CAMBIANO I TEMPI
Con
il graduale crescere, passata l’epoca delle
Zarbutate, gradualmente iniziò quelle degli
scontri, dapprima a mani libere, in seguito
quelle a mani armate.
Kulla iaumi
(1) che si rispettasse doveva, per forza di
cose, o iniziare, oppure concludersi con
qualche mega-azzuffata al volgere della
sera.
Ricordo
quanto fosse
jamiilu (2) attendere quel momento, così
all’improvviso, senza alcun segnale di
preavviso. Potevi scontrarti andando alla
madrasat (3) oppure quando rincasavi la
sera, oppure ancora se uscivi dal cancello
di casa per raccogliere per strada il
pallone che era volato via, oppure infine
perchè non sapevi che fare.
Ogni scontro scaturiva all’improvviso
ed in un lampo tra lancio di sassi e
polveroni si concludeva con qualche mano o
piede ferito, oppure quando andava proprio
quais (4) con una testa fasciata.
La regola
all’aual
(5) era ; afferrato il momento propizio che
stava per scattare il putiferio, colpire per
primo con durezza e precisione.
All’attnin
(6) era quella di non dare l’impressione
d’avere paura, nemmeno quando ti trovavi da
solo contro una decina d’avversari.
All’attalatau’
(7) era quella di ripiegare alla fine
della battaglia seppur malconcio e
sanguinante con dignità senza emettere un
lamento.
Erano
assolutamente banditi i piagnistei e
bisognava trattenere il più possibile le
lacrime, che al limite potevano solo
comparire con un luccichio nell’orbita degli
occhi.
L’onore più
grande era naturalmente cadere in
un’imboscata tesa ad arte, sottostare ad una
scarica di botte lì dove capitava, battersi
con valore, colpire decisamente con violenza
qualche avversario, beccarsi una sassata
al centro
della zucca, riportare una ferita
sanguinante e rincasare malconcio
senza emettere alcun lamento.
Naturalmente
era assolutamente vietato nella maniera più
rigorosa mettere al corrente gli adulti
sull’identità di chi ti aveva colpito.
Al
ghassru (8) dimostravo d’avere sempre un
gran valore e quanto ne andavo fiero quando
lo raccontavo ai miei amici compagni !!!
Ogni rione aveva la sua banda
capeggiata da quel tipo o da quell’altro;
erano gruppi che si formavano spontaneamente
per un non so quale spirito naturale interno
di conservazione.
Ogni tanto,
come accade spesso nella vita, c’erano anche
i casi di tradimento di qualche Giuda
componente che barattava il proprio
passaggio da una banda all’altra dietro il
compenso d’un sacchetto di
Zuzzag (9) colorate.
Bisogna, per
amor del vero, dichiarare che i Giuda erano
comunque necessari, primo, perchè erano la
linfa delle nostre battaglie, senza la
presenza dei quali le nostre giornate
sarebbero inevitabilmente divenute piatte,
circoscritte dalle rigide regole che
venivano impartite all’interno di ciascuna
banda, e poi, perchè in secondo luogo,
sarebbe inevitabilmente mancano il senso del
collettivo disprezzo ch’era un elemento di
vitale importanza.
Quante belle
giornate ho trascorso facendomi fasciare la
cuccuzza, e quante ferite potevo dimostrare!
Questa cicatrice sul ginocchio me
l’ha fatta
Giumah (10), questa sul polpaccio è una
coltellata di Mohammed il figlio di Tahar il
Macellaio, questa cucitura al dito me la son
fatta quando ho parato con la mano la
bottigliata di
Alì
Venturi (11)
, quello alto, e così via.
Chi più
poteva, più ne collezionava.
Erano tutte
decorazioni al valore subite su un
interminabile campo di battaglia.
Tutto andava
bene all’epoca fino a quando non giunsero
nel quartiere
Scinabu (12) e
Ramadan (13), il primo Egiziano ed il
secondo Turco.
Giunsero
all’improvviso e sconvolsero ed infransero
irrimediabilmente tutte le regole del gioco.
Scinabu
impose il dazio, tante biglie o
l’equivalente in figurine per quella entrata,
tante altre per l’uscita da questa o da
quella parte.
Ogni
banda si era regolamentata, e tutto oramai,
data l’abbondanza del materiale che
circolava era equamente, in base agli
spostamenti, ripartito in tutti i rioni.
L’organizzazione aveva preso
irrimediabilmente piede in tutto il
territorio, bastava preparare il dovuto e
tutto filava via come l’oro, con il piacere
dei genitori controbilanciato dal disappunto
del
Saidalliah (14) .
Il turco
Ramadan aveva infine istituito un regolare
Mahcamat (15) costituito da una terna di
ogni banda per i rispettivi territori di
competenza ed
invece delle immemorabili
bastonate che venivano impartite in
precedenza ai colpevoli,
ora in caso di giustizia si era
sottoposti legati ad un palo alla terribile
S.C.G. – Sputacchiata Collettiva Gigante.
I tiratori
scelti naturalmente avevano un fondamentale
requisito; precisione di lancio, muco
particolarmente copioso ed adesivo e a tutti
mancava un incisivo sulla parte della
dentatura davanti.
I denti, per
poter essere nominati tiratori scelti,
dovevano cadere per causa naturale o a causa
di qualche battaglia.
Dal canto
mio non ho mai avuto l’onore di far parte
d’un plotone d’esecuzione e forse mai per il
resto della mia vita mi capiterà più la
possibilità di far regnare , con il consenso
generale, il senso ed il gusto della grande
Terrena Giustizia.
VOCABOLI CAMBIANO I TEMPI
1
|
Kulla iaumi
|
tutti i giorni
|
2
|
jamiilu
|
bello
|
3
|
madrasat
|
scuola
|
4
|
quais
|
bene
|
5
|
aual
|
la
prima
|
6
|
attnin
|
la
seconda
|
7
|
attalatau’
|
la
terza
|
8
|
ghassru
|
epoca
|
9
|
Zuzzag
|
biglie di vetro
|
10
|
Giumah
|
nome
di persona
|
11
|
Al’
Venturi
|
Alì
l’Avventuriero in Itagliese
|
12
|
Scinabu
|
Baffoni
|
13
|
Ramadan
|
nome
di persona = Natale
|
14
|
Saidalliah
|
farmacista
|
15
|
Mahcamat
|
tribunale
|
|
L’arco
di
Marco Aurelio
|
|