La stanza  di Carmelo R. Viola

Carmelo R. Viola

La filosofia dogmatico-paranoica del capitalismo

Dal “caos” il migliore “ordine sociale” possibile!

 Carmelo R. Viola

         Mi chiedo dove siano i veri oppositori degli attuali “occupanti della macchina dello Stato” in virtù di una maggioranza elettorale che, psicologia spicciola alla mano, non vale più di una domanda mercantile determinata dalla pubblicità di un concorrente più forte nel rispetto di ritualità specificamente formali; e se vi sono, perché mai non mettano questi ultimi con le spalle al muro con il solo richiamo a verità sociali semplici come operazioni aritmetiche.

         Caos è il divenire casuale delle imprese affaristiche: industria, commercio, usura bancaria; ordine dovrebbe essere la distribuzione universale, razionale, equa e secondo bisogno dei beni e dei servizi prodotti dal lavoro, tale essendo il fine dello Stato propriamente detto ovvero postmedioevale. Tale equazione è semplicemente assurda tanto è vero che non si mai e in nessun luogo verificata durante secoli di esperimento variegato del capitalismo, anzi la sua possibilità si allontana in ragione direttamente proporzionale alla “liberizzazione” del capitalismo stesso cioè della sua estremizzazione selvaggia, detta appunto liberismo.

         Il liberismo è il sistema dove l’impresa (affaristica per definizione, sia pure sottintesa) è il punto di arrivo e di partenza di ciò che si dice impropriamente economia per non dire “predonomia” dal momento che, in quanto iniziativa personale, comunque di parte, finalizzata alla ricerca di profitti, cioè a lucrare il lavoro di terzi, è la trasposizione antropica della predazione forestale: per meglio intenderci si dovrebbe parlare di “predonomia del mare”, dove i pesci grossi mangiano i pesci piccoli. E’quanto avviene, mutatis mutandis, nel sistema umano (antropozoico) dell’attuale paragiungla, il cui soggetto medio non ha ancora rimosso il primitivo istinto predatorio. I faccia di bronzo del liberismo chiamano globalizzazione l’abbattimento di ogni frontiera nazionale non già ai fini di una fraternizzazione universale ma solo per universalizzare il libero sfruttamento delle imprese affaristiche.

         Tuttavia, solo le imprese più potenti (le grandi industrie assieme ai mastodontici apparati commerciali e ai “colossi bancario usurai”) decidono delle sorti di ogni Paese e del mondo intero, non certo il bottegaio sotto casa e il piccolo artigiano in attesa di chiusura e quanti costituiscono il “terziario di sostegno” dei grandi sfruttatori. E i loro errori “ludici” – chè di giochi si tratta! – si riflettono sugli stessi sfruttati e sulla stragrande maggioranza di lavoro-dipendenti e di nullatenenti. E’ il caso dell’attuale crisi, la quale è comunque nell’ordine naturale del liberismo stesso, dato che il consumo di qualunque bene voluttuario raggiunge prima o poi la saturazione.

         I “signori padroni del sistema” (una congregazione di caste, come vedremo in altro scritto) dovrebbero dimostrarci, semmai ne siano capaci, come dalla casualità affaristica o “caos” – come sopra specificato – possa derivare l’ordine – anche questo come sopra specificato.

         Va detto per inciso che “Stato di diritto” non può più essere ritenuto quello semplicemente fondato su norme scritte – alias su una carta costituzionale quale che sia – in contrapposizione allo Stato assoluto del monarca, ma solo lo Stato tutore dei diritti naturali – donde la appropriata denominazione.  In assenza di questa tutela – che equivale a garanzia – non può esserci, oggi, alcun vero Stato di diritto!

Ora, il massimo che  tale caos possa dare, e solo localmente e transitoriamente, è la cosiddetta “massima occupazione”, locuzione, che non è sinonimo di giustizia sociale ma denota solo la condizione, rara, in cui ogni persona abile ha qualcosa da fare dietro compenso. Tale condizione non significa che ognuno ha almeno il necessario, di cui ha bisogno, anzi non esclude per niente le differenze abissali (tra cui la contrapposizione frontale fra l’”abbondanza del superfluo” e la “carenza del necessario”), che acuiscono la conflittualità, riducono il quotidiano ad una perenne “lotta per il mio”, trasferiscono l’agonismo predatorio di tipo fagico (per il mangiare) in ogni rapporto interpersonale (vedi lo stupro come predazione sessuale), mettono fratelli contro fratelli e soprattutto producono quella delinquenza economica, detta comune, che altro non è che predazione paralegale per bisogno o per emulazione, il che ha dato vita alle varie mafie, locali e mondiali, quali le conosciamo. Dunque il caotico affarismo legale delle imprese non risolve alcun problema di giustizia sociale come ci conferma la compresenza di coloro che “affogano nel superfluo” e poveri cristi e disgraziati che arrivano a togliersi la vita come soluzione del loro dramma esistenziale.

Nessun padreterno di capitalista o tirapiedi di sedicente economista del sistema può minimamente confutare quanto appena affermato nelle poche righe di sopra: che dal caos possa scaturire l’ordine: più che di metafisica da quattro soldi è un concetto alchimistico e un dogma che si accorda con la paranoia degli effetti che gli si attribuiscono, ammesso che i suoi sostenitori ci credano, il che non può essere vero.

         Quanto sta avvenendo troverebbe una giustificazione storica (non certo morale) in un medioevo effettivo, ma non può averne alcuna in un tempo di cogitazione scientifica, di coscienza etica e di alta tecnologia. Pertanto, devo credere che i santoni o stregoni della scienza economica ufficiale della barbarie liberista globale siano dei mentitori di mestiere, insomma dei trasgressori consapevoli dei diritti naturali, sul cui solo rispetto si può fondare uno Stato di diritto moderno nel senso di vero e proprio.

         Un sistema che vede dei “berlusconi”e dei veri relitti umani, denuncia (anzi “sputtana”) sé stesso, più di tutte le parole di chi ha il coraggio di parlare. Stato di diritto è quello dove nessun nato si ritrova al mondo nudo come un pesce e per di più gravato di un grottesco criminoso debito, che non può avere contratto nel ventre materno, ma dove, al contrario, ogni cittadino è un figlio che constata di avere un padre capace di assicurargli un’esistenza dignitosa, pari a quella di tutti gli altri figli-cittadini con il solo obbligo del contributo alla produzione.

         La scienza ci dice che per ottenere risultati universali in sede sociale bisogna partire da presupposti universali, il che non vuol dire dalla perfezione ma da una base da cui non può essere escluso nessuno.  Questo significa anche applicare la vera economia per cui la moneta non è più una merce da imprese bancario usuraie, ma uno strumento di distribuzione con cui la tecnologia e l’etica (la cibernetica) possono produrre i veri miracoli della civiltà dell’”homo” bio geneticamente e civilmente adulto. Il caos, naturalmente conflittuogeno, piuttosto che all’ordine porta all’estinzione della specie. Signori  Franceschini e Bertinotti e “pimpanti” oppositori (a parole) svegliatevi!

                                                                        Carmelo R. Viola

Fausto Bertinotti

(La filosofia dogmatico-paranoica del capitalismo – 23.02.09 – 2531)