seconda parte Milords esordio locandine divise

 

The  Milords

 

Iniziammo a costruire un nostro repertorio e a lavorare ai vari pezzi. Durante le prove cercavo di dare un’impronta personale al nostro modo di suonare, cambiando i tempi di esecuzione, modificando pause e intervalli di suono, o cantando a tre voci, integrando la linea vocale di Maurizio con controcanti eseguiti da Roberto e da me. Ogni esecuzione dopo queste modifiche, si presentava simile all’originale ma nello stesso tempo molto diversa dal pezzo scritto nello spartito o da quello inciso nel 45 giri dal cantante o dal complesso che lo aveva portato al successo.Forse grazie a queste variazioni musicali da tutti condivise o forse perché ero il più grande (diciotto anni), venni riconosciuto dal resto del gruppo come loro guida e quindi capo-complesso. Forte della mia nuova carica, proposi delle regole da rispettare:

1.                     L’impianto di amplificazione per la voce, compresi i microfoni, è comproprietà del gruppo. Chi vorrà uscirne perderà la propria parte di comproprietà. Nel caso in cui qualcuno venga estromesso gli sarà corrisposta la sua quota.

2.                     Puntualità alle prove.

3.                     No ai superalcolici.

4.                     No alle ragazzine durante le prove.

 

Proposi inoltre di dare un nome al gruppo, un po’ inglese, come era di moda al tempo, e un po’ altisonante : The Milords, e tutti ne sembrarono soddisfatti. Non so ancora oggi se fu vera convinzione o se il resto del gruppo non volle contrariarmi , certo è che nacquero i Milords, che sarebbero diventati uno dei complessi storici di Tripoli. Studiammo per mesi, utilizzando per le prove prima la casa di Antonio, poi la soffitta di Salvo  Giacchi (che ritroveremo in questa storia quale organizzatore di spettacoli), infine garages e cantine… Non era facile trovare un posto dove poter suonare senza disturbare i vicini, ma con pazienza e molta passione riuscimmo a superare anche queste difficoltà.

 

The Milords prima di una esibizione

 

 

A  proposito  di  prove

 

Mentre scrivo questo diario, ricordando i tempi passati e le ore trascorse a provare, mi accorgo di essere stato un vero schiavista nei confronti dei miei compagni d’avventura. Pretendevo sempre il massimo da tutti, ogni brano veniva ripetuto all’infinito.

- Dai, forza ragazzi – li incitavo - inizia Antonio con un terzinato alla batteria, poi entra il basso, quindi le chitarre e Maurizio…

- Antonio…alla quarta battuta del ritornello stoppi con un colpo secco alla grancassa e smorzi i piatti!…Riprende Ugo con il basso da solo…

- Ugo…quando suoni da solo, alza il volume!…poi entra Roberto con il ritornello svisando sul tema in assolo, quindi rientriamo con la ritmica, chitarra basso e batteria, al secondo giro sugli accordi riprende Maurizio…

- OK?!

- Uno…due...tre...quattro! Si comincia...

- Antonio!!! Voglio un colpo secco sulla cassa, non una carezza! Tutto dall’inizio!

- Uno…due…tre…quattro… Si continua…

- Ugo!!! Alza il volume quando sei da solo…

- Tutto dalle battute iniziali, riprendiamo!

- Basta Raffa, va bene così, no?!!

Fingendo di non aver sentito ribatto quattro e si continua a provare… 

Provare e suonare tra noi era molto bello, ma ci mancava la consacrazione del pubblico.