Marzio Morelli. Quella conversazione aveva dato i suoi frutti perché dopo una decina di giorni avevo già impresso nella mia mente un itinerario di massima per una gita in barca a vela, con partenza da Punta Ala, destinazione Corsica, transitando per l’Isola d’Elba e ritorno a Punta Ala in 8 giorni. Marzio mi aveva già dato la sua disponibilità di skipper e il prezzo del noleggio delle sue due barche. Calufra I° (una Elan di 43, 4 piedi) da 8-10 posti letto e Theresa ( una Sun Odyssey di 42 piedi), da 6-8 posti letto erano entrambe disponibili dal 21 al 28 ottobre a prezzi da bassa stagione.
Punta Ala, Lunedì 29 agosto 2011
Comincio a contattare telefonicamente o per email alcuni
degli amici tripolini che, a mio parere,
avrebbero potuto essere interessati a questa gita e alla pesca.
Comincio con Sergio,
l’amico musicista che mi aveva dato l’ispirazione. Sergio che è
residente a Labico, vicino a Roma , mi dice entusiasta.
“Domenico
non vedo l’ora di fare questa gita, porto io tutto ciò che serve per
pescare, sono fornitissimo e poi c’è anche mio figlio Daniele, che
vorrebbe partecipare.”-
Chiamo Salvino Ragusa, residente a Roma, il cantante del gruppo canoro, negli anni ’60 idolo delle teenagers tripolini “ A Dome’ io ci verrei volentieri, ma sta bbarca comè? E’ sicura? Chi è che la porta?” Gli dico di non preoccuparsi e che a bordo ci sarebbe stato un buon skipper che ci avrebbe dato la possibilità di navigare in sicurezza. “ Vabbe’! Vabbe’! “.Te lo faccio sapere. Avrei da sistemare il problema del baby-sitting del mio nipotino. Ma se pò ffa!” La telefonata successiva è per Luciano Frugoni che vive a San Pieri, un posto di mare, in provincia di Ragusa, nella lontana Sicilia, “Dimmi Mimmo ma quando è che si fa questa gita ? E le canne da pesca? Ma che facciamo solo traina? Certo un po’ di bollentino non guasterebbe! Ci vuole anche una giacca a vento ?.“ – “Luciano portati lo stretto indispensabile perché per pescare abbiamo già tutta l’attrezzatura. Abbiamo anche giacche a vento, magari portati un paio di scarpe di ginnastica comode con un buon grip da usare solo sulla barca “. E’ poi la volta di Priamo Sois , un simpatico amico di origini sarde, ormai toscano di adozione, che abita a Bagno di Gavorrano, vicino a Punta Ala e che ho conosciuto una decina d’anni fa tramite un altro mio amico tripolino Antonio D’Amico, costretto da problemi familiari a non poter partecipare alla gita. Priamo, che come Antonio, è un vero amante della pesca e che, in precedenza, ha conosciuto sia Sergio che Salvino e Luciano, mi dice prontamente: “Domenico conta su di me, io vengo! Non ti preoccupare per l’attrezzatura da pesca, porto tutto io ed ho anche cinque giacche a vento , taglia L, che potrebbero farci sempre comodo. Fammi sapere qual è il costo del viaggio a testa e ti anticipo subito la mia parte “. Un po’ sorpreso da tanta determinazione, lo ringrazio e gli dico che a breve l’avrei informato sul programma. Chiamo anche Pino Teresi, altro componente della band musicale tripolina Equipe 271 (vedi il numero dell’Oasi precedente), che risiede a Cortona Camucia in una zona agricola e gestisce una casa vacanza insieme al figlio Marco e alla moglie Angie. ” Grazie Domenico per il tuo invito, ne sono lusingato , ma sai com’è , in autunno noi siamo oberati di lavoro con le prenotazioni di turisti che vengono a visitare la Toscana. Sarà per un’altra volta.” Anche altri tre tripolini da me contattati come Luciano Pieroni, Mario Chiodi e Franco Macauda avevano già preso altri impegni in quella settimana.
Così comincio a fare i
miei conti. In quanti siamo?
Marzio lo skipper, io, Priamo, Sergio, Daniele, Salvino e Luciano. Siamo
in sette.”. Penso che Calufra ,
che ha 4 cabine doppie , sia la barca più adatta al caso nostro.
Punta Ala Lunedì 10 Ottobre
2011
Sono le 15: 00,
sento il mio cellulare squillare;
è Sergio che con un respiro affannoso ed inquietante mi dice:”
Domenico mi è successo un guaio, sono scivolato nella mia vasca da bagno
e mi sono fratturato due costole. – Sergio ma ora come stai? “Male,
molto male, Domenico, mi riesce anche difficile respirare, sto proprio
male, ma non ti preoccupare
per la gita in barca ci voglio essere.
Punta Ala Giovedi 13 Ottobre
2011
Il mio cellulare suona e sul
display appare il numero di Marzio :
“Domenico,
purtroppo non posso farti da skipper per la tua gita, ho dei problemi
familiari e per quella
settimana non mi posso muovere”. Rimango in silenzio, basito.
“Però non ti preoccupare”-, aggiunge,
- “perché ci sarebbe un mio caro amico livornese , Leonardo Cortini,
anche lui un bravo skipper,
che potrebbe sostituirmi. Che
ne dici?” . Rispondo :-“Marzio
a questo punto non ho scelta .
Ormai ci conosciamo da tempo.
Se tu mi dici che Leonardo è
un bravo skipper io mi fido di te e ti dico di si. “
Ma purtroppo
i nostri guai non sono ancora
finiti.
Punta Ala Sabato 18 Ottobre
2011
Ore 16:00 : Mi telefona
Salvino Ragusa : “A
Domè hanno portato Sergio d’urgenza
al pronto soccorso, pare per un blocco intestinale. In questo
momento stanno facendo tutti gli accertamenti.”
Ore 21:00. Chiamo Sergio al
suo cellulare. Mi risponde con un rantolo: “Domenico
non ti preoccupare, ora sto male, ma per il 21 io ci sarò, te lo
prometto”. “Certo Sergio, sono sicuro che ce la farai” , gli
rispondo, conoscendo la sua ostinazione.
Punta Ala giovedi 20
ottobre 2011
Nel pomeriggio arriva
Luciano dalla Sicilia, mentre Salvino
con la sua macchina da Roma . Sergio
e Daniele, che sarebbero dovuti arrivare con lui, purtroppo non ci sono.
Salvino mi dice: “Sergio sta
ancora male e Daniele ha preferito restare con il padre. Sembra che
Sergio, per sedare il
dolore delle costole lussate,
abbia preso troppe pasticche di Aulin, che gli hanno provocato un
blocco intestinale. Ma nelle ultime ore
sembrerebbe in via di miglioramento”. Visto che Marzio ci da
la possibilità di poter dormire in barca anche la notte prima della
partenza, Luciano e Salvino non vedono l’ora di vedere Calufra. Così
decidiamo di andare al
porto, dove Calufra ci aspetta.
Luciano e Salvino si sistemano nelle due cabine a poppa, io in quella di
prua. Priamo rimane dormire
a casa sua, al telefono ci dice che ci raggiungerà in mattinata.
Punta Ala venerdi 21 ottobre
2011a
Ore 8:15. Arriva Priamo,
con la sua macchina stracarica di canne
e attrezzatura per la pesca, oltre
a una sacca
piena
di giacche a vento.
Tra le varie cose ha portato con sé anche
un bottiglione di vino novello locale
da 5 litri ed una forma intera
di pecorino sardo. Priamo sistema la sue cose
nella cabina con i letti a
castello, che è accanto alla mia.
Alle 9:00 abbiamo un appuntamento al piano bar dello
YCPA (Yacht Club Punta Ala)
per una colazione offerta da una
mia amica tripolina Bruna Margiotta, che insieme al marito Sergio Felici,
trascorre le sue vacanze a Punta Ala. Da Bruna e Sergio
apprendiamo la notizia della
morte di Gheddafi. Alle 9:20 ci
raggiunge il nuovo skipper
livornese Leonardo Cortini, che,
con il viso coperto da una folta barba e da maestosi baffi,
si rende subito simpatico con il
suo sorriso.
Alle 09:45 saliamo a bordo
della Calufra e ci riuniamo
nella dinette
della barca . Marzio è già lì che ci aspetta
per fare il
ceck list della barca prima
di mollare gli ormeggi. Ci informa che i giubbotti di salvataggio sono
dentro il gavone sinistro della
dinette, che il serbatoio del gasolio da 270 litri
è pieno e contemporaneamente ci indica dove sta la valvola per la
chiusura del serbatoio ( da chiudere subito in caso di incendio). Ci
dice che i due serbatoi dell’
acqua da 350 litri sono pieni, che le
tre batterie da 100 Ah per il motore sono cariche, che
la bombola di 3 litri
di gas butano per i fornelli della cambusa è piena, che il
telecomando del salpa-ancora e le carte nautiche sono conservati dentro
il cassetto del tavolo del comandante, che sotto il quadro elettrico ci
sono la prese da 12 e 220
volti per caricare i
nostri cellulari, che i
cuscini e le coperte di lana sono dentro gli armadietti
all’interno delle cabine, (lenzuola ed asciugami li avevamo noleggiati per conto nostro),
che tutti gli
osteriggi ed i
boccaporti. Le saracinesche dei due bagni sono al momento chiuse,
e ci indica come usarle al bisogno. Sulla parete, accanto al tavolo del
comandante, c’è un
quadro elettrico, dove risiedono tutti gli interruttori centrali delle
utenze con i vari strumenti di controllo,
luci di via, impianto stereo,
frigorifero, pompa di
sentina, autoclave,
salpa ancora,
presa da 12 volt e da 220 volt. Prima di scendere dalla barca
ci indica che i parabordi sono tutti stivati in un
gavone di poppa
un’altra e che la
bombola di gas butano di riserva sta nel gavone accanto.
Ore 11:00. Salutiamo Marzio e Joanne, mia moglie, che nel frattempo ci
ha raggiunto per salutarci, ed
iniziamo la manovra di uscita dal porto.
Leonardo, che ha già preso i comandi del
timone , accende il motore da 51 cv di Calufra e
contemporaneamente controlla che
lo scarico dell'acqua di raffreddamento
funzioni bene. Ognuno di noi cerca di rendersi utile. Priamo stacca il
cavo della corrente da 220
volt , Luciano sfila la cima d’ormeggio di prua
mentre io e Salvino
sfiliamo quelle di poppa . C’è un vento di
grecale che entra a
raffiche dalla bocca del porto, salta sulla barca e toglie la passerella. Benchè
l’interno del porto di Punta Ala sia abbastanza riparato dai venti
il suo vento di traversia è il
grecale, che è un vento mediterraneo che soffia da nord-est. Proprio per
le raffiche di questo vento
la nostra uscita dal porto
è un po’ tribolata. Per fortuna corre in nostro aiuto Alessandro, uno
degli ormeggiatori del porto, che con il suo gommone a motore ci
allontana dalle insidie delle catene dei corpi morti delle imbarcazioni
vicine alla nostra. Finalmente siamo fuori dal porto.
Il mare è leggermente increspato, l’anemometro segna circa
15 nodi di vento. Leonardo
al timone posiziona la barca
con la prua al vento per
poter issare la randa. In
questo caso accosta verso
nord-nord-est. Visto che ci sono raffiche di vento siamo
costretti ad
aprire meno superficie velica. Aiutandoci
con la manovella usiamo le drizze per issare
solo metà della randa e diamo una
mano di terzarole . Anche il fiocco, per dare equilibrio alla barca,
viene aperto a metà. Una volta imbrigliato il vento viene il
momento di spegnere il motore. Quando il motore è spento bisogna
spegnere anche il frigorifero, poiché il frigorifero assorbe una
notevole quantità di energia e lasciato
acceso scaricherebbe la batteria dei servizi. Salvino viene incaricato
di espletare tale incombenza. Ora
navighiamo alla velocità di circa
6/7 nodi, con la prua rivolta verso ovest. Siamo spinti da un
vento teso di grecale e
procediamo con andatura al lasco
in direzione di Porto
Azzurro , che si trova a circa 15 miglia da Punta Ala. In una barca a
vela
le andature si dividono in bolina stretta (quando
l'asse longitudinale dell'imbarcazione, cioè quello che va da prua a
poppa è 40 - 45 gradi rispetto alla
provenienza del vento), bolina larga (45
- 55 gradi),
traverso (90 gradi), lasco ,(100
- 130 gradi) , gran lasco o
al giardinetto (140 - 170 gradi ), in poppa o in
fil di ruota (180 gradi). Quest’ultima
andatura è estremamente pericolosa in quanto un rapido cambio della
direzione del vento può far strambare
il boma senza preavviso, con il
rischio di lasciarci la pelle. Utilizzando
queste andature si riesce a
sfruttare la forza
propulsiva del vento, imbrigliandolo con le vele, che possono essere
orientate in modo da far muovere
l'imbarcazione nella direzione voluta da qualunque parte il vento spiri.
Ore 12:00. La forza vento
cala, l’anemometro segna solo
poco più di 6 nodi di vento. Il mare è ormai una tavola. La
velocità della barca diminuisce attorno ai due 2/3 nodi.
Aspettiamo altri 5 minuti e poi decidiamo di togliere il fiocco
e di lasciare comunque aperta la randa per dare maggiore stabilità alla
barca. Leonardo riaccende il motore e Salvino subito dopo
il frigorifero. Priamo tira
fuori la sua attrezzatura da pesca per iniziare la pescare a traina.
Telefoniamo a Sergio per sapere come sta, ma dalla sua voce
ansante capiamo che non sta ancora bene. Riceviamo una telefonata dai
nostri amici tripolini Corrado
Salemi e da Luciano Pieroni , informati del nostro viaggio, che ci augurano
buonvento.
Leonardo è sempre al al
timone, Luciano, Priamo si dedicano alla pesca, Salvino ed io scattiamo
foto e facciamo filmati. Verso le 14:00, prima di entrare in porto
mettiamo giù la randa. Nella Marina di
Porto Azzurro troviamo facilmente posto per ormeggiare Calufra,
ad una cinquantina di metri della Piazza Centrale
del paese. Pranziamo con pane,
pecorino sardo e il vino novello di Priamo. Dopo pranzo facciamo un giro
del paese. Andiamo all’ufficio della Capitaneria di porto per registrare
Calufra e per pagare l’ormeggio per una notte. In un depliant leggiamo che
Porto Azzurro è
un comune di circa 4000 abitanti . In origine la località si chiamava Longone
o Portolongone, nome derivante dalla considerevole lunghezza
dell'originaria insenatura. Il posto
era tristemente famoso per il carcere di massima sicurezza riservato ai
carcerati più pericolosi.
Nel 1947 fu
deciso di cambiare quel nome con quello attuale di Porto
Azzurro. Il carcere
esiste ancora: è un grande
edificio del XIX secolo costruito a strapiombo sul mare
su un promontorio, 400 metri prima dell’ingresso nel porto. Oggi
il penitenziario di Porto Azzurro è considerato un gioiello, il fiore
all’occhiello dei penitenziari italiani.
Ore 20:00. Luciano , che si è candidato spontaneamente cambusiere, ci
prepara per cena fusilli al
forno,
con contorno d’insalata e pomodori. E’ un’
allegra serata tra amici che trascorriamo, tra frizzi e lazzi,
inzuppando i cantuccini nel vin santo. Verso le 23:00
ci ritiriamo
nelle nostre cuccette pronti per
essere accolti nelle braccia di Morfeo-. Leonardo decide di dormire nel
divano della dinette e di sistemare il suo bagaglio nel gavone
sottostante
Porto Azzurro sabato 22 ottobre
Alle 07.30 andiamo a fare
colazione in un bar della Piazza
centrale nell’attesa che alle 8:00 aprano i bagni pubblici. Nel
frattempo Priamo , Salvino ed io
troviamo un negozio di
generi alimentari già aperto e
lì per lì decidiamo di fare per un po’ di spesa per la giornata.
Compriamo pane,
prosciutto cotto, frutta fresca da consumare nella giornata,
lenticchie, carote, patate, peperoncino. Tornando alla barca mi
fermo ad una edicola attirato dai titoloni della civetta. Compro
La Repubblica. In rilievo sulla
prima pagina a caratteri cubitali c’è la notizia
della morte di Gheddafi, ormai comprovata da alcune
raccapriccianti fotografie della sua truce morte. Quantunque io non sia
mai stato un estimatore del colonnello, rimango inorridito
davanti alle immagini dell’uccisione del tiranno. E’ morto come
una gazzella circondata e
sbranata da leoni affamati.
Alle 10:00 salpiamo alla
volta di Marciana Marina. Sul lato sinistro della lunga insenatura , si
staglia sinistro a strapiombo sul mare il Penitenziario. La giornata si
presenta assolata e
c’è pochissimo vento. Il mare
è così calmo che sembra quasi una tavola.
Procediamo a motore e Leonardo per riposarsi inserisce il pilota
automatico, mentre costeggiamo la parte orientale
dell’isola. Superiamo al traverso il porticciolo di Rio Marina ed
un più avanti quello di Cavo.
Di fronte a Cavo , a dritta si
staglia maestosa l’isola di Palmaiola,
che si distingue per un faro della
Marina Militare,
costruito all'inizio del XX
secolo sul
luogo di una torre edificata nel 1534 dagli Appiano,
ed automatizzato nel 1989
con un impianto di pannelli solari da 20 kW.
Più ad est c’è lo scoglio di
Cerboli, anticamente famoso a causa di una cava di calcare aperta
nel 1927 che
approvvigionava lo stabilimento siderurgico Ilva di
Piombino. Si dice che negli anni ‘70 questo
isolotto sia stato
di proprietà dello scrittore Carlo
Cassola,
mentre attualmente appartiene ad una nota ditta americana di costruzioni,
intenzionata a crearci un centro turistico
estivo. Procedendo verso ovest
incrociamo una barca con dei pescatori che calano le reti per la pesca
dei muggini. Giunti vicino all’isolotto dei Topi di fronte a
Cavo, decidiamo di spegnere il motore per fare un po’ di pesca di
profondità a bolentino con la speranza di pescare
anche noi qualche triglia di scoglio o qualche sugarello.
Restiamo alla deriva per
un’oretta, senza però
pescare niente di niente.
Nell’attesa che succeda qualcosa facciamo uno spuntino
con panini ripieni di
prosciutto cotto e frutta. Mentre Priamo è ancora intento a
pescare, Luciano e Salvino
iniziano a cazzeggiare. Luciano fa l’imitazione di Fiorello, che con un
occhio chiuso e l’altra che rotea a 180 gradi, imita il povero
onorevole La Russa. Dal canto suo
Salvino fa la parte di Baldini, il partner di Fiorello. “Un
mio compagno di giochi Ho detto
compagno? No, no , onorevole, era un errore!
Baldini, ho detto compagno ..No, no, onorevole l’assicuro che
nessuno l’ha sentita. Allora
diciamolo, va, un mio amico d’infanzia, mi ha chiesto consiglio su come
si deve vestire un uomo per essere un uomo. L’uomo secondo me,
diciamocelo va, la cosa che deve avere
un uomo per essere un uomo sai cos’è Baldini? No!...
I galli! Perché? Perché
l’uomo deve essere galloso, va.
L’uomo nella fronte deve averci il gallo, perché il gallo
è sintomo di virilità, di mascolinità e diciamocelo, anzi
dicetevelo. Ad esempio che cosa mi rappresentano i ciclisti che si
depilano? Che sono uomini sono? No! A mio nipote Vercingetorice gli ho
detto:- Vuoi fare il ciclista? Non ti depilare!!!!!.
L’uomo per essere uomo deve
avere nelle gambe, diciamolo va, deve avere il Parco Nazionale degli
Abbruzzi, deve avere gli scoiattoli che gli girano per le gambe. Quello
è un uomo, diciamolo, va. Ad esempio l’uomo che si fa la manicure
secondo me, democraticamente, va arrestato,
ma non solo arrestato, va messo in isolamento. L’uomo i capelli
se li deve lavare con la creta, e al limite asciugarli con il
canovaccio da cucina. L’uomo, quello vero, deve usare le cose
della terra, ad esempio un pediluvio l’uomo se lo deve fare con la
benzina agricola, diciamolo, va, anzi dicetevelo.” ..”
Non peschiamo ancora niente, ma l’allegria a bordo è contagiosa. Anche
Priamo sciorina il suo repertorio comico con una imitazione di Jerry
Lewis, il mitico Picchatello, dalla voce chioccia e monocorde .
Ciao ragazzi, io sono sempre
stato solo. Quando sono nato la mia mamma era a fare la spesa. Quando è
tornata ha detto : Oh
Williams, sei nato? O come dispiace! Se lo sapevo non uscivo….
Ore16:00. Entriamo nel il porto di Marciana Marina. Senza problemi
troviamo un posto dove
ormeggiare Calufra. Espletate le normali pratiche burocratiche presso
l’ufficio della capitaneria di
porto effettuiamo il pagamento
del pernottamento. Ora siamo liberi di andarci a sedere in un bar, fare
delle ordinazioni e di
sentirci finalmente in
vacanza Le nostre scelte vanno su
caipirinha, mohito e birra.
Ore 18:00 telefoniamo a Sergio Disco per informarci sul suo stato di salute, rammaricandoci
del fatto che non possa essere con noi. Dal timbro della sua
voce capiamo che sta migliorando.
Ore 20:00 Per cena Luciano, che si è autonominato cambusiere,
ci prepara un delizioso e
fumante piatto di lenticchie (che
aveva già messe ad ammollare in
acqua fredda 10 ore prima) e peperoncino. Per chi fosse interessato a
prendere appunti per una sana cucina, ecco una ricetta per cinque
persone:
500g di lenticchie,
2 carote,
1 costa di
sedano
3 patate,
1 cipolla,
1 aglio,
5 pomodorini ,
alloro,
rosmarino,
olio ,
sale pepe
e
peperoncino a parte.
Dopo cena andiamo in coperta a poppa per ammirare
Marciana Marina di
sera con il suo sfolgorio di luci. Priamo che in un tavolino del bar ha
trovato un depliant del
paese ci informa che Marciana
Marina è
un comune di circa 2000 abitanti ed è, per estensione territoriale, il
più piccolo comune della Toscana e
il terzo più piccolo d'Italia. L'antica Torre
degli Appiani,
posta all'ingresso del porto che si trova vicino a noi, sembra sia stata
costruita dai Pisani nella seconda metà del Cinquecento.
Durante il XVIII secolo,
per la sua importanza portuale e commerciale, Marciana Marina veniva
chiamata «Piccola Marsiglia».
Ore 22:00. Rientriamo in coperta infreddoliti ma provvediamo subito a
scaldarci con una robusta grappa di Morellino, che viene prodotta
dalle vinacce del Morellino di Scansano.
Ore 23:00. Dopo aver riso e scherzato ognuno si ritira nella propria
cabina
Marciana Marina domenica 23 ottobre
Ore 09:00. Dopo una leggera colazione in un bar locale, facciamo un
piccolo giro del paese. In piazza Vittorio Emanuele ammiriamo la chiesa
di Santa Chiara, risalente al 1776.
Alle spalle della Chiesa si staglia il Monte Capanne
che con una altezza di
un'altezza di 1019 metri è la vetta più alta dell'Isola
d'Elba.
Ore 10:00 Lasciamo Marciana Marina con
destinazione Macinaggio, che si trova nella
parte settentrionale della
Corsica. La distanza è di circa 35 miglia. C’è un leggerissimo vento da
sud-est, di scirocco.
Procediamo a motore senza alzare neppure la randa.
Ore 13:00 .Dopo circa tre ore di percorso,
al traverso dell’isola di Capraia,
a circa duecento metri da noi
avvistiamo numerosi gabbiani e cormorani. In quella zona il mare ribolle
di pesci, che saltano fuori dall’acqua, i pesci piccoli, che sono le
prede, fuggono dai pesci più grossi, i predatori. Questa, nel gergo dei
pescatori, si chiama la “mangianza”. Priamo,
che aveva due canne con esche artificiali già preparate, spera che
qualcosa abbocchi. Un minuto dopo una delle canne comincia a sibilare,
Priamo afferra la canna e comincia a recuperare. Sembrerebbe una
palamita perché di tanto in tanto affiora, la porta vicina allo specchio
di poppa, mentre Luciano è già
pronto a recupero con il guadino. Ma le cose non ci vanno bene, perchè
il pesce si slama e corre via libero. Mentre Salvino
e Leonardo chiacchierano e Luciano e Priamo aggeggiano con le esche, io
me scendo giù in coperta e mi
improvviso sostituto-cambusiere. Ricordando una ricetta di mia madre,
preparo un “pasticcio marsalese”. Visto che siamo in cinque, pelo 5
patate, che metto a bollire
e poi le taglio a piccoli pezzi),
mezza cipolla tritata, prezzemolo in abbondanza, 1 scatola di tonno, 5
uova strapazzate , pecorino grattato. Il tutto messo in forno a 200
gradi, in una padella leggermente unta di burro.
Ore 15:30. Il pasticcio marsalese è pronto; lo metto fuori dal forno per farlo
raffreddare. Siamo ormai vicini
all’ingresso del porto di Macinaggio. So che qui
non ci sono ormeggiatori a darci mano, però c’è molto spazio libero per
ormeggiare Calufra e quindi non abbiamo problemi a farlo. Dopo aver
fissato la nostra barca agli ormeggi,
all’unanimità decidiamo di mangiare subito e, perché no,
di scolarci l’ultima parte del
bottiglione di vino novello.
Il mio pasticcio, una bomba di calorie, è molto apprezzato , così come il vino
novello di Priamo “A Domè,
ma si puo sape’ che erbe speciali
c’hai messo in questo pasticcio eccetera eccetera. A Domè era
tanto che non mangiavo e ridevo così di gusto, mi sento veramente bene.
Bravo Domè, ora però bisogna che annamo sulla “terrafirma”, come diceva
il grande Cristoforo Colombo,
a farci un giretto e a vede’ er paesello”.
Ore 16:00. Scendiamo dalla
barca e cominciamo a camminare sul molo.
Veniamo circondati da una
ventina di gatti e gattini selvatici affamati, di tutte le misure e
colori. Leonardo, animo gentile, torna
in barca per raccattare un po’ del nostro
pane da dare ai gatti. Poi tutti insieme ci dirigiamo
nell’ufficio della
capitaneria del porto per la registrazione di routine e
per pagare la notte. Nel posto riscontriamo che ci sono docce
calde a pagamento (due euro) e depliant
con mappe e storia della Corsica.
La Corsica è un'isola facente parte della Repubblica
Francese ed è, per
estensione, la quarta isola del
Mediterraneo (dopo Sicilia, Sardegna e Cipro),
appartenente alla regione
geografica italiana.
Separata dalla Sardegna,
dal breve tratto delle Bocche
di Bonifacio, emerge come un'enorme catena montuosa ricca di foreste
dal mar Mediterraneo, segnando il confine tra la sua parte occidentale,
il mar
Tirreno ed il mar
Ligure. È universalmente conosciuta come il luogo natale di Napoleone (nato
nel 1769 ad Ajaccio,
un anno dopo che l'isola era stata venduta al Regno
di Francia dalla Repubblica
di Genova). Crocevia, da 4.000 anni, di rotte e di popoli, l'isola,
secondo un'ormai consolidata leggenda, venne chiamata Kallíste (la
più bella) dai Greci.
Oggi è chiamata "l'Île de Beauté", ovvero "l'isola della bellezza".
Con circa un terzo del suo territorio protetto come parco
naturale, e gran parte del litorale ancora immune dalle colate di
cemento che hanno deturpato gran parte delle coste mediterranee, la
Corsica, quasi spopolata (31 abitanti/km²), basa buona parte della sua
economia sul turismo, che permette di raddoppiare all'incirca la sua
popolazione d'estate. Alla ricettività, ben sviluppata e assortita per
offerte e destinazioni (dall'alpinismo alla subacquea), si affianca la
tradizionale economia agro-pastorale e vinicola, cui negli ultimi anni,
pur tra difficoltà e contraddizioni, si aggiunge una timida apertura
verso il terziario avanzato. È composta da 2 dipartimenti: Alta
Corsica (2B, Haute-Corse)
a nord e Corsica
del Sud (2A, Corse-du-Sud)
a sud. Sono inclusi nella regione 5 arrondissement,
52 cantoni e
360 comuni.
L'italiano è
stata la lingua ufficiale dell'isola fino al 1859:
da allora lo divenne infatti il francese,
dando inizio ad un processo di assimilazione linguistica che prosegue
ancor oggi. Pertanto, gradatamente l'italiano sparì ed iniziò a
declinare anche il còrso, lingua afferente all'area
romanza e connessa al gruppo
dei dialetti toscani.
Al còrso è riconosciuto lo status di lingua regionale. A Bonifacio e
a Calvi è
presente un'isola
linguistica del ligure
coloniale (bunifazzinu)
tuttora insegnato (ma facoltativo) nelle scuole primarie. I già citati
idiomi sardo-còrsi del nord della Sardegna (gallurese e sassarese)
presentano notevoli affinità lessicali e grammaticali con i dialetti
della Corsica meridionale. In particolare, il gallurese parlato
in Gallura nel
nord-est dell'isola (circondario di Tempio
Pausania e a La
Maddalena) può essere classificato come una variante del
còrso. Presenta inoltre forti influenze còrse anche il dialetto della
vicina isola di Capraia,
ora estinto
Ore 17:00. In paese c’è poca
gente. La maggior parte sono pescatori, che quando è cattivo tempo si
distraggono giocando a carte. Soffia un vento freddo ed umido, così
entriamo in un bistrot per ripararci. In
un angolo appartato del locale c’è una decina di persone
impegnati a giocare a carte. Tutti fumano
e bevono birra. Noi cinque ci sediamo in un tavolo, scegliendo
una zona per non fumatori .
Ordiniamo birra e pernod.
Di fronte a noi, appoggiata su
una mensola in alto, c’è una TV accesa. Ci sono le previsioni meteo.
Riusciamo a capire che nelle prossime ore è probabile che cominci a
piovere
su
tutta la zona orientale della Corsica e sul mar Tirreno. Forte vento di
Scirocco, con raffiche fino a 25/30
nodi.
Ore 19:00 Torniamo in barca
stanchi ed infreddoliti. Salvino scalda l’atmosfera, facendoci ridere
con l’imitazione di
un monologo di Alberto Sordi, in una delle sue parti più riuscite, nel
film “Un americano a Roma”. Alberto, figlio fannullone e viziato, non
lavora ma passa la maggior del suo tempo guardando film western
americani. Una sera arriva a casa sua ad un’ora tarda. Trova il tavolo
apparecchiato con la sua cena,
formata da un piatto di maccaroni freddi
e da un fiasco di vino.
What’s here? Scopre il piatto e vede i maccaroni.
Uhhhhhh,uhhhhh, maccaroni?
Maccaroni, che schifo, questa è robba da carrettieri. Io non magno
maccaroni, io sono americano sono. Vino rosso? Che schifo, io non bevo
vino rosso. Lo sapete che sono americano, gli americani non bevono vino
rosso. Gli americani non magnano maccaroni, gli americani magnano
mammallata. Mammallata! Questa è roba da americani, yogurth, moshtaarda.
Ecco perché gli americani vincono gli Apache. Gli americani non bevono
vino rosso, bevono il latte, apposta non s’imbriacano. Che avete visto
mai voi un in americano imbriaco? Io non l’ho mai visto un americano
imbriaco. Gli americani sono forti!
Ammazza gli americani !
Gli americani magnano mammallata. Maa..cca..rroni! Managgia, io
ve distruggo maccaroni! Maccarone perché mi guardi con quella faccia
intrepida? Mi sembri un verme, maccarone! Questa si che
è roba da americani, vedi,
yogurth, mammallata, moshtaarda. La moshtarda! What’s your name
moshtaarda? Un po’ de latte, questa è roba che magnano gli americani,
vedi? Roba sana, sostanziosa. Ammazza che zozzeria!! Maccarone, tu mi
hai provocato e io te distruggo. Io te magno aaaahm. Il latte lo diamo
al gatto, lo yogurth al sorcio, e con la moshtaarda ammazziamo le
cimicia. Ed io me bevo pure il vino. So americano io. Maaa…ccaroni veeee…rmi,
e io me li magno!
Ore 21:00 . “A signo’ qui abbiamo
riso tutti, c’è siamo scaldati con la grappa,
ma a proposito di maccheroni,
per cena che se magna?”- dice Salvino accentuando il suo accento
romano – “Ma come, dopo una “bomba”
come il pasticcio di Domenico che ti sei divorato, hai il coraggio di
dire che hai ancora fame?”
Gli fa eco Luciano .”A Lucià, ma
di quale bomba stai parlando? Io me la so già scordata quella. Sarà
l’aria di mare, saranno le
risate che ci stiamo facendo, io non so a voi, ma a me sta gita m’ha
fatto venì proprio fame. A Lucia’ la vuoi sape’ una cosa: io non sono
mai stato così bene in vita mia come ora! Questo te lo posso assicurare.
A Dome’ ammazza che gita ci hai organizzato, a me mi despiace per quelli
che non sono potuti venì. Priamo guarda me e Leonardo e poi dice: “.Anch’io
sono per la cenetta. E te
Leonardo? Leonardo risponde
”A me va bene tutto! Io sto coi frati e zappo l’orto”. Tu Dome’? “Io
sono per la cenetta”.rispondo.
“Allora evviva la maggioranza!
Semo democratici o no?"
dice trionfante Salvino. Priamo aggiunge
“Tra l’altro ho visto che in questo ’armadietto ci sono quattro scatole
di ceci. Forza Luciano abbozzala, preparaci una bella zuppa di ceci alla
siciliana. Io comincio a sbucciare alcune patate e qualche carota e si
prepara insieme sta zuppetta .”Disgraziatissimi individui”! Dice
Luciano facendo il verso a Fratel Amedeo.
“Ingordi e maiali chi non siti autru! m’avito fattu viniri u pitittu
puru a mia – dice Luciano in siciliano Così alle 22:00, quando fuori
si sentono già i primi timidi
tentativi di pioggia, siamo alle prese con una fumante zuppa di
ceci, patate e carote. Poi, prima di ritirarci ognuno nella nostre
cabine ci facciamo il il bicchierino della staffa con la solita Grappa
del Morellino.
Macinaggio (Corsica) Lunedi 24 ottobre 2011
Ore 07:00.
Trovo Luciano sveglio, seduto sul divano di fronte alla cambusa, con un
piatto ed un cucchiaio in mano.
Buongiorno Luciano, che stai mangiando?
Ceci freddi. Quali ceci freddi?
Quelli che non ho mangiato ieri sera . Ma come, a quest’ora mangi
ceci freddi? Tu non sai che ti
perdi. Rispondo: “Ma se ieri
sera non li volevi neanche mangiare” “Lo so, ma ora sono più buoni
di ieri sera? Tieni, assaggiali”. “No, no, lascia a perdere,
vado al bar a
comprare un po’ di croissant per colazione. Leonardo, che dorme nel
divano della dinette, accanto
alla cambusa brontola perché stiamo parlando a voce alta, mentre lui ha
ancora sonno. Si affaccia anche
Priamo. “Avete sentito che
pioggia stanotte, mi sa che oggi di qui non ci si muove”
Insomma, urla Leonardo, che
forse non ha digerito bene i ceci,
ci
risiamo, ma è mai possibile
che non si possa dormire in pace in questa barca?
Quatti, quatti, in punta di piedi, saliamo tutti e tre a poppa per parlare senza disturbare
Leonardo, mentre Luciano continua
a mangiare i suoi ceci freddi. Fuori non piove, ma il cielo è
plumbeo. Siamo comunque riparati dal bimini, aperto la sera prima. Ci
sediamo sui gavoni un po’ umidi e poi
cominciamo a parlare, scherzare
e a ridere. Dopo un po’ sale su anche Salvino tutto assonnato:
Aho belli! Qui sotto, nella mia
cabina, se sente tutto, ma si
può sapere che ciavete da ride’. Stanotte mi sono addormentato alle
2:00, ma ci hai messo in questi ceci Lucia'?. – Salvino, lascia perdere, vieni quà e assettati
che ti racconto una storia.
Quale storia? Te la ricordi la scenetta di Totò e Peppino, nel film
Malafemmena, quando devono scrivere una lettera da recapitare alla
fidanzata del loro nipote?
Minchia se me la ricordo è uno schianto!. Così Luciano comincia il
suo monologo:
Avanti scriviamo . Ha già scritto? No.
Allora scrivi: Signorina, Signorina. Quale Signorina? E’ entrata una
Signorina? Animale scrivi.
Signorina. E’ l’intestazione autonoma della lettera. Avanti scrivi
Signorina, Signorina! Veniamo a noi con questa mia a dirvi. Adirvi una
parola. Che, scusate che sono poche, ma settecento mila lire. Punto e
virgola. Noi ci fanno specie che quest’anno. Questanno una parola. C’è
stata una grande moria delle vacche, come voi ben sapete. Punto. Due
punti. .Ma si abbondiamo:
Abbundandis abbundandum
Questa moneta servono, questa moneta servono che voi vi consolate dai
dispiaceri che avreta, che avreta, e già è femmina e quindi anche il
verbo è femminile. Perché dovete lasciare
nostro nipote e gli zii che siamo noi, medesimi di persona.
Perché il giovanotto è uno studente che studia, che si deve prendere una
laura. Una laura?
Taci animale, non mi fare perdere il filo! Una laura, che deve
tenere la stessa al solito posto, cioè sul collo. Punto e punto e
virgola. Si, si abbondiamo, se no poi ti dicono che siamo provinciali,
che siamo tirchi. Anzi aggiungi due punti. Salutandovi indistintamente,
salutandovi indistintamente, i fratelli Caponi, che siamo noi. Apri una
parente! Hai aperto la parente? Si.
Ora chiudila.
E lì risate. A questo punto sale su anche Leonardo che dice sorridendo:.
Ma insomma stamane avete tutti il ruzzo. Che posso ridere anch’io
quest’oggi? A comanda’, dice Salvino,
vieni a sederti che ti racconto
la scenetta di Totò e Peppino a
Milano, quando arrivano in piazza del Duomo ed
incontrano il ghisa milanese. Te
la ricordi?
Scusi lei è di quà?
Dica! E’ di quà vero? Si sono
sono di quà, perché ho la faccia da tedesco io?
Ah lei è tedesco? Te lo dicevo io
che era tedesco. Ora ci parlo io. Perché tu parli tedesco?
Si, si,
ho avuto per qualche tempo un
amico in Germania. Dunque, non mi interrompere perché perdo il filo.
Excuse me. Dica! Dankescen’!
Noio. Seghè! Noio volevans,
volevons savuar. Noio volevons savuar l’indiriz, ia. E no, bisogna
che voi parliate l’italiano perché non vi capisco.
Parla italiano lei ? Ma bravo,
parla italiano? Complimenti! Ma scusate dove vi credevate di essere,
siamo a Milano qua. Senta
buonuomo noi vogliamo solo
sapere per andare dove dobbiamo andare per dove dobbiamo andare. E’ solo
una semplice informazione
Ore 08:00. Siamo tutti di buon
umore e ci avviamo con accappatoi, sapone-shampoo e rasoi
verso i locali delle docce della
locale capitaneria di porto. Il bollettino meteo aggiornato, esposto in
bacheca, dice che il tempo peggiorerà nel pomeriggio. Unanimemente
decidiamo di partire quanto prima anche perché Bastia si trova
una distanza breve, a sole 8
miglia, in direzione sud con un
percorso semplice lungo-costa, con navigazione a vista.
Ore 09:30. Lasciamo il porto di Macinaggio. Procediamo lentamente a motore. Fuori dal porto il mare è abbastanza mosso ed un vento teso di 25 nodi soffia da est. .Indossiamo tutti un giubbotto impermeabile, che ci ripara dalla pioggia e dai frequenti spruzzi provocati dalle onde anomale. Ci sono onde alte 2/3 metri che, per la Scala Beaufort, che è una misura empirica, questo mare corrisponde a forza 5. Siamo tutti e 5 seduti in coperta, sui gavoni di poppa, riparati dal bimini. Leonardo mi affida il timone e da solo, aiutandosi con la manovella ed il winch, alza mezza randa, per dare maggiore stabilità a Calufra. Per maggiore precauzione lui si lega con un moschettone alla lifeline, la cima che va da prua a poppa.
Ore 11:00 Siamo al traverso di Porto Toga, il nuovo porto turistico di
Marsiglia, ma noi siamo diretti
più a sud, nel vecchio porto turistico di Bastia, chiamato
Porto Vecchio, ubicato in uno scenario cittadino
incantevole , in cui troneggia la Chiesa di Giovanni
Battista, che è anche il patrono della città. La Chiesa circondata da antiche e
vecchie abitazioni, abbarbicate le une alle altre, con balconi
vista-porto. Mentre alcune
case sono
grigie e malandate, altre invece
sono state ristrutturate e
dipinte con colori vivaci e gradevoli .
Ore
11:30, Spinti da un vento teso, che viene da Est,
ci troviamo già dentro la
stretta bocca del porticciolo. .La nostra speranza è quella di trovare
al più presto un posto dove ormeggiare la nostra Calufra.
Il pontile delle barche in
transito purtroppo è stracolmo. Malgrado ci si trovi all’interno del
porto siamo sballottati dalle
onde e dal vento di traversia del porto , che è quello
di nord-est. In ogni momento
corriamo il rischio di andare a sbattere contro le barche altre barche,
che sono già ormeggiate.
Purtroppo nessun ormeggiatore del porto ci viene in aiuto e non sappiamo
che fare. Leonardo, da bravo skipper, riesce ad avvicinarsi ad un
vecchio barcone di pescatori, ormeggiato ad un pontile, mentre noi
prontamente fissiamo con delle
cime la nostra Calufra
a questo barcone. Sul momento
siamo sollevati, ma sappiamo che questa sistemazione è solo
provvisoria . Mentre Leonardo
rimane a bordo col motore acceso , Priamo , Luciano ed io scendiamo sul
molo e portiamo
con noi i documenti di bordo. Ci dirigiamo all’ufficio della
Capitaneria di porto, che troviamo purtroppo chiuso.
Ore 11:45 Arriva con un furgoncino un signore , che con un sorridente
smagliante
apre l’ufficio. “
Je suis Julian
et
je
m'excuse
pour la gêne occasionnée,
mais maintenant je suis à votre disposition.
Si scusa per il contrattempo mentre io lo informo, con un
francese scolastico che siamo
malamente ormeggiati.
Mi risponde:
Je suis désolé,
mon ami, mais il est encore
nulle part dans le dock
en transit
.
Purtroppo non c’è rimasto nessun posto nel molo in transito.
S'il vous plaît,
mon ami à bord du bateau
n'est
pas bien
,
gli rispondo.
N'est
pas bien ?
Oui, N'est
pas bien e comincio a mimare l’espressione di uno che sta male.
Oh bon,
voyons
ce que vous pouvez faire.
Laissez-moi réfléchir un peu.
Restez ici. Je serai de
retour dans cinq minutes.
Si assenta per cinque minuti e
poi ritorna con un largo sorriso per noi.
Tous
les
bons,
mes
amis
italiens.
Vous
amarrè all’anglais
sur le quai de
Service d'Incendie (Vigili del Fuoco)
.
Et je vous donner un coup de
main pour aider dans
les manœuvres d'amarrage.
Lo ringraziamo di cuore per la sua disponibilità e
collaborazione
, gli diamo i documenti della Calufra per la registrazione e per un
pernottamento.. Torniamo subito in barca felici di aver risolto il
nostro problema. Informiamo Leonardo del nostro imminente trasferimento
sul molo dove sta il barcone dei Vigili del Fuoco. Chiediamo a Salvino
di stendersi sul divano e fingersi per un po’
di stare male in caso di un
eventuale controllo.
Ore 11 :55. Arriva Julian con il suo gommone a motore. Mentre noi
liberiamo la nostra barca dalle cime d’ormeggio al barcone da pesca,
Julian ci spinge con il suo
gommone. verso il molo, dove ci è stato permesso di ormeggiare. Ci viene
dato il privilegio di ormeggiarci all’inglese, cioè su intera fiancata,
anzichè di poppa.
Ore 13 :00. Dopo essere stati in tensione per circa un’ora , finalmente
torniamo a rilassarci. Fuori piove con il sole, Salvino ispirato da tale
fenomeno, con la sua voce intonata, canticchia il famoso motivo
Raindrops Keep Falling on My Head. Dalla
cambusa proviene un delizioso profumino
di risotto allo
zafferano che Luciano ci sta preparando per pranzo
Ecco gli ingredienti per 5
persone di una ricetta di matrice sicula.
:
400 gr di riso, 80 gr di burro, 1 cipolla, 1 bicchiere di vino bianco, 5
cucchiai di grana grattugiato, 1 litro ed 1/4 di brodo, 1 bustina di
zafferano. Dopo pranzo ci
concediamo una sana pennichella.
Ore 15:30. Ha smesso di
piovere ma ora il sole è coperto da nuvole grigie. Priamo, Salvino ed io
lasciamo la barca ed andiamo a fare un po’ di spesa alla Carrefour
locale. Comperiamo bistecchine di maiale, costolette di agnello,
un bel cosciotto di agnello da
circa 1 kg, zucca gialla, scatolette di tonno, harissa, 1 pacchetto da
500 g di
semola precotta per couscous , pomodori, 1 litro di passata di pomodoro
ed 1 scatola media di concentrato di pomodoro, insalata, cipolle, aglio,
ceci, zucchine, verza, radicchio di Treviso, carote, patate, cumino,
coriandolo macinato,
zafferano, spezie per couscous (polvere di Ras al Hanout,
curcuma, coriandolo, paprika), baguette e vino rosso corso. Portiamo la
spesa in barca appena in tempo per non bagnarci, visto che ha
ricominciato a piovere. Arriva una telefonata da Sergio che c’informa di
stare molto meglio e che mezza Italia è alluvionata. I centri
abitati delle Cinque Terre, Monterosso, Vernazza, Corniglia, Manarola e
Riomaggiore
sono stati fortemente danneggiati dalla forte pioggia.
Il giorno dopo si dovrebbe andare all’Isola di Capraia, ma viste le
previsioni meteo pensiamo che sia meglio
restare un giorno in più a Bastia.. Priamo ed io andiamo da
Julian per chiedergli l’autorizzazione a stare una notte in più. Con noi
portiamo dietro due bottiglie di buon vino locale, denominato
Patrimonio, da regalargli in ricambio della sua gentilezza e
dell’aiuto ricevuto. Julian, viste le non buone previsioni meteo per il
giorno dopo, ci permette di stare un’altra notte. Per maggiore
tranquillità paghiamo subito per il secondo pernottamento. Ha smesso di
piovere. Priamo ed io facciamo una breve passeggiata lungo il
Boulevard Paoli:
viale intitolato a
Pasquale Paoli, eroe della indipendenza corsa, che costeggia il
mare. Il
Boulevard
con le sue eleganti e
alte facciate in puro stile toscano, è l'arteria centrale della città
nonché la zona commerciale principale del centro. Dalla parte opposta
c’è il Grande Porto Commerciale dove arrivano e partono decine di enormi
traghetti, alti 3 o 4 piani, con destinazione
Livorno,
Savona,
Nizza o
Tolone, Piombino, Golfo Aranci ed
altri porti . Dopo un po’ nell’ottocentesca Piazza San Nicola
incontriamo Luciano e Salvino, anche loro in giro per il centro.
Questa piazza, lunga
circa 300 metri e larga 90, è una delle piazze più estese di tutta la
Francia, oltre al Monumento ai Caduti e alla Statua di Napoleone, è
occupata da un elegante Chiosco della Musica costruito nel 1907.
Le sue dimensioni ne fanno un luogo privilegiato per
l'organizzazione di eventi (concerti, mostre, saloni,
pista di pattinaggio) e per la passeggiata. E' in effetti il punto
di ritrovo degli abitanti della città e dei turisti che approfittano dei
numerosi ristoranti e bar lungo la piazza.
Comunichiamo a loro del
nostro ulteriore pernottamento. Poco distante vediamo un ufficio
dell’Europcar e decidiamo che
sarebbe bello noleggiare un auto per il giorno dopo e visitare in
macchina parte dell’Isola. Insieme torniamo lentamente alla Calufra,
dove troviamo Leonardo, intento a leggere un romanzo.
Ore 18:30 . Col mio computer
portatile entro in un bistrot,
in cui c’è un internet point dove potermi connettere alla rete e
visionare la mia posta elettronica. Il locale è vuoto e non so che cosa
devo fare per connettermi.
Per fortuna dal retro spunta una giovane dipendente, una sorridente
ragazza, di origine algerina, di
nome Hadijia ,
che mi aiuta nel connettermi alla
rete, dandomi la password.
Ore 20:30.
Per cena Luciano prepara un piatto semplice: bistecchine di
maiale alla piastra con contorno di insalata, pomodoro e baguette.
Frutta fresca, cantuccini e vin santo. Io sono particolarmente stanco e
verso le 22:00 mi ritiro
nella mia cabina per andare a dormire.
Bastia (Corsica) Martedi 25 ottobre 2011
Ore 08 :30. Stamane sono io a svegliarmi per ultimo. Salvino e Priamo
sono già all’opera in cambusa. Stanno
tagliando alcune baguette per farne panini con tonno e harissa da
portare al sacco nel nostro
viaggio in auto nella parte occidentale dell’Isola. Leonardo, molto
scrupoloso, fa presente che qualcuno deve comunque restare di guardia
alla barca e che quel qualcuno sarà proprio
lui, poi sorridendo aggiunge :
Guai a voi
se ve ne andate senza un po’ di
quei panini con tonno e harissa
che state preparando, perchè anche se non sono tripolino, a me
pane,tonno e piccante mi piace da morire".
Ore 09 :00 Il tempo è sempre incerto. Non piove ma c’è un forte vento
che soffia teso dall’Est. Luciano, Priamo, Salvino ed io ci avviamo con
i nostri zaini verso il
garage dell’Europcar, in rue Chanoine Leschi,
, vicino a Piazza San Nicola,
proprio di fronte
all’ingresso dell’immenso Porto Commerciale di Bastia. La signorina
Josephine dell’Europcar è gentile. Ci consegna una fiammante
Peugeot 206, grigia metallizzata,
con cambio manuale. Salvino, esperto pilota, abituato com’è a
guidare nel caotico traffico romano, si offre come guidatore. Josephine ci consiglia di
visitare la zona di Calvi, non molto lontana, che si trova sulla costa
nord-occidentale della Corsica.
La
mappa autostradale ci indica che la
distanza tra Bastia e Calvi
è di circa 117 Km,
percorribile in un paio di ore. Usciamo dal centro di Bastia e prendiamo
la N193, che dopo circa
14 km ci porta ad un bivio, dove c’è una grande rotonda.
Prendiamo la seconda a destra e
percorriamo altri 28 km. A Ponte Leccia imbocchiamo la
N197 per altri 40 chilometri.
Ore
11:30. La piantina ci dice che
siamo vicini a l'Ile-Rousse, ed infatti da lì a pochi minuti vediamo il
mare, bello e sconfinato. Siamo arrivati costa nord-occidentale della
Corsica, più avanti, in direzione sud,
c'è Calvi ed ancora più a sud Ajaccio (la città natale di
Napoleone). Parcheggiamo la nostra macchina vicino ad un promontorio, in
un grande spiazzo adiacente ad un rudere semiabbandonato. La vista mare
è bellissima, di fronte a noi, a circa 90 miglia di distanza
c’è la Costa Azzurra, con le
famose spiagge turistiche di
Nizza, Antibes e Cannes. In lontananza vediamo
decine di traghetti che solcano
le onde del mare, traghetti che da
l’Ile Rousse , Calvi e
Ajaccio vanno a Marsiglia,
Tolone, Nizza e Savona . Sotto di me
vedo onde spumeggianti infrangersi con fragore sulla parete scogliosa
sottostante.
Ore 12:00. La tentazione di mangiare i nostri panini con tonno ed
harissa è tanta, così rompiamo ogni indugio, troviamo un posto dove
sederci su uno dei muretti del rudere ed iniziamo il nostro picnic
gustando i nostri panini con tonno ed harissa.
Ricordi, effluvi e sapori della mia infanzia tripolina
riaffiorano nella mia mente. Sono pensieri impalpabili, piacevolmente evanescenti di un bel tempo passato. Immagini
evanescenti di mia madre, di mio padre, di me bambino, gioioso durante i
piacevoli picnic del Lunedì di Pasqua, scorrono turbinosi nella mia
mente in un nanosecondo, regalandomi attimi di intima piacevolezza. O
caro panino col tonno ed
harissa, ti ringrazio di cuore
per avermi fatto sentire ancora così tanto felice!
Ore 14:00.
Superata l’Ile Rousse, dopo appena 20 minuti
siamo a Calvi, che è una piccola
e ridente cittadina di circa 5000 abitanti. Parcheggiamo la macchina
in una via del centro. Comincia a piovere a dirotto, così
cerchiamo riparo in un piccolo bistrot. Ordiniamo caffè espresso e paste
mandorlate. Leggo su un depliant abbandonato sul tavolino accanto che la
zona di Calvi è considerata la Toscana della Corsica per la sua varietà
dei vini. Calvi fu edificata dai Romani
al tempo dell'imperatore
Tiberio (14-37
d.C.) e da allora venne abitata stabilmente. La città venne distrutta
prima dai
Vandali e poi dai saccheggi dei
saraceni. Nel 1268 un
vassallo còrso di
Genova,
Giovaninello de Loreto, la rifondò, colonizzandola con famiglie liguri.
Anche Calvi, come
Bonifacio, ottenne dei privilegi dalla signoria genovese per la sua
fedeltà alla
repubblica, fedeltà che appare ancora nel suo motto (Civitas
Calvi semper fidelis, La città di Calvi sempre fedele). La città fu
fortificata da
Giovanni degli Avogari, in quanto serviva più come punto d'appoggio
militare che come porto e si conquistò la fama dell'inespugnabilità. Nel
1553 venne
congiuntamente assediata da
turchi e
francesi,
ma non cadde. Nel 1768 fu
l'ultima città della
Corsica
a entrare a far parte della
Francia.
Fu una roccaforte francese, infatti vi si rifugiò
Napoleone Bonaparte nella Maison de la Gendarmerie tra il maggio e
il giugno 1793
e per questo venne distrutta dall'ammiraglio inglese
Nelson. SI dice che fu proprio qui che Nelson perse il suo occhio.
Ore 15:00. Il viaggio di ritorno a
Bastia sembra molto più corto di quello d’andata. Con Luciano e Priamo,
mattatori, ci lanciamo nelle imitazioni di alcuni personaggi dello
spettacolo e del cinema che vanno oggi per la maggiore. Ripetiamo frasi
e parole, che suscitano la notra ilarità, risvegliando il fanciullo che
c’è in noi. Imitiamo Diego Abatantuono nel Barbiere di Rio (ziu
bellu), l’opinionista e giornalista
Giampiero Mughini quando con aria sconsolata allarga le braccia e dice
ma dai!, Gasmann e Tognazzi
nei film i Mostri (Son contento),
Antonio Albanese nella parte di Cetto La Qualunque (cchiù pilu pi
tutti), Roberto Benigni in
Jonny Stecchino (Non
me somiglia pe' niente!).
Ridendo e scherzando il tempo passa velocemente
e alle 17:30, un’ora prima della chiusura,
dopo aver fatto il pieno di carburante,
riportiamo la Peugeot
206 nel garage dell’Europcar.
Ore 19.30 Luciano in cambusa. prepara la nostra cena: costolette di
agnello a scottadito. Utilizza 5
costolette di agnello, appiattite
leggermente con un batticarne che condisce con sale, pepe di fresca
macinatura, le unge da ambedue le parti con burro e le mette a cuocere
in una ampia padella antiderente, evitando di brucciacchiarle. Come
condimento mette ad arrostire nella stessa padella del radicchio di
Treviso, da servire con una spruzzatina di buon olio d’oliva. L’odore
dell’agnello arrostito è così buono che abbiamo tutti l’acquolina in
bocca. Siamo tutti rilassati. Domani dovrebbe cominciare il nostro
viaggio di ritorno a Punta Ala anche se con tappe leggermente forzate,
per il giorno trascorso in più a Bastia. Prossima tappa l’Isola di
Capraia .
Bastia (Corsica) Mercoledi 26 ottobre 2011
Ore 09 :00 :00 non piove ma
c’è un forte vento da Sud . Facciamo colazione con dei
burik di carne
che Salvino e Priamo hanno
comprato ancora calde al solito supermercato della Carrefour. A Bastia
vive una forte comunità nord-africana, ormai integrata nella società
locale da almeno due generazioni. Ma, sia per la religione sia per i
diversi usi e costumi, è abbastanza facile trovare merce e generi
alimentari che derivano dalla tradizione e dalla loro cucina. I
burik mi fanno ricordare una
pasticceria araba di Tripoli,
lo Shahrazade, un negozio di
dolciumi e cibi arabi che stava accanto al cinema Alhambra, in Piazza Italia.. Nella vetrina interna
del locale c’erano esposte tanti differenti tipi di paste
fatte di noci,mandorle e
pistacchi tritati, immerse nel
miele. A me piaceva la baklava,
un dolce a forma triangolare, fatto a strati, farcita di
noci ed immerso in uno sciroppo di miele e limoni. Oltre ai dolci si
trovavano anche le paste salate, fatte a sfoglia,
farcite di carne tritata, come appunto i
burik, che sono sfoglie, al
gusto di cannella, che possono essere farcite con carne tritata oppure
con purea di patate, cipolla tritata e
uovo..
Ore
11 :00 E’ spuntato il sole ed il vento si è affievolito. Luciano ha
messo dei ceci ad ammollare in
acqua fredda, perchè per cena ha deciso di cucinare
couscous di agnello. Ci
prepariamo a partire per l’Isola di Capraia, però prima
vado a salutare e a
ringraziare Juian.
A’ la prochaine fois, mon ami
italien -mi dice e ci
stringiamo la mano.
Ore11 :30. Lasciamo
Bastia. All’uscita del porto issiamo randa e fiocco. C’è un dolce
vento di 12 nodi che proviene da sud-est, con piccole onde che prendiamo
ad x. Dopo aver sistemato le vele, procediamo a motore spento verso
Capraia, con un andatura al traverso, ad una velocità di 6 nodi. Siamo
tutti tonici. Salvino brillantemente si ricorda di spegnere il
frigorifero. Priamo, molto
determinato e con l’aiuto di
Luciano, prepara canne ed esche per la traina. Sono felice di come sta
andando la gita, finora è filato tutto
liscio
e mi auguro che le cose procedano
ancora in questo modo. Calufra
scivola silenziosa su un mare che sta diventando sempre più una tavola.
Il vento
è
calato e
la nostra velocità si riduce a 2/3 nodi. Aspettiamo
i tradizionali
5
minuti, poi,
nostro malgrado, decidiamo di
togliere il fiocco, di ridurre la randa e di accendere il motore.
Salvino va ad accendere il frigorifero- Siamo solo a cinque miglia da
Punta dello Zenobito, la punta più a sud dell’isola.
Da lì a poco vediamo volare
sopra di noi un nutrito numero di gabbiani, gabbianelle e cormorani.
In lontananza si vede
una mangianza!
Una delle
due canne comincia a sibilare, un pesce ha appena abboccato.
Priamo afferra la canna che s’inarca leggermente, e comincia il
recupero. Recupera, recupera, recupera ancora,
poi, quando il pesce comincia ad intravedersi
passa generosamente la canna a a Luciano.
C’è una gran tensione, questo
pesce non lo vogliamo perdere. Luciano
recupera e il pesce
è già
a
ridosso dello specchio di poppa della barca. Priamo è pronto con il
guadino, Leonardo ha ridotto la velocità dei giri del motore, Salvino ed
io, con le nostre telecamere,
riprendiamo la scena. Il pesce
ballonzola
fuori dall’acqua, non riusciamo a farlo entrare nel guadino, rischiamo
di perderlo di nuovo.. La palamita,che appartiene
alla famiglia degli sgombri, ha
una carne deliziosa
È un pesce
dal corpo fusiforme, molto idrodinamico,
con testa appuntita.. La bocca è ampia e supera l'occhio ed è armata di
numerosi denti conici abbastanza evidenti. Il colore è azzurro metallico
sul dorso e degrada in un colore argenteo sui fianchi, per assumere un
colore bianco madreperlaceo sul ventre.
Le sue carni sono adatte ad essere conservate sott'olio come quelle del tonno
rosso.
Luciano e Priamo si guardano soddisfatti, tra vari
aiò sardi e
mizziche siciliane, battono
con le palme dello loro mani il
cinque.
Foto 14 Da sinistra .
Guadino pronto per raccogliere il pesce, nel secchio, Luciano e Priamo
mentre sfilettano il pesce
Ore
16 :00. Ormeggiamo, questa
volta senza problemi,
nel porto turistico di Capraia. Registriamo
Calufra e paghiamo il pernottamento. Priamo e Salvino vanno a fare un
giretto dell’isola, Luciano è in cambusa per prepare il couscous, Ecco
gli ingredienti che sta usando
per preparare un couscous per
cinque persone : 1 kg di agnello, 500 grammi di semola, 500 g di ceci,
500 g di zucca gialla, 5 patate, 5 zucchine , 1 litro di passata di
pomodoro, una scatota media di concentrato di pomodoro, 1 kg di cipolle,
5 carote, 5 zucchine, 5 uova
sode, 3 cucchiai di olio vergine
d’oliva, ¼ di cucchiaino di zafferano, polvere
di Ras el Hanout, un cucchiaio di curcuma, un cucchiaino di coriandolo
ed uno di paprika. Leonardo ed io che siamo rimasti in barca cerchiamo
di renderci utili. Tagliamo le cipolle e le mettiamo a rosolare in un
tegame capiente insieme all’agnello fatto a pezzi. Una volta rosolato il
tutto Luciano ci aggiunge a poco a poco
il zafferano e le altre spezie, la passata ed il concentrato con
1 litro d’acqua. Iniziata la bollitura si
versano nel sugo le patate
intere ed i ceci. Quando le patate sono cotte vanno tolte e si
aggiungono le zucchine , le
carote e la verza tagliata a fettine. La zucca gialla per ultima sennò
si spappola. Bisogna togliere le verdure dal sugo quando sono cotte per
permettere all’agnello di cuocere bene ( deve diventare tenero come il
burro). Quando l’agnello è pronto ed il sugo è cotto si rimettono le
verdure dentro. La semola precotta va preparata in una padella a parte.
Ore 20 :00 Onore allo chef Luciano.
Assaporiamo il suo
couscous, socchiudendo gli occhi. E’ un piatto squisitissimo.
Buono il vino rosso di Calvi
che
si sposa
bene col gusto
dell’agnello del couscous. Alla fine beviamo
anche un bel bicchierino di grappa che non
fa
mai
male. Tutti a letto alle 23:00
Isola di Capraia. Giovedi 27 ottobre 2011
Ore 08:00. Facciamo colazione
con cornetto e cappuccino al bar di fronte alla nostra
Calufra. In un depliant c’è
scritto. L’Isola di
Capraia
è un comune di 355 abitanti della
provincia di Livorno.
Si trova a 64 km
da Livorno,
53 km dal promontorio
di Piombino,
37km dall’Isola di
Gorgona
e a 31 km dalla Corsica.
Capraia e' figlia di vulcani sorti dal mare. Crateri spenti e pacificati
sono proprio spettacolo della natura, che si mostra in tutta la sua
bellezza alla Punta
dello Zenobito e a Cala Rossa. La costa rocciosa, spesso inaccessibile,
e' un susseguirsi di grotte e guglie modellate dalla forza del mare.
Capraia e' uno scrigno protetto da una fitta macchia mediterranea con
corbezzoli, erica arborea, oleandri. Sono presenti un gran numero di
endemismi e di rarita' tra i quali il fiordaliso di Capraia, la linaria,
la silene, la borragine nana, il giglio di mare. Nel cuore dell'isola si
apre lo Stagnone, un laghetto che in primavera si ricopre dei piccoli
fiori bianchi del ranuncolo d'acqua e fa da cornice al gracidare della
raganella sarda. E' facile imbattersi nei conigli selvatici e in branchi
di mufloni, incontrare il picchio muraiolo ed il venturone corso, vedere
le picchiate del falco pellegrino, ed il volo maestoso del falco
pescatore. Le coste intatte sono popolate da marangoni dal ciuffo,
berte, gabbiani reali e dal rarissimo gabbiano corso.
Un tempo nel mare viveva la Foca Monaca.
La
colonia penale, abolita nel 1986, ha svolto un ruolo importante nella
conservazione dell'ambiente naturale dell'isola.
Il rilievo maggiore è il monte Castello alto 447 metri, che sul versante
occidentale si avvicina al mare con dirupi mentre su quello orientale
scende più dolcemente con piccole valli torrentizie (chiamate vadi,
il cui nome è molto simile alla parola araba
uadi,
che significa torrente),
la più importante delle quali è il Vado del Porto[6],
lungo circa 3km, che sfocia presso Capraia Porto..Tra i toponimi si nota
Punta della Fica legato
alla lingua corsa, dove tale termine indica l'albero del fico (meno
probabilmente dal genovese dove tale termine ne indica il frutto),
alla penisoletta che sorge lungo la costa orientale a ridosso
dell'abitato, rispetto al quale è ubicata poco a sud.
Ore 09:00. Salpiamo alla volta dell’Isola d’Elba. Destinazione
Portoferraio, distanza circa 31 miglia, direzione sud-est, vento quasi
nullo, procediamo a motore. Mentre Priamo prepara le solite canne,
Luciano pulisce e sfiletta la palamita pescata ieri e tenuto ben
conservata in frigo. Questa sera ha intenzione di cucinare il pesce alla
hraimi, una salsa molto piccante della cucina ebraica libica. Il pesce
l’ho abbiamo, forse non è tanto per cinque, ma ancora c’è da sperare in
una buona giornata di pesca.
Ore 11:00.
Sibilo
di una delle canne e
nuova eccitazione a bordo. E’ sempre Priamo che s’impossessa per primo
della canna. Recupera e avvicina il pesce alla barca. Poi cede la canna
a Luciano che concentratissimo recupera il pesce fino allo specchio di
poppa. Il pesce è un tombarello, di circa 1 Kg e ½, anche lui, come la
palamita, appartenente alla famiglia degli sgombri.
Il colore generale è blu scuro che sfuma nel grigio piombo sul ventre e
sui fianchi. La pinna
anale è bianca, le altre
pinne grigie. La struttura è quella di un tonno in miniatura piuttosto
che di uno sgombro, così la pinna
caudale falcata, le pinne pettorali e ventrali sono
piccole, la bocca relativamente piccola. Per al contentezza
tanti
aiò sardi, tanti
mizzica siculi e tanti
ammazzate o romani si
sprecano. Leonardo, che per sua natura ama tutti i tipi di animali,
dice: -
Ora basta pescare, ragazzi. Ne
avete presi due, che volete di più, non vi bastano?
Lo fulminiamo con un sguardo.
Ci guarda interdetto, poi
capisce, sorride e dice:
Vabbè, vabbè, scusate, non lo
dico più.
Ore 14:00. Arriviamo nella darsena del Porto Mediceo di Portoferraio ed
ormeggiamo senza problemi.. Il pranzo è quasi pronto, perché Luciano
deve solo far bollire della
pasta a forma di conchiglie
e scaldare il sugo con i ceci, rimasto dopo il couscous della sera
prima.
Ore 15:00. Luciano pulisce
e sfiletta il tombarello, pescato nella mattina,
per cucinarlo insieme alla
palamita. Gli uffici della
Capitaneria di porto aprono alle 16:00 , perciò ci presentiamo a
quell’ora con i documenti
di Calufra per registrarla e
per pagare il nostro pernottamento.
Leggo nel depliants, messi a
disposizione, che Portoferraio è un comune di
circa 12.000 abitanti. Nell'area si trovano i resti di due ville
marittime romane (Villa delle Grotte e Villa della Linguella)
che testimoniano un'assidua frequentazione in età imperiale.
Successivamente, il distretto medievale di Ferraia, documentato
dal
XIII secolo, fu ceduto dagli
Appiano per ordine dell'imperatore
Carlo V ai
Medici nel
1547. Portoferraio fu fondata per volere di
Cosimo I,
granduca di Toscana, da cui la città prese il primo nome,
Cosmopoli, nel
1548, concepita come presidio militare con lo scopo di
difendere le coste del Granducato e dell'isola
d'Elba. La città, exclave toscana nel
Principato di Piombino, all'inizio era poco più che un
insieme di
fortificazioni (ancora tutt'oggi visitabili e ben
conservate), come i tre forti: Forte Stella, Forte Falcone e la
Linguella (mentre Forte Inglese fu realizzato successivamente per
rinforzare la cittadina da parte in vista dell'assedio della flotta
britannica)
e la bellissima cinta muraria, i cui resti, ancora in buono stato e resi
abitabili, circondano il centro storico di Portoferraio. Rimase sotto il
controllo del Granducato di Toscana fino al
XVIII secolo quando l'isola, per la sua posizione strategica,
fu al centro di una guerra tra
Francia,
Austria e
Inghilterra. Nell'aprile
1814, con il
Trattato di Fontainebleau, l'isola fu affidata a
Napoleone Bonaparte come sede del suo primo esilio. Napoleone
scelse Portoferraio come capoluogo dell'isola; nella città sono ancora
presenti e visitabili le due ville che furono sua residenza, quella di
San Martino e la Villa dei Mulini. Fu grazie al regno dell'imperatore
francese, seppur breve (1814-1815),
che Portoferraio crebbe in importanza e modernità in maniera
esponenziale, come tutta l'isola del resto, grazie alle infrastrutture
create e alla valorizzazione delle miniere di
ferro di
Rio Marina. In questo periodo Portoferraio divenne il porto
adibito al trasporto del ferro dalle miniere elbane al continente, e da
ciò deriva il nome attuale. Successivamente Portoferraio tornò sotto il
dominio del Granducato di Toscana fino all'unità
d'Italia nel
1860. Nei Bagni penali della città fu rinchiuso
Giovanni Passannante, a causa di un attentato nei confronti
di
Umberto I di Savoia. Portoferraio conobbe un periodo
economicamente stabile, come tutta l'isola, grazie alle miniere di ferro
fino agli inizi degli anni '70, quando l'industria del ferro entrò in
crisi. Rapidamente le miniere vennero smantellate (l'ultima venne chiusa
nel
1981), ma Portoferraio, grazie alle sue spiagge, seppe
riciclarsi nell'industria del
turismo, che ancora oggi rappresenta la principale fonte di
ricchezza.
Il centro cittadino
di Portoferraio è carino ed
anche movimentato dal traffico.
Alle 19:00
Luciano comincia a preparare la hraimi per insaporire il pesce pescato..
Ecco gli ingredienti per la hraim.
1 grossa cipolla tritata, 1/2
bicchiere di olio d’oliva,
2 cucchiai colmi di concentrato di pomodoro,
1 cucchiaino di peperoncino in polvere,
2 spicchi d’aglio schiacciati,
1/2 cucchiaino di sale, 1/2 cucchiaino di carvi.
le Per cucinarla
bisogna far soffriggere la cipolla, finemente tritata, in abbondante
olio d’oliva; aggiungere al
soffritto, tenendo bassa la fiamma, il peperoncino e il concentrato di
pomodoro e 2 spicchi d’aglio schiacciato; successivamente, aggiungere
anche un bicchiere abbondante d’acqua e 1/2 cucchiaino di sale. Quando
il sugo sobbolle bisogna mettere in pentola anche il pesce, sott’olio, e
farlo cuocere a fuoco moderato fino ad ottenere un sugo denso.
Aggiungere al sugo 1/2 cucchiaino scarso di carvi macinato e lasciate
cuocere ancora qualche minuto, poi – a fine cottura – aggiungere il
succo di 1/2 limone spremuto.
Ore 20 :00 . Anche questa volta lo chef Luciano fa centro. I filetti
della palamita e del tombarello pescati,
intrisi del sugo alla hraimi sono deliziosi al palato.
E'
consigliabile usare il pane da intingere nel sugo
è fare la
scarpetta . Consumiamo con
gusto le due bottiglie di vino
locale
Aleatico , che abbiamo acquistate
nel pomeriggio in una enoteca del centro. Alle 22:00
Il solito bicchierino di grappa
ci aiuta a ritirarci nelle
nostre cabine per un sonno ristoratore. Domani è necessario arrivare a
Punta Ala entro le ore 12:00, come da accordi presi con Marzio.
Calufra deve essere risistemata
e ripulita prima di essere noleggiata nuovamente per la settimana
successiva. Domani mattina sveglia alle 06 :00.
Portoferraio. Venerdi 28 ottobre 2011
Ore 06:30.
Con le luci di via accese lasciamo la darsena Portoferaio..
Il sole è ancora nascosto sotto l’orizzonte, ma il cielo si sta tingendo
lentamente di rosso. C’è poco
vento ed il mare è una tavola. Le previsioni meteo danno buono.
Ore 07:00. Priamo sistema le due canne. Facciamo colazione con caffè e
biscotti secchi. L’atmosfera è scherzosa, ci siamo divertiti, ma non
vediamo l’ora di tornarcene a
casa. L’atmosfera si surriscalda quando sentiamo
sibilare
una canna….
zzzzzzzzzzzz…zzzzzzz... Anche questa volta il tandem Priamo- Luciano
va a segno. Priamo come
regista,
che fa l'assist a
Luciano come Questa volta nel secchio di plastica ci
finisce un’altra palamita di un paio di chili.
Ore 08.30 Superiamo l’isola di Palmaiola e ci dirigiamo verso Punta Ala,
che è ormai dista solo 16 miglia.
Ore 10 :30 siamo ormai a 2 miglia da Punta Ala. Incrociamo un paio di
barche a vela, che, come noi procedono a motore per mancanza di vento.
Sulla diga foranea di Punta Ala intravedo mia moglie Joanne, che agita
le mani in segno di saluto.
Ore11:00 siamo felicemente dentro il porto di Punta Ala. Ci fermiamo al
distributore di carburante
per fare il pieno e alle 11 :30 ormeggiamo Calufra al pontile ovest
numero 11, dove ci aspettano salutandoci Joanne e Marzio.
Liberiamo Calufra dalle nostre cose, portando i nostri bagagli ed i
nostri zaini sulla macchina che Joanne ha parcheggiata vicinissima al
pontile. Abbracciamo e salutiamo il nostro bravo skipper Leonardo, che è
costretto a partire subito
per Livorno. Anche Priamo torna nella sua casa a Bagno di Gavorrano,
dove sua moglie Lia l’aspetta. Salvino ha deciso di restare un altro
giorno a Punta Ala prima di tornare nella sua casa a Roma.
Luciano che festeggia oggi il suo compleanno ritornerà nella sua
Sicilia con l’aereo domenica 30.
EPILOGO
Credo che andare per mare in barca a vela, sia la massima espressione
della libertà. Il fatto di non aver davanti strade, incroci, file o
semafori, credo sia una di
quelle sensazioni di libertà paragonabili a poche altre.
Il fatto di mollare gli ormeggi,
uscire da un porto, e avere la possibilità quasi infinita di rotte o
mete da poter scegliere, credo sia una condizione di privilegio di
libertà piuttosto rara. Credo che in una barca a vela un equipaggio
affiatato e unito sia un'ottima cosa.
Non solo per il fatto che gli spazi sono ristretti e spesso le
persone non si conoscono tra loro. Il mare, dal mio punto di vista, è
un'ottima scuola di vita. Ti fa capire i tuoi limiti, ma ti lascia
giocare con lui come un padre con un figlio.
Ti avvisa che stai andando oltre i tuoi limiti, ma nello stesso
tempo ti dà sempre una possibilità di recuperare il tuo errore, a patto
di riuscire sempre ad imparare dai tuoi errori.
FINE
Nomenclatura
ANEMOMETRO.
E’ uno strumento utilizzato per misurare la velocità del vento.
BIMINI.
Tenda impermeabile che si utilizza nel pozzetto di poppa e che serve da
riparo
BOCCAPORTO
: apertura
per andare in coperta
BOLLENTINO
tipo di pesca con barca ferma
BOMA
- agganciato
all'albero ad un'estremità, tramite un giunto snodato detto trozza, è la
parte mobile che permette il cambio di mure durante una virata o
abbattuta,
su cui è agganciata la base della randa.
CORPO MORTO
un oggetto pesante ( spesso di cemento)
utilizzato come ancoraggio sul
fondo del mare
DINETTE
Un piccolo spazio all'interno
della barca, di solito accanto alla cambusa, utilizzato per
pranzare per conversare
DRIZZE
:
cime utilizzate per issare le vele.
FIOCCO
:
vela dell'imbarcazione che è situata in prua (si chiama
genoa se di dimensioni
maggiori)
GAVONE
è uno spazio (con apertura dal lato superiore del vano), tipicamente
ricavato a poppa per lo stivaggio di
alcuni materiali di piccole dimensioni utili durante la navigazione o
in manovra, oppure in emergenza
GRECALE
. vento che soffia da nord-est
LIFELINE
: robusta cima che va da prua a poppa, utilizzata per agganciarsi con un
moschettone nel caso di mare in tempesta
MANO DI TERZAROLE
si da quando si riduce la superficie velica della randa, in caso
di vento teso
MIGLIA NAUTICO
par a circa 1852 metri per ogni miglio
NODO
è una unità
di misura per
la velocità equivalente
ad un miglio
nautico all'ora (1,852 km/h)
ORMEGGIO
in banchina,
tipicamente con legatura a bitte e
anelli, genere si effettua unitamente ad operazioni di sbarco/imbarco
che condizionano le modalità di immobilizzazione del natante..
OSTERIGGIO
è la copertura a lucernario posta a protezione delle aperture che, sui
ponti scoperti, danno aria e luce ai locali sottostanti:. Deriva
dall'inglese "steerage" che significa anticamera di poppa.
RANDA
vela dell'imbarcazione (di solito quella principale) il cui lato
verticale (detto inferitura) è inserito nell'albero, mentre quello
orizzontale (la base) è fissato al boma
SALPA ANCORA
serve in rada ad ancorare e a disancorare la barca SPECCHIO DI POPPA è la parte terminale ed estrema della poppa
TRAINA
è una tecnica di pesca
sportiva. La tecnica consiste nel
navigare trainando, con l'utilizzo di apposite canne,
delle esche artificiali o del pesce vivo.
WINCH
è
un argano, usato con una manovella, che
aiuta ad issare randa e genoa . Gli inglesi lo hanno denominato così in
onore del suo inventore Leonardo da Vinci, storpiandone il nome.
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