La stanza di FRANCESCA PRIVITERA

Francesca Privitera


UNA STORIA DI FAMIGLIA
TRA LA SICILIA, LA GRECIA, MALTA
E LA CIRENAICA


POESIE


Gandil, Gandil a Bengasi *

Era una placida sera bengasina,

punti splendenti

occhieggiarono nel fondo della Sciara Sneidel1

avvolta nella penombra vespertina.

Si avvicinarono;

sentii scandire allegramente:

Gandil, gandil, gandil, gandil!

Vidi fiaccole, lanternine;

apparvero ragazzini musulmani,

passarono festosi e a sciami.

Venivano dalle zenghe2

e dai soûq3 dalla medina4.

Diffusero con entusiasmo la luce

che simboleggia Dio

in molte religioni.

Aspersero nell’aria serena

il profumo delle zagare

che i popoli annoverano

fra i simboli dell’amore.

Le gioie che danno all’animo

i valori della vita

mi resero propria

la trasparenza del loro messaggio.

La fiaccolata della fede islamica

andò oltre sidi Draui,

verso sidi Hussein, Sabry e Ben Kascir; di quartiere in quartiere ricordò

che era tempo di letizia e di preghiera.

Il natale di Maometto ricorreva.

* “... è nata dal contatto quotidiano, maturato in Libia, da me cristiana, con il mondo arabo-islamico, nel quale si notano punti di convergenza.  A Bengasi esisteva questa ricorrenza fino al 1960, ho visto io tanti ragazzini che andavano alla moschea con la lanternina accesa ...”. 1. sciara: via.  2. zenga: strada stretta  3. soûq: mercato .  4. medina: nelle città islamiche, la parte vecchia che include il bazar e la moschea.

 

°°°°°°°°°°°°

Natale 1989

Ricordo i ranuncoli sbocciati

all’improvviso nell’aiuola

della mia casa luminosa;

erano variopinti e come di seta plissé!

Stupita, dinanzi a tanto, domandai:

“Mamma, chi li ha piantati?”.

E Lei: “Gesù Bambino!”.

In Libia, a Natale,

la mamma preparava le crèpes

alla ricotta zuccherata,

ai bimbi di famiglia numerosa

e ai suoi figli in agape festosa.

Oh, cucina confortevole di Sciara Sneidel,

fra trombe di angeli e buganvillee.

Ricordo il presepe “De La Salle”

per noi fanciulli, magico orientale;

ricordo un canto nella Cattedrale;

aleggiò argentino, nel raccoglimento silente:

“Che magnifica notte di stelle

hai prescelto o Bambino!”

Oh Natale di Cirenaica, ricco di Avvento, cortese;

bianca Cattedrale di Bengasi,

fra cieli rosa e mari di turchese!

Oh Natale di casa mia, così inondato di armonia,

sarai sempre nel mio cuore,

m’insegnasti che dove vi è amore

verso il prossimo e il Creato,

vi è la grazia di Gesù nato!

 

 

 

  °°°°°°°°°°°°

Terre intorno a Bengasi 

L’erg e il serir mimetizzavano asini,

cammelli, cagnolini,

tende, beduini, donne, bambini.

A gennaio ci sorrideva già la primavera;

era bello andare a passeggio

dopo le piogge!

La terra rossa intorno a Bengasi

si ammantava di margherite gialle.

Sin da piccina

mio padre, gran camminatore,

mi fece amare le sebke dei Sabri

luccicanti al sole

e le saline della Berka, alture di cristalli

nell’azzurro, affascinanti.

La mia anima non conosceva depressioni,

i miei mistici ideali aleggiavano sereni

fra spazi, orizzonti, silenzi infiniti.

 

 

 °°°°°°°°°°°°

Le conchigliette

Un giorno mi recai con Giorgia,

fuori tempo dei bagni, alla spiaggia.

Il fantasmagorico tramonto bengasino

iridava indefinite bellezze,

dolcemente adagiate sulle onde,

la brezza le cullava serenamente, dalla riva all’orizzonte.

Sembravano boccioli di genziana,

coprivano come un prato,

il mare appena increspato della Giuliana.

Sembravano costumi di bajadere,

o manti di sovrani Aztechi,

intessuti con piume di uccelli rari,

sembravano dispiegamenti di seriche bandiere.

Era un palcoscenico di lusso fatto dal Creatore,

su cui danzavano, a miriadi,

leggere, azzurre cose;

ne raccolsi, osservai, erano conchigliette vuote.

Da dove erano venute?

Era uno scenario fatto da un gran Pittore:

sfolgorii, scintillii di acque leggiadre,

brillava, sorrideva il Creato, al vespero cirenaico

e a noi fanciulle in fiore.

 

 

  °°°°°°°°°°°°

Crochi bianchi

Addio crochi bianchi profumati nella sera,

affioranti dalla sabbia della Giuliana a primavera,

foste per me bambina, la scoperta dell’armonia.

Mi chiesi: poiché il libeccio squassa le rive,

come avviene il miracolo della vita dei crochi

negli arenili inondati dal mare?

Scavai con le mani, mi affannai, cercai i bulbi,

nemmeno l’ombra,

erano chissà in quale profondità.

Compresi che per tale giardinaggio,

non disponevo dell’adatto aggeggio.

Crochi bianchi, delicati,

alle tempeste adusi

al petrolio siete sopravvissuti?

Crochi bianchi, la Giuliana è lontana dal mio sguardo,

ritornate ancora in primavera per allietare il mondo

come ritorna in me l’armonia al vostro ricordo?

 

 

  °°°°°°°°°°°°

Salve Bengasi!

Salve Bengasi, terra di datteri, di ulivi,

di melograni e di banani,

di tonni saporiti,

terra di nostalgia e di lavori alacri,

oh Lete, fiume dell’oblio,

noi del 1941 come siamo dimenticati!

O te felice fra giardini fatati1

fra sebke, mari e tramonti incantati!

La laboriosità dia gioia e benessere ai tuoi abitanti,

conoscano la tua gentilezza gli ospiti stranieri,

lunga vita a te e progresso nei millenni

 

1) giardini fatati: il fiume Lete è sotterraneo, il suo territorio è carsico, le sue cavità sono coltivate;

chi vi giunge dalla pianura desertica all’improvviso vede corbeilles verdeggianti di uliveti,

palmeti, frutteti.

 

 

 

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Pellegrinaggio alla Madonna delle lacrime

18 maggio 1994

 

Bianca Siracusa dai palazzi arabescati

che si specchiano sul mare di turchesi,

e su sabbie rosa come quelle di Bengasi;

Siracusa, sei un incanto come Venezia,

quel giorno eri ancora più adornata

di aiuole colme di fiori, per la venuta del Papa.

Dopo trentasei ore di Canale di Sicilia e di nave ballerina,

quando ero bambina,

Papà mi rinvigoriva con i ricci della tua scogliera,

e con il Malvasia della tua terra.

Siracusa, tu fai parte della mia antica felicità,

quando sbarcavo il mio cuore era in festa,

andavo dalle nonne Isabella e Francesca,

quando m’imbarcavo era impaziente,

di ritornare a casa, fra l’altra mia gente,

e già sentivo profumi di sebke e di artemisie.

Siracusa, t’identifico con il teatro greco,

i papiri, Archimede, l’Anapo, le barche variopinte,

tra l’isola di Ortigia e il ponte,

la leggenda di Aretusa e la sua fonte.

Il tuo mare unisce l’Europa, l’Africa e l’Asia,

incontri di commerci, di culture, discordie nella Storia.

Dal 29 agosto 1953 si ascoltano a Siracusa

i linguaggi di tutta la Terra,

per il miracolo delle lacrime della Madonna,

in un’atmosfera di preghiera.

 

 

 

°°°°°°°°°°°° 

Nostalgia 

Mi rivedo in fila con le compagne

verso il palmeto e il monumento a Mario Bianchi.

Rivedo la maestra Cunsolo,

che ci consigliava sul come ripararci dal ghibli.

Quando il vento mi porta identici fischi

rivedo il trenino di Barce,

la sua piana, i suoi campi di grano

per un attimo mi trasloco laggiù, lontano,

rivedo il Gebel cirenaico, i suoi boschi;

le sue tortorelle con la nidiata

non fuggivano alla nostra venuta;

rivedo la dolce Bengasi, l’idroscalo,

il pontile di barche, le bionde sabbie infuocate.

Com’era buona la merendina consumata all’aria marina.

Rivedo le gru migranti a stormi interminabili,

apparivano all’inizio dei loro lunghi viaggi

in autunno e in primavera,

ci annunciavano il tempo della scuola

e quello delle vacanze.

I loro stridii echeggiavano nell’aria,

erano come allegre ciarle fra loro,

si dilatavano e giungevano a noi

come lieti saluti di ritorno

o emozionanti addii di partenza.

Ad ogni partenza ad ogni arrivo

passavano dal nostro cielo,

a ondate successive

lo coprivano.

Dove andavano? Da dove venivano?

 

 

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Ad un uccellino 

Adesso sei nel paradiso degli uccellini,

non sarai mai solo, non ti mancherà l’affetto,

l’acqua, il miglio, la mela, l’ovetto.

Quando ti ho visto per l’ultima volta

sembravi un fiore,

con le morbide alucce tutte raccolte, color di sole,

tu che cantavi e saltellavi felice,

ora eri irrimediabilmente immoto.

Ci hai dato gorgheggi, melodie, gioia di vivere,

cosa potevo fare per te?

Ti ho scelto una splendida dimora tra le viole,

ho pianto per te; nulla si può, contro l’ineluttabile!

 

 

  °°°°°°°°°°°°

Il mio bambino

Il mio bambino non frigna mai,

è inquieto soltanto, quando ha bisogno di essere cambiato,

poi ritorna rasserenato.

Egli è sensibile ad ogni lieve fruscio che percepisce;

quando lo tengo in braccio m’intenerisce.

Quando vede il papà,

gli occhi gli brillano di felicità.

Sorride con le fossette,

entusiasma con la sua grazia,

coinvolge con la sua gioia.

Con la vocina, imita il cavallino,

oppure stride come un rondinino.

Sui capelli, Dio gli ha soffuso il polline dei fiori;

bianco e roseo è il colorito,

le sue labbra sono boccioli,

vedo il mio bambino

bello come un cherubino.

Quando gli giochiamo, nasconde il visetto vezzosamente;

con le braccine alzate, sul cuscino poggiate,

si addormenta dolcemente.

Ancora non parla, è un po’ raffreddato e sembra dire: ma-ma,

per essere aiutato.

L’esser mamma, per me è una stupenda esperienza,

ha quattro mesi, il mio bambino,

e già riempie la casa con la sua presenza!

Per assicurargli la crescita normale,

fisica, morale e spirituale,

e per assolvere il mio dovere di madre,

chiedo al Signore giorni di salute.

 

 

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Inno alla Fede

a mio nipotino

 

Ti abbiamo amato prima della nascita

ti abbiamo spettato con trepidazione e speranza,

conoscenti e parenti si sono congratulati per la tua venuta;

molto prima del lieto evento il completino del battesimo

splendeva per te.

La nonna Maria, dai figli ai nipoti lo aveva tramandato,

ma, c’era caldo e non l’hai indossato.

Nonna Franca, per riparare il tuo corpicino,

prima del tuo arrivo ha preparato scarpette, camicine, coprifasce,

lenzuolini ricamati di lino,

ti ha regalato la cameretta con cassettiera e bagnetto,

carillon e pigiamino.

Nel battesimo, da nonni, zii e amici altri regali hai ricevuto.

La medaglietta d’oro con l’effigie di Gesù,

la dolce trevisana Tina Nolfo ti ha mandato

la madrina Ada e la nonna Franca

le Madonnine ti han donato

e la loro protezione per te tutti abbiamo implorato.

Sei bello, bianco, colorito e proporzionato,

ora che ci allieti dopo l’attesa,

ti auguro che lo Spirito Santo ti colmi di tutti i valori della vita:

salute, intelligenza, fortuna, felicità, equilibrio, religiosità,

solide radici per fronteggiare il vento;

Sarai scienziato? Letterato? Musicista? Benefattore dell’Umanità?

Infine ti auguro che la tua mamma ti dia latte

con pensieri positivi, affinché tu possa conservare la dolcezza del cuore

e delle sembianze di oggi

fino all’età dei centenari, scandita da giorni sereni e proficui.

 

Non voltarti indietro ad ogni passo solo chi guarda lontano troverà la via. Hammarskjöld

 

                                      Francesca Privitera