Il mio viaggio virtuale a
Tripoli
con Google Earth
di Domenico Ernandes
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Nel mio viaggio
virtuale a Tripoli in Piazza Gazzella
|
Mi
sono sempre chiesto in
cosa consiste la fantasia. Credo che la fantasia non abbia limiti di
tempo, di
spazio, di convenzioni, non ha freni inibitori, non è soggetta a
censure nei
momenti oscuri della vita sociale. Senza la fantasia,
senza la capacità di sognare
siamo solo degli uomini. La fantasia che, come forza creatrice, rimane
comunque
prerogativa esclusiva degli umani, ha il potere di immaginare il
futuro,
inventare il presente, cambiare il passato.
L'altro giorno, svuotando
uno dei cassetti della mia scrivania ed estraendolo completamente dalla
sua
guida per spolverarlo, ho trovato una decina di fogli di carta formato
A4 tutti
scritti. Ero quasi pronto ad accartocciarli per gettarli nel cestino
della
spazzatura, quando l'occhio mi è caduto su alcune immagini di Google
Earth che
erano stampati su questi fogli. Google Earth è un programma
offerto
gratuitamente da Google che genera immagini virtuali della Terra,
utilizzando immagini
satellitari ottenute dal
telerilevamento terrestre, fotografie aeree e dati topografici memorizzati
in una piattaforma di sistemi informativi computerizzati.
Così ho cominciato a leggere
questi fogli scritti da me quando abitavo a Punta Ala, nell'agosto del
2008, e
quello che vi ho trovato scritto era qualcosa tra la fantasia e la
realtà. Il
titolo dello scritto Il mio viaggio virtuale a
Tripoli con Google Earth è già emblematico. Dopo il colpo di
stato del
Colonnello Muammar Gheddafi, avvenuto il primo settembre 1969 e dopo
l'espulsione di noi italiani, residenti in Libia, nel 1970, la mia vita
non è
cambiata. Prima straniero nella mia terra natia, poi ancora straniero
nel Paese
dei miei avi. Ma questo non mi ha fatto soffrire più di tanto, perché
venendo
in Italia sono riuscito ad adattarmi subito alla nuova situazione.
Da allora in Libia tante
cose sono cambiate. Il colonnello Muammar Gheddafi è stato giustiziato
nell'ottobre del 2011. Il vuoto di
potere lasciato dalla caduta del suo regime ha creato una situazione di
insicurezza che non solo continua a minacciare la regione, ma che ha
anche
implicazioni più ampie nella lotta globale contro l'estremismo
islamista. Il
dopo Gheddafi ha portato il Paese nel caos dove le milizie
armate si
sono impossessate di varie zone. La Libia è ora divisa tra due governi
rivali e
due parlamenti: la Camera dei Rappresentanti a Tobruk – riconosciuta
dalla
comunità internazionale – e il Congresso Generale Nazionale con sede a
Tripoli,
sostenuto dalla coalizione filo-islamista di Alba Libica. La situazione
è così
critica che andare a visitare ora la Libia come turista non è
certamente una
buona idea. Ma io, con la mia fantasia, sono riuscito a tornare lo
stesso nella
mia amata Tripoli. Vediamo come ci sono riuscito.
°°°°°°°°°
Punta Ala, 26 agosto 2008
E' quasi mezzogiorno e mi sono
appena svegliato. Oggi è il mio compleanno, compio sessanta anni. Sono
rientrato in casa verso le sette del mattino, dopo aver accompagnato,
con la
mia in macchina, all'aeroporto Pisa mio cugino Enzo Accardi,
ospite a casa
nostra per due settimane.
|
Mio cugino Enzo
Accardi
|
Siamo partiti col buio alle tre
di notte per
raggiungere l'aeroporto in tempo utile per il check-in del bagaglio e
per ritirare
la sua scheda d'imbarco. Destinazione Marsala, dove vive e lavora come
insegnante comportamentale presso un Istituto Tecnico Statale.
Sono ancora disteso pigramente
sul mio letto, ancora immerso nel torpore di un dolce dormiveglia, dopo
una
notte passata in bianco. In queste poche ore di sonno mattutino ricordo
confusamente di aver fatto un breve sogno strano ma piacevole. Ricordo
questo
sogno solo in alcune parti e non nella sua interezza, nelle sue
immagini
sbiadite che scorrono disorganiche e a scatti, come quelle di un
vecchio
fotogramma. Sognavo di trovarmi a Tripoli, si proprio Tripoli, la città
libica
dove io sono nato.
Ancora immerso in un pigro
torpore, decido di alzarmi, di vestirmi e di andare in cucina per
prepararmi
un'abbondante tazza di caffè nero con la confortevole speranza di
svegliarmi
completamente. Con la tazza ancora fumante, salgo le scale e passo
dalla cucina
al mio studio, dove su una scrivania troneggia il mio computer
portatile, un HP
di15 pollici.
Mi siedo sulla mia comoda sedia
girevole, comoda, morbida ed ampiamente imbottita da similpelle.
Accendo il
computer. Aspetto pazientemente un paio di minuti prima che il mio
computer si
connetta ad internet, mentre sorseggio il mio caffè. Nel
frattempo prendo
anche appunti su un block notes, scrivo alcune parole incolonnate
da
sinistra verso destra, dall'alto verso il basso. Le prime parole che
scrivo
provengono dai quei flash di immagini che facevano parte del mio sogno.
Ripasso
mentalmente queste immagini e vedo: mare, barche arenate sulla battigia
di una spiaggia,
vedo deserto con dune mosse del vento, vedo datteri maturi che cadono
dalle
loro palme ed io li raccolgo da terra.
E' evidente che sono immagini
legate ai miei ricordi del paese dove io sono nato sessanta anni fa.
Per la
cronaca mia madre mi diceva che ero nato in un caldo ed assolato
mercoledì
pomeriggio nell'Ospedale Principale di Tripoli, quello che era ubicato
sulla
strada che andava verso Collina Verde.
Vedo che finalmente il mio
computer si è connesso. La prima cosa
che faccio è controllare se ci sono messaggi nella casella del mio
indirizzo di posta elettronica. Ci sono vari messaggi, ma uno in
particolare attira la mia attenzione. E' un messaggio che proviene da
Google. Dice così: Please update your
Google Earth
program, mi chiede di aggiornare il programma Google Earth.
Ricordo di aver
scaricato questo programma sul mio computer qualche mese
fa. Ricordo di
aver scaricato questo programma sul mio computer qualche mese fa e che
quando
si apre appare una immagine del Globo terrestre, immagine che credo
venga
prodotta attraverso dei fotogrammi satellitari, fotografie aeree e dati
topografici. Inoltre credo che sia un software che occupa molta
memoria del computer e che può essere utilizzato solo se si
ha una
connessione ad una linea telefonica a banda larga (ADSL). Perché non
provarlo
proprio ora, visto che il caffè nero mi ha schiarito la mente?
Penso al mio sogno, e mi invade
una leggera nostalgia Tripoli, penso che sarebbe bello ritornarci da
svegli, ma
pare che in questo momento non sia possibile, almeno per me.
Attualmente
purtroppo esiste una strana norma voluta dal
colonnello Gheddafi, che impedisce agli italiani, nati in Libia,
con meno
di 65 anni di età, di poter usufruire del visto d'ingresso in Libia.
Vado sul desktop clicco con il
mouse sull’icona che simboleggia Google Earth, che ho posto in
evidenza
in cima a destra sullo schermo del mio portatile. Dopo qualche secondo
di
attesa appare una nitida immagine del globo terrestre vista da un
satellite
artificiale. Mi immedesimo nella visione ed immagino. Ora ho la
sensazione di trovarmi da solo all'interno di una astronave
spaziale, che
arriva da un posto imprecisato dello spazio. Sono io che manovro
il mouse
come se fossi il comandante-pilota di questa immaginaria astronave che
ne
manovra i comandi.
Ha così inizio il mio viaggio virtuale a Tripoli con
Google Earth, legato ai miei ricordi di gioventù.
Sul monitor ora mi appare una
palla (il Globo Terrestre), spruzzato qua e là di nuvole, color
blu-chiaro
(gli Oceani) con delle macchie grigie (i Continenti) immerso in un
campo nero
(lo Spazio), ricco di minuscoli punti bianchi luminosi (le Stelle).
In basso a destra c’è un
altimetro che mi segnala la mia distanza dalla Terra e che in questo
momento è
pari a 63059,60 chilometri. Sulla parte alta a destra dello schermo c’è
un
cerchio che rappresenta una bussola. Tocco il cerchio con il mouse, il
cerchio
si allarga e accanto appaiono due linee, una verticale e l’altra
orizzontale.
Quella verticale ha in cima un segno “+” ed in basso un segno “-“. E' lo zoom, che serve ad avvicinarmi o
allontanarmi dalla Terra. Sullo schermo in basso a sinistra c’è un
puntatore
con dei numeri che scorrono veloci quando muovo il mouse
e indicano le
coordinate terrestri.
Che
faccio? Mi
dirigo verso la Terra? Ma dove vado? Penso ancora al mio ultimo sogno.
Decisamente destinazione Tripoli, Libia.
Che
faccio? Mi
dirigo verso la Terra? Ma dove vado? Penso ancora al mio ultimo sogno.
Decisamente destinazione Tripoli, Libia.
La prima cosa che mi viene in
mente è di vedere se esiste ancora la strada della mia vecchia
casa,
quella dove sono nato nel 1948 e dove vi ho vissuto per circa ventidue
anni,
fino al 1970. L'indirizzo di quella casa
è Via Manfredo Camperio n. 10. Mi domando quante volte ho visto
scritto
questo nome nelle lettere e nelle cartoline che ho ricevuto ed inviato
in quei
ventidue anni vissuti a Tripoli. Mi chiedo
se Via Manfredo Camperio esista ancora? Oppure ora ha cambiato nome?
Non lo so,
vedremo.
Sulla parte alta, sinistra
dello
schermo c’è una casella bianca. Vi scrivo la parola “Libia” e
con il
mouse confermo con un clik. La numerazione dell'altimetro comincia a
ridursi
sempre di più. Mi sto avvicinando ad altissima velocità alla Terra, ed
in
particolare alla Libia.
clicca sulle foto per
ingrandirle
|
Ora l'altimetro segna che
siamo ad una altezza di 2097,45 chilometri dal suolo. Sul monitor
comincia
a lampeggiare una scritta gialla con il nome “Libia. Più sopra al
limite
dello schermo vedo anche una scritta bianca “Tarabulus”.
Vedo nuvole e
macchie grigie, marroni, gialle. Nello stesso posto, in alto a
sinistra
del computer, dove è rimasta scritta la parola “Libia” aggiungo la
parola “Tripoli”. Tocco il tasto dell'invio e mi trovo a scendere
ancora
più giù, questa volta più lentamente, sulla zona
di Tripoli ad
un’altezza di nove chilometri e mezzo, più o meno la stessa quota
su cui
volano gli aerei di linea, dopo il decollo. Malgrado l'altezza
individuo un
puntino piccolissimo, presumo sia il Castello Rosso e lo prendo come
punto di
riferimento.
|
Il
castello
rosso - Assaraya
Alhamra -
متحف السرايا الحمراء |
Il puntatore segna ora le
seguenti coordinate: 32 gradi, 5 primi, 24.45 secondi NORD e 13
gradi, 11
primi e 35.56 secondi EST. Sono le coordinate terrestri che
indicano il
punto su cui è situato il Castello Rosso sulla
Terra. Vedo la
costa libica, il mare scuro e poi più chiaro dei suoi fondali. Si
distingue bene il porto; strade e viali si intersecano come vene e
arterie
di un corpo. Ci sono anche alcuni minuscoli pallini azzurri. Li sfioro
appena con il mouse ed in sovrimpressione appare una scritta che
indica
che quei pallini sono delle foto. Infatti cliccandoci sopra
appaiono
alcune foto del centro di Tripoli e dei dintorni. Andando con il
mouse
sulla parte alta dello schermo e toccando la linea
orizzontale sopra
il cerchio, scopro che spostando il mouse da destra verso sinistra e
viceversa
il piano terrestre si ribalta da 0 a 90 gradi e viceversa, dando
all’insieme
un’affascinante impressione tridimensionale. Toccando poi la
circonferenza
della bussola posso ruotare l'immagine di 360 gradi. Inoltre mi accorgo
che
avvicinandomi sempre di più al suolo le funzioni automatiche
diminuiscono. Sto
più attento e decisamente prendo in mano il controllo della situazione.
Sposto
il mouse sulla linea verticale e clicco sul segno “+”, quella dello
zoom, per
avvicinarmi di più al suolo. Scendo ancora, ora sono ad una distanza di
1,51
chilometri dal suolo.
|
|
Tripoli, Zona Lido vista da 1250
metri di altezza |
Tripoli, Zona Lido vista da 789
metri di altezza |
Mi sposto leggermente ad ovest
del Castello per andare finalmente alla ricerca della mia via, la
via Manfredo
Camperio. Muovendomi ancora col mouse verso ovest vedo dove è
ubicato
lo Stadio Municipale, ora, denominato 11Giugno, e vedo anche la Via Amerigo
Vespucci, dove mio padre aveva
la sua bottega di fabbro. Zoomando ancor di più constato che il numero
delle di
strade e e stradine è aumentato in maniera considerevole rispetto
a 38
anni fa. Ma ancora non riesco ad orientarmi. Ho un’idea! Guardo il mare
in
cerca di uno scoglio che io conosco bene. L'ho trovato, eccolo! Questo scoglio dista approssimativamente 800
metri dalla spiaggia del Lido Vecchio. Noi tutti lo
chiamavamo semplicemente "Lo
Scoglio".
|
Mia
madre affacciata alla terrazza e lo Scoglio a distanza |
Insieme a miei amici questo
scoglio è stato meta, di robuste nuotate in anni giovanili e di
numerose
immersioni subacquee per la pesca di ricci, cernie, saraghi. E' ancora
un punto
di riferimento importante ed immutabile perchè io possa orientarmi
meglio?
Vedremo.
Ora col mio mouse scendo a 304
metri di altezza. Metto a fuoco i miei ricordi d'infanzia, cerco
di
ricordare la Via Manfredo Camperio nei particolari, nei dettagli,
chissà se
potranno essere utili per trovarla fra tutte queste numerose
strade, con
nomi nuovi, che mi disorientano, in un turbinio di incroci e di rotonde.
Quello che focalizzo ora
è una strada larga, sembra un grande viale, denominato Al
Kurnish
Road, che parte dalla zona del Porto e si snoda lungo
quella parte
dove era situato l'Ex Monumento dei Caduti, ora sede di grattacieli e
di
lussuosi alberghi con vista mare, costeggia le spiagge del Lido
Vecchio
e del Lido Nuovo e si congiunge a Sciara Omar El Muktar vicino
alla zona
del Lido, inglobando anche la Via Camperio. Quando me ne rendo conto,
provo un senso di delusione e di fastidio. Con mio grande
rammarico scopro
che la Via Camperio non esiste più! Ma i miei ricordi esistono ancora
nella mia
mente e nessuno me li potrà mai cancellare.
Io abitavo, quasi al
centro di
Via Camperio, a circa 100 metri dal cancello d'ingresso della spiaggia
del Lido
Vecchio, in un palazzo tutto pitturato di bianco. Questo palazzo
era
composto da quattro appartamenti, due al piano terreno e due al primo
piano,
coperti da un enorme terrazza. Io abitavo in uno di
questi appartamenti,
al piano terreno, nella parte destra entrando dal grosso marrone
portone
d'ingresso del palazzo.Nello stesso palazzo, sempre
al
piano terreno, porta contro porta, vi abitava la famiglia D'Amico.
|
La famiglia D'Amico
|
Anche loro
hanno vissuto lì per tanti anni. Al secondo ed ultimo piano del palazzo
c'era
una grande terrazza, che occupava tutto lo spazio del perimetro del
palazzo.
Quella terrazza era condominiale ma, da un lato, c'erano quattro
ripostigli, di circa otto metri quadri di area cadauno, tutti provvisti
di lavatoi
che servivano a lavare a sciacquare la biancheria, che poi veniva stesa
ad
asciugare su delle solide corde per stendere i panni, corde sorrette da
dei
paletti in ferro che mio padre stesso aveva fabbricato. Quando
preferivo
giocare all'aria aperta anziché dentro casa, andavo in terrazza. Da
questa
terrazza si ammirava un bellissimo panorama con vista mare. Lì aiutavo
mia
madre a stendere i panni. Sempre lì, una volta l'anno, mia madre
lavava la
lana grezza dei nostri materassi per asciugarla al sole ed io l'aiutavo
ad
allargarla e renderla più soffice e rimetterla dentro i materassi.
Sempre
sulla Via Camperio, in una villetta dall'altra parte della strada, ci
abitava
la famiglia Salemi.
|
La famiglia
Salemi
|
Più
avanti sullo stesso
lato
c'era il palazzo dei Cannucci, uomini di mare, poi veniva la villetta
dei De
Marchi, e subito dopo un gruppo di case in cui vi abitava anche la
famiglia Cubisino,a cui seguiva la casa della famiglia Gaudio. Michele
Gaudio gestiva un bar
mescita all'angolo
di Via Camperio con Corso Sicilia. Dalla parte opposta c'era l'ingresso
della scuola di
ballo del
Maestro Longo, dove noi ragazzi nelle sere d'estate andavamo a
sbirciare le sue
lezioni di tango, di valzer, mazurka e di polka. Nella strada parallela
a Via Camperio c'era la Via Vittorio Bottego, dove vi abitavano le
famigle Zocco e Badalucco.
Dal
bar di Michele Gaudio inizia il mio percorso virtuale alla volta del
Centro Città.
|
Tripoli, percorso Corso Sicilia
visto da 540 metri di altezza |
Comincio
a percorrere il Corso Sicilia, unastrada a
doppio scorrimento con macchine che andavano verso est al Centro
città mentre sull'altra carreggiata andavano verso ovest, verso
Giorginpopoli e Gargaresh. Sulla parte destra del viale (poi
chiamata Sciara Omar el Muktar) non c'erano costruzioni, ma solo
alberi (tamerici e spini di giuda), mentre i binari della ferrovia
stavano più in dentro, trenta metri più in là. I binari della
ferrovia mi fanno venire in mente un momento della mia infanzia.
Dovevo avere circa quattro anni quando per un certo periodo di tempo
verso mezzogiorno venendo da casa nostra in Via Camperio, mia madre
ed io, attraversavamo Corso Sicilia per andare verso i binari della
Stazione Ferroviaria di Tripoli.
|
La Stazione
Ferroviaria di Tripoli
|
In quel periodo mio padre, che era
capo operaio presso l'officina dei Fratelli D'Alba, aveva il compito
di smantellare i binari della ferrovia. Quindi noi gli portavamo il
pranzo in un panierino. Molte volte ci fermavamo con lui, mia madre
portava un plaid e ci sedevamo all'ombra di qualche albero vicino e
tutti e tre insieme facevamo una sorta di picnic.
Dall'altra
parte del viale, sul lato sinistro, c'era una fila di case abitate
dalle alcune famiglie. C'erano i D'Anna-Veri,
|
La
famiglia Veri-D'Anna
|
i
Pozzati, i Gallo, gli
Annino, i Branciamore. Poi alla confluenza di Via Dante
(chiamata poi Al Ma'arri Street) con Corso Sicilia, c'era la casa dei
fratelli Barabani, che avevano l'officina meccanica accanto a
quella di mio padre, di fronte allo Stadio di calcio.
Proseguendo più avanti, sul lato destro di Corso Sicilia, vicino al
Palazzetto dello Sport, c'era una vasta area recintata, che veniva
usata per stivare legnami ed altri materiali di legno, in cui
ci abitava la famiglia di un mio compagno di giochi d'infanzia,
Corrado Spatola. Ancora più
avanti sulla destra, quasi di fronte
all'ingresso principale della Fiera,
|
L'ingresso
della Fiera Internazionale di Tripoli - Libia
|
c'erano
un gruppo di
appartamenti a due piani, che si distinguevano per i loro balconi
protetti da chiusure a graticcio, chiamate musharabia ,
che servivano a filtrare l'abbagliante luce del sole e a
proteggere la propria intimità da
sguardi sconosciuti. In uno di
questi appartamenti ci abitava Marco Abate Daga, un caro amico, che
frequentavo spesso, specialmente durante le mie vacanze estive
nella spiaggia del Lido Nuovo.
|
Un esempio di
Musharabia
|
Più
avanti a sinistra c'era il cinema estivo Rivoli, meta di tante
nostre spensierate serate estive tripoline. Di fronte
al cinema, tra
Via Bramante e Via Giotto, c'era il Palazzo dei Tascone.
|
Il Palazzo Tascone
|
Dalla
parte opposta, all'angolo con Via Gioberti, c'era il negozio di
biciclette di Giuma Muntasser, dove tradizionalmente avveniva
l'operazione di punzonatura, prima dell'inizio ogni gara
ciclistica che si svolgeva nei dintorni di Tripoli. A seguire il
negozio di un macellaio arabo, il negozio di merceria dei
Barbagrigia, il negozio di genere alimentari di Dante e subito dopo
un altro negozio di generi alimentari, quello di Paolino Bevilacqua,
adiacente al negozio di rivendita di generi alcolici dei Sortino.
Dopo i Sortino, nel palazzo adiacente, ci abitava la famiglia di
un mio ex compagno di scuola, Piero Provenzano. Dalla parte opposta
c'erano delle case popolari, in cui vi abitavano i Paternò ed i
Lasciarrea.
Dalla
parte opposta, all'angolo con Via Gioberti, c'era il negozio di
biciclette di Giuma Muntasser, dove tradizionalmente avveniva
l'operazione di punzonatura, prima dell'inizio ogni gara
ciclistica che si svolgeva nei dintorni di Tripoli. A seguire il
negozio di un macellaio arabo, il negozio di merceria dei
Barbagrigia, il negozio di genere alimentari di Dante e subito dopo
un altro negozio di generi alimentari, quello di Paolino Bevilacqua,
adiacente al negozio di rivendita di generi alcolici dei Sortino.
Dopo i Sortino, nel palazzo adiacente, ci abitava la famiglia di
un mio ex compagno di scuola, Piero Provenzano. Dalla parte opposta
c'erano delle case popolari, in cui vi abitavano i Paternò ed i
Lasciarrea.
Proseguendo
c'era una strada traversa chiamata Via Ippolito Nievo, dove
all'angolo con Corso Sicilia c'era il negozio di barbiere dei Dama,
padre e figlio dove più in fondo erano ubicati i bordelli della
città ed un ospedale per il pronto soccorso. Dopo il negozio di Dama
c'era il portone d'ingresso dei Guma, i miei professori di latino e
storia al Liceo. Un centinaio di metri dopo c'era il
ristorante Ittihad,
dove vendevano anche cibo da asporto. Mi sembra di sentire
ancora il delizioso ed aromatico odore del cuscus di agnello che
proveniva dalle loro cucine.
|
Un bel piatto di
cuscus
|
Di fronte al ristorante c'erano
i giardini pubblici sede, per alcuni anni, di famosi circhi, quali il
Medrano, il Togni, l'Orfei. Un lato del perimetro dei
giardini pubblici partiva da via Giotto, dove c'era il
parcheggio delle carrozze trainate dai cavalli, per arrivare fino
a Via Raffaello. In quella via abitava la famiglia di un
mio ex compagno di scuola elementare, Giancarlo Biscari.
Proseguendo per Corso Sicilia, sullo stesso lato c'era la Chiesa
della Madonna della Guardia, oggi, dicono, trasformata in
complesso sportivo e palestra di judo.
|
La
chiesa della Madonna della Guardia negli anni '60
|
Più avanti la cartoleria
Serrag. Duecento metri oltre, dalla parte opposta, un
palazzo che aveva una forma tondeggiante che tutti chiamavano
Il
Colosseo,
|
Il palazzo
che tutti chiamavano "Il Colosseo"
|
e più avanti ancora una moschea. Di
fronte a questa moschea, sotto gli archi, ricordo alcuni negozi.
Il negozio di scarpe Varesino,
gestito dai signori Provenzano e Malerba, la cartoleria Onestinghel,
più avanti il negozio di scarpe Bata.
|
La
cartoleria Onestinghel
|
Poi,
verso Piazza Italia, prima dell'entrata principale dell'ex
Banco di Roma, c'era una lunga fila di lustrascarpe, che oltre ad
esercitare il loro mestiere di pulizia delle scarpe alla modica cifra
di due piastre, avevano delle bancarelle dove venivano esposte per la
vendita di riviste porno e di fumetti, tutti di seconda mano, per lo
più in lingua
inglese, provenienti dalla base americana del Wheelus Field.
La
zona delle delle bancherelle
|
Dalla
parte opposta sotto i portici c'era il neozio del barbiere
Calvo e proseguendo il palazzo della Riunione Adriatica di Sicurtà e
poi il palazzo del Governo. Finalmente giungo in Piazza Italia
(poi Maidan Aushhada), una larga piazza con al centro una bella
fontana composta da una vasca circolare di circa 10 metri di
diametro, in cui giacciono, semi sommersi, cinque cavalli di cemento,
sulla cuicriniera, è adagiata una vasca più piccola, ricamata con
ghirigori, da cui fuoriescono due coni zampillanti d'acqua.
|
La fontana in
Piazza Italia
|
Così
come il numero dei cavalli , anche le vie che si diramano
da Piazza Italia sono cinque. Guardando la piazza d'alto,
queste cinque vie sembrano aprirsi come le dita di una mano, cosi' di
seguito: pollice,
Corso Sicilia; indice,
Via Piemonte (poi Sciara el Luadi, ed ora ora Amr Bin Al A'ss
Street); medio,
Via Lazio (poi Sciara Mizran); anulare,
Via Costanzo Ciano ( poi Sciara 24 Dicembre, ora 1st September
Street); mignolo,
Corso Vittorio (poi Giaddat Istiklal, ora Imhimmid al Mqaryif
Street). (Dal
libro "Reminiscenze tripoline" di Roberto Nunes Vais
).
Mi
prometto di percorrere queste sei strade ripartendo sempre da Piazza
Italia. All'incrocio con l'ex Via Piemonte c'era il cinema
teatro Alhambra. Accanto al cinema era ubicato il negozio di
specialità culinarie e dolci arabi, Shahrazade.
Lì si trovavano i più disparati tipi di dolci arabi, addolciti
quasi sempre col miele. La loro preparazione è basata su alcuni
ingredienti ricorrenti: le mandorle, l'uva sultanina, i datteri, i
fichi secchi, i pistacchi e l'acqua di fiori d'arancio. Secondo me il
miglior dolce arabo, se preparato e conservato bene, è la baklava.
|
La
baklava, il dolce arabo che a me piace
|
Proseguendo
più avanti sul lato destro, c'era il Cinema Lux, dove proiettavano
film in inglese, con sottotitoli in arabo ed italiano. Solo la
domenica pomeriggio venivano proiettati film doppiati in italiano.
Quasi ogni domenica ero solito andare in questa cinema con
alcuni miei amici coetanei, Giglio Gennaro, Tonino Virone, Piero
Provenzano, Enzo Vaccarini (amici che durante le vacanze estive
incontravo nelle Spiagge del Lido Nuovo e del Lido Vecchio).
*************
Dopo
il film avevamo preso l'abitudine di fermarci ad una
friggitoria di fronte al cinema e ognuno si comprava un panino
con hamburger condito con cipolle fritte e una Kitty Cola o una Pepsi
Cola per digerire tutta quella frittura.
|
|
|
Un
panino con l'hamburger
|
Un tappo della
Kitty Kola
|
Una bottiglia di
Pepsi Cola
|
Camminavamo
e mangiavamo,
soddisfatti del gusto e del sapore del nostro panino. Poi parlavamo
di varie cose, del film visto, di calcio, di pallacanestro, di
atletica ma sopratutto dei nostri primi giovanili approcci con le
ragazze. Generalmente la nostra serata domenicale terminava dopo
una lunga passeggiata sul Lungomare Adrian Pelt, che faceva da
barriera al mare.
|
Il bellissimo
Lungomare Adrian Pelt
|
Ma
torniamo in Via Piemonte e ripartiamo da dove
c'era la friggitoria. Proseguo in questo mio giro cittadino andando
duecento metri più avanti, c'erano due enormi cancelli, che erano i
due ingressi, quello della Scuola Media e quello dell'Avviamento
Commerciale ed Industriale. Per ricordare le altre strade torno in
Piazza Italia e riparto dalla strada del nostro figurativo dito medio
, cioè Sciara Mizran (ex Via Lazio), la strada dove c'era il Liceo
Dante Alighieri
e l'Istituto Tecnico per geometri e ragionieri Guglielmo
Marconi.
|
|
L'edificio
del Liceo "Dante Alighieri"
|
L'Istituto
Tecnico "Guglielmo Marconi"
|
Guardo
verso il
centro dello schermo e riconosco il Porto, il Castello, l'enorme
Piazza Verde da cui si dirama l'ex Lungomare Adrian Pelt (ora Al
Fatah Street) con due filari di palme di datteri, disposti dal
lato mare. Dicono che ora che questo viale non costeggia più il
mare. E' stata creata un'estensione di cemento larga circa centoventi
metri, che parte dalle vicinanze del Castello e si allunga per circa
un chilometro e mezzo. Su questa estensione passa uno stradone a sei
corsie, che si snoda parallelo all'ex viale Adrian Pelt. Più in
là c'è la rotonda di Piazza Gazzella con accanto tutto il verde
degli alberi dei giardini pubblici. Mi ricordo gli spumeggianti
zampilli d'acqua di questa bella fontana che bagnavano la
scultura bronzea di una gazzella, resa verdastra dal tempo
e dall'acqua, unita alla scultura di una donna nuda,
sdraiata in una posa languida, insieme alla gazzella. La
donna che aveva dei capelli pettinati con due trecce, stava al centro
della vasca colma d'acqua, e con la mano sinistra teneva una
brocca e con la destra accarezza il collo della gazzella.
|
La
bellissima Fontana della Gazzella
|
(Fine prima parte)
|