Locandine
Sul giornale italiano
di Tripoli intanto compaiono le prime locandine pubblicitarie che annunciano
serate danzanti con The
Milords.
Forse non eravamo i
più bravi, ma contrariamente ad altri gruppi eravamo musicalmente preparati e le
nostre proposte erano sempre molto originali.
Le prime
locandine pubblicitarie dei Milords |
Ricordo la nostra
versione de “ Il ballo di Simone ”, sempre richiesto durante le nostre serate.
Quando il brano sembrava finito e la gente iniziava a lasciare la pista da
ballo, ad un cenno tra me e Roberto si riprendeva dal ritornello: “…batti in
aria le mani /…e poi falle vibrar /…se fai come Simone /…non puoi certo
sbagliar…”e tutti ritornavano a ballare, anche se già seduti al tavolo, si
alzavano e rientravano in pista con grandi schiamazzi. Un altro brano sempre
molto applaudito era “ La Bamba ” miscelata con “ Twist & Shout ”, il cui
risultato finale era un pezzo parte in spagnolo e parte in inglese!
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Locandina
pubblicitaria del giornale italiano di Tripoli |
Le locandine
pubblicitarie, ci portavano molta notorietà, ma la stessa notorietà, la ripagavo
a caro prezzo a scuola. Il Professore
Luigi Piazza,
ingegnere, docente dell’Istituto Guglielmo Marconi, siciliano, da poco a
Tripoli, seguiva con molto interesse questi avvenimenti. Con spirito goliardico
e il giornale in mano, il mattino successivo a qualche nostra esibizione,
entrava in classe e dopo aver fatto il formale appello chiedeva:
- Raffaele! Hai
suonato ieri sera?
- Si,professore.
- Bravo, e a che ora
sei tornato a casa?
- Alle tre questa
mattina, professore.
- Ti sei divertito?
- Come sempre
professore.
- Bravo! Vieni, oggi
sei interrogato.
Seguiva
un’interrogazione con risultati non certo prestigiosi, ma al Professore piaceva
molto giocare ed eravamo legati da un’amicizia vera, che andava al di là del
rapporto scolastico, amicizia condivisa anche con altri studenti, come
Renato
Marotta,
Luigi De Matteis
e
Danilo
Pucci.
Naturalmente
l’interrogazione era solo un modo per farmi capire che la scuola era la cosa più
importante e che lo studio, anche se meno piacevole della musica, doveva essere
preso seriamente. Per mia fortuna, e grazie al buon cuore del professor Piazza,
quelle interrogazioni non vennero mai ufficializzate…
...ciao
prof., ovunque tu sia, sappi che ti abbiamo voluto bene!
Ricordi dell’
Underwater
L’Underwater Club
divenne nostro territorio, tutti i soci ci conoscevano e ci apprezzavano, tanto
da invitarci a frequentare il loro Club anche quando non eravamo impegnati a
suonare.
Il Club era formato
da un vasto locale interno con un fornitissimo bar, una pista da ballo e un
grande palco per le esibizioni dei vari artisti. All’esterno una splendida
piscina con due trampolini, un altro bar e un’altra pedana per l’orchestra. Ai
bordi della piscina c’erano lettini, sdraio, tavolini e sedie, ombrelloni e
diverse piante, all’ombra dei quali si potevano trascorrere giornate
incantevoli. Lasciando alle spalle la piscina si giungeva ad una scogliera a
picco sul mare. C’era un punto particolare dove il fondale formava una specie di
pozzo naturale, profondissimo, e dal promontorio prospiciente ad esso si
potevano eseguire magnifici tuffi, senza incorrere nel pericolo di incontrare
delle rocce. Da questo punto partivano gli appassionati di immersioni subacquee
per le loro esplorazioni sottomarine, “ Underwater ”, sott’acqua. Un
giorno Angelo decise di organizzare una serata per l’elezione di Miss Underwater,
e per l’occasione invitò anche i nostri familiari a partecipare alla serata.
Dopo una lunga e articolata votazione venne annunciato il nome della vincitrice.
Nome:
Teresa
Cognome:
Brignone
I miei amici, subito
dopo il verdetto mi assalirono con domande provocatorie: - Quanto hai dato alla
giuria per far vincere tua sorella?…- Ti sei comprato tutti?…
Erano solo
affermazioni scherzose, sapevano benissimo che non mi sarei mai permesso
un’azione così disonesta, io stesso ero rimasto sorpreso dal verdetto, anche se
mia sorella Teresa era veramente una bella ragazza. Ora purtroppo non è più con
noi: il Signore, guidato da ragioni per noi misteriose, l’ha chiamata vicino a
Sè. Quella fu una delle poche volte in cui i miei familiari (era presente anche
mia madre), mi videro suonare in pubblico.
Un altro piacevole
ricordo dell’Underwater è quello legato a una serata di fine anno. Con il
direttore del Club concordammo di suonare sino alle due del mattino e pattuimmo
una cifra per la nostra esibizione. Inizia la serata. Il Club è stracolmo di
soci, amici e ospiti, tutta la sala è addobbata con festoni e decorazioni, luci
rotanti si rincorrono lungo le pareti e noi facciamo la nostra parte per la
riuscita della serata portando allegria e movimento tra il pubblico presente.
Avevamo allungato i cavi che collegavano gli strumenti agli amplificatori e
grazie alla maggiore libertà di movimento potevamo scendere a turno in mezzo al
pubblico che ballava, cantando e suonando.
Arriva la mezzanotte,
classico conto alla rovescia…meno dieci, nove, otto, seven, six, five, four,
three, two, one…
Happy New Year!!
Esplodono
i tappi delle bottiglie, fiumi di spumante vanno a colmare i calici degli
astanti, tutti si abbracciano e si baciano.
La serata procede
molto bene, tutti si divertono, molti salgono sul palco e augurano Buon Anno
anche a noi.
Terminata l’euforia
dei minuti riservati ai brindisi e agli auguri, riprendiamo con la musica da
ballo.
Poco prima delle due,
l’orario concordato con il direttore del Club, iniziamo un crescendo che
annuncia la fine della serata, quindi presento i componenti del gruppo, uno alla
volta, lasciando a ciascuno di loro qualche minuto per esibirsi in assolo.
Dichiaro conclusa la
serata, ringrazio i presenti e gli organizzatori… Ma quando iniziamo staccare
gli strumenti dall’amplificazione e a riporli, in sala si alza una serie di
vivaci proteste, i presenti dicono che è ancora presto e che vogliono ancora
musica, iniziano a scandire il nome del nostro complesso battendo ritmicamente
le mani.
Maurizio e Roberto
guardandomi un po’ perplessi mi chiedono:
- Raffa che
facciamo??…
- Suoniamo altre tre
pezzi, poi via…- rispondo.
Ricolleghiamo tutto e
torniamo sul palco, tre pezzi, saluti e ringraziamenti, poi cominciamo
nuovamente a riporre gli strumenti nelle rispettive custodie…
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Da sinistra:
Antonio, Raffaele, Roberto, Maurizio |
Un terzetto
composto da soci che dimostravano di aver gradito molto le libagioni della
serata, salì sul palco e ci chiese per quale motivo non volevamo più suonare.
Rispondemmo che l’accordo con il Club prevedeva di smettere alle due e che
avevamo già superato l’orario stabilito da più di mezzora…
“Non vi preoccupate”,
dice uno di loro, e subito dopo aver pronunciato queste parole si allontana,
prende dal bancone del bar un vassoio per servire le bibite e inizia a girare
per i tavoli. Dopo qualche minuto il vassoio è pieno di banconote da dieci e
cinque sterline, per un totale sicuramente doppio rispetto a quello che avevamo
concordato con il direttore per la serata. Il tipo, con il vassoio in mano, si
avvicina e con aria soddisfatta dichiara:
“Queste sono per
voi…ora avete un contratto con noi e non con il Club”.