INTRODUZIONE
Quando
parliamo di storia della Libia, in realtà parliamo di vari avvenimenti
che riguardano tre regioni geografiche ben differenti: la Tripolitania,
la Cirenaica e il Fezzan. Tranne i periodi in cui questi territori si
sono trovati sotto un unico dominio straniero, i dati storici indicano
pochi, se non rarissimi, legami politici o economici. Il termine
Libia deriva dal nome della tribù berbera Lebu ed è stato usato dagli
antichi Greci per definire tutto il Nord Africa a ovest dell’Egitto. La
Tripolitania, che in origine finì sotto il dominio romano, un tempo era
considerata parte del Maghreb. I legami di questa regione con il Vicino
Oriente e con le sue vicende politiche risalgono al nazionalismo arabo
che prese piede nel corso del XIX e XX secolo. La Cirenaica fu
inizialmente colonizzata dai Greci e tradizionalmente si ritiene sia
stata influenzata dai paesi del bacino orientale del Mediterraneo,
soprattutto l’Egitto al momento della nascita del nazionalismo
arabo. Il Fezzan, separato dalle altre due regioni da centinaia di
chilometri di deserto di sabbia e rocce, fu invece colonizzato da
comunità seminomadi di origine centro-sahariana, che trasportavano
merci a dorso di cammello tra i mercati centrafricani e quelli europei
utilizzando i porti nordafricani, uno dei quali era Tripoli. Dopo la
sconfitta italiana in Libia nel corso della Seconda Guerra Mondiale, il
Fezzan finì in mani francesi, data la prossimità geografica con la
Tunisia che era all’epoca protettorato francese. Gli ebrei libici
abitavano principalmente lungo la costa e, prima dell’unione del paese
in un’unica entità politica, vivevano divisi nei due territori libici
settentrionali, la Tripolitania e la Cirenaica, entrambe province
dell’impero ottomano. La maggioranza viveva nella provincia occidentale
della Tripolitania, mentre il resto abitava la Cirenaica a est. Verso
la fine del periodo ottomano, la comunità ebraica continuava ancora ad
abitare le zone costiere, con i due terzi nella città di
Tripoli............. Dopo la conquista ottomana della Libia, gli
ebrei vennero in contatto con altre comunità ebraiche dell’impero. Dal
Marocco, dalla Turchia, dalla Palestina e fin da Salonicco in Grecia
alcune figure influenti giunsero in Libia per assumere incarichi
importanti sia in campo sociale che spirituale. Rientrarono a Tripoli
anche alcuni degli ebrei deportati a Napoli dagli Spagnoli e anch’essi
rivestirono ruoli di un certo rilievo nel commercio e negli affari
comunitari. In generale la dominazione ottomana diede nuova linfa
all’ebraismo libico. Verso la fine del periodo ottomano la comunità
poteva annoverare 69 tra rabbini, giudici religiosi e ambasciatori alla
corte imperiale, figure che guidarono gli ebrei fino alle soglie del XX
secolo. In tutto il paese, nei centri urbani come nelle piccole
località, la comunità ebraica organizzò una rete di confraternite che
aiutavano i poveri, gli ammalati e fornivano educazione ebraica a
bambini e adulti. La comunità costruì e mantenne 21 sinagoghe, 21
yeshivot e 19 luoghi di preghiera e di studio ospitati in case private. Ma
forze nuove incombevano all’orizzonte. Malgrado le autorità centrali
ottomane si mostrassero favorevoli nei confronti degli ebrei, le
relazioni tra questi ultimi e i musulmani si deteriorarono. Gli
ebrei furono vittime d’incendi dolosi, di attacchi omicidi condotti in
pieno giorno, di saccheggi e rapine e i responsabili erano proprio le
autorità locali e i funzionari governativi, che in gran parte agivano
arbitrariamente e in aperta violazione delle leggi del governo centrale
ottomano. Nel frattempo, l’Italia era alle porte. L’impero ottomano
aveva compreso le intenzioni italiane e quindi agì per garantirsi
l’appoggio della popolazione locale, cercando soprattutto di
ingraziarsi la comunità ebraica con aiuti finanziari e con la nomina di
Rav Eliahu Hazan di Gerusalemme al ruolo di rabbino capo, il cosiddetto
Hakham Bashi. Rav Hazan rimase a Tripoli per quattordici anni (tra il
1874 e il 1888) e pur non avendo avuto modo di vedere la realizzazione
delle sue riforme, queste ultime ebbero ripercussioni sulle generazioni
future di ebrei libici. Non appena insediato, Rav Hazan si rese
conto che i rabbini e giudici religiosi locali non erano all’altezza
dell’incarico, perché contrastavano le sfide lanciate dalle nuove forze
che da decenni stavano attraversando il Nord Africa, sfide che
provenivano dalle riforme ottomane, dalle capitolazioni e dalla
penetrazione della cultura europea nella regione. Rav Hazan propose una
serie di riforme del sistema educativo che tenevano conto delle
innovazioni introdotte dall’Europa, idee che furono inizialmente
contrastate ma che divennero poi, all’inizio del nuovo secolo, la base
per la riforma dell’educazione.............. La colonizzazione della
Libia ebbe un impatto in gran parte dirompente, spesso violento e
largamente incoerente. L’occupazione partì come conquista militare, fu
seguita da una serie di tentativi falliti di implementare riforme
liberali, cui subentrò un decennio di pacificazione militare sotto il
regime fascista, e finì in una vera e propria annessione accompagnata
da colonizzazione agricola. I libici sostanzialmente reagirono con un
rifiuto piuttosto generalizzato per resistere contro la presenza
coloniale e le sue attività nel paese. La reazione si espresse a vari
livelli: locale, tribale e territoriale da un lato (le varie regioni
del paese cercarono in modo diverso di difendere interessi locali,
soprattutto in Cirenaica e nella cerchia tribale e religiosa dei
Senussi) e sovranazionale dall’altro (Islamismo e Panislamismo,
soprattutto prima e subito dopo la Prima Guerra Mondiale, e infine
Panarabismo). La minoranza ebraica assistette con timore al
riemergere della politica locale tradizionale, un fenomeno
inarrestabile innescato dal dissolvimento della compagine istituzionale
e giuridica dell’impero ottomano cui era seguito un regime coloniale
debole e inefficiente. L’o- rientamento panislamico della
politica libica aggravò negli ebrei i timori che venisse loro
attribuito nuovamente lo status di dhimmi in cui erano stati relegati
dopo l’invasione islamica della Libia. Ne derivò un generale distacco
dalla resistenza libica e dalla coscienza nazionale che si andava
sviluppando, anche se a livello economico e nell’amministrazione
quotidiana delle aree urbane le relazioni tra arabi ed ebrei rimasero
inalterate, lasciando a questi ultimi il ruolo di occasionali mediatori
tra interessi locali e forze coloniali. Influenze internazionali di
vario tipo, soprattutto panislamiche e sioniste, unite a paura e
disaffezione, fecero in modo che nella minoranza ebraica nascesse una
forma di contro-nazionalismo. Questo libro vuol dimostrare che gli
ebrei libici, alla stregua di altre minoranze ebraiche nei paesi arabi
e islamici, non erano in grado e, di fatto, non sopravvissero
all’attacco del nazionalismo arabo e panislamico se non emigrando dai
paesi d’origine. A differenza degli ebrei, altri gruppi etnici in Medio
Oriente hanno invece continuato a vivere negli stessi luoghi in
continua lotta con la maggioranza. La questione delle minoranze nei
territori islamici prima, e in seguito nei moderni paesi arabi, rimane
una spina nel fianco degli Stati arabi, principalmente a causa della
loro cultura politica e del ruolo dominante della religione islamica. D’altro
canto, com’è accaduto al colonialismo europeo in altri paesi, i
mutevoli interessi delle politiche coloniali italiane prevalsero
chiaramente su quelli delle popolazioni indigene, incluse le minoranze.
Il governo coloniale italiano cercò di trasformare gli ebrei libici in
italiani o perlomeno cercò di adeguarli al modello degli ebrei
italiani. Gli ebrei libici trassero benefici economici e culturali e,
in certa misura, anche politici, almeno finché non furono applicate le
Leggi Razziali del 1938. Per gli ebrei libici il passaggio dalla vita
tradizionale a quella moderna subì un’accelerazione sotto il dominio
italiano. La Seconda Guerra Mondiale e la conseguente nascita del
nazionalismo arabo interruppero il processo di modernizzazione, che
riprese solo quando gli ebrei giunsero in Israele negli anni Cinquanta
e in Italia dopo il 1967. Fu così che un’antica comunità,
sopravvissuta a molti secoli di dominio straniero, venne
definitivamente sradicata in meno di mezzo secolo e fu costretta a
vivere in luoghi più sicuri.
NOTE 1. R. Simon, The Jewish Community in Libya in the Late Ottoman Period (in ebraico), dattiloscritto, Tel Aviv, 1978. 2. R. De Felice, Jews in an Arab Land. Libya, 1835-1970, University of Texas Press, Austin, 1985, p. 22 3.
A.N. Chouraqui, Between East and West. A History of the Jews of North
Africa, The Jewish Publication Society of America, Philadelphia, 1968,
pp. 3-54.
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