LA STANZA DI VICTORIA GIRAUD
 

Victoria Giraud

INTRODUZIONE


UNA RAGAZZA AMERICANA A TRIPOLI

 

 

Su segnalazione della redazione dell’oasi, ho esplorato il blog della scrittrice americana Victoria Giraud, che da ragazza ha vissuto a Tripoli dal 1955 al 1958, gli anni belli della nostra spensierata gioventù.

Figlia di un ingegnere militare americano, di alto grado, trasferito alla Wheelus Air Base, ha frequentato l’ultimo anno della scuola media e i primi due anni delle superiori presso la scuola della Base.

In quegli anni ha iniziato a scrivere sul giornale The Barracan della Wheelus High School. Ha poi continuato collaborando con varie riviste del Southern California e pubblicato sette libri tra i quali: An Army Brat in Libya (Ricordi di Tripoli negli anni ’50), il romanzo storico Melaynie’s Masquerade, una raccolta di storie brevi Weird Dates and Strange Mates, la sceneggiatura della vita di Sir Francis Drake, Drake. Questi libri sono tutti disponibili su Amazon.com.

Ha curato inoltre la revisione di libri di vario genere (circa 200) e attualmente ha un suo blog, dove racconta episodi e avventure della sua vita. (www.victoria4edit.com/blog)

Nel volumetto dal titolo An Army Brat in Libya, descrive, con scrittura semplice ma efficace, i luoghi da lei visitati, i ricordi, e racconta gli amichevoli rapporti con giovani italiani e di altre nazionalità, cosa abbastanza comune e frequente in una città cosmopolita com’era Tripoli. Da questo libro, con il beneplacito della scrittrice che qui intendo vivamente ringraziare, ho tradotto per il nostro notiziario Differenze culturali, Vita scolastica alla Wheelus Air Base, Socializzando con britannici ed italiani. A questi racconti ne ho aggiunti altri tratti dal suo blog: L’arrivo a Tripoli (1955), Le figurine di baseball negli anni ‘50 a Tripoli, Un Rodeo a Tripoli con dromedari e tori Brahma.  

Non avendo personalmente avuto occasione di stringere rapporti di amicizia con giovani della base Wheelus, ho pensato che sarebbe interessante raccogliere la testimonianza di coloro che quella opportunità l’hanno avuta. Mi auguro che dopo la pubblicazione di questi articoli qualche lettore voglia raccontarci le sue esperienze a contatto con la comunità americana.

Come loro, anche noi abbiamo masticato in quegli anni chewing-gum, bevuto Pepsi-Cola, ingoiato pop-corns, indossato Levi’s jeans, calzato Nike, letto Topolino, giocato ai cow-boy, imitato Elvis Presley, fumato Marlboro, ballato il rock, detto ‘OK’ ogni venti parole, abbiamo riso guardando alla TV Stanlio e Olio, Charly Chaplin e Jerry Lewis, e da ragazzini abbiamo giocato a cavalcare alla Gary Cooper, a sparare alla John Wayne o ad acclamare l’arrivo dei nostri che ammazzavano tutti gli indiani cattivi nei film del Far West, a bere come James Stewart o a tagliarci i capelli come i belli dello schermo, Marlon Brando e Paul Newman, a sognare Marilyn Monroe, a leggere Ernest Hemingway, a fischiettare la marcia dei marines, a vedere in TV il primo uomo Neil Amstrong, mettere piede sulla Luna... Abbiamo farcito la nostra lingua con parole americane … e chi più ne ha, più ne metta. Erano gli anni nei quali in patria si scherzava cantando Tu vuo’ fa’ l’americano! di Carosone-Nisa (1956).

Ed ora, coraggio, raccontatevi anche voi, giovani di quei favolosi anni ‘50.

 

 

Domenico Ernandes

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