IL GIOCO E
LA SCUOLA
Ricordo
che all’epoca quand’ero ragazzino ed andavo
alle scuole medie, la
ghumru (1) era tutta un’altra cosa. Ci
si alzava presto e dopo una colossale zuppa
in scodella bianca smaltata con
hobza (2) e caffe-latte si volava di
corsa alla
madrasat (3), luogo di espiazione del
peccato originale che ogni creatura vivente
aveva con la cacciata dall’Eden ricevuto in
penitenza per redimersi dai peccati.
La nostra scuola era veramente
speciale, infatti, essendo una scuola
Italiana all’estero, dovevamo oltre alle
materie normalmente in uso nel corso di
lingua Italiana tenere anche quelle del
corso di lingua Araba. Per fortuna che
geometria, disegno e matematica erano una
scienza polilinguistica !!! E cioè, mi
spiego meglio, valevano sia per gli Arabi
che per gli Italiani. Si iniziava quindi con
fare un paio di
saghatan (4) di lingua Italiana, con
mughallimuna (5) speudo Italici
provenienti dall’isola Siciliana, poi si
faceva Storia, Geografia del corso di studio
Italiano, in seguito naturalmente Religione
Cattolica,
fagha’(6) ricreazione con panino, tonno
e
Felfel (7) – tutt’intorno alla grande
fontana con i pesci rossi tra le piante di
papiro e le occhiate in su sulla scala per
guardare ciò che si poteva poco vedere e
molto immaginare esistesse sotto le gonne
delle ragazzine che scendevano le scale,
discutendo, nel contempo, sulla teoria
dell’evoluzione della specie, la più
innovativa quella del Darwinismo, di cui ero
un acerrimo ed accanito sostenitore e
l’altra, quella conservatrice, accolta con
il consenso beneplacito di Don Valerio che,
invece, affermava i sacrosanti crismi e
fatti citati nel libro sacro della Bibbia;
la creazione dell’uomo per mano di Dio a sua
immagine e somiglianza.
Dopo la
pausa ricreativa si ritornava su in classe e
si attaccava con Storia Araba, Geografia
Araba, Educazione civica Araba e
naturalmente
letteratura in lingua Araba, qualche ora di
Inglese e tutte le altre puttanate varie
compresa l’immancabile Educazione Musicale e
Ginnastica Artistica, dove ti facevano
gijaragh (8) per un’ora intera dentro il
perimetro di una palestra e se invece, ti
andava bene, ti facevano arrampicare su una
specie di scala in legno o tutt’alpiù di
corda fino in cima senza cadere per terra.
Quegli anni sono stati favolosi. Ho imparato
benissimo l’alfabeto Arabo e tutte le sue
tre vocali, in modo talmente bene da
riuscire a scandirlo a tempo di Rock and
Roll sia in modo crescente che decrescente.
Per leggere e scrivere era poi uno spasso,
un’
Alif (9) con tutte le sue varianti, da
quella minuscola quasi invisibile a quella
maxi praticamente formato pagina, e così per
tutte le altre 28 lettere dell’alfabeto.
La parte più
interessante era poi la combinazione
tripartita delle medesime lettere, eccetto
quelle solari che avevano un’unica forma
calligrafa,
a secondo esse fossero iniziali,
mediane e finali. Praticamente ho e abbiamo
scritto in tutte le maniere abbinando ed
applicando senza sosta una lettera con
l’altra facendo, per chi non conosceva la
lingua, una sorta infinitamente inesauribile
di variabili di varianti in costante
mutamento dal tratto più sottile a quello
più spesso con aggrovigliamenti e stiramenti
tali da riempire con una sola costante di
variabile un rotolo di 30 piani di
morbidezza.
La
cosa che mi rendeva
saghjjd (10) era che un giorno o l’altro
la madrasat sarebbe terminata e con la fine
dell’espiazione avrei potuto anch’io
intraprendere un’attività lavorativa come
tutti i grandi.
Andavo a
scuola alle 8,05
in punto, pena l’arresto e
l’espulsione dalla classe, alle 13,30
ricreazione ore 14,00 ancora in classe fino
alle 18,15 , rientro in casa, quattro pedate
nel sedere da chi di dovere, merenda, poi
compiti sino alle 22,00, cena con i genitori
e naturalmente ripasso dalle
23,00 in
avanti, tanto ..... c’era il caldo e non si
poteva mica dormire tanto facilmente.
Il mio papà
invece, titolare d’azienda, andava con tutti
i suoi dipendenti ed operai a lavorare alle
9/9,30,
pausa Shai alle 11,00
panino e tonno e Felfel alle 13,30,
riposo con pisolo ronfante in ditta fino
alle 16/16,30 , sgranchita di gambe con il
Kura
(11) all’interno della ditta, ripresa del
lavoro alle 17,00
fino alle 19,00 circa, minuto più,
minuto meno. Pulizia generale, doccia,
Eskiimu (12) o
Shaj
per eliminare la stanchezza, un tuffo al
mare, rientro a casa, quattro salti sul
letto, cena, passeggiata ristoratrice, un
zic di radio, un incontro di box alla
televisione Americana e mega ronfata
ristoratrice finale. Tutto questo sapevo
sarebbe ben presto finito, perchè è noto che
anche gli adulti avevano fatto il medesimo
percorso, ma sia io che i miei compagni nel
frattempo ci rodevamo lo stesso dentro.
Secondo i
suggerimenti degli adulti, sia insegnanti
che genitori, dovevamo giocare, nei limiti
del tempo all’epoca a noi concesso, con i
ragazzini Arabi per socializzare e per
imparare usi e costumi.
Prima quindi
che potessero scendere inesorabilmente
gli ultimi raggi del sole ci
riunivamo sul luogo neutrale - la pubblica
strada - si iniziava a giocare “al sociale”e
se giocavamo ad Indiani e Cowboys era
evidente che gli Italiani erano i Cowboys e
gli Arabi invece erano gli Indiani.
Il più delle
volte vincevano gli Indiani, perché menavano
di brutto, erano più veloci nel correre e
saltavano benissimo da una palma all’altra
nel raccogliere i datteri, altre volte
invece ci mettevamo d’accordo e vincevamo
noi, d’accordo però, che la volta dopo ce
l’avrebbero fatta pagare di brutta.
Ogni
tanto invece, su loro insistenza,
facevamo delle partite a
Zarbuta (14) e lì succedeva il finimondo
perché era un gioco “serio” e si giocava
senza alcuna intransigenza . Erano veri e
propri
tornei e ci si batteva sia
individualmente che per squadra.
Dovete
sapere che quelle Zarbute erano praticamente
indistruttibili (quelle che si facevano loro)
e che venivano praticamente fatte volare per
aria.
Ogni tiro
era una mazzata e nel giro di 3/4 colpi le
nostre trottole si aprivano come meloni in
due proprio nel mezzo!!!
Avevamo
chiesto aiuto a tutti i nostri amici grandi,
ma non riuscivamo a scoprire con quale legno
gli Arabi se le facevano.
Tutto
poteva avere senso ma non quello.
Non vedevo l’ora che il periodo di
Madrasat -espiazione finisse, solo così
avrei ed avremmo potuto sottrarci ad
occuparci dell’aspetto prettamente sociale
ed a quelle
umiliantissime
zarbutate al calar del sole.
VOCABOLI IL
GIOCO E
LA SCUOLA
1
|
ghumru
|
vita
|
2
|
hobza
|
pane
|
3
|
madrasat
|
scuola
|
4
|
saghatan
|
ore
|
5
|
mughallimuna
|
insegnanti
|
6
|
fagha’
|
quindi
|
7
|
Felfel
|
piccante
|
8
|
gijaragh
|
correre
|
9
|
Alif
|
prima lettera dell’alfabeto
praticamente corrisponde alla
lettera A
|
10
|
saghjjd
|
felice
|
11
|
Kura
|
Palla
|
12
|
Eskiimu
|
Ghiacciolo
|
13
|
Zarbuta
|
trottola di legno
|
 |
 |
Conquista
araba |
Zarbuta |
|