LA STANZA  di  VITTORIO SCIUTO
  


Vittorio Sciuto
   


Tripoli di Barberia nel sec. XVI

Vittorio Sciuto


Dagli Spagnoli ai Cavalieri di Malta ed agli Ottomani di Dragut Pascià,

quando la chiesa di S. Giovanni diventò moschea “Sidi Dragut”.

Pubblicato su “Oasi”, Notiziario dell’Associazione Exallievi Lasalliani di Libia

Numero 119 / Settembre-Dicembre 2015


Due avvenimenti di portata storica nel 1492 lasciavano presagire l’inizio di un glorioso futuro per la Spagna . Cristoforo Colombo aveva scoperto l’America con una spedizione di tre caravelle finanziata da re Ferdinando II il “Cattolico” e Isabella d’Aragona, e l’ultimo Sultanato arabo di Granada, si era arreso agli spagnoli. Sull’onda dei successi e delle prospettive economiche che si aprivano con la scoperta dell’America, all’inizio del XVI secolo di fronte alla minaccia degli Ottomani, impropriamente detti Turchi, che con le navi corsare assalivano i mercantili nell’ovest del Mediterraneo e saccheggiavano le città costiere, la flotta spagnola occupò le città portuali del Nordafrica di Ceuta, Melilla, Bejaya, Orano, Algeri, La Goulette, Mahdia. Un piano militare strategico di instaurazione di presidi lungo la costa occidentale africana del Mediterraneo, atto a prevenire il ripetersi con gli Ottomani della storia degli Arabi nei secoli scorsi quando occuparono la Spagna del Sud. Successivamente da fervente cattolico qual’era, il re pensava di partire da queste basi per riconquistare al Cristianesimo le Terre del berbero S. Agostino d’Ippona (354-430), ed intraprendere il commercio sempre più fiorente con l’entroterra, affidato alle carovane dalla costa al fiume Niger, dove prosperavano città come Timbuctù e Gao. Il progetto, che imponeva ai militari chiamati a realizzarlo una vita di frontiera adatta ai criminali esiliati dalle prigioni spagnole, si rivelò in seguito effimero perché gli Ottomani riconquistarono quelle città tranne Ceuta e Melilla, ma inizialmente funzionò ed indusse la Spagna nel 1510 ad aggiungere alle conquiste precedenti Tripoli di Barberia (così chiamata per distinguerla da quella del Libano) con una spedizione comandata dal Conte Pietro Navarro. La popola- zione della città si rifugiò nelle fiorenti oasi di Zanzur e Tajura, poi tornò favorita dagli Spagnoli desiderosi di pace, necessaria per eseguire opere pubbliche e rafforzare le difese, il castello in particolare costruito dagli Arabi su una fortezza romana. Ma la Spagna non poté consolidare le conquiste nordafricane, poiché la sua flotta dovette fronteggiare quella potente della Francia che, non vedendo di buon occhio i successi espansionistici spagnoli, si era alleata con gli islamici Ottomani suscitando l’ira del Papa Leone X (1513-22).

Quando nel 1516 il giovanissimo Carlo I (1500-1558) nipote di Ferdinando II d’Aragona ed Isabella di Castiglia salì al trono di Spagna, e poi nel 1518 col nome di Carlo V (come lo chiameremo in avanti) a quello di Germania per una calcolata discendenza ereditaria dei casati di Aragona ed Asburgo, nelle casse dell’erario cominciò ad affluire l’oro sottratto dal “conquistatore”  Hernàn  Cortes
agli Atzechi (Messico) del regno di Montezuma. Sicchè Carlo V, supportato  da una florida economia, un efficiente esercito ed una potente flotta, poté avviare le sue mire espansionistiche anche in Europa che avrebbero fatto della Spagna nel sec. XVI “l’impero sulle cui terre non tramontava mai il sole”. Da cattolico fervente quanto il nonno Ferdinando II, Carlo V contrastò la religione islamica che gli Ottomani con le loro conquiste diffondevano ad oriente e minacciavano ad occidente in caso di conquisa di Malta e Sicilia, ma non smise di annettere alla Spagna altri territori in Europa tra cui il Ducato di Milano, sottraendolo agli Sforza (1535). Con la sua politica espansionistica, Carlo V aveva ostacolato l’avanzata ottomana e l’islam nel Mediterraneo e, allo stesso tempo, si era adoperato a difendere la religione cattolica dal dilagare della Riforma di Lutero in Germania, meritandosi nel 1519 ad Aquisgrana l’incoronazione dal Papa Leone X di Imperatore del Sacro Romano Impero, solennemente ribadito da Papa Clemente VII nel 1530 a Bologna.


Mentre la Spagna dominava lo scenario occidentale dell’Europa, ad oriente avanzavano gli Ottomani che nei Balcani conquistavano una terra dopo l’altra ed anche l’Ungheria e la Boemia (1526), e si avviavano verso il cuore dell’Europa puntando su Vienna (1529), dopo avere aggirato la Repubblica della Serenissima dotata di una temibile flotta che preferirono evitare in uno scontro diretto. Tra le vittime della conquista ottomana nell’Europa orientale  ci  furono  i  Cavalieri dell’ordine di S. Giovanni di Gerusalemme, fondato durante la prima Crociata nel XI secolo da Gerardo Sasso. Nati con la missione di assistere i Pellegrini in Terra Santa, ne divennero i difensori ed a tutti gli effetti “soldati”, annoverando nelle proprie file nobili di casati di più parti d’Europa. Dopo la caduta di Gerusalemme nel 1187, cacciati dalla Città Santa dal vittorioso sultano ottomano Saladino, si trasferirono a Cipro fino al 1307 quando conquistata l’isola di Rodi ne fecero la loro sede. Ma quando a Rodi arrivarono gli Ottomani di Solimano il Magnifico nel 1522, dovettero abbandonare l’isola ospitati dal Papa Adriano VI a Viterbo in attesa di una sede più consona. Nel 1529 papa Clemente VII interpellò in merito Carlo V, e l’imperatore concesse ai Cavalieri l’isola di Malta in feudo, a condizione che governassero per conto del Viceré spagnolo delle Due Sicilie (da cui Malta dipendeva), anche la città di Tripoli Barberia: così ebbe inizio l’avventura dei Cavalieri di Malta di S. Giovanni in terra d’Africa. Il primo Governatore dei Cavalieri di Mallta a Tripoli fu Garzia Cortez seguito da George Shilling. Entrambi si occuparono di migliorare la città e consolidare quella che all’origine era stata la fortezza araba denominata “Assaraya al-Hamra” (castello rosso), già rafforzata dagli stessi Spagnoli che ora la cedevano ai Cavalieri di Malta. Il castello-fortezza dominava il porto, e le bocche di cannone sporgenti dai bastioni erano un monito alle navi dei pirati ottomani al comando del terribile ammiraglio Kair-ed-Din (il corsaro Barbarossa) che spadroneggiavano nel Mediterraneo, facendo pagare ai mercantili onerosi tributi in cambio della loro protezione. A quell’epoca Tripoli di Barberia, era delimitata dai bastioni e corrispondeva all’attuale “città vecchia” (Al-medina al-gadima) dove si entrava e dalla quale si usciva attraverso le porte di cui sono rimaste le famose Bab-el-Bahar (Porta del Mare), e Bab-el-Horrya (Porta della Libertà). Tra le prime opere eseguite, i Cavalieri di Malta come era loro abitudine, costruirono la chiesa di S. Giovanni dedicata al patrono dell’Ordine sul lungomare, davanti al porto aperta ai pescatori, anche se disponevano di quella di S. Leonardo eretta dagli Spagnoli nel castello.



I Cavalieri di Malta non riusciranno a mantenere il controllo di Tripoli a lungo, poiché gradatamente gli Ottomani a partire dal 1520 con la conquista di Algeri e di Tunisi (1526) ad opera di Kair-ed-Din (Barbarossa), nominato dal sultano ammiraglio della flotta ottomana, invasero progressivamente il Nordafrica. Tripoli di Barberia, con il suo porto dotato di fortezza (castello), era divenuto un importante centro strategico militare e commerciale fortemente perseguito dagli Ottomani. Così nel 1552 l’ammiraglio della flotta ottomana Sinan Pascià l’espugnò, consentendo ai valorosi Cavalieri di Malta, distintisi in battaglia malgrado l’enorme divario di forze in campo, di salpare per la loro isola. Ma su Malta, crocevia del Mediterraneo, gli Ottomani avevano messo i loro occhi, e faranno di tutto per conquistarla sicché le vicissitudini degli eroici Cavalieri non erano ancora finite.




A Tripoli ebbe inizio l’era ottomana e si succedettero vari governatori nominati dal sultanio di Istambul, a partire da Murad Aga (seppellito alla sua morte nell’omonima moschea di Tajura) fino al più noto Dragut Pascià (1557), che negli anni precedenti aveva seguito per mare il suo maestro Kair-ed-Din distinguendosi nell’arte della navigazione e nell’abilità piratesca. I governatori ottomani di Tripoli nominati, si succedettero fino all’avvento nel 1711 della dinastia dei Karamanli che con un colpo di mano si impossessarono della città dichiarandone l’indipendenza dal sultano di Istambul durata fino al 1835, quando tornò sotto il controllo ottomano fino al 1911, anno in cui Tripoli e la Libia divennero colonia  italiana (1911-43).  Nel 1565 gli  Ottomani decisero che era tempo di prendersi Malta e l’assediarono con 250 navi e 40.000 uomini per mesi, ma i Cavalieri di Malta, guidati dal loro Gran Maestro Jean de la Valette (da cui trae il nome la capitale), per quanto largamente inferiori di numero non cedettero forte S. Angelo, baluardo della città, e malgrado l’imponente schieramento di navi e di uomini degli assedianti, resistettero e contrattaccarono, tanto che l’ammiraglio ottomano Pyiale Pascià, scosso dalle inormi perdite desistette. Durante l’estenuante assedio morì Dragut Pascià che da Governatore di Tripoli aveva sottomesso ed unito le tribù, eretto opere pubbliche, rafforzato le difese a partire dal castello, e si era dedicato a che la città prosperasse anche culturalmente, cosa sorprendente per essere passato alla storia più per le imprese di pirata che di Governatore.

Draghut Pascià fu seppellito nell’omonima imponente moschea che aveva fatto eri- gere di fronte al porto. A ricordare Dragut Pascià oltre alla moschea, alcune strade erano state a lui intitolate come quella sul lungomare di fronte alla moschea stessa, e la “zenghet” (strada stretta), tutt’ora a lui dedicata, che conduce nel cuore della città vecchia, dove sorge la chiesa di Santa Maria degli Angeli, eretta nel XVIII sec. dai missionari Francescani, ricostruita all’epoca della colonia italiana. Durante questo periodo, il lungomare Dragut fu rinominato Principe di Piemonte, ma la popolazione indigena non smise di chiamarlo Dragut, indotta dalla sua fama consolidata dalla presenza della moschea in quella storica strada.

Veduta della città vecchia anni ’60. In primo piano il Castello, Suk-El-Muscir e la Moschea Karamanli

Qui la storia ci riserva una straordinaria sorpresa, emersa dalle ricerche attraverso gli scritti e studi di storiografi e le ricerche archeologiche:  la Moschea  di  Sidi Dragut  sorge sulle antiche mura della Chiesa di S. Giovanni dei Cavalieri di Malta. Dragut Pascià, Bey (Governatore) di Tripoli dal 1557 al 1565, decise che quello era  il luogo dove  costruire la sua moschea perché era in un posizione importante della città  ed avrebbe  inglobato una chiesa cattolica, facendone un  simbolo di vittoria dell’Islam sul Cristianesimo, parti- colarmente sentito  quando ancora non si erano spenti i clamori delle crociate dei secoli XI-XIII. La moschea di Sidi Dargut utilizzò le mura della chiesa di S. Giovanni mantenendo le tre navate delimitate dalle colonne di marmo prelevato dagli edifici romani di Leprtis Magna, e aggiungendo due ali in testata (vedi planimetria). Fu costruito un elevato minareto dominante la città  da dove il muezzin  diffondeva la preghiera, sul tetto rifatto furono inserite 27 piccole cupole.

Evouzione storica dei Cavalieri di Malta         

I lavori furono completatidai bagni turchi (hammam) e dalle aree di abluzione per la purificazione corporea prima della preghiera (Il Mausoleo sorgerà alla morte di Dragut). Quella delle molteplici cupole rappresentava un’architettura insolita per le moschee, e costituirà uno modello per le prossime moschee di Ahmed Karamanli e Iusef Gurgi.  L’attuale moschea di Sidi Dragut è stata ricostruita ed ampliata durante la colonia italiana, e della vecchia chiesa dei Cavalieri di Malta restano soltanto alcuni tratti di muri perimetrali a testimonianza del periodo del loro governo della città di Tripoli nel XVI secolo (1520-51). Nei lavori di ristrutturazione sotto l’amministrazione coloniale italiana (1920) sono state sostituite le colonne originali di marmo con le attuali più robuste di cemento armato, e sono state aggiunte 5 cupole portando il totale delle cupole a 32.


Moschea di Sidi Dragut, rilievo di Aurigemma del 1927. 

Le antiche mura della chiesa, inglobate nella struttura della moschea difficilmente possono essere identificate e delimitate, ma il solo fatto che ci siano è di per sé significativo oltre che suggestivo. Quello che a suo tempo è stato il simbolo di un conflitto di religioni, ora avvolto dal fascino della storia, può assurgere a scambio culturale tra civiltà dove le religioni sono messaggere di pace. La città vecchia di Tripoli con le sue moschee Sidi Dragut, Ahmed Karamanli, Iusef Gurgi, l’arco di Marco Aurelio, la chiesa di S.Maria degli Angeli, la Torre dell’Orologio e quanto altro, ci racconta storie passate e continua ad emettere antichi odori, ora di terra ora  di mare a seconda dei venti, che chi come  me c’è stato, una volta che li ha respirati non dimentica.


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