LA STANZA  di Francesco Caronia
  




Francesco Caronia
   

LA MIA SICILIA


Mala sorti

Vulissi un tettu na me testa

pi putiri taliari da finestra,

na’ na  jurnata di festa,

affacciatu ca cumpagna mia,

a genti chi passa pi la via.

 Na vita ni fici di travagghiu,

di me’ anni spisi li megghiu,

a zappari a terra du padruni.

M’attuccassi  na casa cu balcuni

e inveci abbitu all’astracu sulari

dunni d’estati si crepa di caluri

e d’invernu  di friddu ca si mori.

Stu distinu tocca a li viddani:

zappari sempri terra e  siminari,

mentri all’autri, sulu beni stari.

Chista  si chiama “a mala sorti”.

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Il mondo contadino torna a riproporre i suoi problemi. Un povero bracciante, dopo una vita di duro lavoro in campagna, sotto padrone, si rammarica di non possedere una casa propria, dalla quale potersi affacciare con la compagna, in un giorno di festa e guardare la gente che passeggia per la via e perché no, farsi anche vedere da loro. Questa è la cattiva sorte riservata al contadino.

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Mala sorti

 

Vorrei un tetto sopra la mia testa

per potere guardare dalla finestra,

in una giornata di festa,

affacciato con la mia compagna,

la gente che passeggia per la via.

Ho sempre lavorato nella vita,

dei miei anni ho speso i migliori,

a zappare la terra del padrone.

Meriterei una casa col balcone

E invece abito in un lastrico solare,

dove in estate si crepa di calore

e d’inverno, un freddo che si muore.

Questo destino tocca al contadino:

zappare, sempre terra e seminare,

mentre agli altri, solo bene stare.

Questa si chiama “la mala sorte”.

Francesco Caronia

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