L'OSSERVATORE ROMANO
ROMA -
Nelle prime ore di martedì 7 febbraio 2012 è morto il
gesuita Giacomo Martina, autore della più ampia e attendibile
ricostruzione del pontificato di Pio IX pubblicata in tre volumi
di complessive duemila pagine (1974-1990) e di numerosi studi
sulla storia dell’ordine fondato da Ignazio di Loyola. Assistito
amorevolmente dalla sorella novantenne Matilde, il religioso si
è spento nella residenza San Pietro Canisio contigua alla casa
generalizia della Compagnia di Gesù proprio alla vigilia della
memoria liturgica del beato Pio IX, al quale aveva dedicato
buona parte della sua vita di studioso. Significativo in questo
senso è il fatto che il suo primo scritto scientifico (dopo una
breve nota, nel 1945, sui Gesuiti in campo di concentramento)
sia stato dedicato nel 1955 all’innovativo Le pontificat de Pie
ix di Roger Aubert. Nato a Tripoli nel 1924, per oltre un
trentennio (1964-1994) l’insigne storico ha insegnato alla
Pontificia Università Gregoriana. Studioso infaticabile — la sua
bibliografia curata da Simona Negruzzo e pubblicata nel 1998
raccoglie ben 397 titoli — ed efficace scrittore, padre Martina
ha collaborato con numerose riviste e, per oltre vent’anni
(1966-1988), con il nostro giornale. Tra le sue opere bisogna
almeno ricordare il fortunato manuale in quattro volumi, più
volte ristampati e aggiornati, La Chiesa nell'età
dell'assolutismo, del liberalismo, del totalitarismo. Da Lutero
ai nostri giorni (1970; quarta edizione, 1979-1980) e
l’intelligente Storia della Compagnia di Gesù in Italia
(1814-1983), pubblicata nel 2003. Sulla figura di padre Martina
pubblichiamo il primo ricordo di una sua allieva.
Chi trascorreva alcune ore nella biblioteca della Pontificia
Università Gregoriana fino all’autunno 2007 certamente
s’imbatteva in padre Giacomo Martina, con passo spedito, tutto
intento a rincorrere un nome, una data, un collegamento fissato
in un vecchio blocco d’appunti e una biro sempre modestissima. A
chi gli parlava di computer, diceva divertito che bisognava
averlo in testa. La sua memoria, difatti, rendeva vivi
personaggi e contesti. La sua disponibilità ad aiutare gli
studenti, e non solo; la pazienza dell’ascolto di chiunque
attestano la carità intellettuale vissuta con naturalezza, la
cultura a servizio delle persone. Non restava in cattedra,
sapeva condividere cose importanti imparate dalla vita.
Padre Giacomo Martina aveva un modo tutto suo di insegnare la
storia della Chiesa, di cercare le fonti, di scrivere con lealtà,
senza remore. Chi veniva da una formazione letteraria prima che
teologica sintonizzava senza difficoltà, perché la storia è
storia, senza altri aggettivi tendenziosi. La sua lettura,
superando per tempo antichi steccati, allargava orizzonti,
suscitava domande, dava orientamenti sobri e sicuri. Come
pennellate sapienti, la storia usciva schizzata in sintesi
indimenticabili, mai noiose.
Si interessò con lunghe ricerche di Pio IX come di Risorgimento,
lui vissuto a Roma, ma scrisse un manuale di storia della Chiesa,
in uso ancor oggi, per suscitare negli studenti uno studio
intelligente; approfondì per primo la situazione delle
congregazioni religiose subito dopo il 1870, intercettando il
mondo femminile, naturalmente ponte tra Stato e Chiesa.
Quando si trattava di partecipare a qualche incontro o convegno
spiccatamente laico, egli, sempre riconoscibilissimo come
sacerdote, scherzava affermando di essere l’unico laico
dell’assemblea. Ha sempre invitato i suoi allievi a essere
presenti negli spazi culturali ampi, a non chiudersi in un
ghetto, a confrontarsi, a lasciarsi interrogare, a mettersi in
discussione. La sua lealtà gli è costata, ma gli ha anche aperto
molte porte e molte coscienze. La sua dedizione è un’eredità
preziosa.
GRAZIA LOPARCO
www.osservatoreromano.va
Pubblicato: 10/02/2012
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