LA STANZA DI VICTORIA GIRAUD
 

Victoria Giraud

Socializzando con Britannici ed Italiani 

tratto dal libro "AN ARMY BRAT IN LIBYA"

Vivere in una citta cosmopolita comportava degli interessanti vantaggi rispetto al vivere solo tra americani. Durante la mia seconda estate a Tripoli, avevo ampliato i miei orizzonti sociali incontrando alcuni ragazzi britannici. L’Esercito Britannico aveva una base militare a Tripoli. Insieme ad alcune delle mie amiche fui invitata a partecipare ad una festa organizzata da un ragazzo inglese. Facemmo subito colpo perché indossavamo i nostri pantaloncini stile Bermuda, una moda che non era ancora arrivata in Inghilterra. Questi ragazzi inglesi ascoltavano la musica dei cantanti  di rock and roll, ma molti di loro non erano ancora  abbastanza capaci da saper ballare un ballo veloce come lo swing, che origina dallo jitterbugging.


Pantaloncini stile Bermuda

Un tale di nome Chris, un giovane inglese un po’ vanitoso, che sfoggiava un taglio di capelli molto corti, aveva preso l’iniziativa di parlarmi e dopo poco mi chiese se avessi voluto ballare con lui. Ballare canzoni a ritmo lento era senz’altro un invito al contatto fisico. Credo che fossimo tutti e due quattordicenni. Non sapevo che tipo di esperienze d’amore avesse avuto in passato lui. La mia invece era limitata a qualche bacio con un ragazzino, conosciuto nell’ultima località  americana dove aveva lavorato mio padre, nel Kentucky.  Che meraviglioso inizio per cominciare ad amoreggiare! A me sembrò  che Chris avesse imparato bene l'arte di baciare, almeno secondo il mio modesto ed inesperto punto di vista.  Ricordo che ci divertimmo tanto, provando insieme nuove sensazioni e ballando diverse canzoni lente. Io, a mia volta, cercai di non essergli da meno, e tutto ciò fu  per me molto eccitante.

Quell'estate trascorsi molte ore in sua compagnia, scambiandoci pareri ed osservazioni sul diverso stile di vita americano e  inglese. Come quasi tutti gli studenti inglesi che si trovavano a Tripoli, Chris era arrivato dall’Inghilterra, approfittando del lasso di tempo delle vacanze scolastiche di cui poteva usufruire in diversi periodi dell’anno, per stare insieme ai suoi genitori. In seguito sarebbe dovuto tornare in Inghilterra, ove frequentava una scuola privata. Una volta invitò mia madre e me (mio padre doveva essere all’estero per lavoro, durante uno dei suoi viaggi di affari in Arabia Saudita o l'Etiopia) per stare insieme a lui e i suoi genitori e per fare un'escursione in barca a vela nel porto di Tripoli.

Loro erano soci del Dolphin Club, il che significava che avevano a disposizione per navigare delle barche a vela incredibilmente piccole, che avevano posto al  massimo per tre persone. Così su una barca ci salì mia madre col padre, mentre a bordo dell’altra barca c’ero io, con Chris e sua madre, la quale vedendomi armeggiare abilmente con le cime, si rilassò. La maniera migliore di navigare con una barca a vela è quella di governarla zigzagando e bordeggiando, a seconda di come gira il vento, evitando sempre che il boma possa colpirti in testa. Per tutti i miei sforzi io mi procurai dei calli alle mani; invece mia madre fu mancata per un pelo dal boma, ma in seguito si divertiva tanto a raccontare questa sua avventura.  




Una piccola barca a vela da tre posti

Mio padre, essendo un appassionato giocatore di tennis, decise di iscriversi come socio al Tripoli Beach Club. Il Beach era un club privato di stampo prettamente europeo che comprendeva, fra i suoi soci, famiglie italiane, inglesi, russe e americane. In particolare si distingueva dagli altri club per i suoi campi da tennis, per una sede di un circolo sportivo e per una spiaggia privata che dava su una piccola insenatura. Il Beach Club era situato fuori città, non lontano dal centro. Essere stata una socia del Club  non mi ha aiutato a giocare meglio a tennis, però mi è servito ad osservare i maschi mentre giocavano, dandomi l’opportunità  di incontrare ragazzi di diversi paesi.

Uno scorcio del Beach Club

Uno di loro era Stefano Tonarelli, o Steve, come a lui piaceva essere chiamato, un giovane che aveva frequentato  le scuole negli Stati Uniti d’America e il cui padre faceva parte del personale dell'Ambasciata Italiana. Egli mi presentò ai suoi giovani amici italiani.

Non passò molto tempo prima che mi prendessi una cotta per un ragazzo italiano di nome Vincenzo Diacono, che tutti chiamavano Enzo. Dopo mi ricordai che l’avevo visto l’anno prima, stando seduta  a due posti  di distanza da lui, in un concerto al Piccolo Teatro della Scala e che aveva cominciato a piacermi sin da allora. Suo padre era un ricco uomo d'affari italiano, sua madre era inglese. Vivevano in una tenuta, distante circa un chilometro e mezzo dalla nostra villa a Città Giardino. Anche Enzo era rimasto affascinato da me, perché, durante i pomeriggi, aveva cominciato ad aspettarmi alla fermata dell’autobus  della scuola, accompagnandomi a piedi, per mezzo isolato,  fino a casa mia. La cosa che me lo rendeva particolarmente affascinante era la moto che lui guidava. Ancora a oggi quando sento il tenue ronzio di un motore di una moto, penso a quel mio lontano turbamento. Anche senza giacca di pelle, Enzo, aveva un portamento elegante e quando andava a scuola indossava pantaloni e giacca sportiva. 



Io con Enzo ed uno sconosciuto con gli occhiali  

Un giorno mi invitò insieme ad un paio di mie amiche alla festa del suo sedicesimo compleanno che iniziava alle quattro del pomeriggio e finiva alle 10 di sera, ricordo che mi sembrò un orario alquanto strano per una festa. La loro tenuta con tanto verde era molto bella. I suoi genitori avevano convertito una stalla in una area adibita alle feste, in cui avevano aggiunto mobili alla moda,  un camino ad angolo, enormi finestre e un murales raffigurante una scena di caccia.

La maggioranza degli ospiti era formata da ragazzi italiani insieme a pochi altri ragazzi americani. Giocammo a fare  indovinelli sia in inglese che in Italiano; ciò diede seguito a sfide e a molta ilarità. Dopo aver assaggiato una gustosa torta tipica della pasticceria italiana, cominciammo a ballare. I Diacono erano persone ultramoderne: avevano anche una piccola collezione di dischi di Elvis Presley! Ricevetti  un bacio dal mio Romeo quando una delle ragazze italiane suggerì che il ragazzo che festeggiava il compleanno avrebbe dovuto baciare tutte le ragazze. Enzo arrossì ma ci baciò tutte educatamente sulla guancia. Sembrava che in questa gara di storie d'amore il mio amico inglese Chris avesse avuto  sicuramente  il vantaggio di un vero bacio. Mai sottovalutare gli inglesi!

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