Notizia
REUTER ,
MILANO, 03
Aprile 2006 -
Condanna per Vanna Marchi e la
figlia Stefania Nobile.
Il mago
brasiliano è riuscito a scappare
Vanna Marchi e
Stefania Nobile sono state condannate per truffa dalla Prima
sezione penale del Tribunale di
Milano. La pena, per entrambe, è di due anni e sei mesi di
reclusione per truffa aggravata. Condanne sono state irrogate dal
giudice monocratico Edoardo D'Avossa anche a Francesco Campana,
convivente della Marchi (un anno e sei mesi di reclusione), ed al
"mago" Do Nascimento (sei mesi, in continuazione di una condanna
emessa in contumacia e già passata in giudicato).
La Corte, ancora, ha condannato
gli imputati, in solido tra loro, a risarcire le parti civili per
oltre 45 000 euro ed al pagamento delle spese processuali. Inoltre,
è stato disposto il sequestro conservativo di alcuni conti correnti
bancari intestati alla
Nobile ed a Do Nascimento, il cui saldo ammonta a circa 9.000
euro.
Il processo riguarda sei casi
di truffa a danni di clienti della Ascié ed Anidene, due società cui
facevano riferimento gli imputati, impegnate in televendite di
pronostici del lotto e di oggetti magici di varia natura.
Riprenderà il
10 maggio prossimo il filone principale dell'inchiesta, nel
quale agli imputati è contestata anche l'associazione per
delinquere. In questo procedimento, il pubblico ministero ha già
richiesto la condanna a 12 anni per la
Marchi, 13 per la
Nobile e 7 per Campana.
Un
sistema basato su una «intuizione imprenditoriale e delinquenziale»
messo in piedi da Vanna Marchi, e dai suoi soci. Per questo il
sostituto procuratore generale di Milano, De Petris, ha chiesto ai
giudici della IV Corte d´appello di Milano la condanna di 10 anni e
4 mesi di reclusione per la Marchi e la figlia. Attraverso la
televisione usata come un´esca "facevano leva sulla credulità
popolare" per fare "abboccare" quante più vittime possibile.
Una truffa di 64 miliardi
di lire (33 milioni di euro) in cinque anni: di magico, nelle
televendite di Vanna Marchi, secondo la Finanza c’erano solo i
profitti ricavati da oltre 300 mila clienti. Nove truffe su dieci
colpivano donne, spesso pensionate, convinte a comprare consigli per
il lotto, miracolosi prodotti dimagranti o amuleti contro il
malocchio a prezzi variabili da 200 mila lire a decine o centinaia
(fino a 600) milioni.
GLI ARRESTI - La popolare
imbonitrice televisiva è detenuta da giovedì a San Vittore per
associazione per delinquere e per 35 imputazioni di truffa
aggravata, degenerata più volte in estorsione. L’inchiesta, aperta
in dicembre dalla Procura grazie alle prime denunce divulgate da
Striscia la notizia , ha portato in carcere anche sua figlia
Stefania Nobile , il convivente Francesco Campana, il contabile
Antonio Martino e la segretaria Emilia Beniamino, che teneva la
cassa dell’impresa di famiglia, la società Ascié. Alla prigione è
sfuggito il «mago»
Mario Pacheco Do Nascimento : l’ultima traccia è
un biglietto aereo del 27 dicembre per il natio Brasile.
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Agli arresti domiciliari sono finiti il nipote, Alessandro Marchi,
disoccupato con la Porsche, e Flora Manzo, in arte «maga Dafne». I
magistrati riconoscono al tg satirico di Canale 5 di avere
«interrotto un’attività criminale» caratterizzata da «perfidia,
cattiveria e assoluta amoralità». Uno «sfruttamento organizzato
della credulità popolare» che proseguiva dal ’96, nonostante denunce
fiscali, un arresto e tre condanne di Vanna per bancarotta. Quando i
militari del nucleo provinciale si sono presentati alle tre di notte
nella sua villa di Castel Del Rio, vicino a Imola, la Marchi è
scoppiata a piangere. Poi, senza protestare, ha commentato: «E’
tutta pubblicità per Striscia la notizia».
IL SISTEMA - L’ordine d’arresto
elenca
35 testimonianze di persone di mezza Italia (da
Milano a Treviso, da Lucca a Teramo) che raccontano lo stesso
copione. Il cliente, agganciato dalle trasmissioni di Vanna su reti
locali, chiama la ditta Asciè (fino al ’99 Anidene), per chiedere
cosmetici «scioglipancia», amuleti, numeri per il lotto o riti
magici al «maestro di vita» Do Nascimento. Dagli uffici milanesi
risponde una delle 40-45 telefoniste che, sotto minaccia di
licenziamento o in cambio di premi, chiedono da 200 a 300 mila lire
per le «spese postali». I portafortuna gestiti da 5 magazzinieri
(sale da cucina, candele, tronchetti d’edera) naturalmente non
bastano a guarire tumori, salvare figli tossicodipendenti o mariti
malati né a vincere al lotto. Quando la cliente reclama, si sente
rispondere che allora c’è un problema di «malocchio», che solo il
mago può cacciare, a tariffe che salgono da 2 a 10 milioni. Soldi, a
questo punto, ritirati in contanti da una ventina di corrieri.
Secondo una ventina di testimoni d’accusa, al rifiuto di pagare
seguono insulti di una Vanna «inviperita» e minacce delle
«telefoniste esperte»: la morte del figlio, la rovina familiare, una
malattia incurabile. E qui il prezzo della magia sale, fino a tre
casi limite di 318, 450 e 600 milioni. Una signora veneta ha ammesso
di essersi prostituita per pagare i debiti.
SAN MARINO - La Finanza ha
calcolato i profitti (in mancanza di due anni di bilanci)
decodificando il programma «Baby 36» del computer, truccato dal
convivente Campana per nascondere i contanti divisi ogni sera tra
Vanna, figlia e mago. Moltiplicando i 305.964 clienti registrati per
la tariffa minima degli «ordini postali» (200 mila lire) si arriva a
un incasso quinquennale di 61.192 milioni, da sommare ai 2.750
recapitati alla segretaria dai due corrieri che hanno già
confessato. Un ex socio denunciò che il convivente di Vanna, oltre a
intestarsi case e terreni, avrebbe spostato miliardi a San Marino.
Su quei conti, la Finanza attende risposte da due anni.
FUGA E NUOVI REATI - Per motivare
l’arresto, il pm Luca Villa trascrive un’intercettazione di
Alessandro Marchi: «Tra due settimane andiamo a Madrid - rivela il
nipote di Vanna il 16 gennaio -, han già trovato l’ufficio... e poi
stiam là». Dietro le note di colore (Striscia che apre l’inchiesta,
i finanzieri che la battezzano «operazione Tapiro salato» , il
giudice Panasiti che scrive con i caratteri dei fumetti) si
intravedono questioni poco comiche: le prime denunce del ’97
provocarono solo un processo minore, quasi azzerato dalla riforma
fiscale; e la commissione tributaria, dove lavorava il contabile di
Vanna, annullò anche la multa per l’evasione. Varie associazioni di
consumatori ora rivendicano precedenti denunce «in 20 Procure». Ma i
magistrati ammettono che, contro i truffatori, una trasmissione tv
può fare «ben più dell’intervento giudiziario», che deve
«ovviamente» rispettare tempi, forme e garanzie di legge.
Paolo Biondani