Le poesie di Domenico Ferrante

Domenico Ferrante

Ivonne

Muti alla stazione

Sottofondo musicale: Danny Boy

Eravamo tutti muti alla stazione quando partisti.

Ma di tutti io avevo la pena più grande.

C’eravamo salutati in gran fretta, come nulla fosse,

con un crudele sorriso, per ingannarci.

 

Ora, quanta tristezza, quanto dolore

tradiva l’orgasmo diffuso

per l’addio imminente.

 

Avevamo dodici anni!

 

Eppure, non ho mai  odiato niente e nessuno

come quel treno in cui mi guardasti

con occhi immensi, occhi di sgomento!

 

Abbassai lo sguardo ed ascoltai muto,

inerte, il cuore che franava.

 

Forse m’illudevo. Eravamo in troppi

alla stazione a salutarti.

 

Poi d’un tratto il treno si scosse.

Sollevai lo sguardo e vidi,

vidi il tuo volto nascosto tra le mani.

 

Gridai:  Ivonne!

 

E vidi i tuoi occhi velati di pianto,

sentii nei tuoi occhi l’angoscia,

il baratro nel mio cuore.

 

Ma allora anche tu, Ivonne!

 

Il treno si mosse lentamente, inesorabilmente.

 

Abbassai lo sguardo, mi sentii morire.

Per affrettar l’agonia, per celare il tumulto

ed il grido dell’anima mia,

invocai, implorai l’urlo

del mostro di ferro che fugge

e va via senza pietà,

 

Poi venne, lungo, straziante……

Osai guardare e vidi,

vidi lontano le tue mani protese,

disperatamente protese verso di me.

 

Forse m’illudevo.

Eravamo in troppi alla stazione a salutarti.

 

Ma quelle mani mi cercavano,

si aggrappavano, si avvinghiavano alle mie,

nell’attimo estremo dell’addio.

 

Rincorsi il treno a lungo,

senza più riserbo, senza più voce,

sino allo spasimo.

 

Lo rincorro ancora nel Tempo che fugge.

 

Ivonne, io non so dove ti abbiano portato

tutti i treni della vita!

 

Avevamo dodici anni!

 

Eppure lo so che dal sacro scrigno

della mia memoria non se mai partita,

neppure quel mattino, mai, Ivonne!

 

(Boston 1967)